Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35085 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35085 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17146/2023 R.G. proposto da :
AGENZIA delle ENTRATE, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOMECODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente – avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce n. 1077/2023 depositato il 21/7/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Lecce, con decreto in data 25 febbraio 2023, rigettava il ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE a socio unico ai sensi dell’art. 182 -bis l. fall. per l’omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, a cui si era opposta la direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Lecce.
Rilevava, in particolare, che la società istante aveva raggiunto accordi con una percentuale del tutto risibile di creditori, cosicché tutto il piano si reggeva sulla richiesta di cram down ai sensi dell’art. 182bis , comma 4, l. fall., dato che il credito della sola Agenzia delle Entrate raggiungeva il 64% della debitoria complessiva.
Evidenziava che l’Agenzia delle Entrate, nel negare la propria adesione all’accordo, aveva sottolineato che la condotta tenuta dal contribuente era riconducibile alla sistematica e deliberata violazione degli obblighi fiscali.
Riteneva che la convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria presupponesse implicitamente, a monte, che la debitoria fosse derivata da errori, situazioni impreviste e finanche comportamenti colposi da parte dell’imprenditore, ma non da azioni del tutto mirate ad eludere i crediti dell’erario.
Osservava che la ratio del cram down fiscale era quella di superare un’inerzia ingiustificata e irragionevole da parte dell’amministrazione, non quella di comprimere i diritti del creditore pubblico; dunque, un conto era che l’amministrazione non si esprimesse affatto (colpevolmente), un altro conto che si esprimesse con voto contrario, tanto più se il dissenso era corposamente argomentato e giustificato.
2. La Corte d’appello di Lecce, a seguito del reclamo presentato da RAGIONE_SOCIALE avverso tale decreto, sottolineava che la ratio dell’omologa forzata, come si evinceva chiaramente dal tenore letterale dell’art. 182 -bis l. fall., era quella di consentire comunque l’operatività dell’accordo di ristrutturazione quando la proposta di trattamento del credito tributario risultava economicamente conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, a prescindere dal dissenso dell ‘amministrazione finanziaria quando lo stesso risultava sostanzialmente fondato, come nella fattispecie, sul reiterato e sistematico inadempimento della ricorrente agli obblighi fiscali.
Ricordava che la convenienza economica della proposta deve essere valutata, sempre ai sensi della stessa disposizione, ‘ sulla base delle risultanze della relazione del professionista ‘ attestatore; risultanze che, nel caso di specie, attestavano che in caso di liquidazione giudiziale sarebbe stato garantito l’integrale pagamento solo ed esclusivamente dei creditori in prededuzione nonché, in parte, dei crediti vantati dai lavoratori, m entre nulla sarebbe spettato all’erario. Giudicava, pertanto, che sussistessero senz’altro i presupposti per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione presentato, attesa l’idoneità del piano ad assicurare all’Agenzia delle Entrate e all’I.N.P.S. l’integrale pagamento della transazione fisca le e previdenziale presentata ai sensi dell’art. 182 -ter l. fall., secondo le modalità ed i tempi di pagamento proposti, e un trattamento migliorativo nella soddisfazione del credito tributario e previdenziale rispetto all’eventuale alternativa liquidatori a giudiziale.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente rilevare l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da parte controricorrente in ragione della tardività della sua presentazione. Lo stesso controricorrente deduce che la comunicazione del provvedimento impugnato è stata effettuata in data 21 luglio 2023, in contemporanea con la sua pubblicazione, e sostiene che il ricorso, notificato il 22 agosto 2023, sarebbe tardivo in considerazione della sua presentazione oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 18, comma 14, l. fall..
Un simile assunto, tuttavia, presuppone che non si tenga conto della sospensione dei termini feriali prevista dall’art. 1 l. 742/1969; norma
che non trova applicazione rispetto alle procedure fallimentari (in forza di quanto stabilito dall’art. 3 della medesima legge, che, attraverso il richiamo all’art. 92 r.d. 12/1941, la esclude per i procedimenti relativi alla dichiarazione e revoca di fallimenti; cfr. Cass. 15435/2018; nello stesso senso Cass. 14196/2024, Cass. 17145/2022) ma che regola le altre procedure concorsuali in assenza, come nel caso di specie, di alcuna istanza di fallimento.
Tenuto conto di tale sospensione il ricorso è tempestivo.
5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 182bis e 182ter l. fall., in quanto il tribunale ha erroneamente sostenuto che la ratio dell’omologa coattiva è quella di consentire comunque l’operatività dell’accordo di ristrutturazione qualora la proposta di trattamento del credito tributario risulti economicamente conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, prescindendo dal dissenso dell’amministrazione finanziaria anche quando lo stesso risulti sostanzialmente fondato, come nella fattispecie, sul reiterato e sistematico inadempimento della ricorrente agli obblighi fiscali.
Il tribunale, dato che l’obiettivo del legislatore è quello di superare un’inerzia ingiustificata e irragionevole da parte dell’amministrazione e non quella di comprimere i suoi diritti, non può -in tesi -procedere ad un’omologazione forzosa nel caso in cui la mancata adesione sia adeguatamente giustificata, come nel caso di specie, ove l’amministrazione aveva posto in evidenza il deliberato e sistematico inadempimento degli obblighi fiscali in conseguenza di una cosciente e intenzionale scelta gestionale da parte dell’amministratore della società debitrice.
In questo caso l’accordo di ristrutturazione dei debiti non p oteva essere strumentalizzato da chi avesse posto in essere reiterate condotte evasive del pagamento dei tributi.
