Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34618 Anno 2019
Civile Sent. Sez. 5 Num. 34618 Anno 2019
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2019
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13755/2013 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio elettivo in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dello stesso;
contro
Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 110/14/12 depositata il 6 dicembre 2012.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 novembre 2019 dal Consigliere NOME COGNOME udito l’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE aveva iscritto in bilancio un credito di C 572.862,67 verso l’ex socio NOME COGNOME relativo al periodo dal 1995 al 1999.
Con sentenza del Tribunale ordinario di Venezia del 28 ottobre 2004, la RAGIONE_SOCIALE venne condannata a corrispondere all’ex socio NOME COGNOME la somma di C 528.992,13 quale valore della quota a lui dovuto a seguito dell’esclusione dalla società.
Il 30 marzo 2005, la RAGIONE_SOCIALE l’ex socio NOME COGNOME e gli altri soci della RAGIONE_SOCIALE conclusero una transazione con la quale ponevano fine a una serie di controversie giudiziarie in corso – tra cui quella sopra menzionata – oltre a prevenire
alcune possibili future liti. In particolare, con tale contratto, la RAGIONE_SOCIALE e i suoi soci rinunciavano «a far valere nei confronti di NOME COGNOME ogni e qualsivoglia ulteriore pretesa, diritto e azione che comunque tragga, o possa in futuro trarre, origine o causa» dai rapporti oggetto dello stesso. Le parti convenivano inoltre che la RAGIONE_SOCIALE e i suoi soci «riconoscono al sig. NOME COGNOME il diritto a vedersi corrisposto l’importo di complessivi Euro 400.000,00 di cui: (i) E 350.000,00 verranno pagati da RAGIONE_SOCIALE a titolo di debito, convenzionalmente maggiorato in vi transattiva, rispetto all’importo di C 223.124,88 che risulterebbe dalla compensazione del credito di NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per la causale meglio specificata alla lett. a.1) delle premesse, pari ad Euro 528.992,13 con il debito di NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Seguso per la causale meglio specificata alla lett. a.4) delle premesse, pari a Euro 305.867,25».
Sulla base delle menzionate sentenza e transazione, la contribuente iscrisse in bilancio quali sopravvenienze passive: a) l’importo di C 572.862,67 – pari a quello già iscritto in bilancio qual credito verso l’ex socio NOME COGNOME – suddividendolo in C 393.491,62 iscritti nel bilancio dell’anno 2004 e C 179.371,05 iscritti nel bilancio dell’anno 2005; b) l’importo di C 350.000,00, dovuto a NOME COGNOME in forza della transazione, iscrivendolo nel bilancio dell’anno 2005.
2. Sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Venezia 1, notificò all RAGIONE_SOCIALE due avvisi di accertamento, relativi a IRES, IRAP e IVA per i periodi d’imposta, rispettivamente, 2005 e 2006.
Con l’avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2005, l’Agenzia delle entrate – tra l’altro e per quanto qui ancora rileva premesso che, con la transazione del 30 marzo 2005, erano state definite sia la controversia avente a oggetto il debito della società nei confronti dell’ex socio per il valore della sua quota (che la sentenza del Tribunale di Venezia del 28 ottobre 2004 aveva determinato in C 528.992,13) sia la controversia avente a oggetto il credito della società nei confronti dell’ex socio (che una sentenza della Corte d’Appello aveva determinato in C 305.867,25), reputò che la differenza tra i due importi, pari a C 223.124,88 (C 528.992,13 – C 305.867,25), «era corrisposta dalla società all’ex socio a titolo di liquidazione della quot sociale» (così la sentenza impugnata), con una maggiorazione di C 126.874,00 (C 350.000,00 – C 223.124,88), «riconducibile pertanto alla sola transazione, che la società ha pagato al socio e ha rilevato in contabilità» (così l’avviso di accertamento, come riportato dalla sentenza impugnata). L’avviso di accertamento considerò deducibile solo quest’ultima somma di C 126.874,00 – «appunto perché riconducibile alla sola transazione» (così la sentenza impugnata) mentre disconobbe la deducibilità delle ulteriori somme iscritte in bilancio quali componenti negative a carattere straordinario, pertanto, della somma di C 179.371,05 e della somma di €223.124,88, in quanto «corrispondent a valori che non potevano essere considerati costi» (così la sentenza impugnata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con l’avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2006, l’Agenzia delle entrate accertava il maggior reddito conseguente alla minor perdita accertata con l’avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2005.
3. Gli avvisi di accertamento furono separatamente impugnati davanti alla Commissione tributaria provinciale di Venezia che, riuniti i ricorsi della contribuente, li rigettò.
