SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 1665 2025 – N. R.G. 00000794 2023 DEPOSITO MINUTA 28 09 2025 PUBBLICAZIONE 28 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA
– in nome del Popolo Italiano –
LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
Sezione Prima Civile
Riunita in camera di consiglio e composta dai sig.ri magistrati:
dott. NOME COGNOME
PRESIDENTE
dott. COGNOME
CONSIGLIERE
dott. NOME COGNOME
CONSIGLIERE REL.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 794/2023 RG, avente ad oggetto l’appello avverso le sentenze n. 69/2021 e n. 610/2022 del Tribunale di Prato e vertente
TRA
, in proprio e in qualità di unico erede di
già attrice in primo grado, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del
Foro di La Spezia, con domicilio pec.
APPELLANTE
E
,
rappresentata e
difesa
dagli
Avv.ti NOME
Fanciullacci
e
NOME
COGNOME
del
Foro
di
Prato,
con
domicilio
pec.
vvocati.prato.
e
E
appellante
incidentale
All’udienza del 01.04.2025 la causa era posta in decisione sulle seguenti:
conclusioni delle parti
Per <>. Per COGNOME <>.
I FATTI DI CAUSA
e
convenivano dinanzi al Tribunale di
ed allegavano:
di essere, rispettivamente, il figlio e la moglie di
nato a Prato il 01.08.1930 e deceduto a Poggio a Caiano il 22.12.2011;
Prato
di essere altresì, rispettivamente, il fratello germano e la madre della
convenuta per essere quest’ultima nata, come l’attore
, dal matrimonio del de cuius
con
l’attrice
;
che, con scrittura privata autenticata del 26.05.1994, la convenuta
ed il di lei coniuge avevano acquistato dalla
ciascuno per la quota di ½ e per il prezzo complessivo di Lire 313.000.000,
oltre Iva, la piena proprietà di un appartamento con annesso box auto sito in Poggio a Caiano (PO), INDIRIZZO
– che, in riferimento alla medesima compravendita, il de cuius era intervenuto in favore dei medesimi acquirenti e effettuando direttamente lui stesso il pagamento del primo acconto dovuto alla per l’importo di Lire 205.500.000 (pari ad € 106.131,89), come risultante dalla fattura n. 135/92 emessa in data 08.10.1992 da ed intestata a regolarmente quietanzata e riportante la seguente descrizione: ‘ acconto relativo a n. 1 appartamento e n. 1 box in Poggio a Caiano, nuova strada di lottizzazione da INDIRIZZO dell’Artigianato come da promessa di compravendita in data 08/10/92 L. 205.500.000, IVA 4% L. 8.220.000, Totale v.s. dare L 213.720.000. Avendo ricevuto in data odierna L. 205.500.000 resta a n.s. credito la somma di L. 8.220.000 ‘;
che il pagamento di tale importo era avvenuto attraverso il trasferimento in favore della società venditrice di titoli di valore complessivo pari a L. 210.000.000 (€ 108.455,90), il tutto come attestato da ordine di trasferimento del 08.10.1992 a firma di
-che, successivamente, il de cuius era intervenuto nuovamente in favore degli acquirenti e
, effettuando direttamente il pagamento del secondo acconto dovuto alla per l’importo di Lire 52.000.000, pari ad € 26.855,76, come da fattura n. 73/93 emessa in data 20.05.1993 ed intestata a acconto relativo a n. 1 appartamento e n. 1 box in Poggio a Caiano, nuova strada di lottizzazione da INDIRIZZO come da
riportante la seguente descrizione: ‘ promessa di compravendita in data 08/10/92 ‘;
-che, in seguito, tra l’anno 1995 e l’anno 2001, il de cuius
aveva effettuato ulteriori donazioni di denaro in favore della figlia
e del di lei marito tramite bonifici sul conto corrente Banca Toscana n. 20801/01 cointestato ai medesimi per un totale complessivo di Lire 32.350.000, pari ad € 16.707,38;
– che, in data 22.12.2011, il de cuius era deceduto a Poggio Caiano (PO) ab intestato , lasciando a succedergli, per la quota di 1/3 ciascuno ai sensi dell’art. 581 c.c., la moglie ed i due figli e ;
-che, a seguito dell’apertura della successione, il Tribunale di Prato Ufficio del Giudice Penale in composizione monocratica, con provvedimento assunto nell’ambito del procedimento penale n. 1117/2013 R.G.N.R., aveva disposto il sequestro di una serie di beni preziosi;
che era sussistente comunione ereditaria su alcuni di questi beni preziosi mentre sussisteva ancora controversia tra le parti circa la proprietà di un e di un Rolex Day Date oro e acciaio.
