Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3847 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3847 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 2438-2024 r.g. proposto da:
NOME COGNOME codice fiscale CODICE_FISCALE rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’AVV. NOME COGNOME del Foro di Trani (c.f. CODICE_FISCALE.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa (L.C.A.), con sede in Milano, INDIRIZZO, in persona del Commissario Liquidatore, Prov. Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di P.E.C. dell’Avv. NOME COGNOME (c.f. CRMGPP76H08A CODICE_FISCALE) del Foro di Bari (EMAIL, dal quale è rappresentata, giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente – avverso il decreto ex artt. 87 e ss. T.U.B. del TRIBUNALE DI MILANO, n. 10524/2023, emesso il 21 dicembre 2023, pubblicato e comunicato il 28 dicembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano, decidendo sull’opposizione allo stato passivo proposta da NOME RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Banca s.p.aRAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa (L.C.A.), ha parzialmente accolto l’opposizione svolta dall’opponente, ammettendo l’ulteriore credito del l’istante al passivo di RAGIONE_SOCIALE COATTA AMMINISTRATIVA per l’importo di euro 11.601,08 in via chirografaria, mandando al Commissario Liquidatore per la modifica dello stato passivo; ha rigettato tutte le restanti domanda svolte da parte opponente; – ed operando la compensazione per 1/3, ha condannato l’opponente alla refusi one in favore della opposta RAGIONE_SOCIALE BANCA S.P.A IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA delle spese di lite, per il restante importo liquidato in euro 5.976,00.
Il Tribunale, nel decreto decisorio qui impugnato, ha in primo luogo ricordato la cronologia temporale degli eventi riguardanti il rapporto contrattuale, sulla cui base l’opponente aveva chiesto l’ammissione al passivo: (i) in data 27.4.2004 era stato stipulato il contratto di locazione con cui NOME COGNOME aveva concesso in locazione, ad uso commerciale, l’immobile di sua proprietà , sito in Andria, a Banca Federiciana s.p.a.; (ii) in data 30.6.2015 era intervenuta la risoluzione consensuale del precedente contratto di locazione e la stipula di un nuovo contratto nel quale era stato pattuito un canone annuo pari ad euro 54.000 ed una durata di 6 anni (1.1.2016-31.12.2021), con rinnovo tacito per uguale durata ( all’art. 3.4 le parti avevano tuttavia previsto che la disdetta non avrebbe potuto essere esercitata per la prima scadenza di 6 anni e all’art . 13 era stato poi pattuito che al termine della locazione la locatrice avrebbe potuto scegliere se ritenere gratuitamente tutte o parte delle addizioni o il ripristino dello stato dei luoghi al 27.04.2004); (iii) in data 1.10.2015, con decreto del MEF, adottato su proposta della Banca d’Italia, erano stati sciolti gli organi con funzioni di amministrazione e di controllo della GBM BANCA s.p.a. (nuova denominazione assunta da Banca Federiciana s.p.a.) e la stessa veniva sottoposta alla
procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 70, co. 1 lett. a) TUB; (iv) in data 30.12.2016 la Banca d’Italia invitava i Commissari a procedere con sollecitudine agli adempimenti attuativi dell’operazione di aumento di capitale sociale e a dar corso, ad esito di tale operazione, agli adempimenti conclusivi della procedura; (v) in data 25.1.2017 era intervenuto l’a cquisto di partecipazione di maggioranza di GBM Banca s.p.a. e la realizzazione dell’aumento di capitale di € 20 Mln ; (vi) in data 31.1.2017, a seguito della ricostituzione degli organi da parte dell’assemblea dei soci e della restituzione della banca alla gestione ordinaria, si era conclusa la procedura di amministrazione straordinaria di GBM Banca s.p.a.; (vii) in data 1.6.2017 si era attivata la predisposizione del ‘Piano Industriale’ per il triennio 2017-2019; (viii) in data 3.11-5.12.2017 GBM Banca