Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8894 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8894 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4162/2018 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME , elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 13177/2017 del Tribunale di Milano, depositata il 29.12.2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti avviarono una causa per ottenere il risarcimento dei danni subiti in seguito agli illeciti comportamenti tenuti da un promotore finanziario di Banca Network Investimenti S.p.A. Intervenuta la liquidazione coatta amministrativa della banca e non essendo stato riconosciuto il loro credito dai commissari liquidatori, i ricorrenti proposero opposizione allo stato passivo, ribadendo la domanda già svolta in sede ordinaria.
Il Tribunale di Milano, dopo avere rilevato d’ufficio la relativa questione, sottoponendola al contraddittorio delle parti (art. 101, comma 2, c.p.c.), dichiarò inammissibile l’opposizione per non avere gli opponenti perfezionato la loro costituzione in giudizio con la produzione della copia del ricorso integrata dalla relata di notifica nel termine di cinque giorni antecedente la data fissata per la prima udienza di comparizione davanti al giudice relatore, come richiesto dalla versione applicabile ratione temporis dell ‘art. 87, comma 3, de l T.U.B. (Testo Unico delle leggi in materia Bancaria e creditizia: d.lgs. n. 385 del 1993).
Contro la decisione del Tribunale NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
La procedura di liquidazione coatta amministrativa si è difesa con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi de ll’ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., si denunciano: «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti …, con riferimento ag li artt. 87 e 88 T.U.B. (vecchio rito) e agli artt. 165 e 168 c.p.c. e 71 disp. att. c.p.c.».
Secondo i ricorrenti, la dichiarazione di inammissibilità dell ‘ opposizione sarebbe illegittima, perché la loro costituzione in giudizio si sarebbe già perfezionata al momento del l’iscrizione a ruolo della causa, con il deposito in cancelleria del ricorso e dei documenti allegati, mentre il successivo deposito della copia del ricorso con la relata di notifica sarebbe un adempimento soltanto accessorio, reso oltretutto superfluo dalla tempestiva costituzione in giudizio dei commissari liquidatori.
I ricorrenti contestano la pertinenza al caso di specie della giurisprudenza di legittimità che il Tribunale di Milano ha citato con la dichiarata intenzione di uniformarvisi, perché si tratterebbe di precedenti riferiti a casi in cui il ricorrente aveva inizialmente depositato in cancelleria il solo ricorso, per poi costituirsi in udienza con il deposito del fascicolo di parte.
Nel corso dell’illustrazione del motivo, si prospetta anche la necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 3, T.U.B., se non interpretato nel senso proposto dai ricorrenti.
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.1. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, i precedenti citati dal Tribunale di Milano (Cass. nn. 1495/2005, 14061/2007 e 8757/2011; successivamente, v. anche Cass. n. 1898/2018) sono di stretta pertinenza al caso in esame, perché la questione rilevante, ai fini della decisione da assumere sulla ammissibilità dell’opposizione, è se a scopo di costituzione sia
sufficiente l’iniziale mero deposito del ricorso e dei documenti allegati o se sia necessario anche il successivo deposito della copia del ricorso con la relata della notificazione che instaura il contraddittorio con la controparte. Ciò alla luce del dato testuale dell’art. 87, comma 3, T.U.B. qui applicabile ratione temporis , secondo cui « L ‘ opponente deve costituirsi almeno cinque giorni liberi prima dell ‘ udienza, altrimenti l ‘ opposizione si reputa abbandonata ».
L’innegabile circostanza che il primo contatto tra il creditore opponente e l’ufficio giudiziario avviene con il deposito del ricorso in cancelleria nulla toglie al valore normativo della disposizione speciale che individua in un momento successivo la costituzione in giudizio dell’opponente, posto che fissa, a tal fine, il termine perentorio di cinque giorni prima della data fissata per la comparizione delle parti davanti al giudice. In altri termini, il testo della norma è incompatibile con la tesi secondo cui la costituzione dell’opponente dovrebbe intendersi avvenuta (e completata) già con il deposito del ricorso.
Gli opponenti avevano quindi l’onere di perfezionare la costituzione in giudizio con la produzione anche della relata di notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza e questo adempimento doveva avvenire entro un termine che la legge rendeva perentorio mediante la formula secondo cui, in difetto, « l’opposizione si reputa abbandonata ». Rispetto a una presunzione assoluta ( iuris et de iure ) riferita all’atteggiamento soggettivo dell’opponente, nessuna rilevanza può essere attribuita al comportamento dell’oppo sto e, quindi, alla sua eventuale tempestiva costituzione in giudizio.
