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Diritto del Lavoro

Prescrizione contributi agricoli: decorrenza e onere

Un datore di lavoro ha contestato un debito contributivo verso l’INPS, sostenendo che fosse estinto. L’imprenditore riteneva che il termine di cinque anni per la prescrizione dei contributi agricoli iniziasse dalla data di presentazione della denuncia retributiva. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, stabilendo che il termine di prescrizione decorre solo dalla scadenza legale per il pagamento, poiché l’ente non può esigere il credito prima di tale data. Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato.

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Patrocinio a spese dello Stato: compensi garantiti

Un avvocato si è visto negare la liquidazione dei compensi per l’assistenza a un cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, a causa della mancata comunicazione formale dell’ammissione al giudice. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la responsabilità della comunicazione è del Consiglio dell’Ordine e che tale omissione non può essere interpretata come una rinuncia al beneficio, né può impedire il pagamento del compenso al difensore.

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Iscrizione Gestione Commercianti: quando è obbligatoria?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23337/2025, ha stabilito che per l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti non è sufficiente la mera qualifica di socio e la percezione di un reddito societario. L’INPS ha l’onere di provare la partecipazione personale, abituale e prevalente del socio all’attività lavorativa aziendale. La Corte ha cassato la decisione d’appello che si era basata esclusivamente su tali elementi formali, trascurando le prove testimoniali che negavano un coinvolgimento attivo del socio.

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Assegno sociale e rinuncia al mantenimento: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia all’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge non preclude il diritto a percepire l’assegno sociale. Il diritto si basa sullo stato di bisogno effettivo, calcolato sui redditi reali e non su quelli potenziali o non percepiti. La Corte ha cassato la decisione di merito che negava la prestazione, affermando che un intento fraudolento ai danni dell’ente previdenziale deve essere concretamente provato e non può essere presunto dalla sola rinuncia.

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Contributi INPS: reddito da S.a.s. va incluso?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un commerciante deve versare i contributi INPS sulla totalità dei suoi redditi d’impresa, includendo anche quelli derivanti dalla partecipazione a una società di persone in cui non svolge attività lavorativa. La Corte ha chiarito che la richiesta dell’INPS non necessita di un preventivo accertamento fiscale, ma si basa sulla corretta applicazione della legge sulla base imponibile contributiva. La decisione riforma la sentenza d’appello che aveva erroneamente annullato la richiesta di contributi per mancanza di prova di un accertamento fiscale.

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Licenziamento giusta causa: la Cassazione conferma

Una lavoratrice con mansioni di responsabilità in un’azienda di trasporti è stata licenziata per giusta causa a seguito di gravi addebiti disciplinari, tra cui l’omessa e ritardata contabilizzazione di somme di denaro e la culpa in vigilando. Dopo la conferma della legittimità del licenziamento in primo e secondo grado, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della dipendente. La Corte ha stabilito che la condotta, intenzionale e volta a occultare le irregolarità, costituiva una violazione talmente grave del rapporto fiduciario da giustificare la massima sanzione espulsiva, a prescindere dalla tipizzazione esatta delle mancanze nel regolamento aziendale.

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TFR dipendenti pubblici: spetta alla fine del contratto

La Corte di Cassazione conferma che il TFR dei dipendenti pubblici matura alla cessazione di ogni singolo rapporto di lavoro. Pertanto, un lavoratore con un contratto a termine ha diritto alla liquidazione immediata del suo TFR, anche se viene subito dopo assunto a tempo indeterminato dalla stessa amministrazione. La continuità del servizio non sposta il momento in cui il diritto sorge, equiparando la disciplina a quella del settore privato.

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Contribuzione virtuale edilizia: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione stabilisce che la contribuzione virtuale edilizia si applica anche quando un’impresa supera i limiti percentuali per l’assunzione di lavoratori part-time fissati dal contratto collettivo. In questi casi, i contributi devono essere calcolati sulla base di una retribuzione da lavoro a tempo pieno, indipendentemente da quella effettivamente corrisposta. La Corte ha accolto il ricorso di un ente assicurativo, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello e riaffermando il principio del minimale contributivo nel settore edile.

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Obbligo contributivo coadiutrice: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore contro una richiesta di pagamento dell’INPS. La controversia riguardava l’obbligo contributivo per la moglie, amministratrice della società di famiglia, considerata anche coadiutrice familiare. La Corte ha confermato che, al di là del ruolo formale, l’effettiva partecipazione abituale e prevalente all’attività commerciale giustifica il doppio obbligo contributivo coadiutrice e la conseguente iscrizione alla Gestione Commercianti, valorizzando le prove raccolte in sede ispettiva.

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Rivalutazione redditi professionali: calcolo pensione

Un professionista ha richiesto il ricalcolo della sua pensione basandosi su una più favorevole rivalutazione dei redditi professionali. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene la data di decorrenza della rivalutazione fosse corretta, l’importo finale della pensione deve essere proporzionale ai contributi effettivamente versati. Un versamento contributivo inferiore, anche se causato da un errore di calcolo dell’ente previdenziale, comporta una pensione calcolata sulla base imponibile corrispondente, affermando il principio della “contribuzione effettiva”.

