Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7860 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7860 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr 23681/2017 proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’AVV_NOTAIO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO come da procura in atti, controricorrente
avverso il decreto nr 8555/2017 depositato in data 2/8/2017 dal Tribunale di Milano;
udita la relazione della causa svolta nella camera di AVV_NOTAIOiglio del 14 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 NOME COGNOME depositò domanda di ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (anche con riserva ex art. 96 l.fall.) del proprio credito, derivante da risarcimento dei danni a causa di vizi delle opere eseguite dall’RAGIONE_SOCIALE poi fallita e dal credito verso la stessa RAGIONE_SOCIALE cedutogli da RAGIONE_SOCIALE, in via chirografaria, per le seguenti somme: i) in via principale € 118.933,01 in caso di totale accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo di cui ai giudizi riuniti nr. 573/2010 e 1077/2010 rg Tribunale di Milano; ii) € 110 073,01 in caso di parziale accoglimento della predetta opposizione; iii) € 20.073,01, in via subordinata, in caso di rigetto dell’opposizione.
1.1 Il Giudice delegato escluse sia il credito risarcitorio per i vizi e i difetti dell’opera, non suffragato da prove idonee opponibili alla procedura, e, comunque, insussistente, essendo il committente decaduto dalle azioni per difformità e vizi dell’opera, sia quello derivante dalla cessione del credito, ritenuta non opponibile al RAGIONE_SOCIALE.
2 Sull’opposizione proposta da NOME COGNOME, il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso rilevando, per quanto di interesse in questa sede: i) che l’opponente non aveva fornito elementi idonei a superare l’eccezione di decadenza prevista dall’art . 1667 3° comma c.c., dal momento che, ultimati i lavori di ristrutturazione, il committente aveva avuto la completa disponibilità dell’immobile sin dalla data dell’11/12/2008 e solo dopo sette mesi, il 29/7/2009, egli aveva denunciato i vizi riscontrati; ii) che, in ogni caso, andavano condivise le conclusioni del AVV_NOTAIO.D circa la carenza di prova della sussistenza dei lamentati vizi e difetti dell’opera, anche in
AVV_NOTAIOiderazione del fatto che, avendo il COGNOME provveduto di propria iniziativa incaricando altra RAGIONE_SOCIALE (che a suo dire avrebbe rimosso ogni difformità dell’opera ), senza previamente sollecitare l’esperimento di un mezzo di istruzione preventiv a, aveva di fatto precluso al Tribunale la possibilità di disporre di una AVV_NOTAIOulenza tecnica volta a verificare, nel contraddittorio delle parti, i vizi e a quantificare i costi necessari per il ripristino; iii) che, con riferimento alla pretesa creditoria fatta valere dal COGNOME per effetto della cessione in suo favore del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE in bonis, per la restituzione di somme versate per lavori mai effettuati, conformemente alle argomentazioni e conclusioni espresse dai giudici ordinari, che avevano esaminato tale domanda (Tribunale di Milano con la sentenza 5558/2015 e Corte d’Appello di Milano con sentenza nr. 440/2017), l’opponente non aveva fornito la prova dell’esistenza del credito ceduto, dal momento che non era stata dimostrata la risoluzione del contratto di appalto intervenuto tra la cedente e la debitrice ceduta, presupposto dell’insorgere del credito restitutorio.
2 NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di sette motivi; il RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie ex art 380 bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I motivi del ricorso possono così essere riassunti:
violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 comma nr. 3 c.p.c., per avere il Tribunale basato la propria decisione di accogliere l’eccezione di decadenza dall’azione di garanzia per i vizi e difetti dell’opera su tre diverse presunzioni ognuna di derivazione dell’altra; la prima presunzione (disponibilità dell’immobile da parte del committente il giorno 11/12/2008) risulta, peraltro, contraddetta da elementi di segno
contrario, che portano a posticipare l’immissione nel possesso nella data del 14/6/2009, con AVV_NOTAIOeguente tempestività della denuncia dei vizi e dei difetti;
2)omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 1667 comma 2 c.c.; viene censurato il decreto laddove ha trascurato di prendere in AVV_NOTAIOiderazione, al fine di individuare il dies a quo per la proposizione dell’azione di garanzia, il fatto che alla data dell’11/12/2008 i lavori erano ancora in corso, alla stessa i bagni e i sanitari erano stati asportati per AVV_NOTAIOentire la demolizione e il rifacimento delle pareti e lo stato finale dei lavori redatto dal direttore degli stessi portava la data del 14 settembre 2009;
3) violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 nr. 3 c.p.c., in relazione all’art. 167, comma 2 c.c., per aver il Tribunale errato nel non aver ritenuto tempestiva la prima denuncia di vizi e difetti all’appaltatore in data 28/7/2009, anteriormente alla redazione dello stato di avanzamento dei lavori e, quindi, prima