1.1.2. Né, infine, una siffatta previsione legislativa (peraltro successivamente venuta meno a seguito della riforma del T.U.B. apportata dal d.lgs. n. 181 del 2015) può essere
considerata contraria ai principi e alle norme costituzionali e sovranazionali che sovrintendono alla materia processuale.
Infatti, all’opponente veniva imposto un adempimento facilmente eseguibile e giustificato dalle esigenze di celerità e chiarezza che devono essere rispettate nella definizione degli stati passivi delle procedure concorsuali (esigenza di cui tenere conto su l piano astratto dell’interpretazione normativa, a prescindere da come essa sia stata in concreto soddisfatta, o meno, nella presente vicenda).
Men che meno l’illegittimità costituzionale della norma può consistere nella disparità di trattamento tra la disciplina (all’epoca) delle opposizioni allo stato passivo delle liquidazioni coatte amministrative delle banche e la corrispondente disciplina delle liquidazioni coatte amministrative disciplinate dalla legge fallimentare, che era già stata modificata -con il d.lgs. n. 5 del 2006 -nel senso di non prevedere più l’onere della costituzione in giudizio nel termine perentorio di almeno cinque giorni prima dell’udienza ( modifica poi estesa anche alle liquidazioni coatte bancarie dal d.lgs. n. 181 del 2015). Infatti, rientra sicuramente nella discrezionalità del legislatore il potere di porre una disciplina speciale per le procedure liquidatorie delle banche diversa da quella predisposta sia per le altre imprese in generale, sia per altri tipi di enti e imprese che -per differenti ragioni di interesse pubblico -siano anch’esse assoggettabili alla liquidazione coatta amministrativa. Pertanto, o la disciplina predisposta per la liquidazione delle banche è in se stessa incostituzionale (il che, come si è argomentato sopra, non avviene nel caso in esame), oppure non può esserlo per la semplice circostanza di essere difforme rispetto alla corrispondente disciplina applicabile alla liquidazione coatta di altri enti o imprese.
Il secondo motivo di ricorso censura «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento agli art. 87, comma 3, T.U.B. (vecchio rito) e agli artt. 165, 171, comma 2, e 156, comma 3, c.p.c.».
I ricorrenti sostengono che -analogamente a quanto si ritiene avvenire nel rito ordinario, in cui la costituzione dell’attore è regolata dall’art. 165 c.p.c. -il mancato deposito della copia dell’atto introduttivo con la relata di notifica al convenuto non sia un elemento essenziale condizionante la costituzione in giudizio dell’attore , ma debba essere considerato alla stregua di una irregolarità sanabile quantomeno secondo il regime delle nullità processuali.
2.1. Il motivo è infondato, perché la norma speciale contenuta nell’art. 87, comma 3, T.U.B. corrispondente a quella dell’art. 98, comma 3, legge fall., nel testo anteriore alla riforma del 2006 -impone l’ onere di un adempimento necessariamente successivo al deposito del ricorso, il che è incompatibile con la tesi secondo cui la costituzione sarebbe perfezionata e completa già con il deposito del ricorso introduttivo. E la norma speciale rispetto alla disciplina del rito ordinario trova(va) la sua ratio nelle già rilevate esigenze di celerità e chiarezza tipiche degli incidenti di cognizione innestati nelle procedure concorsuali.
Il terzo motivo prospetta «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza o del procedimento, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., con riferimento agli art. 87, 88, 89 T.U.B. (vecchio rito)».
Con questo motivo i ricorrenti invocano il «principio di conservazione degli atti», ricordando di avere formulato nella
comparsa conclusionale davanti al Tribunale richiesta subordinata di qualificare la domanda come insinuazione tardiva, invece che come opposizione.
3.1. Anche quest’ultimo motivo è infondato, perché nel caso di specie non si tratterebbe semplicemente di qualificare come insinuazione tardiva una domanda erroneamente denominata dalla parte «opposizione allo stato passivo» (come avvenuto nel caso deciso dal precedente invocato dai ricorrenti: Cass. n. 22880/2016), bensì di trattare come domanda tardiva di ammissione al passivo una opposizione allo stato passivo che era effettivamente tale, ma che è stata ritenuta inammissibile dal Tribunale per il difetto del tempestivo perfezionamento della costituzione in giudizio degli opponenti (vizio che avrebbe del resto inficiato allo stesso modo anche la domanda tardiva, posto che l’ art. 89 T.U.B. vigente ratione temporis , rinviava -per la disciplina delle domande tardive -all’art. 87, commi da 2 a 5.
Rigettato il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del