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Danno da occupazione: la prova del danno è essenziale

Un ente pubblico immobiliare ha citato in giudizio un ente locale per il risarcimento del danno da occupazione illegittima di un immobile. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, stabilendo che il danno da occupazione non è automatico (‘in re ipsa’). Il proprietario ha l’onere di allegare e provare il concreto pregiudizio economico subito, dimostrando come avrebbe potuto utilizzare proficuamente il bene se ne avesse avuto la disponibilità.

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Danno da Occupazione Illegittima: Non Basta l’Illecito, Serve la Prova del Pregiudizio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un immobile: il pregiudizio economico non è mai automatico e deve essere concretamente provato dal proprietario. Questa decisione chiarisce che la semplice indisponibilità del bene non è sufficiente per ottenere un indennizzo, superando definitivamente l’orientamento del cosiddetto ‘danno in re ipsa’.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contenzioso tra un Ente Pubblico Immobiliare, proprietario di un vasto complesso, e un Ente Locale a cui era stato concesso in uso. A seguito della risoluzione del contratto, l’Ente Locale non aveva restituito l’immobile, determinando un’occupazione ritenuta illegittima.

L’Ente Pubblico Immobiliare agiva quindi in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata disponibilità del bene. La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva la domanda, sottolineando che l’attore non aveva né allegato né provato quale concreto utilizzo avrebbe fatto dell’immobile se ne avesse riavuto la disponibilità. Inoltre, il bene versava in uno stato di notevole degrado, tale da impedirne un uso immediato e proficuo.

La Decisione della Cassazione sul Danno da Occupazione

Investita della questione, la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso dell’Ente Pubblico. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per consolidare l’orientamento, già espresso dalle Sezioni Unite, che nega l’esistenza di un danno da occupazione in re ipsa, ovvero presunto nell’esistenza stessa dell’illecito.

Il fatto costitutivo del diritto al risarcimento, spiega la Corte, non è la mera perdita della facoltà astratta di godere del bene, ma la perdita della ‘concreta possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento’. In altre parole, il proprietario deve dimostrare che, senza l’occupazione, avrebbe potuto trarre un’utilità economica specifica dal bene, ad esempio affittandolo o utilizzandolo direttamente per uno scopo produttivo.

L’Onere della Prova a Carico del Danneggiato

La Corte ha specificato che l’onere probatorio ricade interamente sul proprietario danneggiato. Quest’ultimo deve allegare prima, e provare poi, anche in via presuntiva, le caratteristiche specifiche del bene e del contesto di mercato che avrebbero reso probabile un suo impiego fruttifero. Non è sufficiente lamentare la violazione del diritto di proprietà; è necessario dimostrare che tale violazione ha causato una perdita economica tangibile.

Nel caso specifico, l’Ente Pubblico non solo non aveva fornito tale prova, ma le condizioni di degrado dell’immobile rendevano di fatto impossibile qualsiasi utilizzo concreto, riconducendo il presunto danno alla mera ‘facoltà di non uso’, che, secondo la Corte, non è risarcibile.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa dei principi che regolano il risarcimento del danno. Il danno patrimoniale, per essere risarcibile, deve essere una conseguenza ‘immediata e diretta’ dell’inadempimento o dell’illecito. Un danno puramente potenziale o astratto, come la semplice compressione del diritto di proprietà senza un’effettiva perdita economica, non rientra in questa categoria.

I giudici hanno chiarito che, sebbene la prova possa essere fornita anche tramite presunzioni, queste devono basarsi su fatti noti e specifici (le caratteristiche dell’immobile, la sua ubicazione, la domanda di mercato) che consentano di dedurre, con ‘ragionevole certezza’, che il proprietario avrebbe conseguito un profitto. Viene inoltre esclusa la possibilità di ricorrere alla liquidazione equitativa del danno da parte del giudice qualora manchi la prova stessa dell’esistenza di un pregiudizio risarcibile.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di grande importanza pratica per chiunque si trovi a subire l’occupazione illegittima di un proprio immobile. Per ottenere un risarcimento, non basta più dimostrare l’occupazione abusiva, ma è indispensabile costruire un solido quadro probatorio che dimostri le concrete opportunità di guadagno andate perse a causa dell’indisponibilità del bene. I proprietari devono quindi attivarsi per documentare non solo l’illecito, ma anche il ‘danno-conseguenza’, ovvero il pregiudizio economico effettivo derivante dalla mancata utilizzazione del loro patrimonio immobiliare.

Il danno derivante dall’occupazione senza titolo di un immobile è automatico?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il danno da occupazione illegittima non è ‘in re ipsa’, cioè non si presume automaticamente per il solo fatto dell’occupazione. Il proprietario deve provare il concreto pregiudizio economico subito.

Cosa deve dimostrare il proprietario per ottenere il risarcimento del danno da occupazione?
Il proprietario deve allegare e provare, anche in via presuntiva, la concreta possibilità di un impiego fruttifero del bene che è andata perduta. Deve dimostrare, sulla base delle caratteristiche dell’immobile e del contesto di mercato, che avrebbe potuto ricavarne un’utilità economica (es. locazione) se ne avesse avuto la disponibilità.

La liquidazione equitativa del danno può sostituire la prova della sua esistenza?
No. La Corte chiarisce che la liquidazione in via equitativa da parte del giudice è possibile solo dopo che il danneggiato ha provato l’esistenza ontologica di un pregiudizio risarcibile. Non può essere utilizzata per sopperire alla totale mancanza di prova del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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