Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8907 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso 720 -2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del pro tempore, elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, giusta procura a margine del ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei curatori NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in San Benedetto del Tronto, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale
è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente e ricorrente incidentale -e contro
NOME
– intimato – avverso la sentenza n. 426/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 31/3/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023 dal consigliere COGNOME;
sentito il Pubblico ministero nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso, con assorbimento del ricorso incidentale;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 24/7/1992, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, la RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), di cui era socio e creditore, e la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo fosse dichiarata la nullità per simulazione assoluta del contratto di trasferimento, stipulato per atto pubblico del 15/3/1991, con cui la prima società aveva venduto alla seconda un’area sita in Ascoli Piceno, località Monteverde di mq 7773, distinta nel nuovo catasto terreni al foglio76, p.lle 851, 846, 845, 844, 843, 842, 841, 268, 780, 796; in subordine, chiese fosse dichiarata l’inefficacia , nei suoi confronti, della vendita, ex art. 2901 cod. civ..
L’attore rappresentò che aveva stipulato, in data 4/7/1985, con tutti i soci di RAGIONE_SOCIALE, una transazione, con cui era stato previsto il trasferimento della titolarità del 50% delle azioni a lui stesso, da alcuni
soci, verso corrispettivo di prezzo per una parte e, per il residuo, con l’obbligo della società di rifondergli un’anticipazione di denaro e che, con sentenza n. 276/90, il Tribunale di Ascoli Piceno aveva integralmente accolto la sua domanda di adempimento; sostenne, quindi, che l’amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE , NOME COGNOME e sua moglie NOME COGNOME, amministratrice di RAGIONE_SOCIALE, avessero inteso eludere le statuizioni della suddetta sentenza n.276/90, depauperando il patrimonio della società.
1.1. La RAGIONE_SOCIALE si costituì in persona dell’amministratrice NOME COGNOME, resistendo alla domanda; RAGIONE_SOCIALE eccepì il difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME.
Nel corso del giudizio, con provvedimento del 19/9/2003 del Tribunale di Ascoli Piceno, RAGIONE_SOCIALE era posta in RAGIONE_SOCIALE giudiziale e il liquidatore, nominato dal Tribunale a seguito della revoca dell’amministratrice, si costituiva in giudizio e, con comparsa del 18/3/2005, aderiva alle domande di NOME COGNOME e, per quel che qui ancora rileva, chiedeva pure di dichiarare la nullità dell’atto di trasferimento ex art. 1418 cod. civ. o, in subordine, di annullarlo ex art. 1394 cod. civ..
1.2. Con sentenza parziale n.132/2006, depositata il 21/2/2006, il Tribunale di Ascoli Piceno rigettò l’eccezione di difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME; quindi, con sentenza definitiva n. 698/2011, accolse la domanda, dichiarando la simulazione assoluta del contratto di vendita.
Con sentenza n. 426/2016, la Corte d’appello di Ancona, adita in appello da RAGIONE_SOCIALE, rigettate le eccezioni di inammissibilità dell’impugnazione per genericità proposta da NOME COGNOME e di tardività dell’appello avverso la sentenza parziale, proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, dichiarò il difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME; quindi, per quel che qui ancora rileva, ritenuto che la
RAGIONE_SOCIALE avesse accettato il contraddittorio sulle domande formulate dal curatore nella comparsa del 18/3/2005, riproposte in appello, ex art. 346 cod. proc. civ., in parziale riforma della sentenza definitiva impugnata, rigettò la domanda di simulazione proposta dal liquidatore per mancanza di prova, non essendo utilizzabile dalle parti del contratto (e il liquidatore era rappresentante della società, non soggetto terzo) né la prova per testi né la prova per presunzioni dell’accordo simulatorio; accolse, quindi, la domanda di nullità per conflitto di interessi, compensando interamente le spese perché ritenne sul punto che nessun prezzo fosse stato preteso e riscosso per la vendita da RAGIONE_SOCIALE; il denaro utilizzato per il pagamento -peraltro parziale -riportato in contratto, infatti, era stato in realtà ricavato dal contestuale versamento, da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE all’amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, di un pari importo a titolo di pretesi crediti professionali che, invece, all’epoca risultavano oggetto di rinuncia.
Avverso questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a sette motivi; la RAGIONE_SOCIALE (dichiarato dopo la sentenza di appello, in data 15/12/2015), destinataria della notifica del ricorso, ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. NOME COGNOME non ha svolto difese.