S.p.a. comunicava al locatore il recesso per giusta causa ex art. 27, ult. co., l. 392/1978, non essendo compatibile con la naturale durata del contratto di locazione il nuovo piano di business; (ix) in data 27.11.2017 si disponeva, pertanto, la chiusura della filiale di Andria ed in data 20.2.2018 GBM chiedeva al locatore se volesse ritenere gratuitamente tutte o parte delle addizioni realizzate dalla Banca ovvero ottenere il ripristino dello stato dei luoghi esistente alla data del 27.4.2004, ai sensi dell’art. 13 del contratto di locazione;(x) in data 28.2.2018 il locatore contestava l’efficacia del recesso , per asserita assenza di giusta causa ex art. 27, ult.co., L. 392/1978, ed invitava la conduttrice a prestare adempimento al contratto sino al 31.12.2027; (xi) in data 22.6.2018 GBM Banca notificava al locatore formale atto di in timazione a ricevere in consegna l’immobile ex art. 1216 c.c., rifiutata dal locatore, il quale riteneva inefficace il recesso; (xii) in data 25.10.2018 GBM notificava ricorso, ex art. 1216, co. 2, c.c. e 79 disp. att. c.c., per la nomina di un sequestratario ai fini della consegna dell’immobile e, in data 27.11.2018, il Presidente del Tribunale di Trani nominava il sequestratario; (xiii) in data 28.1.2019 e 5.2.2019 avevano luogo le operazioni di sequestro liberatorio, con riconsegna al custode delle chiavi; (xiv) in data 12.11.2018 veniva promosso giudizio ex art. 447 bis c.p.c. dal locatore per accertare l’inefficacia del recesso e condannare la Banca al pagamento dei canoni di locazione sino alla scadenza del 31.12.2027 o, in
subordine, nel caso di riconoscimento di efficacia del recesso, per accertare il diritto del locatore al rifiuto della consegna dell’immobile sino al ripristino dello stato dei luoghi con condanna della GBM al pagamento dei canoni sino alla riconsegna dell ‘immobile nello stato esistente al 2004 ed in ogni caso per accertare l’insussistenza della mora del locatore nella riconsegna e la mancata liberazione dei locali, nonché l’inefficacia della procedura di sequestro ; (xv) in data 22.5.2021 AIGIS BANCA s.p.a. (nuova denominazione da GBM Banca s.p.a.) veniva posta in LCA con decreto del MEF n. 73 pubblicato in G.U. in data 3.6.2021; (xvi) in data 23.5.2021 RAGIONE_SOCIALE in LCA cedeva a Banca IFIS, ai sensi dell’art. 90, co. II, TUB, la totalità delle attività, delle passività di rango chirografario o superiore e dei rapporti giuridici facenti capo alla cedente RAGIONE_SOCIALE; (xvii) in data 6.7.2021 il giudizio ex 447 bis c.p.c., interrotto il 15.6.2021, veniva riassunto nei confronti di Banca IFIS s.p.a. – quale successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c. – avendo la parte ricorrente reiterato le domande di accertamento e quelle di condanna, chiedendo pertanto la condanna della cessionaria al pagamento dei canoni maturati esclusivamente dopo la cessione (rate a scadere dal 10.6.2021) ed in data 28.4.2022 il Tribunale di Trani con sentenza n. 702/2022 dichiarava l’improcedibilità della domanda proposta da Inchingolo; (xviii) in data 1213.7.202 veniva notificato ricorso ex art. 86 TUB al Commissario Liquidatore della Procedura di LCA con cui COGNOME chiedeva di accertare l’illegittimità e inefficacia del recesso e, per l’effetto , l’ammissione al passivo dei canoni maturati anche anteriormente all ‘ apertura della procedura; (xix) in data 712.10.2022 il Commissario Liquidatore, con comunicazione ex art. 86, co. 8, TUB, riteneva: – legittimo e giustificato il recesso anticipato esercitato da RAGIONE_SOCIALE, vista la necessità di chiudere la filiale di Andria per eventi imprevedibili al momento della stipula del contratto di locazione, ossia, l ‘intervento dell’amministrazione straordinaria di GBM Banca ed in particolare l’approvazione del piano di riorganizzazione aziendale che, nell’analisi delle filiali, prevedeva l’acquisizione della filiale di Andria in quella di Barletta; – di riconoscere al ricorrente il diritto al ripristino dei luoghi al 27.4.2004 in ragione della somma calcolata dal CTU nominato dal Tribunale di Trani per
