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Diritto del Lavoro

Ricorso per revocazione: inammissibile se non decisorio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione proposto contro una precedente ordinanza che aveva dichiarato nulla una notifica. La Corte chiarisce che la revocazione è un mezzo di impugnazione riservato a provvedimenti che definiscono il giudizio, e non può essere utilizzato contro ordinanze meramente procedurali, anche se basate su un presunto errore di fatto.

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Legittimazione ad agire concessionario: l'appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un agente della riscossione contro una sentenza che aveva dichiarato prescritti dei crediti previdenziali. La decisione si fonda sulla carenza di legittimazione ad agire del concessionario, che non può contestare il merito della pretesa (come la prescrizione), diritto che spetta unicamente all’ente creditore.

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Indennità di rischio: la prova è essenziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17504/2025, ha respinto il ricorso di alcuni dipendenti del Ministero della Cultura che chiedevano un’indennità di rischio per lo svolgimento di mansioni connesse alla pubblica sicurezza. La Corte ha stabilito che, per ottenere tale indennità, non è sufficiente la mera qualifica formale di agente di pubblica sicurezza, ma è necessario fornire una prova specifica e dettagliata delle singole attività svolte che comportino un effettivo disagio o pericolo, onere che i ricorrenti non hanno soddisfatto.

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Indennità di mobilità anticipata: quando va restituita

La Cassazione ha stabilito che l’indennità di mobilità anticipata deve essere restituita se il lavoratore, pur avendo avviato un’attività autonoma, accetta un lavoro subordinato entro 24 mesi. L’obiettivo della norma è l’uscita definitiva dal bisogno di lavoro dipendente, obiettivo non raggiunto in questo caso.

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Prova testimoniale: quando il giudice può rifiutarla?

Un ex appartenente alle forze dell’ordine si è visto negare i benefici per le vittime del dovere a causa della genericità del suo racconto su un presunto incidente. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che una prova testimoniale non può essere ammessa se i capitoli di prova sono vaghi e non specificano i contorni del fatto da dimostrare, ribadendo così i limiti del sindacato sulla valutazione delle prove.

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Rinuncia al ricorso: estinzione senza spese

Un pensionato ha presentato una rinuncia al ricorso in Cassazione riguardante la rivalutazione della sua pensione, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto questioni simili. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio, escludendo la condanna al pagamento delle spese e l’applicazione della sanzione del doppio contributo unificato, data la natura della conclusione del procedimento.

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Assegno ad personam: la polizza sanitaria è inclusa?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17429/2025, ha stabilito che la polizza sanitaria integrativa non rientra nel calcolo dell’assegno ad personam in caso di trasferimento di dipendenti pubblici. Se la nuova amministrazione offre un beneficio analogo, mantenere anche il valore della polizza precedente costituirebbe una duplicazione ingiustificata, andando oltre lo scopo dell’assegno ad personam, che è quello di evitare un peggioramento economico e non di cristallizzare ogni singola voce retributiva.

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Riliquidazione TFS: il termine annuale è perentorio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che un ente previdenziale non può procedere alla riliquidazione del TFS (Trattamento di Fine Servizio) dopo la scadenza del termine perentorio di un anno. Il caso riguardava l’erede di un dipendente pubblico il cui TFS, inizialmente liquidato, era stato successivamente ricalcolato in peius dall’ente ben oltre il termine annuale previsto dalla legge. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ente, sottolineando che il termine di decadenza annuale ha una portata generale e serve a garantire la certezza dei rapporti giuridici, impedendo recuperi tardivi di somme dovute a errori dell’amministrazione stessa.

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Licenziamento dirigente: quando le prove non bastano

Un’azienda ha licenziato un suo dirigente per giusta causa, accusandolo di cattiva gestione del personale e conflitto di interessi. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento dirigente, stabilendo che le decisioni contestate erano state prese dal Presidente e dal CdA, e che il manager si era limitato a eseguirle. La mancanza di prove concrete sulla violazione del vincolo fiduciario ha reso il licenziamento illegittimo.

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Opzione sistema contributivo: requisiti e validità

Una società si è opposta a una richiesta di pagamento dell’ente previdenziale per contributi non versati, sostenendo di aver correttamente applicato il massimale contributivo per due dipendenti. Il cuore della disputa era la validità dell’opzione sistema contributivo esercitata dai lavoratori prima di aver maturato i 15 anni di anzianità richiesti dalla legge. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, stabilendo che il requisito dei 15 anni di contributi è una condizione necessaria per poter esercitare l’opzione, e non una semplice condizione di efficacia futura. Di conseguenza, l’opzione era invalida fin dall’inizio e l’azienda era tenuta a versare i contributi per intero.

