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Cram down fiscale: sì anche con dissenso motivato

La Corte di Cassazione ha stabilito che il ‘cram down fiscale’ è applicabile anche quando il dissenso dell’Amministrazione Finanziaria è fondato su un sistematico inadempimento fiscale del debitore. Se la proposta di ristrutturazione è economicamente più vantaggiosa della liquidazione giudiziale, l’omologa forzata deve essere concessa, facendo prevalere la logica della continuità aziendale su quella della repressione fiscale.

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Cram Down Fiscale: Omologa Possibile Anche con Dissenso Motivato del Fisco

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del cram down fiscale, uno strumento cruciale per le aziende in crisi. La Corte ha stabilito che un accordo di ristrutturazione può essere omologato forzatamente anche se l’Amministrazione Finanziaria si oppone motivando il suo dissenso con la pregressa e sistematica infedeltà fiscale del debitore. Il principio cardine è la convenienza economica del piano rispetto alla liquidazione.

Il Caso: Dissenso Fiscale e Ristrutturazione

Una società a responsabilità limitata presentava un ricorso per l’omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Il piano si basava quasi interamente sulla ristrutturazione del debito fiscale, che costituiva il 64% del passivo totale. L’Amministrazione Finanziaria negava la propria adesione, sottolineando come il debito fosse il risultato di una condotta di deliberata e sistematica violazione degli obblighi tributari.

Il Tribunale di primo grado respingeva il ricorso, ritenendo che il cram down fosse concepito per superare un’inerzia ingiustificata del creditore pubblico, non per avallare piani di aziende con una storia di evasione fiscale. La Corte d’appello, invece, ribaltava la decisione, affermando che la legge richiede solo una valutazione di convenienza economica: se il piano garantisce al fisco un trattamento migliore rispetto all’alternativa della liquidazione, l’omologa va concessa, a prescindere dalle ragioni del dissenso.

L’Amministrazione Finanziaria proponeva quindi ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sul cram down fiscale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la decisione della Corte d’appello. Gli Ermellini hanno ribadito che, nell’ambito delle procedure concorsuali, la ratio concorsuale, finalizzata alla conservazione del “bene impresa”, prevale sulla ratio fiscale.

Il giudice, chiamato a decidere sull’omologa forzata, non deve entrare nel merito delle ragioni del dissenso dell’ente impositore. Il suo compito è limitato a una verifica oggettiva di due presupposti:

1. Che l’adesione dell’Amministrazione Finanziaria sia decisiva per il raggiungimento della maggioranza richiesta.
2. Che la proposta di soddisfacimento del credito tributario sia economicamente più conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, sulla base di quanto attestato nella relazione del professionista.

Se queste due condizioni sono soddisfatte, il tribunale è tenuto a omologare l’accordo.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (sent. n. 8504/2021), che ha delineato la prevalenza dell’interesse concorsuale. La transazione fiscale e, di conseguenza, il cram down, sono strumenti inseriti nella disciplina delle procedure concorsuali per favorire la risoluzione della crisi d’impresa. L’obiettivo non è punire la pregressa condotta del debitore, ma trovare la soluzione più efficiente per soddisfare i creditori e, se possibile, salvare l’azienda.

La condotta di infedeltà fiscale del debitore, sebbene grave, non è un elemento che la legge considera ostativo all’omologa. Tali ragioni potrebbero essere addotte in sede di opposizione solo se le soluzioni proposte fossero inficiate da fattispecie di frode, circostanza non emersa nel caso di specie.

La Corte ha quindi concluso che il giudice di merito ha correttamente applicato la legge, basando la sua decisione sulla valutazione di convenienza attestata dal professionista e spiegando in modo adeguato le ragioni della fattibilità del piano.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per le imprese in difficoltà: il cram down fiscale è uno strumento potente che pone al centro la convenienza economica e la continuità aziendale. La decisione della Cassazione chiarisce che il passato fiscale del debitore non può, di per sé, bloccare la via della ristrutturazione se questa rappresenta l’opzione migliore per tutti i creditori, Fisco compreso. Le aziende hanno così una possibilità concreta di superare l’opposizione del creditore pubblico e risanarsi, a patto di presentare un piano solido e oggettivamente più vantaggioso della liquidazione.

È possibile ottenere l’omologa di un accordo di ristrutturazione con il dissenso motivato dell’Amministrazione Finanziaria?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’omologa forzata (cram down) deve essere concessa se la proposta è economicamente più conveniente per l’erario rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, anche se il dissenso si fonda su una pregressa e sistematica condotta di inadempimento fiscale del debitore.

Qual è il ruolo del giudice nel decidere sul cram down fiscale?
Il ruolo del giudice è limitato alla verifica di due condizioni oggettive: 1) che il voto dell’amministrazione finanziaria sia decisivo per raggiungere le maggioranze previste dalla legge; 2) che la proposta di pagamento sia più vantaggiosa della liquidazione, sulla base della relazione del professionista attestatore. Il giudice non può valutare nel merito le ragioni del dissenso del Fisco.

La passata condotta di evasione fiscale di un’azienda può impedirle di accedere al cram down fiscale?
No. Secondo questa ordinanza, la passata infedeltà fiscale non è di per sé un motivo per negare l’omologa forzata. Tale condotta diventa rilevante solo se si traduce in atti di frode all’interno della procedura di ristrutturazione stessa, ma non costituisce un impedimento a priori se il piano è fattibile e conveniente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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