Alla luce di tali fatti, chiedevano al Tribunale di Prato di accertare e dichiarare la nullità delle donazioni di denaro effettuate dal de cuius
in favore della figlia per difetto di forma, e conseguentemente dichiarare tenuta la stessa a restituire la somma in favore della comunione ereditaria. In subordine, qualora il giudice le avesse considerate delle donazioni indirette, chiedevano al giudicante di condannare la convenuta a conferirle alla comunione ereditaria in quanto soggette a collazione ex art. 737 cod. civ.. Perciò, definito l’asse ereditario del de cuius , domandavano al Tribunale di procedere allo scioglimento della comunione ed accertare l’esclusiva proprietà in capo a del COGNOME e del Rolex Day Date oro e acciaio.
Con comparsa di risposta del 21.12.2018 si costituiva in giudizio la convenuta Sig.ra sostenendo di avere acquistato, insieme al
coniuge, con atto del 26.05.1994, un immobile diverso da quello per il quale il de cuius aveva effettivamente versato gli acconti all’impresa costruttrice . A tal riguardo, la convenuta sosteneva la circostanza per cui il de cuius non aveva dato corso all’acquisto dell’immobile originariamente promesso in vendita in conseguenza di eventi atmosferici che lo avevano gravemente danneggiato, con restituzione al promittente acquirente delle somme versate. Inoltre, la convenuta affermava che la stessa aveva contribuito alle spese di gestione della vita dei genitori vivendo nella medesima abitazione e che a tale motivazione dovevano essere ascritte le somme invocate dagli attori come donazioni successive. Riteneva altresì che le donazioni riguardassero somme modeste e versate a titolo di rimborso per le spese sostenute per la fornitura di vitto e alloggio ai propri genitori. Infine, per quanto atteneva ai beni preziosi, la convenuta rilevava che gli stessi le erano stati donati dal de cuius .
Il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 69/2021, rigettava le domande attoree relative alle menzionate donazioni, ritenendo non provato che l’immobile per le quali erano state disposte fosse quello di proprietà di e che le successive elargizioni del 1995, 1999 e 2001 potevano ben rappresentare un contributo alla vita familiare, atteso che il de cuius con la propria moglie condividevano l’abitazione della figlia. Era invece fondata la domanda di accertamento dell’esclusiva proprietà da parte di del e del Rolex Day Date, in assenza contestazioni sul punto. Così ricostr uito l’asse ereditario, e attribuito a ciascuno dei coeredi la quota di 1/3, la causa veniva rimessa sul ruolo per procedere alla stima dei beni e alla formulazione del progetto di divisione.
All’udienza successiva le parti formulavano rituale riserva di appello.
Con la sentenza n. 610/2022 il giudice, definitivamente statuendo sulla divisione della massa ereditaria, adottava il progetto contrassegnato dalla lettera b) in base al quale tutti i preziosi erano assegnati a mentre a veniva attribuita una somma di denaro pari a € 6.933,33 corrispondente ai 2/3 del compendio mobiliare, così statuendo: <>.
Avverso entrambe le sentenze del Tribunale di Prato proponeva appello, con atto di citazione notificato il 17.04.2023, in proprio e in qualità di unico erede di , formulando le seguenti censure:
1) con il primo motivo lamentava la violazione dell’art. 782 cod. civ. (in subordine art. 809 cod. civ.) in relazione al combinato disposto degli artt. 2697 e 2729 cod. civ.. In particolare, censurava la decisione del primo giudice (n. 69/2021) per un erra to riparto dell’onere della prova. Era un fatto non contestato che il de cuius , aveva provveduto al pagamento parziale di un immobile sito in Poggio a Caiano composto da un appartamento e un garage. Alla luce di ciò, l’affermazione della controparte per cui la somma corrisposta alla impresa costruttrice era stata poi restituita a in ragione della risoluzione del preliminare di compravendita per danni all’immobile pattuito, doveva essere provata. Né poteva valere quale principio di prova la fattura intestata ai coniugi e emessa dalla per il pagamento dell’immobile sito in Poggio a Caiano in cui attualmente abitavano. Spettava alla controparte addurre elementi volti a comprovare i fatti allegati a sostegno della propria difesa, per cui l’impossibilità pe r il CTU di pronunciarsi sulla corrispondenza dell’immobile oggetto del
preliminare di compravendita risolto con quello attualmente di proprietà della doveva pesare processualmente solo sull’odierna appellata. In tal modo il giudice doveva ritenere provato, perché non contestato, che il de cuius aveva corrisposto la somma pari a Lire 257.500.000,00 alla , e che questa non gli era stata restituita. E in conseguenza, doveva dichiarare la nullità della donazione per difetto di forma, ovvero qualificarla quale donazione indiretta soggetta a collazione;
2) con il secondo motivo eccepiva la violazione dell’art. 782 cod. civ. (in subordine art. 783 cod. civ.) in relazione al combinato disposto degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., in quanto il giudice di primo grado (sentenza n. 69/2021) non aveva tenuto conto degli elementi gravi, precisi e concordanti emersi nell’espletata istruttoria e riferiti alla sussistenza di donazioni in denaro effettuate dal de cuius in favore dell’appellata nel periodo tra il 1995 e il 2001. Il Tribunale aveva qualificato le somme corrisposte in quell’arco temporale, pari a Lire 32.350.000,00 quali liberalità d’uso, ex art 770, comma 2, cod. civ., e comunque volte alla contribuzione per le spese familiari in ragione della convivenza tra il de cuius , la e il di lei marito. Argomentava l’appellante che, in realtà, non poteva trattarsi di un tal tipo di liberalità non essendo state effettuate in occasione di particolari eventi. Anzi, la convivenza era motivata dalla compartecipazione del de cuius alla corresponsione del prezzo per l’acquisto dell’immobile alla figlia. Così ricostruendo e qualificando i fatti, il giudice doveva dichiarare la nullità delle donazioni per difetto di forma, o comunque doveva ritenerle soggette a collazione.