5.2 Il terzo motivo di ricorso assume, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità del provvedimento impugnato a
causa della violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., in quanto lo stesso è -a dire del ricorrente – privo di motivazione in relazione all’effettiva e concreta sussistenza dei presupposti per l’applicazione del c.d. cram down ; in particolare, i giudici distrettuali si sarebbero limitati a riportare quanto risultante dalla relazione dell’attestatore, con riferimento a fattibilità e convenienza della proposta, senza illustrare le ragioni della statuizione di omologa da loro assunta.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano ambedue infondati.
6.1 Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U., 8504/2021) hanno osservato che, « inserita la transazione fiscale (in senso lato) all’interno della disciplina generale delle procedure concorsuali (in senso lato) con il d.lgs 5/2006, la novella dell’art. 1, comma 81, legge 232/2016 ha indubbiamente accentuato tale posizione sistematica con la previsione dell’obbligatorietà («esclusivamente mediante la proposta ..») del sub-procedimento di “trattamento dei crediti tributari” nell’ambito della “procedura madre” di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti. A tale “esclusività” deve darsi un significato di prevalenza della ratio concorsuale su quella fiscale dell’istituto in esame, almeno nel senso funzionale ossia nel senso che questo “incidente tributario” è -essenzialmente – finalizzato alla definizione concordataria o di ristrutturazione debitoria della crisi di impresa, secondo le regole procedurali dettate per tali procedure concorsuali e di quelle più specifiche di cui all’art. 182 ter, LF .».
L’« unificante ratio legis …, sancita dal comune tratto della obbligatorietà della proposta transattiva nelle procedure concorsuali in oggetto ,» « va individuata non nell’interesse fiscale che è la “causa prima” dell’obbligazione tributaria, del quale si controverte nelle liti tributarie “comuni”, bensì nell’interesse concorsuale che è invece la “ragione fondativa” delle procedure concordatarie ed assimilabili,
sempre più mirate alla conservazione del “bene impresa”. In altri termini, la transazione fiscale “obbligatoria” rappresenta l’esigenza di bilanciare appunto i due interessi sicché l’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi concorsuali è in questo senso palesemente finalizzata, sia pure in considerazione del miglior soddisfacimento possibile del suo interesse proprio, ed è appunto bilanciata dal sindacato giudiziale sul diniego di accettazione della proposta transattiva, dalla normativa attualmente vigente, chiaramente assegnato al giudice ordinario fallimentare ».
6.2 Una volta ricordata la prevalenza, nell’ambito dell’istituto in esame, della ratio concorsuale su quella fiscale, a cui si ricollega il bilanciamento dell’interesse fiscale con quello concorsuale realizzato attraverso il riconoscimento di una discrezionalità all’amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi concorsuali, da un lato, e del potere del tribunale di sindacare il diniego di accettazione della proposta transattiva, dall’altro, non rimane che constatare, in quest’ottica, come non vi sia possibilità per il giudice di valorizzare le ragioni poste a base del diniego dell’amministrazione finanziaria (e l’interesse fiscale ad esso sotteso), dato che il disposto dell’art. 182 -bis , comma 5, l. fall. impone al tribunale di provvedere all’omologa alla sola condizione che l’adesione sia decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale del 60% prevista dal primo comma della norma e la proposta di soddisfazione sia conveniente per l’amministrazione rispetto all’alternativa liquidatoria , sulla base delle risultanze dell’attestazione del professionista prevista dal medesi mo capoverso.
In presenza di queste condizioni il cd. cram down si impone, mentre le ragioni dell’infedeltà fiscale possono al più essere addotte in sede di opposizione all’omologazione ove le soluzioni proposte siano
inficiate da fattispecie di frode (evenienza che non è stata neppure dedotta nel caso di specie).
6.3 La decisione impugnata non si è limitata a fare un pedissequo e formale richiamo alla relazione del professionista, ma l’ha ripercorsa punto per punto spiegando perché la stessa dovesse essere considerata completa, congrua e coerente e verificando in particolare, a fronte delle contestazioni sollevate dalla reclamata, la fattibilità del piano.
Il decreto, inoltre, ha espressamente registrato il tenore delle ‘inequivoche risultanze’ dell’attestazione in termini di convenienza, dato che la continuità aziendale indiretta, realizzabile con il trasferimento a terzi del compendio aziendale, avrebbe consentito la soddisfazione in qualche misura del credito fiscale a fronte di una totale insoddisfazione in caso di liquidazione.
In questo modo la Corte distrettuale, rispetto alle operazioni di verifica che le erano rimesse, ha offerto una motivazione che, nel suo contenuto minimo e indispensabile, è idonea a rappresentare l’iter logico -intellettivo seguito per arrivare alla decisione e rendere percepibili le ragioni su cui la statuizione assunta si fonda.
7. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 182 -bis , comma 2, l. fall., in quanto dai dati in possesso dell’ufficio, nonché da quelli prodotti dalla parte nelle varie fasi del giudizio, non risulta che sia stato depositato presso il registro delle imprese il piano di ristrutturazione e l’attestazione del professionista.
8. Il motivo è inammissibile.
Da un esame del provvedimento impugnato e del motivo di ricorso non risulta che la questione relativa al mancato deposito presso il registro delle imprese dell’accordo di cui era stata domandata l’omologa sia mai stata sottoposta al vaglio della Corte di m erito.
Il che comporta l’inammissibilità della doglianza, posto che è principio costante e consolidato di questa Corte (cfr., fra molte, Cass.
7048/2016, Cass. 8820/2007, Cass. 25546/2006) che nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 12.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 11 dicembre 2024.