euro 52.732 (lavori di riduzione in pristino dello stato dei luoghi) e di ammettere, pertanto, Inchingolo al passivo per tale importo al chirografo. 3. Tanto premesso in fatto, il Tribunale ha rilevato che: (a) era legittimo ed efficace il recesso dal contratto di locazione formulato dalla conduttrice e, dunque, risultavano infondate le relative domande dell’opponente aventi ad oggetto l’adempimento del contratto sino alla sua scadenza contrattuale ; (b) nulla fosse dovuto a titolo di indennità, in favore dell’opponente perché: ‘il contratto del 30.06.2015, come sopra riferito, prevedeva da parte del locatore la facoltà di scelta, al termine della locazione, tra il ritenere gratuitamente tutte o parte delle addizioni realizzate dalla conduttrice, oppure chiedere ed ottenere il ripristino dello stato dei luoghi esistente alla data del 27.04.2004’; – successivamente alla comunicazione di recesso ricevuta il 5 dicembre 2017, con nota del 20 febbraio 2018, la Banca conduttrice aveva chiesto ‘formalmente’ al locatore di esercitare la suddetta facoltà di scelta; -‘Alla predetta espressa richiesta della banca non seguiva specifico riscontro’ da parte di COGNOME, il quale ‘si limitava, con comunicazione in data 28.02.2018, a contestare, nel merito, l’efficacia del recesso e invitava il conduttore a prestare adempimento al contratto’; -‘stante l’omessa scelta esercitata tempestivamente dal locatore dopo la comunicazione di intervenuto recesso e la conseguente diffida a esercitare la facoltà contrattuale prevista, non può essere imputata alcuna voce di danno o di indennità a carico del conduttore, essendo il locatore incorso nella decadenza di cui all’art. 1287, co. 2, c.c.’ ; -l’intervenuta decadenza , ai sensi dell’art. 1287, co. 2, c.c. aveva comportato che la facoltà di scelta fra ritenzione delle addizioni e ripristino nello stato quo ante era passata in capo al conduttore, il quale si era ‘ attivato per la consegna dei locali nello stato in cui questi si trovavano al momento del recesso ‘, con la conseguenza che le addizioni sarebbero rimaste in loco gratuitamente nella disponibilità del locatore; infine, era ‘illegittimo il rifiuto del locatore dell’offerta formale in data 3.08.2018, con la precisazione che non poteva più pretendere in quella sede, stante la decadenza medio tempore maturata, il ripristino dei locali’ (così espressamente il decreto impugnato); (c) in ordine, poi, alla domanda ‘subordinata’ , il credito per ‘indennità di occupazione’ ( rectius , danni per
ritardata restituzione ex art. 1591 c.c.) sino al 7 marzo 2019, ossia sino alla data di conclusione del procedimento di sequestro liberatorio, non era dovuto, per le medesime ragioni già esposte in riferimento al rigetto della domanda principale e perché: ‘stante l’intervenuta decadenza ex art. 1287, co. 2, c.c. ‘ non era imputabile alla convenuta qualsivoglia indennità di occupazione, in quanto -in ragione della scelta operata dal conduttore (rilascio dell’immobile nello status quo ) – il ritardo nella riconsegna era imputabile esclusivamente al locatore e doveva escludersi la mora del conduttore nella riconsegna dei locali avvenuta sin dal mese di febbraio 2018, ‘ mediante offerta non formale seria e affidabile ai sensi dell’art. 1220 c.c.’; -‘ per completezza di motivazione ‘, l’opponente neppure aveva ‘ allegato o dimostrato eventuali danni patiti in pendenza dell’iter di riconsegna’ ; (d) anche la decisione del Commissario Liquidatore di riconoscere il danno da rispristino dei locali era stata presa ‘in un’ottica meramente conciliativa’ e ‘spontaneamente in sede di accertamento del passivo’ ; (e) la parziale compensazione delle spese del giudizio di legittimità era stata determinata da lla ‘condotta processuale dell’opponente’ , che non aveva aderito ‘ alla proposta con ciliativa formulata dal G.R., determinando l’aggravio di spese derivante dalla prosecuzione della causa’ .