3) con l’ultimo motivo faceva valere la violazione dell’articolo 91 del cod. proc. civ., poiché con la sentenza impugnata (n. 610/2022) il primo giudice aveva condannato la parte attrice al pagamento della metà delle spese di lite per il rigetto delle domande di nullità delle donazioni e di collazione. Invece,
proseguiva l’appellante, in accoglimento dei motivi di appello sul punto dovrà essere riformata, anche in ragione della mancata partecipazione dell’appellata alla procedura di mediazione avviata dall’appellante, allora parte attrice.
Si costituiva e contestava le difese svolte dall’appellante. In particolare, ribadiva che le fatture n. 135/92 e 73/93, prodotte dall’allora parte attrice, erano entrambe intestate a e non all’appellata e al marito come i nvece la fattura 56/94. Ciò dimostrava che nessun atto definitivo di compravendita era poi stato concluso dal de cuius . E l’esistenza di più immobili nell’area indicata dalle fatture intestate a rendeva impossibile l’identificazione del bene con quello poi effettivamente acquistato dalla on il marito. Insisteva, quindi, che anche le donazioni relative agli anni della convivenza tra il la figlia fossero da qualificarsi come contribuzione alla vita familiare.
Proponeva inoltre appello incidentale per i seguenti motivi:
1) col primo impugnava la parte della sentenza non definitiva n. 69/2021 con la quale il Tribunale di Prato aveva accertato la proprietà in capo a
del Rolex Dea Dwiller e del Rolex Day Date, in assenza di contestazioni avanzate dalla convenuta, quando invece, la titolarità dei beni era stata messa in discussione sia in comparsa di costituzione, nel punto in cui si faceva riferimento al riscatto dei beni, sia in ragione del provvedimento del giudice penale che rimetteva a quello civile l’acc ertamento della proprietà dei predetti beni;
2) col secondo motivo, si doleva della violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 948, 1140, 1141, 1153 cod. civ., poiché incombeva su colui che si affermava proprietario del bene dimostrare il fondamento del proprio titolo. E, in assenza di qualsiasi prova, atteso il pacifico possesso degli stessi da parte del
de cuius al momento del decesso, anch’essi dovevano essere ricompresi nell’asse ereditario.
3) col terzo impugnava la regolamentazione sulle spese che, a suo dire, dovevano essere poste completamente a carico dell’attore poiché la domanda principale proposta dallo stesso era stata integralmente rigettata.
All’esito della prima udienza dinanzi alla Cons. Istr. venivano rigettate le istanze istruttorie reiterate dalle parti e la causa era rinviata all’udienza di rimessione in decisione, previa assegnazione dei termini ex art. 352 cod. proc. civ. per la precisazione delle conclusioni e il deposito delle memorie conclusionali e di replica.
Acquisito il fascicolo di primo grado, all’udienza del 01.04.2025, svoltasi nelle forme della c.d. trattazione scritta ai sensi dell’art. 127 ter cod. proc. civ., la causa era rimessa alla decisione del Collegio tabellarmente costituito.
Le parti ripercorrevano nelle rispettive comparse conclusive le difese già svolte.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vi è da dare atto che risulta essere l’unico erede di ( con lui originaria parte attrice), deceduta in Prato il 20.10.2021, posto che quest’ultima, con il testamento olografo datato 10.6.2016, pubblicato il 25.10.2021, ha inteso diseredare la figlia ed istituire quale suo unico erede il figlio (<>).
Non risulta che tale testamento sia stato impugnato, per cui, ai fini che ci occupano, deve considerarsi quale unico erede della madre (v. altresì la dichiarazione di accettazione di eredità in atti).
Di conseguenza, la quota ereditaria di rispetto alla successione del padre (deceduto ab intestato ) è individuabile in quella di due terzi, cumulando con la propria anche quella della madre , mentre la quota di è di un terzo, come peraltro già rilevato dal primo giudice che ha già pronunciato la divisione dei beni mobili relitti in conformità alle suddette quote di successione ereditaria.
Il primo motivo dell’appello principale è fondato.
Oggetto di doglianza per l’appellante è l’errata ripartizione dell’onere della prova da parte del primo giudice.
