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Data certa: accordo inopponibile al fallimento

Una società creditrice si è vista respingere la richiesta di ammissione al passivo fallimentare di un’altra società per un credito derivante da una clausola penale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che l’accordo contenente la penale era privo di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, rendendolo così inopponibile alla curatela. La Corte ha inoltre chiarito che il giudice del rinvio poteva esaminare tale questione, poiché non coperta da un precedente giudicato implicito, essendo stata assorbita in precedenza secondo il principio della “ragione più liquida”.

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Data Certa e Fallimento: Quando un Accordo Diventa Inefficace

Nel mondo degli affari, gli accordi sono all’ordine del giorno. Ma cosa succede quando una delle parti fallisce? Un contratto stipulato mesi o anni prima può ancora essere fatto valere? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4203/2024, ci offre una lezione fondamentale sull’importanza della data certa di una scrittura privata per la sua opponibilità alla procedura fallimentare.

Questo caso dimostra come un credito di milioni, basato su una clausola penale, possa essere annullato non per l’infondatezza del diritto in sé, ma per un vizio formale che ne compromette l’efficacia verso i terzi: la mancanza di una prova inconfutabile della sua esistenza prima del fallimento.

I Fatti del Caso

Due società, che chiameremo Alfa S.r.l. e Beta S.r.l., stipulano un accordo nel settembre 2012. L’accordo prevedeva la creazione di una nuova società in cui Beta S.r.l. avrebbe dovuto conferire un noto marchio. A garanzia dell’adempimento, l’accordo includeva una clausola penale da 2 milioni di euro a carico della parte inadempiente. Beta S.r.l. non adempie e, successivamente, viene dichiarata fallita nel gennaio 2015.

Alfa S.r.l. presenta quindi domanda di ammissione al passivo fallimentare di Beta S.r.l. per ottenere il pagamento della penale. La sua richiesta, tuttavia, inizia un lungo e complesso percorso giudiziario.

Il Percorso Giudiziario e l’Importanza della Data Certa

Inizialmente, il giudice delegato respinge la domanda. La questione arriva dinanzi al Tribunale, che rigetta l’opposizione di Alfa S.r.l., sostenendo che quest’ultima avesse implicitamente rinunciato alla penale aderendo a un successivo piano di ristrutturazione del debito di Beta S.r.l.

Alfa S.r.l. ricorre in Cassazione, che accoglie il suo ricorso (con una precedente ordinanza del 2018), affermando che l’adesione a un piano di ristrutturazione non equivale automaticamente a una rinuncia a un diritto risarcitorio già maturato. La causa viene quindi rinviata al Tribunale per un nuovo esame.

Ed è qui che la questione della data certa diventa protagonista. Il Tribunale, nel giudizio di rinvio, rigetta nuovamente la domanda di Alfa S.r.l., ma con una motivazione diversa: l’accordo del 2012, essendo una scrittura privata non autenticata, era privo di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento e, ai sensi dell’art. 2704 del Codice Civile, non poteva essere opposto alla curatela, che agisce come terzo a tutela della massa dei creditori.

La Decisione Finale della Cassazione

Alfa S.r.l. presenta un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due punti:
1. La questione della data certa doveva considerarsi superata (coperta da “giudicato implicito”), in quanto presupposto logico delle precedenti decisioni.
2. I documenti prodotti erano comunque sufficienti a provare l’anteriorità dell’accordo.

La Suprema Corte respinge il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali.

L’Insussistenza del Giudicato Implicito

La Corte spiega che nelle fasi precedenti i giudici non avevano mai deciso sulla data certa. Avevano rigettato la domanda basandosi sul principio della “ragione più liquida”, ovvero affrontando la questione (la presunta rinuncia) che appariva di più semplice soluzione, assorbendo tutte le altre, inclusa quella sulla data certa. Di conseguenza, non essendoci stata una decisione esplicita o implicita sul punto, il giudice del rinvio era pienamente legittimato a esaminarla.

La Prova della Data Certa

La Corte ribadisce che, per essere opponibile al fallimento, una scrittura privata deve avere una data certa. La prova di tale data può essere fornita in vari modi, ma deve basarsi su un fatto oggettivo che stabilisca in modo sicuro l’anteriorità della formazione del documento. La semplice menzione del contenuto di un accordo in altre comunicazioni o documenti interni, come quelli prodotti da Alfa S.r.l., non è sufficiente. Questi elementi non forniscono quella certezza legale richiesta dall’art. 2704 c.c. per tutelare l’affidamento dei terzi creditori.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla tutela della par condicio creditorum, il principio fondamentale del diritto fallimentare che impone la parità di trattamento tra i creditori. Ammettere un credito basato su un documento di cui non si può provare con certezza l’esistenza prima del fallimento aprirebbe le porte a possibili frodi ai danni della massa dei creditori, attraverso la creazione di documenti retrodatati.

Il rigore richiesto per la prova della data certa non è un mero formalismo, ma una garanzia essenziale per l’integrità della procedura fallimentare. La curatela è considerata un terzo rispetto agli atti posti in essere dal fallito, e come tale può contestare l’efficacia di scritture private che non rispettino i requisiti di legge per l’opponibilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito per ogni operatore economico: la validità di un accordo tra le parti non ne garantisce automaticamente l’efficacia in un contesto fallimentare. Per tutelare i propri crediti, è indispensabile che i contratti e gli accordi importanti siano formalizzati con strumenti che conferiscano data certa, come la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, l’atto pubblico, la scrittura privata autenticata, o l’uso della posta elettronica certificata (PEC) che attesti in modo inequivocabile la data di scambio. Affidarsi a semplici scritture private espone al rischio concreto di vedere i propri diritti vanificati qualora la controparte entri in stato di insolvenza.

Perché l’accordo tra le due società non è stato ritenuto valido nei confronti del fallimento?
L’accordo non è stato ritenuto valido perché, essendo una scrittura privata, mancava di una ‘data certa’ anteriore alla dichiarazione di fallimento. Secondo l’art. 2704 c.c., un documento senza data certa non è opponibile, cioè non può essere fatto valere, nei confronti di terzi come la curatela fallimentare, che tutela la totalità dei creditori.

Il giudice del rinvio poteva esaminare la questione della data certa se non era stata discussa nel primo ricorso per Cassazione?
Sì, poteva. La Corte di Cassazione ha chiarito che nelle fasi precedenti la questione della data certa non era stata decisa, ma solo ‘assorbita’ dall’applicazione del principio della ‘ragione più liquida’. Non essendosi formato un giudicato implicito sul punto, il giudice incaricato di riesaminare la causa dopo la prima cassazione aveva il potere e il dovere di analizzare anche questo aspetto preliminare.

Quale tipo di prova è necessaria per dimostrare la data certa di una scrittura privata?
La prova deve derivare da un fatto che stabilisca in modo sicuro e oggettivo l’anteriorità della formazione del documento. Esempi tipici sono la registrazione dell’atto, la morte o l’impossibilità fisica sopravvenuta di uno dei sottoscrittori, o la riproduzione del suo contenuto in atti pubblici. La semplice menzione dell’accordo in altre comunicazioni private, come nel caso di specie, è stata ritenuta insufficiente dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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