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Distanza vedute: la Cassazione sulla demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un proprietario condannato a demolire una sopraelevazione del suo immobile. L’opera, pur urbanisticamente legittima, violava la distanza vedute minima di tre metri dalla proprietà del vicino, come previsto dall’art. 907 del codice civile. La Corte ha ribadito che il diritto alla veduta è un diritto reale assoluto, la cui tutela prevale su considerazioni di legittimità amministrativa o di eccessiva onerosità della demolizione, confermando l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi.

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Distanza Vedute: Demolizione Obbligatoria Anche per Opere Autorizzate

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto immobiliare: la tutela della distanza vedute. Anche un’opera edilizia pienamente legittima dal punto di vista amministrativo e conforme alle norme generali sulle distanze tra costruzioni deve essere demolita se viola il diritto di affaccio del vicino. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dalla Suprema Corte.

Il caso: una sopraelevazione che oscura la vista

Il proprietario di un immobile avviava una causa contro il suo vicino, il quale aveva realizzato un ampliamento e una sopraelevazione del proprio fabbricato. Questa nuova costruzione, seppur autorizzata, era stata edificata a una distanza inferiore a tre metri dal balcone del vicino, impedendogli e ostacolandogli la veduta diretta, obliqua e laterale di cui godeva in precedenza.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al proprietario leso, condannando il costruttore a demolire la porzione di edificio costruita in violazione della normativa. Quest’ultimo ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua costruzione era legittima sotto il profilo urbanistico e rispettava le distanze generiche tra edifici.

La normativa sulla distanza vedute e il suo scopo

Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali, tutti respinti dalla Cassazione. Il punto centrale della controversia riguardava l’interpretazione e l’applicazione dell’articolo 907 del codice civile, che disciplina specificamente la distanza delle costruzioni dalle vedute.
Questa norma impone di mantenere una distanza di almeno tre metri quando si costruisce in prossimità di finestre o balconi da cui si esercita un diritto di veduta. La Corte ha chiarito che la finalità di questa disposizione è completamente diversa da quella dell’articolo 873 c.c. (distanza tra costruzioni).

* Art. 873 c.c.: Tutela interessi generali come l’igiene, il decoro e la sicurezza, mirando a evitare la creazione di intercapedini dannose.
Art. 907 c.c.: Tutela un interesse prettamente privatistico, ovvero il diritto del singolo a godere della prospectio* (la possibilità di affacciarsi) verso il fondo vicino, senza ostacoli.

La prevalenza del diritto privato sulla legittimità amministrativa

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la legittimità urbanistica di un’opera riguarda esclusivamente il rapporto tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione. Essa non incide, né tantomeno sana, la violazione dei diritti dei privati, come il diritto alla veduta. Pertanto, il fatto che la costruzione fosse stata regolarmente autorizzata dal Comune era del tutto irrilevante ai fini della controversia tra i due vicini.

Le motivazioni

La Corte ha dichiarato i motivi del ricorso inammissibili. In primo luogo, ha sottolineato che il ricorrente tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di Cassazione, la quale può solo verificare la corretta applicazione della legge. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato, sulla base di fotografie e della consulenza tecnica, che la nuova costruzione violava la distanza vedute e ostacolava la vista del vicino. Questo accertamento di fatto non era sindacabile in sede di legittimità.
Inoltre, la Corte ha respinto la tesi secondo cui la demolizione sarebbe stata eccessivamente onerosa o sproporzionata. Ha chiarito che il diritto di veduta è un diritto reale, e la sua violazione impone il ripristino dello stato precedente (la demolizione), come previsto dall’art. 2933 c.c. Il limite dell’eccessiva onerosità, previsto dall’art. 2058 c.c., non si applica alle azioni a tutela dei diritti reali, che esigono una reintegrazione in forma specifica.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione conferma con fermezza che il diritto alla veduta, tutelato dall’art. 907 c.c., è un diritto assoluto la cui violazione impone la demolizione dell’opera illegittima, indipendentemente dalla sua conformità urbanistica o dal costo dell’intervento di ripristino. La tutela del rapporto di vicinato e dei diritti reali dei privati prevale, in questo contesto, sulle autorizzazioni amministrative. Il ricorrente è stato quindi condannato a demolire l’opera, a pagare le spese legali e a versare ulteriori somme a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.

Un edificio costruito nel rispetto delle norme urbanistiche può essere comunque demolito se viola la distanza vedute?
Sì. La Corte ha stabilito che la legittimità urbanistica dell’opera riguarda solo il rapporto con la Pubblica Amministrazione e non sana la violazione dei diritti reali dei vicini, come il diritto alla veduta tutelato dall’art. 907 c.c. La violazione di tale norma impone la demolizione.

La difficoltà pratica o l’eccessiva onerosità della demolizione può essere un motivo per evitarla?
No. Secondo la Corte, il limite dell’eccessiva onerosità (art. 2058 c.c.) non si applica alle azioni a tutela dei diritti reali. La violazione di un diritto reale, come quello di veduta, impone una reintegrazione in forma specifica, ovvero la demolizione dell’opera, senza che si possa invocare la sproporzione del costo.

Qual è la differenza tra le norme sulla distanza tra costruzioni (art. 873 c.c.) e quelle sulla distanza vedute (art. 907 c.c.)?
L’art. 873 c.c. tutela interessi generali (igiene, decoro, sicurezza), mentre l’art. 907 c.c. tutela un interesse meramente privatistico, ovvero il diritto di un proprietario di affacciarsi e godere della vista sul fondo vicino. Le due discipline hanno finalità e presupposti diversi e non sono in conflitto, ma si applicano a situazioni distinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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