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Recesso ricongiunzione: no se hai già la pensione

L’erede di un professionista chiedeva il recesso dalla ricongiunzione contributiva avviata dal defunto, il quale però aveva già ottenuto e riscosso una pensione di anzianità proprio grazie a tale operazione. La Corte di Cassazione ha negato il diritto di recesso dalla ricongiunzione, stabilendo che la facoltà di optare per la totalizzazione (presupposto del recesso) è preclusa a chi ha già maturato il diritto a pensione in una delle gestioni coinvolte. L’erogazione della prestazione rende la ricongiunzione irrevocabile.

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Obbligo di repechage: onere della prova sul datore

Una società licenzia un dipendente per soppressione del posto di lavoro a seguito di una riorganizzazione. La Cassazione conferma l’illegittimità del licenziamento, ribadendo che l’obbligo di repechage impone al datore di lavoro di provare attivamente l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni, anche inferiori.

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Retribuzione feriale: inclusa l'indennità di turno

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17495/2025, ha stabilito che l’indennità di turno deve essere inclusa nella retribuzione feriale. La decisione si basa sul principio europeo secondo cui la paga durante le ferie non deve essere inferiore a quella ordinaria, per evitare di dissuadere i lavoratori dal godere del loro diritto al riposo. Qualsiasi voce retributiva intrinsecamente collegata alle mansioni, come l’indennità per il lavoro su turni, fa parte della normale retribuzione e deve quindi essere corrisposta anche durante le ferie.

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Inammissibilità ricorso: quando un appello è respinto

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un professionista contro la sua Cassa di Previdenza per il pagamento di contributi. La decisione si fonda su vizi procedurali, come la proposizione di questioni nuove, la mancata contestazione della ratio decidendi della sentenza d’appello e l’assenza di autosufficienza dei motivi. Questa ordinanza sottolinea l’importanza del rigore formale nel processo civile.

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Ricorso inammissibile: i requisiti di specificità

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per la richiesta di un’indennità perequativa. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, sulla mancata produzione di documenti essenziali e sul tentativo di ottenere un riesame del merito, vietato in sede di legittimità.

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Maggiorazione retributiva: quando spetta al caposquadra

La Corte di Cassazione conferma il diritto di un lavoratore a percepire la maggiorazione retributiva del 10% per aver svolto mansioni di caposquadra. La decisione si fonda sull’accertamento di fatto che il lavoratore coordinava sistematicamente un gruppo di operai superiore a cinque unità, come previsto dal CCNL di settore. Il ricorso dell’azienda è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Uso aziendale: quando impedisce l'assorbimento

La Corte di Cassazione ha stabilito che un “uso aziendale”, consolidatosi nel tempo, che esclude l’assorbimento del superminimo individuale negli aumenti contrattuali, acquista forza di legge tra le parti. Una nota società di telecomunicazioni aveva illegittimamente ridotto le retribuzioni dei dipendenti assorbendo i loro superminimi, violando tale prassi. La Corte ha confermato che l’uso aziendale, una volta formatosi, non può essere interrotto unilateralmente e implicitamente, ma richiede una “disdetta” formale, chiara e giustificata, comunicata a tutti i lavoratori, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

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Danno da ritardo: onere della prova e nesso causale

Un ex dipendente pubblico, licenziato a seguito di una condanna penale, ha citato in giudizio il suo datore di lavoro per ottenere un risarcimento per il ritardo nel processo di riammissione previsto dalla legge. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che il danno da ritardo presuppone che il lavoratore dimostri il nesso causale. In particolare, il dipendente deve provare che un procedimento disciplinare tempestivo avrebbe verosimilmente portato a un esito favorevole (la riammissione), onere che in questo caso non è stato soddisfatto.

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Ferie non godute: obbligo di pagamento per il datore

Una società di trasporti, qualificata come entità “in house” di un comune, è stata condannata a versare l’indennità per ferie non godute a un ex dipendente. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, chiarendo che il divieto di monetizzazione delle ferie, previsto per le pubbliche amministrazioni, non si estende alle società partecipate che operano in regime di diritto privato nei rapporti di lavoro. La Corte ha ribadito che l’onere della prova grava sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver formalmente e tempestivamente invitato il lavoratore a fruire delle ferie, avvisandolo della loro possibile perdita. In assenza di tale prova, l’indennità per le ferie non godute è sempre dovuta.

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Indennità di trasferta: conta la sede contrattuale

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un’azienda al pagamento dell’indennità di trasferta a un dipendente. Sebbene il lavoratore operasse abitualmente a Milano, il suo contratto indicava come sede di lavoro una località del Sud Italia. I giudici hanno stabilito che le indicazioni formali e documentali (contratto, modelli UNI LAV, cedolini paga) prevalgono sulla prassi lavorativa e sulla successiva affermazione dell’azienda che si trattasse di un mero errore. Il ricorso dell’azienda è stato rigettato.

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