4. Il decreto, pubblicato il 28.12.2023, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui Aigis Banca s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre esaminare per prima l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla l.c.a. controricorrente.
Essa è infondata.
La controricorrente sostiene in via preliminare che il ricorso introduttivo sarebbe inammissibile perché non vi sarebbe stata impugnazione sulla statuizione relativa alla domanda principale di legittimità del recesso per giusta causa e che vi sarebbe stata incompatibilità fra la domanda principale non impugnata e quella subordinata.
Sul punto giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa di questa Corte di legittimità, allorché la parte abbia proposto, nello stesso giudizio, due o più domande alternative, ma tra loro compatibili, ovvero legate da rapporto di subordinazione, l’accoglimento della principale o della domanda alternativa compatibile non obbliga l’attore, che v oglia insistere su quella non accolta, a proporre appello incidentale, essendone sufficiente la riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c.; diversamente, qualora si tratti di domande incompatibili, ovvero sia stata accolta la subordinata, l’attore che voglia insistere nella domanda alternativa incompatibile non accolta, ovvero nella domanda principale, ha l’onere di farlo mediante appello incidentale, eventualmente condizionato all’accoglimento del gravame principale, in quanto solo in tal modo può evitare la formazione del giudicato sull’accertamento dei fatti posti a fondamento della pretesa accolta ed incompatibili con quella disattesa (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8674 del 04/04/2017).
Orbene, ritiene il Collegio che le domande sopra descritte non siano incompatibili, perché non vi è nessun legame di incompatibilità ontologica fra l’ accertamento della legittimità del recesso per giusta causa ex art. 27 l. 392/1978 e quello, subordinato, di legittimità del rifiuto della riconsegna sino all’adempimento dell’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi oggetto di locazione. Sul punto va infatti chiarito che, proprio in ragione della descrizione delle domande operata in premessa, le due domande da ultimo ricordate non possono che essere qualificate come domande autonome, non legate, cioè, da alcuna connessione, con la conseguenza che la domanda avanzata in via subordinata avrebbe potuto essere proposta, senza necessità di impugnazione della domanda principale.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della decisione per violazione del principio dispositivo, dell’art. 111 Cost., dell’art. 99 l. fall. come richiamato dall’art. 87, co. 2, d.lgs. 385/1993 vigente ratione temporis , dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2969 c.c., sul rilievo dell ‘ erronea pronuncia d’ufficio da parte del Tribunale su un’ eccezione in senso stretto.
1.2 Osserva, cioè, il ricorrente che la decisione impugnata aveva rigettato le sue domande sulla base del rilievo ufficioso di una eccezione in senso stretto di decadenza ex art. 1287, co. 2, c.c., che non sarebbe mai stata sollevata dalla controparte.
1.3 Ricorda infatti il ricorrente che il Tribunale di Milano aveva rigettato la domanda di ammissione al passivo del credito per danni da ritardata restituzione della cosa locata ai sensi dell’art. 1591 c.c., per aver ritenuto che il locatore fosse decaduto ai sensi dell’art. 1287, co mma 2, c.c. dal diritto di scegliere, fra le prestazioni oggetto dell’obbligazione alternativa previste dall’art. 13 del contratto del 30 giugno 2015, la restituzione dell’immobile nello stato in cui versava alla data del 27 aprile 2004. Tale decadenza sarebbe maturata per effetto del mancato specifico riscontro alla nota del 20 febbraio 2018 con cui la parte conduttrice gli aveva chiesto di esercitare la facoltà di scelta. In tal modo, la scelta fra le due prestazioni – sempre secondo il ragionamento del Tribunale – sarebbe passata alla parte conduttrice, ai sensi dell’art. 1287, co. 2, c.c., la quale avrebbe implicitamente optato per restituire l’immobile con le addizioni e modifiche da essa apportate ed avendo quest’ultima offerto al locatore di eseguire la prestazione di riconsegna in tale ultima forma con offerta non formale ex art. 1220 c.c. non sarebbe incorsa nella mora del conduttore.