4. Avverso tale pronuncia, la RAGIONE_SOCIALE propose appello alla Commissione tributaria regionale del Veneto (hinc anche: «CTR»), sostenendo che la transazione «aveva determinato una disciplina dei rapporti fra le parti del tutto nuova, di cui era impossibile rintracciare collegamenti con i rapporti esistenti in precedenza tra le parti», sicché «l’avviso di accertamento era viziato dalla pretesa di collegare i nuovi rapporti sorti in seguito all’accordo transattivo a quelli che erano esistiti in passato» (così la sentenza impugnata).
La CTR rigettò l’appello asserendo di «condivide l’argomento per il quale la novazione, istituto del diritto civile che determina l’estinzione di una obbligazione e la sostituzione di essa con una obbligazione diversa, non ha lo stesso effetto nel cancellare l’appartenenza dei valori economici, presi in considerazione nell’accordo transattivo, alla categoria contabile alla quale erano originariamente assegnati. Nel caso in esame l’avviso di accertamento aveva individuato in maniera precisa l’importo corrispondente alla liquidazione di una quota sociale e l’importo corrispondente a una differenza di recesso, interessati dall’accordo sia pure novativo per il diritto civile, e sulla base della loro appartenenza alla sfera patrimoniale ne aveva determinato correttamente il trattamento fiscale».
5. Avverso tale sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata in segreteria il 6 dicembre 2012 e non notificata, ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE che affida il proprio ricorso, notificato 31 maggio 2013, a due motivi.
6. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
7. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20 novembre 2019, nella quale il Procuratore generale ha concluso come indicato in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio, che era stato oggetto di discussione tra le parti che una componente negativa dedotta era costituita dalla perdita del credito nei confronti dell’ex socio NOME COGNOME (e non dal valore della quota dovuto allo stesso a seguito dell’esclusione dalla società).
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1965, 1976 e 2289 cod. civ. e degli artt. 56, 101 e 109 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per avere la CTR negato la deducibilità delle componenti negative sulla base della natura dei rapporti obbligatori oggetto della transazione, nonostante questa, avendo carattere novativo, li avesse estinti, divenendo «la fonte dell’unica sopravvenienza passiva iscritta», sicché «la società ha dedotto un costo (non più qualificabile come avente natura patrimoniale, ma costo di esercizio avente rilevanza nel conto economico) pienamente inerente all’attività di impresa».
3. Il primo motivo di ricorso è fondato, nei termini che seguono.
La ricorrente, nel rispetto degli artt. 366, primo comma, n. 6), e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ.), oltre a operare un puntuale riferimento al processo verbale di constatazione, ha riprodotto nel ricorso il passaggio dell’atto di appello nel quale, con riguardo al «credito nei confronti del socio NOME COGNOME che la Società ha eliminato in sede transattiva», aveva rappresentato che «si tratta di somme che per effetto della transazione sono divenute inesigibili, non già di “quote corrisposte al socio NOME COGNOME con riferimento al suo recesso dalla società”».
Allo stesso proposito, la sentenza impugnata rappresenta che, secondo l’avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2005, « seguito dell’accordo transattivo», la RAGIONE_SOCIALE aveva iscritto in bilancio, fra le componenti negative, oltre
«all’importo di C 350.000,00, corrispondente al debito nei confronti dell’ex socio riconosciuto nell’accordo transattivo», «la somma corrispondente al credito iscritto nei confronti dell’ex socio imputandolo per C 179.371,05 nell’anno 2005».
La stessa sentenza impugnata, peraltro, nella parte motiva, omette di esaminare quest’ultimo fatto – cioè che una componente negativa dedotta dalla società fosse costituita dalla perdita del credito nei confronti dell’ex socio NOME COGNOME – limitandosi ad affermare, genericamente, che «l’avviso di accertamento aveva individuato in maniera precisa l’importo corrispondente alla liquidazione di una quota sociale e l’importo corrispondente a una differenza di recesso, interessati dall’accordo e sulla base della loro appartenenza alla sfera patrimoniale ne aveva determinato correttamente il trattamento fiscale».
Tale omissione riveste un carattere evidentemente decisivo, atteso che la verifica della rilevanza fiscale deve essere ovviamente compiuta in relazione alle singole e diverse componenti negative di natura straordinaria portate in deduzione. Ciò avendo riguardo sia al loro collegamento causale (o, più esattamente, al collegamento causale dell’operazione che le ha generate) con l’esercizio dell’attività di impresa – e, perciò, con le esigenze della stessa – sia al principio dell’irrilevanza fiscale dei componenti negativi relativi ad attività ch non concorrono a formare il reddito d’impresa imponibile (Cass., 08/04/2019, n. 9784, 07/06/2017, n. 14137, 15/03/2017, n. 6721, 30/12/2014, n. 27482). –
4. Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.
5. Sulla base di quanto precede, accolto il primo motivo nei termini indicati e assorbito secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, perché provveda alla verifica della rilevanza fiscale delle singole e diverse componenti
negative portate in deduzione dalla contribuente nonché alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20/11/2019.
NOME