L’appellante e già attore in primo grado ha agito per sentir dichiarare la nullità, per difetto di forma, delle donazioni elargite in vita dal padre in favore della figlia, e in subordine per sentir condannare a conferire alla comunione ereditaria la metà delle somme ricevute dal padre.
Ora, pesa sull’erede che agisce per far dichiarare la nullità delle donazioni disposte dal de cuius , o per avvalersi dell’istituto della collazione, l’onere di provare che vi sia stato un atto di liberalità: nel primo caso carente sotto determinati profili dettati dalla legge ai fini della validità dell’atto, nel secondo caso per ricondurre quanto donat o nell’ambito dell’asse ereditario ai sensi degli artt. 737 e ss. cod. civ..
Ritiene questa Corte che tale onere sia stato adeguatamente assolto dall’appellante mediante l’esibizione della prova del pagamento di complessive lire 257.500.000 effettuato dal de cuius in favore della società per l’acquisto di una villetta in INDIRIZZO di Poggio a Caiano e dal fatto , pacifico in causa, che l’unico immobile acquistato dalla venditrice sia quello intestato a ed al di lei marito.
Tanto risulta dalle quietanze riportate nelle fatture n. 135/1992 e n. 73/1993 di cui la prima risulta quietanzata per £ 205.500.000,00, emesse dalla società costruttrice nei confronti del de cuius quale acconto in ragione del preliminare di compravendita del 08.10.1992 per l’acquisto di ‘ n.1 appartamento e n. 1 box in Poggio a Caiano, nuova strada di lottizzazione da INDIRIZZO. In verità, sulla corresponsione di tali importi alla ditta così come contabilizzati dalle fatture in oggetto, non vi è contestazione tra le parti, per cui si possono ritenere corrisposti per l’ammontare fatturato da parte del de cuius .
Tuttavia, nelle proprie difese, la convenuta ha contestato da sempre che l’immobile oggetto del preliminare di compravendita corrispondesse a quello intestato a lei ed al marito, asserendo che la propria abitazione è stata acquistata da lei e dal coniuge nel 1994, con denari a loro appartenenti, e in particolare ottenuti tramite mutuo fondiario, portando a sostegno della propria eccezione la fattura n. 56/1994 emessa dalla il contratto di compravendita, e il contratto di mutuo. E soprattutto la co nvenuta allegava che nell’ottobre del 1992 la zona in cui ricadeva l’immobile oggetto del preliminare di compravendita era rimasta alluvionata, con gravi danni per lo stesso, tanto che il contratto sarebbe stato risolto e le somme rimborsate, senza però addure nessun documento al riguardo. In definitiva sosteneva che quei denari erano ritornati nella disponibilità del padre e che costui non aveva concorso all’acquisto del suo immobile sito in Poggio a Caiano, peraltro diverso da quello promesso al padre.
All’esito della CTU svolta in primo grado, in mancanza del preliminare di compravendita, non è stato possibile affermare con certezza che vi fosse corrispondenza tra l’immobile indicato nelle fatture indirizzate a e quelle destinate a ed al marito. Eppure, ciò non è sufficiente per ritenere non provata l’esistenza dell’atto di liberalità.
L’appellante ha fornito i documenti idonei a provare l’esistenza dei pagamenti per un importo pari a £ 257.500.000 effettuati dal de cuius a per l’acquisto di della villetta a schiera, la cui descrizione sintetica coincide con quella relativa all’abitazione poi intestata a e al coniuge. Né, come sopra anticipato, risulta perfezionato alcun acquisto immobiliare tra Preedil e .
A fronte di ciò, era pertanto onere di che allegava l’esistenza di un fatto impeditivo, portare gli elementi di prova a sostegno della propria eccezione.
Tale prova, finanche per presunzioni, non può dirsi pienamente raggiunta nel caso di specie.
L’evento che avrebbe determinato la risoluzione consensuale del contratto preliminare di compravendita dell’immobile promesso a sarebbe l’alluvione del 30 ottobre 1992, che può certamente essere considerato come fatto notorio. Tuttavia, non solo non è provato che quell’immobile era stato colpito dall’alluvione, ma soprattutto che ciò aveva determinato le parti alla risoluzione del contratto e alla cessazione delle trattative in corso.
Neppure è stato indicato quale immobile fosse stato promesso in vendita al padre all’interno della lottizzazione, anche solo per distinguerlo rispetto a quello rogitato nel 1994 in favore di e del coniuge.
Al contrario, emerge dagli atti prodotti che le trattative tra il padre e la ditta edile proseguirono anche dopo l’evento naturale, tant’è che il 20.05.1993,
ossia sette mesi dopo l’alluvione, la ditta aveva emesso nei confronti di la fattura n. 73/1993 in acconto sul saldo prezzo dell’immobile
promesso l’8.10.1992.
Immobile che, peraltro, ha caratteristiche del tutto identiche a quello acquistato da e dal marito il 26.05.1994 all’interno della medesima lottizzazione.