Il Pubblico ministero ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale.
Le parti hanno depositato memorie e chiesto, con tre successive istanze del 14/2/22, 22/6/22 e 6/10/23, il rinvio della decisione in pendenza di trattative; il Collegio, in considerazione della data di iscrizione a ruolo della causa e dell’infruttuosità del lungo tempo già concesso allo scopo tra la prima istanza di rinvio e l’ultima, dopo la trattazione in pubblica udienza, ha pronunciato la presente sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell ‘art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha lamentato la violazione degli artt. 183, 184 189 cod. proc. civ. nella loro formulazione precedente l’entrata in vigore della legge 353/1990 e art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte d’a ppello accolto la domanda di annullamento dell’atto per conflitto di interessi, proposta in corso di causa dalla RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’eccepita tardività, ritenendo erroneamente che sulla stessa fosse intervenuta accettazione del contraddittorio.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha censurato la sentenza per violazione dell’art. 132 n 4 cod. proc. civ., sostenendo che, per sua contraddittorietà e illogicità, la motivazione sull’intervenuta accettazione del contraddittorio sulle domande nuove proposte dal liquidatore risulterebbe meramente apparente.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare, quale fatto altrimenti decisivo, la pluralità di atti processuali in cui sarebbe stato espressamente dichiarata la non accettazione del contraddittorio sulle domande nuove e sulla domanda di annullamento dell’atto per conflitto di interessi, proposta da RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, il verbale di udienza di precisazione delle conclusioni del 21/3/2005, le successive memorie conclusionali del 18/5/2005 e di replica dell’8/6/2005, il verbale di precisazione delle conclusioni del 26/5/2011, le memorie conclusionali del 25/7/2011 e di replica del 27/9/2011.
I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono infondati.
Più volte la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, con riguardo a procedimento pendente alla data del 30/4/1995 per il quale (come quello in esame) trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 183 e 184 cod. proc. civ. nel testo vigente anteriormente alla novella di cui alla legge 353 del 1990, il divieto di introdurre una domanda nuova nel corso del giudizio di primo grado non è sanzionabile in presenza di un atteggiamento non oppositorio della parte destinataria della domanda consistente nell’accettazione esplicita del contraddittorio o in un comportamento concludente che ne implichi l’accettazione (Cass. Sez. 2, n. 10287 del 17/10/1998; Sez. 1, n. 1503 del 02/02/2001; Sez. 1, n. 16921 del 11/11/2003).
L’accertamento dell’esistenza dell’accettazione del contraddittorio costituisce, poi, quaestio facti rimessa all’apprezzamento del giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione, qualora i criteri utilizzati per l’apprezzamento dell’intervenuta accettazione criteri risultino affetti da errori logici o giuridici ovvero appaiano caratterizzati da un’indagine per nulla seria e completa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4366 del 19/03/2012).
In particolare, è stata ravvisata l’accettazione tacita nel comportamento concludente costituito dall’ atteggiamento difensivo inequivoco, che si concreti in una contestazione specifica riferita al merito della pretesa e non semplicemente affidata a formule di stile (Cass. Sez. U, n. 4712 del 22/05/1996; Sez. 2, n. 3159 del 05/03/2001; Sez. 3, n. 4366 del 19/03/2012; Sez. 3, n. 20949 del 16/10/2015; Sez. 2, n. 27644 del 30/10/2018).
La Corte d’appello ha ritenuto, sulla scorta dell’esame e dell’interpretazione degli atti processuali, di cui ha dato conto nella motivazione alle pagine da 11 a 13 della sentenza, che la parte convenuta abbia accettato il contraddittorio sulla domanda nuova
laddove, oltre ad aver esplicitamente chiesto, nelle sue conclusioni, il «rigetto» delle domande nuove, aveva già chiesto di «riconoscere e dichiarare, inoltre, l’assoluta legittimità e correttezza delle vendite effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE».
In tal senso, nella sentenza impugnata non si ravvisa alcuna violazione di legge, né una motivazione contraddittoria.