inoltrata dell’inizio del decorso del termine di cui all’art 1667 2 comma c.c.;
violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1460 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 3 c.p.c., per avere il decreto, nel ritenere non provati i lamentati vizi e difetti, disatteso i principi generali elaborati dalla giurisprudenza in materia di distribuzione dell’onere della prova;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 360 1° comma nr 4 c.p.c perché il Collegio giudicante avrebbe, escludendo il credito di € 46.650, operato un rinvio alla sentenza della Corte d’Appello di Milano nr. 440/2017, senza specificare le ragioni della condivisione; 6) violazione e falsa applicazione degli artt. 1350 e 1362 c.c., in relazione all’art . 1350 e 1362 c.c., per avere il Tribunale errato nel ritenere, ai fini della risoluzione del contratto di appalto che aveva generato il credito ceduto alla ricorrente, necessario l’atto scritto,
quando invece lo scioglimento del contratto si poteva desumere da comportamenti concludenti che emergevano dagli atti di causa;
violazione degli artt. 1260,1348 e 1472 c.c. nonché art. 81 comma 1° l.fall.; il ricorrente assume che le conclusioni cui è giunto il Tribunale nell’affermare che il credito di RAGIONE_SOCIALE fosse sorto con la dichiarazione del fallimento di RAGIONE_SOCIALE e che, quindi, solo dalla prima poteva essere fatto valere, è in contrasto con le disposizioni codicistiche che AVV_NOTAIOentono la vendita di cosa futura. In ogni caso, sempre secondo quanto opinato dal ricorrente, era la stessa sentenza ad ipotizzare lo scioglimento del contratto per effetto della sua mancata prosecuzione dopo la dichiarazione di fallimento.
2 I primi tre motivi, da scrutinarsi congiuntamente in quanto investono la medesima ratio decidendi, censurata sotto diversi profili, sono inammissibili.
2.1 Il Tribunale ha ritenuto, dalla lettura degli atti di causa, e segnatamente dal Giornale dei Lavori, che la committenza ebbe a AVV_NOTAIOeguire la disponibilità materiale dell’immobile l’11.12.2008, avendo proceduto al suo arredo.
2.1 Accertata l’immissione nel possesso, trattandosi pacificamente di vizi e difetti palesi « il committente avrebbe dovuto avvedersene e procedere ad una denuncia tempestiva nel termine decadenziale ex lege ».
2.2 Secondo la AVV_NOTAIOolidata giurisprudenza di questa Corte, nel sistema processuale non esiste il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o di divieto di doppie presunzioni o di presunzioni di secondo grado o a catena) invocato dal ricorrente, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c., né a qualsiasi altra norma, per cui nulla osta a che il fatto noto, accertato in via presuntiva, possa costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea a fondare l’accertamento del fatto
ignoto (cfr. Cass. 37819/2022, 27892/2020, 23860/2020 e 20748/2019).
2.3 Non può, quindi, predicarsi alcun illegittimo procedimento di valutazione degli elementi probatori.
2.4 Piuttosto, le censure di violazione di legge si risolvono nella non AVV_NOTAIOentita critica del giudizio inferenziale operato dal Tribunale; l’ apprezzamento del giudice di merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito (Cass. nr. 10253/2021 e 1234/ 2019).
2.5 Il Tribunale non ha neppure, come sostiene il ricorrente, trascurato di esaminare i fatti connessi alla prosecuzione dei lavori che, secondo quanto opina COGNOME, giustificherebbero lo spostamento in avanti del dies a quo per la denuncia dei vizi.
2.6 Il rilievo del ricorrente è smentito da quanto si legge a pagina quattro del decreto: « a nulla rileva, infatti, che l’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice sia poi nuovamente intervenuta sull’immobile per il completamento dei lavori, dovendosi interpretare l’attività di arredo anzidetta quale attività che necessariamente implica la materiale disponibilità dell’opera e, quindi, come momento da cui fare utilmente decorrere il doppio termine di prescrizione e decadenza prescritto dalla legge ».
2.7 Dunque la questione agitata dal ricorrente è stata esaminata dal Tribunale, che, con accertamento in fatto insindacabile in questa sede, ha giudicato ininfluente la prosecuzione rispetto alla provata piena disponibilità del bene da parte del RAGIONE_SOCIALE.
3 Il quarto motivo è parimenti inammissibile.
3.1 In esso vengono articolate doglianze che concernono l’ulteriore e distinta ratio decidendi dell’impugnata pronuncia concernente la carenza di prova dei denunciati vizi e difetti.
3.2 Orbene si è già visto, disattendendosi i primi tre motivi, che la prima ragione fondante il menzionato convincimento del giudice è rimasta vanamente impugnata. Pertanto, deve trovare applicazione il principio secondo cui, ove la corrispondente motivazione sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata sul punto, l’omessa o infruttuosa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione inutilmente impugnata, non potrebbe produrre in alcun caso l’annullamento, in parte qua , della pronuncia stessa (cfr. ex multis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4738/2022;22697/2021; Cass., SU, n. 10012/ 2021 e 3194/ 2021).