Né risulta che o il marito abbiano stipulato un autonomo contratto preliminare con per l’acquisto del proprio immobile, per cui anche sotto questo profilo, può ritenersi che l’unico immobile promesso in vendita da nel 1992 fosse quello poi acquistato nel 1994 dalla parte appellata e dal coniuge, con denari provenienti in parte dal de cuius .
Si deve altresì osservare che la diversità delle indicazioni toponomastiche, in ciò aderendo alle conclusioni già rassegnate dal CTU in primo grado, è dovuta all’avanzamento della lottizzazione di INDIRIZZO tant’è vero che la successione delle partiche edilizie ad essa riferita indica prima INDIRIZZO (n. 2861/1989 e n. 3464/1991) e da ultimo INDIRIZZO (n. 4166/1993), ossia la medesima strada in cui è sito l’immobile di proprietà della convenuta. Segno che, terminati i lavori di costruzione, alla nuova strada di lottizzazione da INDIRIZZO, come definita nel preliminare, è stato poi attribuito il nome di INDIRIZZO
Va, dunque, ribadito che era onere di provare, anche solo per presunzioni, gli elementi di fatto a sostegno dell’eccezione avanzata. Questo poteva essere fatto sia producendo copia della risoluzione consensuale del preliminare di compravendita che, ai fini della propria validità doveva rivestire la forma scritta ab substantiam (Cassazione civile, Sez. II, 10.01.1996, n. 162), sia i movimenti del conto corrente del padre, al quale poteva avere accesso quale erede, da cui poteva emergere la restituzione delle relative somme. In
mancanza di tali prove, non può essere scalfita l’efficacia probatoria di quanto prodotto dall’appellante, dal quale emerge in maniera incontrovertibile che vi è stato un preliminare di compravendita concluso da , che gli acconti sono stati versati con fondi propri dei de cuius al fine di acquistare un immobile corrispondente a quello poi acquistato dalla figlia, non essendovi prova né della risoluzione del preliminare, né dei danneggiamenti ad un immobile che non è stato neppure astrattamente identificato. Allo stesso modo non sono state prodotte fatture negative di rimborso in seguito alla presunta risoluzione consensuale del preliminare di compravendita.
Va, quindi negato che l’immobile in questione sia stato interamente pagato da e dal coniuge con soldi propri.
Infatti, il corrispettivo della vendita era complessivamente di lire 325.120.000 (v. fattura n. 56/1994).
ha provato di aver acceso insieme al marito un mutuo di lire 200.000.000 e non ha dimostrato di aver pagato la parte del prezzo non coperta dal mutuo -pari a lire 125.120.000 -con propri denari, giacché non vi è traccia in atti di come sia stata pagata tale differenza alla venditrice
Appare pertanto evidente che il mutuo di lire 200.000.000 è stato contratto dai coniugi e per coprire la differenza del prezzo di vendita e munirsi di quanto necessario all’approntamento della villetta che si sviluppa su quattro piani ed è dotata di resede, giardino e garage (arredamento, area esterna, pagamento delle imposte e spese notarili, ecc.), considerato altresì che, stante il valore dell’immobile, di gran lunga superiore all’importo mutuato, essi potevano accedere ad un finanziamento s uperiore all’importo strettamente necessario a coprire detta differenza e munirsi di quanto necessario a rendere l’unità immobiliare concretamente fruibile, ovvero a soddisfare ulteriori loro esigenze.
Né può valere quale prova contraria la dichiarazione resa dinnanzi al notaio dalla parte venditrice di aver ricevuto dagli acquirenti le somme a saldo del prezzo, essendo quelle dichiarazioni assortite della pubblica fede solo per gli elementi estrinseci, e non per la loro intrinseca corrispondenza al vero, ben potendo quelle somme provenire, almeno in parte, dai trasferimenti operati da .
In ragione del fine impresso dal de cuius al denaro corrisposto alla figlia e al genero, l’atto non può essere considerato come una donazione diretta, piuttosto come una donazione indiretta, perfettamente valida se perfezionata secondo le forme del negozio giuridico concluso e per mezzo del quale si intende realizzare la liberalità auspicata. Sul punto è infatti chiaro l’orientamento della Suprema Corte per cui nel caso di un soggetto ‘ che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto ” (Cassazione civile, Sez. VI, 02.09.2014, n.18541).
Non viene in rilievo in questa causa la validità della donazione, ma l’istituto della collazione ereditaria per cui l’appellata è tenuta a restituire agli eredi parte della somma ricevuta, art. 751 cod. civ., atteso che ‘ la donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale
dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo ‘ (Cassazione civile, Sez. II, 12.06.2024, n. 16329).
Ciò è quanto si desume dalla vicenda in esame, per cui a fronte di un prezzo complessivo dell’immobile di £ 325.120.000,00, il de cuius ne ha versati £ 257.500.000,00 (pari a € 132.987,65).
Assunta questa somma come oggetto della donazione indiretta e considerato che le donazioni al coniuge non vanno conferite in collazione (come, peraltro, chiesto dallo stesso appellante) deve, dunque, ritenersi che
sia tenuta a conferire e ad imputare alla propria quota l’importo di € 66.493,83 (art. 724 cod. civ.).