1.3 Secondo il ricorrente, invece, la decisione del Tribunale di Milano avrebbe violato il principio dispositivo e le norme sopra indicate in rubrica, poiché si sarebbe basata sul rilievo d’ufficio di un’ eccezione di decadenza ex art. 1287, co. 2, c.c. che, in ossequio al disposto dell’art. 2969 c.c., avrebbe potuto essere sollevata solo dalla parte. Difatti, la RAGIONE_SOCIALE.p.a. in liquidazione coatta amministrativa non aveva mai eccepito la suddetta decadenza, né nella fase di accertamento del passivo, né tantomeno nel giudizio di opposizione allo stato passivo. Tale eccezione di decadenza non era mai stata sollevata dalla procedura concorsuale, poiché il diritto al ripristino dello stato dei luoghi era stato espressamente riconosciuto dal commissario liquidatore in sede di accertamento del passivo. Ciò avrebbe comportato, per come osservato dal ricorrente, la violazione del principio dispositivo ed il vizio di ultrapetizione.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la n ullità della decisione per violazione dell’art. 86 d.lgs. 385/1993, dell’art. 2909 c.c., dell’art. 115 c.p.c., nonché per violazione dei principi dettati dagli artt. 12 e ss. disp. prel. c.c.. sul rilievo che la pronuncia impugnata sarebbe stata in contrasto con il giudicato endoconcorsuale.
2.1 Si evidenzia da parte del ricorrente che la decisione impugnata aveva rigettato le sue domande di ammissione al passivo del credito per danni ex art. 1591 c.c., accertando che non vi era mora del conduttore, nonostante il Commissario Liquidatore avesse già ammesso al passivo il credito per risarcimento per equivalente dell’obbligo di ripristino, il cui riconoscimento presupponeva invece l’inadempimento nella riconsegna del bene e dunque la mora del conduttore.
2.2 Precisa il ricorrente che , all’esito della fase di accertamento del passivo che aveva preceduto il giudizio, il Commissario Liquidatore aveva deciso di ammettere al passivo concorsuale il credito del ricorrente per spese di ripristino nello stato quo ante dell’immobile oggetto di controversia. Tale decisione del Commissario Liquidatore presupponeva logicamente il riconoscimento del suo diritto ad ottenere il ripristino dello stato dei luoghi e, correlativamente, l’inadempimento della Banca in bonis all’ obbligo di provvedervi, da cui sarebbe dovuto discendere l’accertamento della mora del conduttore/debitore dell’obbligo di restituzione nello stato quo ante e l’ammissione al passivo del conseguente diritto del locatore a percepire i danni ex art. 1591 c.c..
2.3 Ciò nonostante, con il decreto impugnato il Tribunale di Milano aveva, invece, rigettato la menzionata domanda di NOME COGNOME, osservando che, nel riconoscere il diritto in sede di accertamento del passivo, il Commissario Liquidatore avrebbe compiuto una mera ‘scelta’ da inquadrarsi ‘in un’ottica meramente conciliativa’ e tale ‘scelta’ di ammettere il credito sarebbe stata irrilevante, in quanto adottata successivamente alla ‘scelta a suo tempo legittimamente assunta dalla Banca (in bonis) di rilasciare i locali nello stato in cui si trovavano al momento del recesso, in assenza dell’esercizio della facoltà riconosciuta al locatore’ (cfr. pag. 18, decreto impugnato).