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Ricongiunzione contributi: no interessi, ecco perché

Un ex dipendente pubblico, passato al settore privato, ha richiesto la ricongiunzione contributi con la detrazione degli interessi. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che in assenza di un diritto a pensione già maturato al momento del passaggio, si applica l’istituto della ‘costituzione della posizione assicurativa’, che non prevede il calcolo di interessi sul montante trasferito, a differenza della ricongiunzione standard.

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Interpretazione sentenza: la Cassazione chiarisce

Un lavoratore ha richiesto delle differenze retributive basate sull’interpretazione di una precedente sentenza relativa a un licenziamento. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, fornendo una propria interpretazione del giudicato precedente. La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione, rigettando il ricorso del lavoratore. La Suprema Corte ha chiarito che l’interpretazione di una sentenza da parte di un giudice di merito costituisce un accertamento di fatto, censurabile in sede di legittimità solo in caso di motivazione inesistente o palesemente illogica. Non essendo questo il caso, la decisione sull’interpretazione sentenza è stata confermata.

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Massimale contributivo: effetti del riscatto militare

Un lavoratore autonomo ha contestato la richiesta di arretrati da parte dell’Ente Previdenziale, sorta dopo il riscatto del servizio militare prestato prima del 1996. La controversia verteva sull’applicazione del massimale contributivo. La Corte di Cassazione ha stabilito che il superamento del massimale opera solo dal mese successivo alla domanda di riscatto e non retroattivamente, legittimando l’operato dell’Ente sulla base di una norma di interpretazione autentica.

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Ricorso inammissibile: requisiti di chiarezza

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da alcuni lavoratori contro licenziamento e trasferimento. La Corte sottolinea l’importanza dei nuovi requisiti di chiarezza e sinteticità del ricorso, affermando che la mancata specificazione dei motivi d’appello e l’errata formulazione delle censure procedurali portano all’inammissibilità, senza entrare nel merito della legittimità del trasferimento.

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Prescrizione crediti lavoro: quando decorre il termine

Una lavoratrice ha citato in giudizio la società cooperativa datrice di lavoro per ottenere il pagamento di differenze retributive. La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’Appello, ha stabilito un principio fondamentale sulla prescrizione crediti lavoro. Per i rapporti di lavoro privi di una solida stabilità reale, come quelli successivi alle riforme del 2012 e 2015, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti retributivi non decorre in corso di rapporto, ma solo dalla sua cessazione. Questa regola è stata ritenuta applicabile anche ai soci lavoratori di cooperative, garantendo una maggiore tutela al lavoratore che potrebbe temere ritorsioni in caso di azione legale durante il rapporto.

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Rinuncia al ricorso: quando il processo si estingue

Un lavoratore, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole in una causa di lavoro, ha raggiunto un accordo transattivo con l’azienda. Di conseguenza, ha presentato una rinuncia al ricorso. L’azienda ha accettato la rinuncia, e la Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il processo, stabilendo che, in virtù dell’accordo tra le parti, non vi era luogo a provvedere sulle spese legali.

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Notifica PEC casella piena: il deposito è decisivo

La Corte di Cassazione ha stabilito che una notifica PEC non andata a buon fine per ‘casella piena’ non si perfeziona automaticamente. Per considerare valida la comunicazione e far decorrere i termini, è indispensabile che la cancelleria del tribunale esegua il ‘deposito in cancelleria’ dell’atto. In un caso recente, una Corte d’Appello aveva dichiarato un appello improcedibile senza verificare questo adempimento cruciale. La Suprema Corte ha annullato tale decisione, sottolineando che il deposito è un passaggio garantista non trascurabile, necessario per completare la procedura di notifica PEC casella piena.

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Sgravi contributivi: quando il ricorso è inammissibile

Una società di costruzioni si è vista negare degli sgravi contributivi e ha impugnato la decisione fino in Cassazione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarando la maggior parte dei motivi inammissibili. La sentenza sottolinea che i ricorsi in Cassazione non possono riesaminare i fatti e che i requisiti per ottenere benefici contributivi, come l’assenza di licenziamenti pregressi, devono essere rigorosamente rispettati. La Corte ha inoltre confermato che l’onere di provare il diritto a un’esenzione o a una riduzione contributiva spetta sempre al datore di lavoro.

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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?

Una società di trasporti, dopo aver perso in appello una causa sulla retribuzione feriale di un dipendente, ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, ha effettuato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il processo, condannando la società stessa a pagare le spese legali della controparte in base al principio di causalità, secondo cui chi avvia un’azione legale e poi vi rinuncia deve rimborsare i costi sostenuti dall’altra parte.

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Inquadramento superiore: la Cassazione sul diritto

Un dipendente di un ente pubblico economico, a cui erano state formalmente assegnate mansioni dirigenziali, si è visto negare il corrispondente inquadramento superiore dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che, una volta accertato il conferimento formale dell’incarico, il giudice deve valutare la domanda di inquadramento e non può limitarsi a riconoscere solo le differenze retributive.

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