Quanto alla rivalutazione monetaria, essa non si applica alla collazione di denaro ex art. 751 cod. civ., e perciò i soli interessi legali saranno liquidati a partire dalla data di apertura della successione, seguendo l’insegnamento nomofilattico della Cas sazione secondo il quale ‘ una volta che il condividente donatario abbia optato per la collazione per imputazione -che si differenzia da quella in natura per il fatto che i beni già oggetto di donazione rimangono di proprietà del medesimo condividente -la somma di denaro corrispondente al valore del bene donato, quale accertato con riferimento alla data di apertura della successione, viene sin da quel momento a far parte della massa ereditaria in sostituzione del bene donato, costituendo in tal modo ‘ab origine’ un debito di valuta a carico del donatario cui si applica il principio nominalistico; ne consegue che anche gli interessi legali vanno rapportati a tale valore e decorrono dal medesimo momento ‘ (Cassazione civile, Sez. II, 22.12.2020, n. 29247).
Passando adesso all’esame del secondo motivo, questo è parimenti da accogliere. Il giudice di primo grado ha ritenuto che i tre bonifici effettuati sul conto corrente cointestato tra ed il marito fossero delle contribuzioni a titolo di rimborso delle spese sostenute dalla figlia per la convivenza con i genitori.
In verità questa posizione non è suffragata da nessun elemento di prova prodotto dall’appellata, la quale si è limitata a fornire questa ricostruzione dei fatti. A ben vedere, però, benché convivesse assieme alla moglie con la famiglia della figlia, non vi è prova che i genitori non compartecipassero già ai costi della quotidianità. Né la semplice convivenza poteva essere una causa per l’elargizione del denaro, tenuto conto che il aveva aiutato la figlia nell’acquisto della propria abitazione. Insomma, quell’erogazione ha i caratteri di una donazione rimuneratoria, la quale si connota per le particolari motivazioni che inducono ‘ la parte a donare, nel senso che l’intento di rimunerare il donatario deve risultare il motivo determinante della disposizione. Occorre che l’attribuzione patrimoniale venga effettuata come segno tangibile di speciale apprezzamento dei servizi ricevuti o promessi, che ad essa non venga data funzione di corrispettivo e che il donante sia indotto al beneficio spontaneamente, consapevole di non esservi tenuto né per legge, né in adempimento di un’obbligazione naturale, distinguendosi la donazione rimuneratoria dall’ipotesi regolata dal secondo comma dell’articolo 770 per il fatto che una liberalità in occasione di servizi resi o in conformità degli usi, che non è vera e propria donazione, deve essere effettuata come corrispettivo o in adempimento di un’obbligazione di un dovere derivante dalla legge o da norme sociali o morali, sempre che sussista una sostanziale equivalenza tra i servizi resi e il bene donato ‘ (Cassazione civile, Sez.II, 11.01.2024, n. 1123). È del tutto evidente che nel caso che qui ci occupa non si può intravedere in quelle somme alcuna forma di corrispettivo, e quindi non possano essere configurate come una liberalità d’uso, dal momento che è obbligo dei figli provvedere all’assistenza dei genitori anziani (art. 433, n. 2), tanto più se sono stati beneficiati con la contribuzione all’acquisto della casa.
Ebbene, la forma dell’atto pubblico ab substantiam che vale per le donazioni in generale, vale anche per quelle rimuneratorie (Cassazione civile, Sez. II, 18.05.2016, n. 10262), essendo questa forma recessiva solo qualora si verta in
materia di donazioni di modico valore. La modicità, tuttavia, è da apprezzare sia sulla base di un criterio soggettivo (il patrimonio del defunto), sia oggettivo (la somma in sé). Per come è possibile ricostruire il patrimonio del de cuius in forza degli atti di causa, questo è composto dai gioielli, stimati dal CTU di primo grado in € 10.400,00 (posto che della somma donata ai coniugi pari a £ 257.500.000,00 il de cuius si era già spogliato per provvedere all’acquisto dell’abitazione intestata alla figlia e al genero), il che permette di affermare che le donazioni effettuate tramite bonifici bancari addebitati sul conto del n favore della figlia e il di lei coniuge per £ 13.300.000,00 nel 1995, £ 8.200.000,00 nel 1999, e £ 10.850.000,00 nel 2001, per un totale di £ 32.350.000, non possono certamente essere definite di modico valore.
La loro elargizione, pertanto, richiedeva la forma dell’atto pubblico in mancanza del quale sono da dichiararsi nulle.
La nullità delle donazioni comporta la qualificazione dell’importo donato come indebito e, quindi, come credito ereditario in favore dell’asse, che, in aderenza alla domanda di , va quantificato nella metà degli importi donati mediante accredito sul conto corrente di cui era cointestataria col coniuge, per cui quest’ultima è tenuta a conferire in collazione e imputare alla propria quota, ai sensi dell’art. 724 cod. civ., la metà delle somme donate, ossia l’importo di € 8.3 53,69, oltre interessi legali dalla data di apertura della successione.
