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Culpa in vigilando: Cassazione conferma sanzioni

La Corte di Cassazione ha confermato le sanzioni amministrative a carico di due ex membri del collegio sindacale di un intermediario finanziario. Il caso riguarda la loro responsabilità per culpa in vigilando in relazione a gravi irregolarità nella prestazione di servizi di investimento e nella gestione di ordini. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, ritenendoli inammissibili in quanto miravano a un riesame del merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

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Culpa in vigilando: la Cassazione conferma le sanzioni agli organi di controllo

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un importante caso in materia di responsabilità degli organi di controllo societari, ribadendo i confini della culpa in vigilando. La vicenda riguardava due ex membri del collegio sindacale di un noto intermediario finanziario, sanzionati dall’Autorità di Vigilanza per non aver adeguatamente sorvegliato le gravi irregolarità commesse dalla struttura operativa della banca. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il loro ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del giudizio di legittimità e sulla diligenza richiesta ai sindaci.

I fatti di causa: le violazioni contestate

L’Autorità di Vigilanza sui mercati finanziari aveva irrogato sanzioni pecuniarie a ventotto persone fisiche e all’intermediario finanziario per una serie di violazioni sistemiche, commesse in un arco temporale di diversi anni. Le irregolarità, particolarmente gravi, si articolavano in tre macro-aree:

1. Carenze nel servizio di consulenza: Il modello di servizio era vago, con una definizione poco chiara dei livelli operativi, assenza di criteri per l’accesso ai servizi, mancanza di monitoraggio e di sistemi per tracciare l’attività dei consulenti. Inoltre, le procedure di valutazione dell’adeguatezza degli investimenti per i clienti erano lacunose.
2. Gestione degli ordini di vendita: L’intermediario, nell’eseguire ordini di vendita di azioni della propria banca controllante, non aveva vigilato sul processo per garantire il miglior risultato ai clienti, contribuendo a ritardi e all’alterazione delle priorità degli ordini.
3. Finanziamenti e operatività anomala: Erano stati concessi finanziamenti strumentali all’acquisto di azioni della controllante, spesso senza le dovute garanzie. Venivano inoltre contestate irregolarità nella gestione di un importante cliente istituzionale.

Ai due ricorrenti, in qualità di Presidente e membro del collegio sindacale, veniva addebitata la violazione dei doveri di vigilanza su tali disfunzioni gestionali e procedurali.

Il ricorso in Cassazione e l’inammissibilità dei motivi

La Corte d’Appello aveva già respinto l’opposizione dei due ex sindaci, confermando la legittimità delle sanzioni. Questi hanno quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su quattro motivi principali:

* Motivazione apparente: Si lamentava un contrasto insanabile nelle affermazioni della sentenza d’appello riguardo alla percezione delle criticità da parte del collegio sindacale.
* Violazione di legge: Si sosteneva che l’Autorità avesse occultato documenti essenziali (in particolare, bozze di relazioni della funzione Compliance) che avrebbero dimostrato un’opera di ‘mascheramento’ delle irregolarità, compromettendo il diritto di difesa.
* Omesso esame di un fatto decisivo (1): Si contestava l’incompletezza delle ‘carte di lavoro’ utilizzate dall’Autorità per fondare le sanzioni.
* Omesso esame di un fatto decisivo (2): Si eccepiva la tardività della contestazione, sostenendo che il termine di decadenza dovesse decorrere da una data anteriore a quella considerata dall’Autorità.

Le motivazioni della Suprema Corte sulla culpa in vigilando

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, ribadendo con fermezza la natura e i limiti del proprio giudizio. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove si possono rivalutare i fatti e le prove. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Nello specifico, la Corte ha stabilito che:

1. La motivazione non era apparente: La sentenza d’appello era chiara e logica nel ricostruire i fatti e le responsabilità, senza alcuna contraddizione insanabile.
2. Nessun occultamento di prove: La richiesta di riesaminare i documenti della funzione Compliance rappresentava un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito, preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già esaminato le presunte difformità, concludendo che non provavano alcuna attività di sviamento tale da annullare la delibera sanzionatoria.
3. Il termine di contestazione era corretto: La Cassazione ha confermato il principio secondo cui il dies a quo (il giorno da cui decorre il termine) per la contestazione non coincide con il momento in cui l’Autorità acquisisce il ‘fatto materiale’, ma con quello in cui, concluse le complesse attività di indagine e valutazione, possiede un quadro chiaro e completo della violazione in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi. La Corte d’Appello aveva correttamente motivato la tempestività dell’azione sanzionatoria, considerando la complessità delle ispezioni e delle successive richieste di informazioni.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un’importante conferma dei principi che regolano la culpa in vigilando degli organi di controllo e i limiti del sindacato della Corte di Cassazione. La decisione sottolinea che non è sufficiente per i sindaci una vigilanza formale; è richiesto un controllo sostanziale, proattivo e critico sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo e procedurale della società. Tentaivi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti dinanzi alla Suprema Corte, come avvenuto in questo caso, sono destinati all’insuccesso. La sentenza ribadisce che la responsabilità dei sindaci non viene meno neanche di fronte a presunte informazioni incomplete o ‘mascherate’ da parte delle funzioni operative, essendo loro dovere attivarsi per ottenere tutti i chiarimenti necessari a svolgere il proprio ruolo con la dovuta diligenza.

Quando inizia a decorrere il termine per la contestazione di un illecito finanziario da parte dell’autorità di vigilanza?
Il termine non decorre dal momento in cui l’autorità acquisisce la notizia del fatto materiale, ma da quando l’accertamento può ragionevolmente ritenersi concluso. Ciò significa che si deve tener conto del tempo necessario per le indagini, la raccolta di prove e la valutazione della complessità della violazione, sia nei suoi aspetti oggettivi che soggettivi.

Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti e le prove già valutati dalla Corte d’Appello in un procedimento sanzionatorio?
No, la Corte di Cassazione non può procedere a una nuova valutazione del merito. Il suo compito è limitato a verificare la violazione di norme di diritto e l’esistenza di vizi logici o di motivazione apparente nella sentenza impugnata, senza poter riesaminare le prove o la ricostruzione dei fatti operata dai giudici dei gradi precedenti.

Qual è la responsabilità del collegio sindacale in caso di irregolarità gestionali di una banca?
Il collegio sindacale ha un dovere di vigilanza sostanziale. In caso di irregolarità procedurali e gestionali, i suoi membri possono essere ritenuti responsabili per ‘culpa in vigilando’, ovvero per non aver adeguatamente sorvegliato l’operato della società e non essersi attivati per prevenire o segnalare le disfunzioni, a prescindere dal fatto che le informazioni ricevute dalle funzioni interne potessero essere incomplete o fuorvianti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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