Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20540 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20540 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11848/2019 R.G. proposto da: CONDOMINIO DI INDIRIZZOINDIRIZZO NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOMEricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 4407/2018 depositata il 09/10/2018.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Uditi gli Avvocati NOME COGNOME per delega dell’Avvocato NOME COGNOME e NOME COGNOME per delega dell’Avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Condominio di INDIRIZZO Pieve INDIRIZZO, ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 4407/2018 della Corte d’appello di Milano, pubblicata il 9 ottobre 2018.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria di ramo d’azienda dapprima appartenente alla RAGIONE_SOCIALE che pure è stata intimata e non si è costituita.
Il giudizio ha ad oggetto l’ingiunzione a norma del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, notificata il 10 ottobre 2014 dalla RAGIONE_SOCIALE, gestore del servizio idrico integrato della Città di Milano, al Condominio di INDIRIZZO Pieve Emanuele, per la somma di € 21.010,56, oltre interessi e spese, inerente al mancato pagamento di fatture relative ai consumi d’acqua rilevati sull’utenza condominiale. Il Condominio aveva contestato tale credito, giacché frutto della registrazione di un consumo idrico anomalo. Il Tribunale di Milano, pronunciando sull’opposizione proposta dal Condominio, con sentenza n. 9794/2016, pur ritenuto improprio il ricorso all’ingiunzione ex art. 2 del r.d. n. 639 del 1910, respinse le doglianze dell’opponente circa l’erronea quantificazione dei consumi e circa l’unilaterale sostituzione del contatore attuata dalla RAGIONE_SOCIALE nel gennaio 2011, che avrebbe impedito le necessarie verifiche. La Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello principale spiegato dal Condominio, ment re ha
accolto il gravame incidentale della RAGIONE_SOCIALE affermando la legittimità dell’ingiunzione e dichiarando il Condominio obbligato al pagamento della minor somma di € 17.758,20, oltre interessi, per effetto dei parziali adempimenti effettuati in corso di causa.
Ha depositato memoria il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-Il primo motivo del ricorso del Condominio di INDIRIZZO censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., ovvero della buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto, insistendo per l’illegittima sostituzione del contatore attuata unilateralmente dalla RAGIONE_SOCIALE nel gennaio 2011, senza darne comunicazione all’utente. Viene criticata l’argomentazione della Corte d’appello secondo cui la fattura del 28 dicembre 2007 fosse relativa al conguaglio dei consumi effettivi per il quadriennio 2003-2007, senza che emergesse alcuna anomala maggiorazione rispetto ai consumi medi degli anni precedenti. Inoltre, secondo i giudici di appello, il Condominio, pur avendo ricevuto il 21 dicembre 2007 comunicazione dalla precedente società di gestione del servizio circa un possibile anomalo consumo registrato sull’utenza nel terzo trimestre 2007, non aveva proceduto ad una ‘autolettura’, né aveva richiesto la verifica del contatore per scongiurarne malfunzionamenti, seppur a tanto invitato dalla fornitrice. È oggetto della prima censura anche la parte della sentenza di appello che ha negato la illegittimità della sostituzione del contatore (perché divenuto ‘illeggibile’), avvenuta a distanza di oltre due anni dalla fattura in contestazione, senza che in tale periodo di tempo risultassero contestazioni sui consumi. Il Condominio ricorrente lamenta l’omesso rilievo dato dai giudici del merito al consumo medio annuo della propria utenza, pari a circa €
2.300/2.900, essendo inimmaginabile un consumo di 29.588 mq di acqua in 92 giorni di fornitura, che perciò doveva ritenersi frutto di un errore.
Il secondo motivo del ricorso denuncia la ‘violazione e falsa applicazione del principio stabilito con sentenza n. 23699 del 22 novembre 2016 della Corte di cassazione’, relativa proprio ad un caso di mancata prova in ordine al malfunzionamento del contattore, sostituito unilateralmente dal somministrante, senza dar modo all’utente di effettuare alcuna verifica. La censura deduce: che la RAGIONE_SOCIALE non avesse dimostrato di aver eseguito i necessari controlli, non avesse dato prova dei consumi e della correttezza degli stessi, avesse sostituito il contatore senza il consenso del Condominio e senza preavvisarlo; e che l’utente in caso di contestazione non ha obbligo né di chiedere la sostituzione o la verifica del contatore, né di procedere all’autolettura.
-I due motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente e risultano infondati.
2.1. -Le due censure sono nella sostanza finalizzate a domandare alla Corte di cassazione un rinnovato integrale apprezzamento di fatto delle vicende di causa, il che suppone un accesso diretto agli atti e una loro integrale delibazione non ammissibili nel giudizio di legittimità.
Vi si deduce l’omessa considerazione di fatti (il consumo annuo medio dell’utenza condominiale, le risultanze documentali), ma tali doglianze non possono essere neppure riferite al vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operando la previsione di cui all’art. 348ter , comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni
di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
2.2. -I motivi sono strutturati, in realtà, il primo come violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed il secondo come violazione della sentenza n. 23699/2016 della Corte di cassazione. Iniziando da quest’ultimo, è noto che il precedente giurisprudenziale, pur se proveniente dalla Corte di legittimità e finanche dalle Sezioni Unite, non rientra tra le fonti del diritto, sicché è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si limiti a denunciare un contrasto tra la sentenza impugnata e il precedente, dovendo la censura in ogni caso identificare una norma di diritto e dedurre come essa, eventualmente nell’interpretazione propostane dai precedenti, risulti essere stata violata o falsamente applicata (Cass. n. 30774 del 2023).