Ne consegue che in accoglimento dei primi due motivi dell’appello principale va dichiarato che è tenuta a conferire nell’asse ereditario e ad imputare alla propria quota quanto ricevuto per donazione dal padre per complessivi € 74.847,52 (di cui € 66.493,83 per l’acquisto dell’unità immobiliare e € 8.353,69 per le donazioni di denaro nulle).
Occorre adesso esaminare il primo e il secondo motivo dell’appello incidentale promosso da aventi ad oggetto la parte della sentenza non definitiva che ha accolto la domanda dell’appellante di rivendicazione di due orologi rivenuti nella cassetta di sicurezza intestata a e alla moglie ( e Rolex Day Date).
Al riguardo ritiene questa Corte che, come già correttamente ritenuto dal primo giudice, la proprietà esclusiva dei due Rolex rivendicati da non sia stata oggetto di contestazione da parte di , la quale, nella propria comparsa di costituzione di primo grado si è limitata ad allegare che: <>.
Orbene, in tale espressione fa esplicito riferimento ai ‘ beni preziosi indicati dalle parti attrici quali facenti parte dell’asse ereditario ‘ e non anche ai due Rolex in contestazione, che e attrici non hanno mai indicato come facenti parte dell’asse ereditario per averne rivendicato sin dall’inizio la proprietà esclusiva in capo a .
Se mai possa ingenerarsi un dubbio dalla espressione ‘ riscattati dal sig. utilizzata da nella propria comparsa costitutiva (già di per sé ambigua, perché riferibile a qualsiasi prezioso in sequestro, trattandosi di oggetti in oro suscettibili di pegno), tale dubbio è subito dissipato dal fatto che nella prima ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ.,
ha evidenziato che: <>, ribadendo la medesima espressione anche nella seconda memoria ex art. 183 cod. proc. civ. senza che in alcuna delle memorie ex art. 183 cod. proc. civ. da essa depositate in primo grado abbia replicato alcunché sul punto. E nemmeno nella comparsa conclusionale o in quella di replica ha contrastato l’assunto attoreo secondo cui tali i due Rolex in oggetto erano di proprietà esclusiva di .
Tale comportamento processuale, come correttamente rilevato dal primo giudice, equivale, dunque, a una ‘non contestazione’ della effettiva proprietà dei beni in oggetto in capo a corroborata altresì dagli elementi di prova da questi addo tti, dai quali può desumersi che quest’ultimo era effettivamente proprietario di entrambi gli orologi per averli dati in pegno nel 2008 (v. polizza di pegno emessa il 7.10.2008 e intestata a , in tal modo compiendo un atto dispositivo che, in difetto di ogni ulteriore elemento di valutazione, comporta la possibilità di servirsene uti dominus , attesa la facoltà per il creditore pignoratizio di venderli in ipotesi di mancato riscatto.
Né tali conclusioni sono contraddette dalla circostanza che, al momento dell’apertura della successione, gli orologi in questione sono stati rinvenuti nella cassetta di sicurezza dei genitori delle parti, posto che, dati gli stretti legami parentali intercorrenti, è del tutto plausibile ritenere che tale servizio bancario sia stato messo a disposizione del figlio al fine di assicurare la custodia dei preziosi di sua proprietà, come è dimostrato dal fatto che in tale cassetta di sicurezza si trovavano custoditi, insieme ad alcuni preziosi del de cuius (ossia a quelli oggetto
di divisione tra le parti) anche altri beni preziosi pacificamente di proprietà esclusiva di quali il ferma cravatta, un paio di gemelli per camicia e un anellino a forma di serpentina, poi restituiti a in forza con decreto del giudice penale ex artt. 263 e 676 cod. proc. pen. del 18.3.2016, in atti, che non hanno costituito oggetto di divisione.
D’altro lato, occorre rilevare che di tale cassetta era titolare anche , la quale ha sempre aderito all’assunto secondo cui detti beni erano di proprietà esclusiva del figlio , per cui tale circostanza, invocata per la prima volta da solo in appello, deve ritenersi equivoca e non concludente.
Tantomeno possono trarsi elementi di valutazione dal provvedimento di dissequestro parziale del giudice penale del 18.3.2016, che ha rimesso le parti dinanzi al giudice civile circa l’attribuzione della titolarità di tali beni, atteso che, come sopra anticipato, una volta che ha adito il giudice civile per rivendicarne la proprietà, alcuna contestazione, quantomeno specifica, ha, sul punto, sollevato in merito alla proprietà dei due Rolex.
Pertanto, i primi due motivi dell’appello incidentale vanno respinti.
Occorre a questo punto prendere atto che l’asse ereditario è costituito sia beni preziosi relitti rinvenuti nella menzionata cassetta di sicurezza (eccettuati i due Rolex di cui ora si è detto), sia dalle somme che è tenuta a conferire in collazione.