4 Prima di esaminare il quinto, sesto e settimo che riguardano il capo del decreto sulla esclusione del credito derivante dalla cessione menzionata, va disattesa la preliminare eccezione di giudicato esterno sollevata dal RAGIONE_SOCIALE.
4.1 NOME COGNOME, infatti, ha proposto opposizione al decreto che gli ingiungeva il pagamento in favore dell’appaltatrice dell’RAGIONE_SOCIALE della somma di € 98.860, eccependo, tra l’altro, un proprio controcredito di € 46.560,00, successivamente fatto valere in sede fallimentare, in qualità di cessionario del credito di € .46.560, vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
4.2 Il processo di primo grado, interrotto per il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, è stato riassunto dalla curatela e proseguito anche per l’accertamento del credito contrapposto a quello del RAGIONE_SOCIALE; il COGNOME, con la domanda di ammissione al passivo,
che ha originato l’opposizione ex art . 99 l.fall approdata in Cassazione, ha chiesto in via principale l’accertamento del credito con le forme, tendenzialmente esclusive, del giudizio di verificazione, così come previste e disciplinate dagli artt. 93 e s. l.fall.
4.3 Ora, secondo il AVV_NOTAIOolidato orientamento di questa Corte, se l’accertamento del credito in compensazione pende dinanzi ad altro giudice, è questi che deve liquidarlo (Cass. 1695/2015, 9608/2013). In quest’ultimo caso il giudice dell’eccezione di compensazione non può sospendere il giudizio sul credito principale ai sensi dell’art. 295 c.p.c. o 337, secondo comma c.p.c., qualora nel giudizio avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione sia stata emessa sentenza non passata in giudicato (Cass. n. 325 del 1992), ma, non potendo realizzarsi la condizione prevista dal secondo comma dell’art. 1243 c.c. – che costituisce disciplina processuale speciale ai fini della reciproca elisione dei crediti nel processo instaurato dal creditore principale – (il giudice) deve dichiarare l’insussistenza dei presupposti per elidere il credito agito e rigettare l’eccezione di compensazione .
4.4 Ciò premesso, l a sentenza della Corte d’Appello di Milano, divenuta definitiva a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione nr. 9787/2022 che ha rigettato il secondo motivo di ricorso proposto dal COGNOME, ha ritenuto -prendendo atto delle contestazioni sollevate dalla curatela -il credito sfornito di certezza, non essendo provata l’esistenza del credito ceduto, così disattendendo l’eccezione di compensazione.
4.5 L’accertamento del giudicato è, quindi , limitato all’esclusione del requisito della certezza del credito per essere posto in compensazione con il credito azionato in via monitoria, ma non si estende all’ an e al quantum , accertamento di esclusiva competenza
del giudice fallimentare, secondo il combinato disposto degli artt. 24, 52 e 93 e s. l.fall.
5 Il quinto motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi ; il g iudice dell’opposizione, oltre a richiamare le motivazioni delle sentenze del Tribunale di Milano e della Corte d’Appello rese nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, fonda la propria decisione su proprie ed autonome ragioni ben esposte ed argomentate.
6 I restanti motivi sono inammissibili, in primo luogo per carenza di interesse.
6.1 Il Tribunale, oltre a ritenere insussistente il credito oggetto di cessione, ha affermato che non era stata fornita neppure la prova dell’atto traslativo del credito.
6.2 Il ricorrente non ha censurato tale autonoma e distinta ratio decidendi sufficiente, da sola, a sorreggere la decisione.
7 In ogni caso la censura oggetto del sesto motivo si riversa nel merito, risolvendosi in una sostanziale richiesta alla Corte di rinnovare l’accertamento del fatto e la valutazione delle prove.
8 Con riferimento al settimo motivo il Tribunale ha escluso l’esistenza di un credito restitutorio vantato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in bonis prima del fallimento di quest’ultima ; un credito sarebbe potuto sorgere dopo il fallimento per effetto dello scioglimento del contratto ma tale eventuale credito, secondo i giudici milanesi, rimaneva in capo ad RAGIONE_SOCIALE, posto che al momento della cessione non esisteva. Non è quindi configurabile alcuna violazione dell’art 81 l. fall.
8.1 Della questione della giuridica possibilità di cedere il credito futuro non si fa menzione alcuna nel decreto impugnato e nel ricorso non vi è alcuna indicazione circa il dove e il quando tale tematica sia stata introdotta nei precedenti giudizi.
8.2 Va allora rammentato il noto principio secondo cui «qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio» (Cass., 17041/2013; 2094/2018, 20694/2018 e 712/2018).
9 Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
10 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 8.700 di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 14 febbraio 2024