2.3. -Il primo motivo di ricorso è invece formulato come vizio ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., ovvero della buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto, indicandosi quale sintomo della dedotta contrarietà a tali regole comportamentali l’illegittima sostituzione del contatore attuata unilateralmente dalla RAGIONE_SOCIALE s.r.l. nel gennaio 2011.
È da evidenziare che il giudizio attiene soltanto alla sussistenza del credito azionato nel 2014 dalla RAGIONE_SOCIALE, gestore del servizio idrico integrato della Città di Milano, nei confronti dell’utente Condominio di INDIRIZZO in base a fattura del 28 dicembre 2007 che, per quanto accertato dai giudici del merito, si riferiva al conguaglio dei consumi per il quadriennio 2003-2007. Il Condominio ha però allegato l’anomalia dei consumi d’acqua rilevati per il terzo trimestre dell’anno 2007.
2.4. – I giudizi di valore compiuti ai fini della qualificazione di un comportamento ai sensi di norme “elastiche”, quali le clausole
generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione di un contratto, presuppongono da parte del giudice del merito un’attività di integrazione giuridica delle norme, a cui viene data concretezza ai fini del loro adattamento ad un determinato contesto storico – sociale.
2.5. – Nella specie, si ha riguardo ad un contratto di somministrazione di acqua, e dunque ad un rapporto di durata nel quale certamente possono assumere importanza i doveri di correttezza e buona fede, che gli artt. 1175 e 1375 c.c. pongono a carico delle parti nello svolgimento e nell’esecuzione del rapporto obbligatorio e che danno luogo ad obblighi ulteriori o integrativi rispetto a quelli principali. La clausola generale di buona fede e correttezza è, in particolare, operante tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore nell’ambito del singolo rapporto obbligatorio, quanto sul piano del complessivo assetto di interessi sottostanti all’esecuzione di un contratto, specificandosi nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell’interesse della controparte e ponendosi come limite di ogni situazione, attiva o passiva, negozialmente attribuita, determinando così integrativamente il contenuto e gli effetti del contratto.
2.6. – Qui, tuttavia, l’assunto inadempimento degli obblighi integrativi derivanti dai precetti di buona fede e correttezza è stato allegato dal Condominio ricorrente a fondamento non di una pretesa risoluzione del contratto, per l’alterazione del sinallagma delle rispettive prestazioni, quanto di una eccezione non rite adimpleti contractus ex art. 1460 c.c., sì da consentire al somministrato solo di rifiutare il pagamento delle fatture perché si sarebbero verificate inadempienze da parte del somministrante.
2.7. – La cornice dei precedenti specifici in argomento espressi da questa Corte consente di muoversi in base ai seguenti principi applicativi.
Se, nell’ambito di un contratto di somministrazione relativo a utenza idrica, l’utente lamenti l’addebito di un consumo anomalo, il gestore è tenuto, anche in virtù proprio degli obblighi di correttezza e buona fede gravanti sulle parti del contratto, ad informare l’utente, a prescindere dalle iniziative che questi è comunque tenuto ad adottare (onere di verifica dell’impianto e del contatore, c.d. autolettura, ecc.), così da consentirgli di attivarsi tempestivamente per evitare l’aggravamento del danno (Cass. n. 24904 del 2021).
Sempre nell’ipotesi in cui l’utente di un contratto di somministrazione idrica lamenti l’addebito di un consumo anomalo ed eccedente le sue ordinarie esigenze, giacché la rilevazione mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, spetta al somministrante di fornire la prova del regolare funzionamento degli impianti, mentre è onere dell’utente provare di avere adottato ogni possibile cautela, ovvero di avere diligentemente vigilato sulla inesistenza di cause che potessero alterare il normale funzionamento del contatore (Cass. n. 13193 del 2011; n. 23699 del 2016).
-Sussumendo in tali principi gli accertamenti di fatto operati dalla Corte d’appello di Milano, qui non sindacabili, risulta infondata l’eccezione di inadempimento opposta dall’utente Condominio di INDIRIZZO rispetto all’obbligo di pagamento dei corrispettivi di somministrazione documentati dalla RAGIONE_SOCIALE nella fattura del 28 dicembre 2007 ed azionati nel 2014.
3.1. -A fronte degli ipotizzati consumi anomali del terzo trimestre 2007, il gestore informò l’utente con comunicazione del 21 dicembre 2007. L’utente RAGIONE_SOCIALE non chiese la verifica dell’impianto e del contatore, non procedette all’autolettura, né adottò alcuna cautela.
La Corte d’appello ha altrimenti apprezzato che i consumi contabilizzati nella fattura del 28 dicembre 2007 come conguaglio per il quadriennio 2003-2007 (e dunque non come consumi del terzo
trimestre 2007) non lasciavano emergere alcuna anomala maggiorazione rispetto ai dati medi degli anni precedenti. La società somministrante procedette a ‘ripetuti controlli’, che non rivelarono malfunzionamenti o errori di rilevazione.
È stata altrettanto oggetto di apprezzamento di merito la circostanza che la sostituzione unilaterale del contatore fu attuata dalla RAGIONE_SOCIALE soltanto nel gennaio 2011, sicché non aveva impedito all’utente di procedere alle sue verifiche e di conseguire tempestivamente una eventuale prova in ordine al malfunzionamento del contatore, rimasto così indimostrato.
– Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare alla controricorrente RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo; non deve provvedersi al riguardo per l’altra intimata RAGIONE_SOCIALE che non ha svolto difese.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 3.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile