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Consumi presunti: onere della prova del fornitore

Una società fornitrice di energia ha richiesto l’ammissione al passivo fallimentare di un credito per consumi presunti, derivanti da un allaccio abusivo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi inferiori. La motivazione risiede nella mancata prova da parte della società creditrice sia del momento esatto in cui è iniziata la manomissione, sia delle tariffe applicabili, non avendo depositato il contratto di fornitura. La Corte ha ribadito che l’onere di provare l’esatto ammontare del credito spetta al fornitore.

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Consumi presunti per allaccio abusivo: chi paga il prezzo della mancata prova?

La questione dei consumi presunti in caso di manomissione dei contatori è un tema ricorrente e delicato, che pone in conflitto le esigenze di tutela del fornitore di energia e i diritti del consumatore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sull’onere della prova, stabilendo principi rigorosi a carico della società erogatrice del servizio. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici di legittimità.

I Fatti di Causa

Una nota società fornitrice di energia elettrica aveva presentato domanda di ammissione allo stato passivo del fallimento di una sua società cliente, chiedendo il pagamento di oltre 132.000 euro. Tale somma, secondo il fornitore, corrispondeva ai consumi presunti di energia elettrica relativi a un periodo di cinque anni, dal 2006 al 2011.

La richiesta si fondava sulla scoperta, avvenuta nel marzo 2011, di un allaccio abusivo alla rete che alimentava diversi immobili della società fallita. Il calcolo dell’importo era stato effettuato in via presuntiva, basandosi sulla media dei consumi storici registrati in periodi di regolare fornitura.

Tuttavia, sia il giudice delegato al fallimento sia, in seguito, il Tribunale in sede di opposizione, avevano respinto la richiesta. Il motivo? La società fornitrice non era riuscita a provare il quantum del proprio credito. Nello specifico, il Tribunale ha ritenuto non dimostrato il momento esatto in cui fosse iniziata la manomissione (dies a quo), potendo solo accertare la data in cui era stata scoperta. Inoltre, la mancata produzione in giudizio del contratto di fornitura ha reso impossibile verificare la data di decorrenza del rapporto e le tariffe applicabili, elementi essenziali per quantificare il presunto debito.

Il Ricorso in Cassazione e la prova sui consumi presunti

Contro la decisione del Tribunale, la società energetica ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Violazione di legge: Il ricorrente sosteneva che il Tribunale avesse errato nel non applicare le norme che consentono un calcolo presuntivo dei consumi in caso di manomissione, basato sulla capacità di prelievo o sul normale fabbisogno dell’utente.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Si lamentava che il giudice non avesse considerato la normativa che permette una retrodatazione del calcolo dei consumi per un periodo di cinque anni antecedenti alla scoperta della frode.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, confermando la decisione impugnata. I giudici hanno chiarito che il ricorso non mirava a denunciare una reale violazione di legge, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

Il fulcro della decisione risiede nel ragionamento del giudice di merito, ritenuto corretto e logico dalla Cassazione. Il Tribunale aveva respinto la domanda non per un errore di diritto, ma per una carenza probatoria fondamentale da parte del creditore. La Corte ha sottolineato il duplice presupposto su cui si fondava la decisione:

Impossibilità di accertare il dies a quo*: Non era stato provato quando la manomissione fosse effettivamente iniziata.
* Mancata produzione del contratto: Senza il contratto di fornitura, era impossibile determinare sia la data di inizio del rapporto sia le tariffe da applicare per il calcolo dei consumi.

In sostanza, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’onere di provare l’esistenza e l’esatto ammontare di un credito grava su chi lo vanta. In questo caso, la società fornitrice non ha fornito gli elementi essenziali per permettere al giudice di quantificare i consumi presunti, rendendo la sua pretesa infondata.

Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile perché non denunciava l’omesso esame di un fatto storico, ma piuttosto l’omessa valutazione di documenti e tesi difensive, censura non ammissibile con il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la posizione del consumatore (o, in questo caso, del suo fallimento) di fronte a richieste di pagamento per consumi presunti. La decisione stabilisce che il fornitore di energia non può limitarsi a una stima basata su medie o criteri presuntivi se non è in grado di supportare la propria pretesa con prove concrete e documentali. È indispensabile dimostrare con ragionevole certezza non solo l’esistenza della manomissione, ma anche il periodo esatto a cui risale e i parametri contrattuali (tariffe) per il calcolo del dovuto. In assenza di tali prove, il credito non può essere riconosciuto, proteggendo così il debitore da richieste arbitrarie o non sufficientemente provate.

In caso di manomissione del contatore, chi deve provare l’entità dei consumi presunti?
Secondo la decisione, l’onere della prova grava interamente sul fornitore di energia. È la società creditrice che deve dimostrare non solo l’esistenza della manomissione, ma anche l’esatto ammontare del credito vantato.

È sufficiente per il fornitore stimare i consumi basandosi su medie storiche per ottenere il pagamento?
No, non è sufficiente. La Corte ha stabilito che una stima presuntiva non è ammissibile se il fornitore non fornisce prove fondamentali, come il contratto di fornitura per stabilire le tariffe e la prova del momento esatto in cui è iniziata la manomissione (dies a quo).

Cosa deve dimostrare in concreto il fornitore di energia per farsi riconoscere un credito per consumi presunti?
Il fornitore deve fornire la prova su due elementi cruciali: 1) il momento esatto in cui è iniziata la condotta fraudolenta (il dies a quo della manomissione) e 2) i termini contrattuali, depositando il contratto di fornitura, per poter determinare le tariffe corrette da applicare al calcolo dei consumi non registrati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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