2.4 La decisione impugnata sarebbe, pertanto, illegittima per violazione dell’art. 86, commi 1, 2, 8 e 9, del D.lgs. n. 385/1993 (T.U.B.), giacché il Commissario Liquidatore di una Banca in L.C.A. non esprime manifestazioni di volontà di carattere transattivo, ma accerta e riconosce diritti di credito (comma 1), nonché diritti reali (comma 2) e, nell’esercizio di un potere/dovere sovrapponibile a quello del Giudice Delegato nella verificazione del passivo di altre procedure concorsuali, emette un provvedimento avente natura di accertamento e decisoria (il comma 8 dispone che si tratta di una ‘decisione’), che è impugnabile ai sensi dell’art. 87 T.U.B. e che, in mancanza, forma oggetto di giudicato endoconcorsuale ai sensi dell’art. 86, co. 9, T.U.B., con conseguente incontrovertibilità dei diritti così riconosciuti. E sarebbe altresì illegittima la decisione impugnata anche per ‘ violazione dell’art. 2909 c.c., poiché la decisione del Commissario Liquidatore di riconoscimento del diritto al rimborso delle spese di ripristino (da cui sarebbe dovuto discendere l’accoglimento della conseguente domanda ex art. 1591 c.c.) ‘ non era stata opposta da alcuno dei soggetti legittimati e dunque sarebbe divenuta cosa giudicata endoconcorsuale, ai sensi del menzionato art. 86, co. 9, T.U.B, con conseguente idoneità della medesima a fare stato nel concorso fra i creditori e dunque ad essere pienamente osservata anche dal giudice del giudizio di opposizione allo stato passivo.
2.5 I primi due motivi sono fondati.
2.5.1 Come correttamente rileva il ricorrente, ritiene il Collegio, sulla base della non contestata ricostruzione della vicenda processuale sopra descritta, che il decreto impugnato ha violato senz’altro il principio dispositivo e d il disposto normativo di cui all’art. 112 c.p.c. , poiché la decisione del Tribunale si è invero fondata sul rilievo d ell’ eccezione di decadenza ex art. 1287, co. 2, c.c. , impropriamente sollevata d’ufficio dallo stesso Tribunale e che, invece, in ossequio al disposto di cui all’a rt. 2969 c.c., avrebbe potuto essere sollevata solo dalla parte a ciò interessata.
Orbene, risulta fatto pacifico che la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa non avesse mai eccepito la suddetta decadenza, né nella fase di accertamento dello stato passivo, né tantomeno nel successivo giudizio di opposizione. In realtà, tale eccezione di decadenza non era mai stata
sollevata dalla procedura concorsuale, poiché il diritto al ripristino dello stato dei luoghi era stato espressamente riconosciuto dallo stesso commissario liquidatore in sede di accertamento dello stato passivo.
2.5.2 Ma è fondata anche la doglianza sollevata nel secondo motivo.
Sul punto va evidenziato che, all’esito della fase di accertamento del lo stato passivo, il Commissario Liquidatore aveva deciso di ammettere il credito del ricorrente per spese di ripristino nello stato quo ante del l’immobile oggetto di locazione. Tale decisione del Commissario Liquidatore presupponeva logicamente il riconoscimento del diritto dell’odierno ricorrente ad ottenere il ripristino dello stato dei luoghi e correlativamente l’inadempimento della Banca in bonis all’obbligo di provvedervi, da cui sa rebbe dovuto discendere l’accertamento della mora del conduttore/debitore n ell’obbligo di restituzione nello stato quo ante e l’ammissione al passivo del conseguente diritto del locatore a percepire i danni ex art. 1591 c.c. Ciò nonostante il Tribunale di Milano aveva rigettato la menzionata domanda di NOME COGNOME osservando che, nel riconoscere il diritto in sede di accertamento del passivo, il Commissario Liquidatore avrebbe compiuto una mera ‘scelta’ da inquadrarsi ‘in un’ottica meramente conciliativa’ . A ciò va anche aggiunto che la decadenza ex art. 1287, co. 2, c.c. – in cui sarebbe incorso l’Inchingolo – avrebbe dovuto portare a ritenere non meritevole di accoglimento anche la domanda sulle spese di ripristino, domanda accolta invece dal Commissario Liquidatore nella fase di accertamento dello stato passivo.