Quanto ai beni preziosi, complessivamente stimati in € 10.400,00 in esito alla c.t.u. di primo grado, la divisione è già stata operata dal primo giudice, mediante l’attribuzione di tutti i preziosi a e della somma di € 6.933,33 a , senza che tali statuizioni abbiano costituito oggetto di gravame.
Quanto alle somme di denaro da conferire in collazione, in riforma delle sentenze impugnate, va dichiarato che è tenuta a conferire la complessiva somma di € 74.847,52 e ad imputarla alla propria quota, pari ad un terzo, per cui va attribuito a , titolare di una quota ereditaria di due terzi, il restante importo di € 49.989,34, oltre interessi legali dalla data di apertura della successione sino al soddisfo, ponendone il pagamento a carico di
Quanto, infine, alle spese di lite, si osserva che la parziale riforma delle sentenze di primo grado impone una nuova regolamentazione delle stesse per entrambi i gradi. Il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per il quale le spese del giudizio di divisione debbano essere poste a carico della massa comune trova fondamento nell’interesse comune di tutti i condividenti alla divisione del bene, in quanto la divisione produce effetti vantaggiosi per tutte le parti, consentendo la liquidazione della comunione e la piena titolarità del diritto di proprietà sulle singole porzioni. Tale beneficio giustifica, nel caso di specie, l’ accollo delle spese necessarie all’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio funzionali alla divisione (e quindi della sola c.t.u. disposta per la stima dei preziosi), da ripartirsi in proporzione alle rispettive quote di successione ereditaria. Occorre tuttavia contemperare tale principio con il principio della soccombenza, sancito dall’art. 91 c.p.c. qualora le controversie tra le parti si incentrino su questioni giuridiche che vedono contrapposte diverse prospettazioni. Non può in tal caso prescindersi dalla valutazione della fondatezza delle relative pretese ai fini della regolamentazione delle spese di lite: ‘ Nel procedimento di divisione (nella specie: divisione ereditaria) le spese di causa vanno poste a carico della massa per gli atti che servono a condurre nel comune interesse il giudizio alla sua conclusione, mentre valgono i principi generali della soccombenza per gli atti determinati da eccessive pretese o inutili resistenze, cioè dall’ingiustificato
comportamento della parte’ (cfr. Cass. civ., Sez. II, 18/06/1986, n. 4080). Nel caso di specie, la prospettazione della parte convenuta in primo grado non ha trovato accoglimento, con conseguente soccombenza di quest’ultima in relazione alle domande proposte. Da ciò la condanna dell’appellata al pagamento delle spese di lite del giudizio di primo grado e d’appello, disposta in conformità all’art. 91 c.p.c., che vengono liquidate come da dispositivo in base al valore della causa ed alle vigenti tariffe forensi, esclusa la fase istruttoria perché non tenuta in appello.
La presente statuizione assorbe, con ogni evidenza, il terzo motivo dell’appello principale e il terzo motivo dell’appello incidentale.
Va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2012 inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012
PQM
La Corte d’Appello di Firenze, Sezione Prima Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da , con atto di citazione notificato il 17.04.2023, avverso le sentenze n. 69/2021 e n. 610/2022 del Tribunale di Prato rispettivamente pubblicate il 27.1.2021 e il 26.10.2022, nonché sull’appello incidentale proposto da avverso le medesime sentenze con comparsa di costituzione e risposta depositata il 24.07.2023, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1) rigetta l’appello incidentale e, accogliendo quello principale, in parziale riforma delle sentenze impugnate, ferma la divisione dei beni mobili (preziosi) già operata dal primo giudice, dichiara che per le causali di cui in motivazi one, è tenuta a conferire in collazione la complessiva somma di € 74.847,52 e ad imputarla alla propria quota, pari ad un terzo, e, per l’effetto,
attribuisce a , titolare della quota ereditaria di due terzi, l’importo di € 49.989,34, oltre interessi legali dalla data di apertura della successione (22.12.2011) sino al soddisfo, ponendo il pagamento della suddetta somma di € 49.989,34 a carico di ;
2) condanna al rimborso delle spese del doppio grado in favore di , che liquida, per il primo grado, in complessivi € 8.545,00 (di cui € 545 per spese e € 8.000 per compensi) e per il presente grado in € 6.000,00 per comp ensi) oltre spese generali al 15%, Iva e Cpa, disponendone, limitatamente alle spese del presente giudizio di appello, il pagamento in favore dello Stato ai sensi dell’art. 133 del d.P.R. n. 115/2002;
3) pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio per la stima dei preziosi per due terzi a carico di e per un terzo a carico di
;
4) pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio redatta dal geom. interamente a carico di dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione incidentale da lei proposta ai sensi dell’art. 13, , del d.P.R. n. 115 del 2012 inserito dall’art. 1, comma 17, della
5) comma 1 quater legge n. 228 del 2012 .
Firenze, 26.9.2025.
L’Estensore NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME
Nota: La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.