2.1. In particolare, quindi, quanto alla prospettata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nell’interpretazione delle domande poi scrutinate, questa Corte rileva, come puntualmente riportato dal controricorrente, che la questione della sussistenza di un conflitto di interessi era già stata introdotta dall’attore NOME COGNOME sin dalla citazione, in cui era stato rimarcato che i due coniugi amministratori delle due società, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano agito «quasi come titolari di una ditta individuale svuotando la società del suo consistente patrimonio immobiliare e, peraltro, dando corso a svendite di immobili a prezzi del tutto fuori mercato o a vendite per prezzi diversi da quelli fatti risultare» e a questo argomento era seguita la difesa di RAGIONE_SOCIALE consistente nella contestazione in merito; in seguito , nella memoria del 9/3/1998, l’attore aveva ribadito la nullità dell’atto per non essere stata manifestata una volontà negoziale da parte degli organi sociali e la situazione di conflitto di interessi in cui versava l’amministratrice di RAGIONE_SOCIALE e la società convenuta aveva proseguito nelle sue argomentazioni di merito; prima ancora, infine, RAGIONE_SOCIALE aveva soprattutto -come poi rilevato anche nella sentenza di appello -sostenuto il difetto di legittimazione di COGNOME NOME, eccezione incompatibile con la mancata accettazione del contraddittorio, se si considera che la verifica della legittimazione ad agire e contraddire è sollecitata -ed espletata – proprio nell’ambito d’una preliminare valutazione formale dell’ipotetica accoglibilità della domanda.
A queste considerazioni si aggiunga che nell’udienza del 15/1/2007, la prima successiva alla sentenza non definitiva, (perciò evidentemente precedente l’ultima precisazione delle conclusioni), anche la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il prosieguo del giudizio «per l’espletamento dei mezzi istruttori richiesti» che costituisce, evidentemente, una difesa incompatibile con il rifiuto del contraddittorio.
Per queste ulteriori osservazioni, deve allora escludersi che la Corte d’appello abbia statuito su domande non proposte, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Deve altresì escludersi la rilevanza dei contenuti del verbale di precisazione delle conclusioni del 26/5/2011 e delle memorie conclusionali del 25/7/2011 e di replica del 27/9/2011, quali fatti decisivi non valutati, con conseguente infondatezza anche del terzo motivo. T utto l’espletamento della fase istruttoria , prima di questi atti, aveva già implicato l’accettazione del contraddittorio di tutte le domande, sol che ancora si consideri che, come riferito dalla stessa ricorrente nell’illustrazione del s esto motivo, sin dal primo grado si era discusso della commistione degli interessi privati e societari, tant’è che era stata prodotta in giudizio – e discussa tra le parti nel suo contenuto – la transazione del 4/7/1985, perché ritenuta rilevante per la questione della mancata retribuzione delle prestazioni professionali di NOME COGNOME, della intervenuta rinuncia a questo credito e, in correlazione, della mancata riscossione del prezzo dell’immobile ceduto.
Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I del l’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha lamentato la violazione o falsa applicazione degli articoli 1321, 1324, 1325, 1326 e seguenti, 1372, 1967 e segg. cod. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto fondata la domanda di annullamento del contratto per conflitto
di interessi ex art. 1394 cod. civ. sull’erroneo presupposto che il prezzo non sarebbe stato, in realtà, mai pagato, poiché la stessa venditrice aveva versato, quale provvista, la somma di £ 204.260.000 ad COGNOME NOME, legale rappresentante dell’acquirente ; secondo la ricostruzione operata in sentenza, infatti, il pagamento di questa somma non avrebbe potuto essere corrispettivo di prestazioni professionali, secondo la formale imputazione, atteso che, nell’ atto di transazione del 4/7/1985, NOME COGNOME risultava aver rinunciato al credito a tale titolo; così decidendo, secondo la ricorrente, la Corte d’appello avrebbe erroneamente riconosciuto efficacia estintiva ad una rinuncia che, invece, efficace non poteva essere, ex 1321, 1324, 1325, 1326 e seguenti, 1372, 1967 e segg. cod. civ., non avendo la società partecipato alla transazione sicché la somma di £ 204.260.000 doveva ritenersi realmente corrisposta a titolo di compensi per prestazioni professionali.
4.1. Con il quinto motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza ex art. 132 n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale, con motivazione meramente apparente perché contraddittoria e illogica, affermato che la rinuncia espressa da NOME COGNOME ai propri compensi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE verrebbe in ogni caso in rilievo non quale atto negoziale, ma quale evidenza probatoria, comprovante il carattere fittizio del pagamento dell’ingente somma di £. 204.260.000.