2.5.2 Ciò posto, risultano anche in questo caso corretti i rilievi sollevati dal ricorrente in ordine alla violazione delle disposizioni normative sopra indicate in rubrica. Ed invero, la decisione del Commissario Liquidatore di riconoscimento del diritto al rimborso delle spese di ripristino – da cui sarebbe dovuto discendere dunque l’accoglimento della conseguente domanda ex art. 1591 c.c. – non era stata opposta da alcuno dei soggetti legittimati e dunque doveva ritenersi essere divenuta definitiva, con conseguente idoneità della medesima a fare stato nel concorso fra i creditori e dunque ad essere pienamente osservata anche dal giudice del giudizio di opposizione allo stato passivo. Con la ulteriore evidente conseguenza che il Tribunale, nel l’applicazione della decadenza di cui all’art. 1287, 2 comma, c.c., non solo
aveva rilevato ed accolto un ‘eccezione non rilevabile d’ufficio , ma aveva altresì ritenuto legittima la scelta della conduttrice di lasciare le addizioni al locatore in evidente contrasto con l’ammissione del credito al passivo per il ripristino dello stato dei luoghi.
Il terzo motivo – con il quale si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., solo in via subordinata, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1287, co. 2, c.c. in relazione all’art. 27, ult. co., l. n. 392/1978 e dell’art. 1372 c.c. – rimane pertanto assorbito.
Il quarto mezzo denuncia invece ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 1591 c.c. (presunzione legale di danno nel caso di mora del conduttore )’ . Si evidenzia da parte del ricorrente che l’art. 1591 c.c. impone una presunzione legale di danno per il ritardo nella riconsegna dell’immobile, quantificando l’indennizzo nella misura corrispondente al canone convenuto. Tale presunzione legale importerebbe un ‘ inversione dell’onere della prova a carico del conduttore, il quale dovrebbe allegare e provare che il locatore non aveva subito alcun danno derivante dal ritardo.
4.1 Anche in questo caso le doglianze sono fondate.
Scrive infatti il Tribunale: ‘ Per completezza di motivazione, si osserva che l’opponente neppure ha allegato o dimostrato eventuali danni patiti in pendenza dell’iter di riconsegna, cfr. Cass. civ. n. 19981/2016: ‘Il locatore che intenda essere risarcito del danno per mancato reimpiego del bene, dopo il rilascio da parte del conduttore in mora, ha l’onere di allegare e dimostrare l’esistenza di specifici fatti impeditivi a tale reimpiego, determinati dal ritardato od inesatto adempimento dell’obbligo di restituzione dell’immobile, ed idonei ad escludere che il mancato sfruttamento locativo sia dipeso da mera inerzia o da scelte volontarie riferibili allo stesso locatore.’
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’art. 1591 cod. civ., nello stabilire che il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è tenuto a corrispondere al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, predispone una determinazione legale del danno da mancata restituzione, costituita dal pagamento del canone convenuto, fino al momento di detta riconsegna, salvo il risarcimento dell’eventuale maggior danno, da
dimostrare in concreto. In tale ipotesi, il canone convenuto costituisce solo il parametro di riferimento per la quantificazione del danno (minimo) da risarcire, sostituendosi l ‘ obbligazione risarcitoria a quella contrattuale originaria. Pertanto, vertendosi in tema di risarcimento correlato al danno effettivamente subito, l’importo dovuto dall’occupante deve essere correlato al periodo di effettiva occupazione, con la conseguenza che, qualora l’immobile sia rilasciato nel corso del periodo in riferimento al quale il canone è contrattualmente commisurato, il risarcimento dovrà essere quantificato sulla base del canone mensile in proporzione ai giorni di effettiva occupazione (Sez. 3, Sentenza n. 8240 del 24/05/2003).
Risulta dunque evidente che il principio di diritto evocato dal Tribunale riguarda diversamente il risarcimento del danno per mancato reimpiego del bene, solo dopo il rilascio da parte del conduttore in mora.
Ne consegue che anche la predetta statuizione del Tribunale deve essere censurata ed il Tribunale, in sede di giudizio di rinvio, dovrà rileggere la vicenda processuale qui in esame alla luce del diverso principio di diritto qui sopra ricordato e riaffermato.
Anche il quinto motivo – con il quale il ricorrente censura, invece, ai sensi dell’a rt. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., il provvedimento impugnato per ‘v iolazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla decisione sulle spese di lite ‘ – rimane assorbito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso; dichiara assorbiti il terzo e quinto motivo; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia innanzi al Tribunale di Milano che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 16.01.2025