4.2. Con il sesto motivo, articolato in riferimento al n.5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha poi lamentato l’omesso esame del fatto, invece decisivo, che le stesse parti della transazione del 4/7/85 avevano dato atto che le prestazioni professionali effettuate da NOME COGNOME non fossero state retribuite.
Anche questi ulteriori tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi e sono infondati.
La Corte d’appello ha basat o l’accertamento del conflitto di interessi innanzitutto rilevando la stretta continuità temporale (pochi mesi di intervallo) tra la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva affermato la validità e l’efficacia della transazione del 4/7/95 , condannando la stessa RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, della somma di £ 66.000.000 e il trasferimento degli immobili per cui è giudizio alla RAGIONE_SOCIALE, causa di conseguente depauperamento del patrimonio della venditrice RAGIONE_SOCIALE e, in correlazione, delle quote di NOME; ha rimarcato, sul punto, che i rispettivi amministratori unici delle due società erano legati da rapporti di coniugio e che il prezzo in realtà non fu mai riscosso perché per il trasferimento della somma di £ 160.000.000 riportato nell’atto di vendita e della successiva somma di £.60.000.000, come riferita in appello, fu appositamente creata una «provvista» costituita dal pagamento, dall’amministratrice di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME all’amministratore di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, della ingente somma di £.204.260.000 priva di effettiva causa: all’epoca della stipula dell’atto di trasferimento , infatti, NOME COGNOME risultava aver rinunciato, nell’ambito dell’operazione transattiva del 4/7/95, ad ogni suo credito.
Infine , la Corte d’appello ha rimarcato che la rinuncia, da parte di NOME COGNOME, al suo credito risultava rilevante quale fatto in sé, a prescindere dal fatto che la rinuncia fosse o non ancora valida ed efficace in seguito alla riforma della sentenza del Tribunale sulla transazione del 4/7/95 , nel senso che l’amministratrice di RAGIONE_SOCIALE ha versato, per la società, delle somme all’epoca non dovute.
5.1. Questa ricostruzione dei fatti è pienamente coerente con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui il conflitto
d’interessi idoneo, ex art. 1394 cod. civ., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro. Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative della iniziale convergenza d’interessi (Cass. Sez. 2, n. 2529 del 31/01/2017; Sez. 3, n. 23300 del 08/11/2007).
In tal senso il quarto e il quinto motivo risultano infondati.
6. L’inammissibilità del sesto motivo deriva, poi, dal fatto che il riconoscimento della mancata percezione dei compensi da parte di NOME COGNOME non era rilevante proprio in quanto egli aveva rinunciato al relativo credito; in conseguenza, l’attribuzione del denaro a titolo di compenso all’amministratore di RAGIONE_SOCIALE , all’epoca in cui l’operazione transattiva e quindi anche la rinuncia – era ancora efficace per le parti, è stata ricondotta alla sola necessità di creare una «provvista» di denaro per il pagamento del prezzo di acquisto dell’immobile di RAGIONE_SOCIALE
Con il settimo motivo, RAGIONE_SOCIALE ha lamentato, con un primo profilo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 e 1394 cod. civ., e, con un secondo profilo, articolato in riferimento al n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo: la Corte territoriale non avrebbe considerato che il prezzo era stato effettivamente ed integralmente pagato in tre rate da £160.000.000, £60.000.000 e £137.000.000 e che la società aveva la capacità economica necessaria per effettuare l’acquisto immobiliare sebbene avesse un capitale di soli £20.000.000.
7.1. Il motivo è inammissibile in quanto non conferente rispetto alla ratio decidendi : la Corte d’appello ha dato rilievo al fatto che l’amministratrice di RAGIONE_SOCIALE ha inteso comunque creare «una provvista» per il pagamento del prezzo della compravendita con una ingiustificata attribuzione di denaro.
Il ricorso principale è, perciò, respinto.
Dal rigetto del ricorso principale deriva l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, con cui la RAGIONE_SOCIALE), vittoriosa in merito, ha prospettato, con un primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 340, 325 e 327 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. e, con un secondo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e ss. cod. proc. civ., 1417, 2722, 2729, 2724 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ..
Per principio consolidato, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicché, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte soltanto in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass. Sez. U, n. 7381 del 25/03/2013; Sez. 3, n. 6138 del 14/03/2018).
Dal rigetto del ricorso principale consegue, altresì, la condanna di RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali in favore della RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore della causa. Non vi è statuizione delle spese nei confronti di NOME COGNOME che non ha svolto difese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda