SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4811 2025 – N. R.G. 00001969 2023 DEPOSITO MINUTA 10 08 2025 PUBBLICAZIONE 11 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE SECONDA SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
così composta:
dr. NOME COGNOME presidente relatore
dr. NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 1969 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 20 23, posta in decisione all’udienza del giorno 10.3.2025 e vertente
TRA
PARTE APPELLATA OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 3653/2023 del Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di impresa.
FATTO E DIRITTO
§ 1. -La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:
«1.- Con atto di citazione notificato in data 31 maggio 2018, la società conveniva in giudizio avanti all’intestato Tribunale e entrambi sia in proprio che in qualità di soci al 50% ciascuno della estinta , società di diritto inglese con sede in Londra INDIRIZZO iscritta al n. 09618962 del Registro delle Imprese, anche ex art. 2495, II comma, c.c., chiedendo dichiararsi la invalidità o risolvere il contratto di conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale di cui al
rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015.
La società attrice esponeva in fatto:
a) di esser creditrice nei confronti dell’ del 99,998 del capitale sociale (pari a un valore nominale di € 56.548,969), da sommare all’ulteriore importo di € 255.413,56 derivante dal contratto di conferimento di azienda oggetto del presente giudizio;
b) che con l’atto de 19/10/2015 la con capitale sociale di 1 sterlina, in persona dell’allora legale rappresentante deliberava di aumentare il capitale sociale mediante conferimento in natura, riservato alla so cietà per l’importo di 49.999 sterline, ovverosia mediate conferimento del ramo di azienda avente ad oggetto, tra l’altro, la proprietà della proprietà ubicata in Roma INDIRIZZO;
c) che la (con socio ed amministratore unico il aveva conferito il ramo d’azienda composto, secondo la ricostruzione di parte attrice, oltre da beni mobili non registrati annoverati nell’elenco redatto in contraddittorio tra le parti, anche dalla piena proprietà del fabbricato sito in Roma, INDIRIZZO. Tale immobile era gravato da ipoteca di primo grado dell’importo di € 800.000,00 a fronte della concessione di un mutuo dell’importo originario di €. 400.000,00;
d) che con riferimento a tale contratto di conferimento di ramo d’azienda, parte attrice evidenziava che l’immobile oggetto del trasferimento rappresentava, all’epoca del perfezionamento del contratto richiamato, la totalità dei beni materiali di cui era c omposto l’attivo patrimoniale della
e) che l’operazione commerciale in questione era stata realizzata dall’amministratore p.t. in totale assenza di preventiva autorizzazione o successiva ratifica dell’assemblea dei soci;
f) che l’operazione comportava, di fatto, lo svuotamento dell’oggetto sociale della società attrice, la cui attività consisteva proprio nella gestione del menzionato fabbricato;
g) che la società , a fronte dell’atto di conferimento sopra descritto, si era obbligata a ad emettere certificati azionari pari a 49.999 azioni del valore
nominale di una sterlina ciascuno ed a accollarsi l’importo residuo del suddetto mutuo che, alla data del compimento dell’atto di conferimento di ramo d’azienda, era pari a € 255.413,56, somma che avrebbe dovuto versare mensilmente in base al piano di ammortamento pattuito tra parte mutuante e parte mutuataria;
h) che la società , di cui i due odierni convenuti erano soci, non aveva adempiuto agli obblighi assunti, dato che non soltanto non aveva provveduto alla emissione e alla consegna dei certificati azionari, ma non aveva neppure pagato le rate del mutuo accollatosi, né aveva fornito alla Giuliva la provvista necessaria al relativo pagamento;
i) che, a seguito del suddetto inadempimento, infatti, la si era trovata costretta a corrispondere personalmente le rate semestrali, al fine di evitare di incorrere in azioni legali da parte della banca mutuante, nonostante l’immobile non fosse oramai di sua proprietà;
j) che, a seguito di verifiche camerali, parte attrice appurava che la in via contestuale allo scioglimento anticipato della società, aveva deliberato il 18/11/2016, di assegnare le porzioni immobiliari ottenute a seguito di trasferimento di ramo di azienda, in ragione di una quota di 1/2 pro indiviso ciascuno, ai due unici soci odierni convenuti e mediante una operazione di ‘assegnazione di beni immobili ai soci’;
k) che la società in data 12/09/2017 era stata cancellata volontariamente dal registro delle imprese.
Tanto premesso, la società attrice decideva di azionare il presente giudizio al fine di accertare l’invalidità del contratto di cessione del ramo d’azienda sopra descritto o, in subordine, al fine di ottenerne la risoluzione per inadempimento dei convenuti, con contestuale restituzione del compendio immobiliare oggetto di trasferimento.
Con comparsa del 12/10/2018 si costituivano e chiedendo il rigetto delle avverse domande.
I convenuti confermavano, innanzitutto, che tra le società ed , società di diritto inglese, era intervenuto un atto di conferimento di ramo di azienda mediante l’aumento di capitale di quest’ultima, riservato all’ attrice, per nominali 49.999 sterline inglesi e che la consistenza del ramo di azienda oggetto del conferimento era stata quantificata con la perizia di stima asseverata dal Dott.
al netto delle passività, in € 69.413,54, compresa la proprietà delle unità immobiliari site in Roma, INDIRIZZO, Is. 23 D2 e di attrezzature e beni mobili.
e esponevano che le parti contraenti, nel citato atto di conferimento, avevano rilevato che l’immobile sopra descritto era gravato da ipoteca volontaria, dell’importo di €.800.000,00, a garanzia di un mutuo di originari € 400.000,00, concesso dalla , identificato con il n. 9001949, da restituire in dieci anni, dando atto che, alla data della stipulazione del conferimento, l’importo residuo del finanziamento era pari ad € 255.413,56 e che la parte cessionaria si era accollata il mutuo; esponevano, inoltre, che, contrariamente all’avverso assunto, la aveva ricevuto la controprestazione dedotta in contratto, ossia la partecipazione al capitale sociale della società , avendo l’odierna attrice, in data 16 aprile 2016, sottoscritto una transazione con (sua dipendente che rivendicava differenze retributive maturate nel corso di un rapporto di lavoro subordinato, asseritamente in parte non contrattualizzato), cedendo la propria partecipazione sociale di cui sopra, alla ex dipendente. In ragione di tale circostanza, secondo la prospettazione dei convenuti, la , a far tempo dal 16 aprile 2016, non era in possesso di alcuna partecipazione nella società ed in seguito, con scrittura privata del 23 maggio 2016, la aveva trasferito la suddetta partecipazione a e a
I convenuti esponevano che, con delibera del 16.11.2016, la società era stata sciolta e con atto a rogito notaio del 18.11.2016, rep. N. 28013 -racc. n. 20133, registrato presso l’Agenzia delle Entrate Roma 2, il 2.12.2016 serie 1T n. 34402, trascritto presso la Conservatoria dei RR.II di Roma 1 con nota del 5.12.2016, reg. gen n. 137215, reg. part. N. 93846, le porzioni immobiliari di cui sopra, gravate da ipoteca, erano state assegnate, in ragione della metà pro indiviso , a ed a soci della società , che si erano accollati il mutuo di cui sopra.
Tanto premesso, e a eccepivano la loro estraneità al rapporto dedotto in giudizio dalla controparte, nonché la mancanza di titolo in capo a quest’ultima per chiedere nei loro confronti la restituzione del compendio immobiliare sopra descritto, eccependo in via pregiudiziale la mancanza di integrità del contraddittorio a causa della inesistenza
della notificazione dell’atto di citazione alla società inglese RAGIONE_SOCIALE non essendo la controparte attivata per dare seguito alla procedura di Restoration della società inglese cancellata. [.
Eccepivano, poi, la nullità dell’atto di citazione ex art. 164, co. IV, c.p.c., in mancanza di corrispondenza tra petitum e causa petendi e per la contraddittorietà della domanda, nonché l’infondatezza dell’avversa richiesta di restituzione nei confronti dei convenuti in proprio; nel merito, contestavano l’avversa deduzione circa l’invalidità del contratto di cessione del ramo d’azienda, rit enendo il contratto valido ed efficace, in quanto non contrario all’oggetto sociale della ricorrente e non essendo il limite del riparto delle competenze gestorie opponibile alla società ; rappresentavano, inoltre, che l’attrice aveva ricevuto la controprestazione dai che, mediante bonifico bancario, avevano procurato alla controparte le somme a copertura delle rate mensili del mutuo oggetto di accollo da parte della società inglese, che i convenuti hanno accettato e fatto proprio con l’atto di assegnazione dell’immobile ».
§ 2. -All’esito del giudizio il tribunale ha così deciso: ‘ 1) RIGETTA le domande proposte dalla
;
RIGETTA la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta da parte convenuta;
CONDANNA la società attrice alla rifusione, in favore dei convenuti, delle spese di lite, che liquida in € 25.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA nella misura di legge ‘ .
A fondamento della decisione il primo giudice, per quanto interessa il presente giudizio di appello, ha svolto le considerazioni che seguono:
Integrità del contraddittorio
Risulta, altresì, infondata l’eccezione preliminare di difetto di integrità del contraddittorio, sollevata per la mancata notifica dell’atto introduttivo alla estinta società di diritto inglese , citata nel presente giudizio nel le persone dei soci, ai sensi dell’art. 2495, 2 co. c.c..
In particolare, i convenuti hanno dedotto che, essendo la una ‘società di diritto inglese, costituita a Cardiff il 2 giugno 2015, con sede a Londra, Gloucer Street, iscritta presso il Registro delle Imprese della Companies House al n. , cancellata il 12.9.2017’, l’attrice avrebbe dovuto instaurare il giudizio nei confronti della società estinta, previa attivazione della procedura di Restoration to the Register, disciplinata dal Companies Act, part 31, Chapter 3. P.
Ed invero, a differenza del diritto italiano -ove è prevista la irreversibilità degli effetti estintivi derivanti dalla cancellazione dal registro delle imprese e la configurabilità di un fenomeno successorio tra società e soci (Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070)- nel diritto inglese, la possibilità di proseguire (o intraprendere) un giudizio nei confronti di una società cancellata dal registro delle imprese presuppone la previa instaurazione del procedimento Restoration to the Register.
Ebbene, al fine di valutare le conseguenze della cancellazione dal registro delle imprese della società occorrerà far riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 25 della L. 218/1995, secondo cui: ‘… le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti …’.
Nel caso di specie, risulta agli atti che la sede amministrativa e l’oggetto principale della società si trovano in Italia. Difatti, nell’atto di conferimento di azienda del 19.10.2015, risulta espressamente che la predetta soc ietà aveva ‘ codice fiscale italiano’ , nonché ‘ domicilio fiscale eletto in Italia a Roma al INDIRIZZO, D/2′ ; peraltro, l’oggetto principale della società era costituito proprio dal bene immobile ubicato a Roma, oggetto dell’azienda conferita il 19.10.2015 dalla società che ha comportato l’aumento di capitale da una a 50.000 sterline. Infine, occorre rilevare che la in data 16.11.2016, ha deliberato la liquidazione della società e la sua cancellazione in Italia, nonché l’assegnazione dell’arrivo patrimoniale ai due soci convenuti.
Conseguentemente, nel caso di specie trova applicazione la disciplina italiana in materia, ed in particolare il disposto di cui all’art 2495, 3 co. c.c., secondo cui: ‘Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi’.
Ciò posto, risultando il contraddittorio correttamente instaurato, l’eccezione proposta dai convenuti è infondata.
Domanda di nullità o annullamento dell’atto di conferimento
Tanto premesso e passando al merito della controversia, a fondamento della domanda di nullità o annullamento dell’atto di ‘Conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale’ del 19/10/2015, l’attrice ha dedotto che il predetto conferimento sarebbe i nvalido, poiché sottoscritto dall’allora legale rappresentante pro tempore della , in violazione dell’art. 2479 co. 2 n. 5 c.c: difatti, il predetto aveva proceduto al trasferimento ‘ della totalità dei beni materiali di cui era composto, al tempo, l’attivo patrimoniale della …. nella totale assenza di alcuna necessaria e preventiva autorizzazione od anche di una ratifica successiva, dell’assemblea dei soci, e dunque in palese violazione di limiti legali al propri o operato, avendo la trasmissione dell’immobile comportato, nei fatti, lo svuotamento dell’oggetto sociale della stessa, la cui attività era
individuabile, sin dalla propria costituzione proprio nella gestione del fabbricato dell’Olgiata de quo ‘.
Tuttavia, tale doglianza è infondata.
Ed invero, l’art. 2479 co. 2 n. 5 c.c. prevede che è riservata alla competenza dei soci ‘ la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci ‘.
Orbene, nel caso di specie, in alcun modo può dirsi che l’atto di conferimento di azienda, sottoscritto in data 19.10.2015, abbia comportato una modificazione sostanziale dell’oggetto sociale della che non può essere limitato alla gestione del bene immobile conferito alla estinta società ed è compatibile con l’atto di conferimento.
Difatti, dall’atto costitutivo della si evince che l’oggetto sociale della stessa comprenda: ‘ – la costruzione per conto proprio o di terzi, di immobili urbani e rustici, anche prefabbricati ad uso civile abitazione, agricolo commerciale ed industriale con opere accessorie; – il restauro e la ristrutturazione di fabbricati civili, pubblici e industriali, il restauro conservativo di beni storici, monumentali di pregio artistico in genere;- la compravendita, l’affitto e la locazione di terreni agricoli, di aree edificabili, di fabbricati urbani, civili industriali e di qualunque tipo, anche prefabbricati, di immobili in generale e parti di essi rifiniti o da ridefinire; la società potrà inoltre assumere e concedere a terzi appalti per la costruzione, ultimazione e demolizione di immobili civili, industriali e di qualunque tipo, sia parziali che totali ed eseguire tali opere anche in proprio; -l’esecuzione di sterri e ogni altro lavoro in terra, l’esecuzione di opere idrauliche marittime, fluv iali, lagunari, l’esecuzione di ogni tipo di opere stradali speciali quali pavimentazione e stabilizzazione, acquedotti e fognature; l’amministrazione di immobili e impianti di ogni genere nonché di terreni o di parti di essi nonché ogni e qualsiasi altra attività similare, affine, connessa e collaterale; – la costruzione di impianti elettrici, impianti di allarme, di trasmissione dati, di telefonia, di riscaldamento e di climatizzazione, di produzione di energia, di provvista, condotta, distribuzione dell’ acqua e del fluidi in genere, di impianti per il trattamento e smaltimento di reflui civili ed industriali, di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti civili ed industriali’.
Per conseguire il raggiungimento dell’oggetto sociale la medesima disposizione prevede che: ‘La società, nell’osservanza della normativa che disciplina le specifiche materie e virgola quindi, previo le autorizzazioni, abilitazioni ed iscrizioni eventualmente richieste, e nel rispetto di tutte le altre condizioni previste, può compiere qualsiasi operazione commerciale, mobiliare, immobiliare e bancaria (esclusa la raccolta del risparmio) ritenuta utile ed opportuna per il conseguimento dello scopo sociale; a tal fine potrà contrarre mutui, comunque garantiti, prestare fidejussioni, anche a favore di terzi, nonché assumere partecipazioni ed interessenze in altre società o imprese aventi oggetto analogo od affine, comunque con l’esclusione di ogni fine di collocamento, esclusa ogni attività nei confronti del pubblico e dal solo fine del conseguimento dell’oggetto sociale, il tutto purché ciò sia esercitato in misura non prevalente rispetto all’attività ordinaria ed anche nel rispetto delle norme di cui alla legge numero 197 del
1991 e successive anche per quanto attiene all’intervento degli intermediari abilitati virgola e al decreto legislativo 1 settembre 1993 numero 385’.
Rientra, dunque, pienamente nell’oggetto sociale l’assumere partecipazione in altre società ‘aventi oggetto analogo od affine’.
Peraltro, va osservato che neanche nella prosecuzione del giudizio di merito parte attrice ha superato il condivisibile rilievo del collegio del reclamo della fase cautelate, che ha osservato come parte attrice ‘non ha indicato alcuna ragione per la quale l’acquisto della partecipazione nella avrebbe modificato in modo rilevante i diritti dei soci della società conferente, sotto il profilo dell’alterazione dei rapporti societari. L’e ventuale lesione del patrimonio sociale causat a dall’atto posto in essere dall’amministratore della abusando del suo potere potrebbe solo, in astratto, rilevare ai fini della responsabilità di quest’ultimo, responsabilità che non costituisce oggetto del presente procedimento’.
Alla luce di quanto sopra detto, la domanda proposta dalla parte attrice, volta ad ottenere la nullità o l’annullamento dell’atto di conferimento di azienda, è infondata e deve essere rigettata.
Domanda di risoluzione del contratto di cessione del ramo di azienda
Parimenti infondata risulta la domanda attorea volta ad ottenere la risoluzione del contratto di cessione di ramo d’azienda, per inadempimento della società estinta alle obbligazioni scaturenti dal contratto. Ed invero, a fondamento della domanda di risoluzione, la società attrice deduce che la estinta società si sarebbe resa inadempiente all’obbligo di emettere e consegnare i certificati azionari promessi, relativi all’aumento di capitale deliberato di sterline 49.999, nonché all’obbligo di accollarsi e pagare le residue rate del mutuo ipotecario relativo al bene immobile sito in Roma, INDIRIZZO isola 23 D/2, oggetto della cessione.
Orbene, occorre anzitutto evidenziare la insussistenza degli asseriti inadempimenti posti in essere dalla società ed invero, dalla documentazione prodotta in giudizio dai convenuti emerge chiaramente che la società in virtù del conferimento del ramo di azienda del 19.10.2015, acquisiva la partecipazione al capitale sociale della estinta
Tale partecipazione era esistente, tanto che la società ne ha disposto, avendola successivamente ceduta ad dipendente della la quale aveva rivendicato un credito da lavoro nei confronti della predetta società, ammontante ad € 80.000,00. Risulta, altresì, che in data 23.05.2016 le azioni della , di proprietà della venivano acquistate da e al prezzo di € 80.000,00 (cfr. doc. nn. 4, 5 e 15 allegati alla comp arsa di costituzione e risposta); parimenti, risultano depositate in atti le ricevute dei bonifici effettuati dalla ad estinzione delle residue rate del mutuo gravante sull’immobile oggetto dell’atto di conferimento di azienda del 19.10.2015.
In ogni caso, occorre evidenziare che non può ritenersi che gli asseriti inadempimenti posti in essere dalla estinta società possano comportare la risoluzione dell’atto di conferimento di
azienda, atteso che, nel caso in esame, non sono configurabili obbligazioni corrispettive tra la e la società estinta.
Ed infatti, il conferimento di beni in sede di aumento del capitale sociale rientra nella categoria dei contratti associativi o di comunione di scopo, nei quali, a differenza dei contratti di scambio -caratterizzati dal sinallagma funzionale tra le prestazioni corrispettive-, i doveri e le obbligazioni dell’associato non si pongono in rapporto di corrispettività con i doveri e le obbligazioni della società nei suoi confronti, atteso che, in tali ipotesi, non sono ravvisabili interessi contrapposti, essendo preminente l’interesse collettivo al raggiungimento dello scopo comune.
Conseguentemente, la domanda di risoluzione dell’atto di conferimento proposta dalla parte attrice deve essere rigettata.
Conclusioni
In conclusione, sulla base di tutte le suesposte considerazioni, la domanda di nullità o di annullamento dell’atto di ‘Conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale’ del 19.10.2015, nonché di risoluzione, come proposta dalla società attrice deve essere rigettata.
Nella pronuncia di rigetto di cui sopra deve considerarsi assorbita la domanda di restituzione del bene immobile oggetto del ramo di azienda ceduto, formulata dalla
Infine, deve essere rigettata la domanda di condanna formulata dai convenuti ex art. 96 c.p.c., atteso che non appaiono sussistenti i presupposti per poter far uso del potere officioso ex art. 96, comma 3, c.p.c., non emergendo dal comportamento processuale della parte attrice profili di abuso dello strumento processuale.
Spese
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, secondo un parametro tra minimo e medio in base al valore dichiarato di causa, tenuto conto anche della fase cautelare svolta in corso di causa.
§ 3. -Ha proposto appello ed ha chiesto:
‘ Voglia l’Eccellentissima Corte d’Appello di Roma adita, contrariis reiectis, in riforma della sentenza n. 3653/2023 pronunciata inter partes nel giudizio R.G. n. 37160/2018 dal Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, Cons. Rel. dott.ssa NOME COGNOME depositata in cancelleria il 6.3.2023, notificata a mezzo pec il 7.3.2023, in accoglimento dei sopra esposti motivi di appello: IN VIA PRINCIPALE: accertare e dichiarare, per violazione dell’art. 2479, comma II, n. 5 c.c., la nullità dell’atto di ‘Co nferimento di azienda a seguito di aumento di capitale’, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015, con il n. 301 09 serie 1T, costituito dalla ‘… piena proprietà del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO
n. 15, isola 23 D/2 e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatre (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO, piano T-1-S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408,62 (l’appartamento); -2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage) …’, ordinandone la restituzione in favore della società attrice, , a e , ciascuno quale socio al 50% della estinta , e per essi, quali aventi causa, a e in proprio, ciascuno quale attuale comproprietario al 50% del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO isola INDIRIZZO e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatre (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO INDIRIZZO n. INDIRIZZO, piano T -1-S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408,62 (l’appartamento); – 2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage). IN INDIRIZZO: accertare e dichiarare, per violazione dell’art. 2479, comma II, n. 5 c.c., la nullità e/o la annullabilità dell’atto di ‘Conferi mento di azienda a seguito di aumento di capitale’, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e
Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015, con il n. 30109 serie 1T, costituito dalla ‘… piena proprietà del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatre (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO, piano T -1-S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408,62 (l’appartamento); -2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage) …’ ordinandone la restituzione in favore della società attrice, , a
e
, ciascuno
quale socio al 50% della estinta
, e per essi, quali aventi causa, a
e in proprio, ciascuno quale attuale comproprietario al 50% del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO isola 23 D/2 e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatré (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO, piano T 1-S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408,62 (l’appartamento); -2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage). IN INDIRIZZO: accertare e dichiarare la risoluzione dell’atto di ‘Conferimento di azienda a seguito di
aumento di capitale’, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015, con il n. 30109 serie 1T, per inadempimento della estinta e, conseguentemente, condannare e , ciascuno quale socio al 50% della estinta RAGIONE_SOCIALE e per essi, quali aventi causa, a e in proprio, ciascuno quale attuale comproprietario al 50%, alla restituzione a titolo risarcitorio in favore della , del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO isola 23 D/2 e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatré (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO, piano T 1 -S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408 ,62 (l’appartamento); -2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage). Il tutto, oltre al risarcimento del danno cagionato alla da liquidarsi in quell’importo, quantificato anche in via equitativa, che sarà ritenuto di giustizia. Con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. IN INDIRIZZO, in accoglimento del terzo motivo di appello e nella denegata ipotesi di rigetto dei primi due motivi di appello e di conferma della sentenza di primo grado, si chiede la riforma della sentenza impugnata almeno nella parte in cui ha disposto sulla liquidazione delle spese e spettanze processuali, con condanna della società al pagamento della somma di € 25.000,00, oltre accessori di legge, in favore degli odierni appellati, e, pertanto, si chiede, in tale denegata circostanza, che la Corte d’Appello di Roma voglia disporre, comunque, la compensazione delle spese e delle spettanze del doppio grado di
giudizio. In via istruttoria, si reitera la richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. già formulata in primo grado e, in particolare, si chiede anche in questa sede che la Corte d’Appello di Roma Voglia: 1. ordinare, ex art. 210 c.p.c., al sig. socio unico all’epoca dei fatti della , ovvero al sig. Amministratore della società dal 2.6.2015 al 25.10.2016 ovvero ancora alla sig.ra , Amministratore della società dal 25.10.2016 sino alla sua estinzione, l’atto di asserita cessione o trasferimento di quote societarie della medesima alla nonché l’atto di asserita cessione o trasferimento di quote societarie dalla alla sig.ra 2. ordinare, ex art. 210 c.p.c., al sig. socio unico all’epoca dei fatti della , ovvero al sig. Amministratore della società dal 2.6.2015 al 25.10.2016 ovvero ancora alla sig.ra , Amministratore della società dal 25.10.2016 sino alla sua estinzione, l’atto di asserito aumento di capitale sociale con contestuale emissione di azioni della medesima 3. ordinare, ex art. 210 c.p.c., all’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, l’esibizione in giudizio dell’estratto conto previdenziale della Signora nata a Roma il 17.4.1974 relativa agli anni 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016; 4. ordinare, ex art. 210 c.p.c., alla Sig nora nata a Roma il 17.4.1974, l’esibizione in giudizio dell’estratto conto previdenziale relativo agli anni 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016; 5. ordinare, ex art. 210 c.p.c., all’Agenzia delle Entrate, l’esibizione in giudizi o dei modelli 770 rilasciati dai datori di lavoro della Signora nata a Roma il 17.4.1974, per gli anni 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016; 6. ordinare, ex art. 210 c.p.c., alla Signora nata a Roma il 17.4.1974, l’e sibizione in giudizio della certificazione unica (CUD) rilasciata dai suoi datori di lavoro per gli anni 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014,
2015 e 2016′.
e hanno resistito al gravame ed hanno così concluso:
‘ Voglia la Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, per i motivi espressi nella narrativa del presente atto, rigettare l’appello promosso dalla in liquidazione, in quanto inammissibile, infondato in fatto e diritto e per l’effetto condannare la società appellante alla refusione delle spese di lite in favore dei sigg.ri e
Stante la temerarietà della lite, condannare altresì la , in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore dei convenuti di una somma, da liquidarsi in via equitativa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 cpc ‘ .
L’appello è stato posto in decisione all’udienza del giorno 10.3.2025 e successivamente deciso allo spirare dei termini per il deposito di conclusionali e repliche.
§ 4. -L’appello contiene i seguenti motivi:
Primo motivo di appello: erroneità della statuizione di rigetto della domanda principale di nullità e della domanda subordinata di nullità e/o annullabilità dell’atto di ‘ Conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale ‘, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015, con il n. 30109 serie 1T. Violazione dell’art. 2479, secondo comma, n. 5, c.c.- errata ricostruzione dei fatti.
L’appellante censura la motivazione del Tribunale laddove il primo giudice ha respinto le domande di nullità e annullabilità dell’atto di conferimento a seguito di aumento di capitale e sostiene che il primo giudice non avrebbe considerato le seguenti circ ostanze, rilevanti ai fini dell’accoglimento delle domande suddette:
-l’immobile di cui si dibatte, oggetto del trasferimento/conferimento di ramo di azienda ( rectius : cessione d’azienda), rappresentava la totalità dei beni materiali di cui era composto l’attivo patrimoniale della l’unico bene (immobile) costituiva l’intero patrimonio aziendale, ed era anche rappresentativo, nel contempo, dell’unico ramo aziendale in capo alla
-l’operazione fu comunque realizzata dall’amministratore p.t. ,sig. padre degli attuali proprietari formali, in totale assenza della necessaria e preventiva autorizzazione dell’assemblea dei soci e ciò in spregio della normativa sopra richiamata;
-il concetto di modificazione sostanziale dell’oggetto sociale che rileva nel caso di specie, attiene proprio al superamento di una nozione di modifica formale secondo quanto, oramai da tempo, viene pacificamente sostenuto sia dalla dottrina, sia dalla giurisprudenza;
-lo stesso Tribunale di Roma ha più volte affermato il principio secondo il quale il contratto di conferimento d’azienda,
di cessione o anche di affitto di azienda che riguardi l’unica attività sociale venga a configurare in concreto una cessazione dell’esercizio diretto della impresa, così determinando una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale: la relativa decisione ricade dunque nella riserva di competenza dei soci di cui all’art. 2479, comma 2, n. 5 c.c. ;
– la stessa perizia di parte prodotta in giudizio dagli odierni appellati concludeva nel senso che ‘ Alla data della perizia l’attività EFFETTIVAMENTE svolta dalla società è la costruzione e la vendita di beni…le rimanenze sono composte dall’unico immobile da vendere’;
-l’unico immobile della era stato indicato in bilancio tra le ‘ rimanenze finali ‘, sì da dover essere evidentemente considerato un bene merce strettamente inerente alla sola attività di costruzione che costituiva, quindi, l’unico ramo aziendale della ove, in linea meramente teorica, la avesse contestualmente esercitato anche attività locatizia o altra attività imprenditoriale, invero, l’immobile sarebbe stato inserito tra le ‘ immobilizzazioni ‘ nello stato patrimoniale attivo ;
-erroneo deve ritenersi l’assunto secondo il quale la lesione al patrimonio sociale causato dall’atto dispositivo compiuto dal può al più rilevare ai fini della responsabilità di quest’ultimo. Infatti il attraverso il conferimento dell’unico ramo d’azienda effettuato ad una società di comodo e fittizia cioè la società con capitale sociale di una sola sterlina, della quale costui era l’unico socio e sua moglie, sig.ra amministratrice della stessa società, sciolta solo per assegnare il ramo d’azienda, e l’immobile ivi compreso, ai figli , ha posto in essere una condotta riconducibile alla lesione irrimediabile dei diritti dei soci, sì da richiedere ex lege , ai sensi della normativa codicistica sopra richiamata, la necessaria approvazione dell’assemblea ;
-la distrazione dell’unico asset patrimoniale della dal patrimonio sociale abbia condotto la medesima società, evidentemente impossibilitata a conseguire il suo oggetto sociale stante l’azzeramento integrale del suo patrimonio, a registrare nel bilancio 2015 un patrimonio netto negativo pari ad euro 263.993,00 e gravi debiti verso i fornitori pari ad euro 352.734,00, ciò che ha condotto la società allo stato attuale di liquidazione pregiudicando, con ogni evidenza ed anche per tali ragioni, irrimediabilmente i diritti degli altri soci.
Secondo motivo di appello . Erroneità della statuizione di rigetto della domanda subordinata di risoluzione per inadempimento dell’atto di ‘ Conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale ‘, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015, con il n. 30109 serie 1T. Violazione degli artt. 2470 e 1453 c.c.- errata ricostruzione dei fatti.
Con il secondo motivo la società appellante censura entrambe le ragioni poste dal primo giudice a fondamento del rigetto della domanda subordinata di risoluzione dell’atto di conferimento per inadempimento della cessionaria, ossia la mancanza di prova dell ‘inadempimento e l’impossibilità di configurare il rimedio della risoluzione per inadempimento, proprio dei contratti a prestazioni corrispettive, ad un contratto di natura associativa, quale il conferimento di beni in sede di aumento del capitale sociale.
Quanto al primo aspetto, l’appellante deduce che nessun reale accordo transattivo (nel senso di conciliazione compositiva di veri interessi contrapposti) vi è mai stato tra e la sig.ra perché, da un lato, la dipendente non ha mai realmente vantato crediti nella cospicua misura indicata e, dall’altro lato, la non è mai entrata in possesso dei certificate azionari promessi dalla sicché la odierna appellante non poteva neppure trasferirli alla o a terzi. Peraltro, con l’at to di transazione, la non ha ceduto le quote sociali (ma ha solo assunto un impegno a farlo).
Quanto alla asserita emissione e consegna dei certificate azionari da parte di a inerenti l’ipotetico aumento di capitale, si fa presente che tale operazione societaria non si è mai perfezionata, sicché non sono mai state emesse le nuove azioni a favore di che, pertanto, non è mai stata socia della
In particolare, gli appellati non hanno dato prova 1) del perfezionamento dell’aumento del capitale sociale della 2) della conseguente emissione delle azioni, da parte della
a seguito dell’aumento del capitale sociale; 3) della consegna delle predette azioni della alla 4) de ll’iscrizione della a libro soci della 5) de ll’atto di cessione delle quote della dalla alla 6) de ll’iscrizione della nel libro soci della 7) de ll’atto di cession e delle quote della dalla agli odierni appellati.
Dalla visura storica della e dal bilancio della medesima società inglese risulta che:
-dal giorno dell’iscrizione alla camera di commercio inglese, cioè il 2 giugno 2015, a quello della cancellazione, cioè il 12 settembre 2017, si documenta il numero di azioni, 1 AZIONE al 26 ottobre 2016 e l’aumento di azioni, 2 AZIONI al 11 novembre 2016 e ancora dettaglio del capitale (CAPITALE AZIONARIO) al 22 settembre 2016: 1 Azione; Dettaglio complete degli azionisti: 1 azione detenuta alla data della presente dichiarazione di conferma, 22 settembre 2016, Dettaglio del capitale (CAPITALE AZIONARIO) al 11 novembre 2016: 2 GBP; Dettaglio complete degli azionisti: 2 azioni detenute alla data della presente dichiarazione di conferma, quindi 11 novembre 2016, e Pertanto, dalla visura storica ufficiale depositata presso il registro delle Imprese inerente alla società risulta che alla data del 16.5.2017, e quindi successivamente all’alienazione dell’immobile il capitale sociale della medesima risultava di 1 sterlina. Tuttavia, secondo quanto risulta dal Registro delle Imprese, non vi è stata alcuna delibera di emissione di nuove azioni/aumento di capitale sebbene vi sia l’obbligo di trasmetterne notizia al Registro delle Imprese, né risulta in alcun modo alcuna modifica di intestazione e/o di trasferimenti delle quote societarie alla ed alla
Quanto all’accollo del mutuo, deduce l’appellante che il conferimento aziendale è avvenuto nell’Ottobre del 2015 e che, da quella data, non risulta alcun pagamento effettuato dalla per le rate del mutuo e né per finanziamenti per conto della società inglese. Le rate del mutuo, infatti, sono sempre state -e sono tuttoraimputate alla a riprova dell’ inadempimento della società inglese.
L’atto di assegnazione dell’immobile ai soci della ( e figli del sig. e della amministratrice della società inglese, sig.ra è stato stipulato il 18.11.2016 ed I RAGIONE_SOCIALE, solo dal marzo del 2017, hanno iniziato a versare bonifici sul conto della a copertura del pagamento delle rate di mutuo. Inoltre, con sentenza n. 15212 del 2022, non appellata ed oramai passata in giudicato, depositata in cancelleria in data 18.10.2022 nell’ambito del procedimento R.G. n. 67290/2017, e odierni appellati, sono rimasti soccombenti nel giudizio di revocatoria ex art. 2901 c.c. mediante il quale è stata accertata la inefficacia del suddetto atto di ‘ Assegnazione di beni immobili ai soci ‘, a rogito del Notaio
di Roma in data 18.11.2016. Con detta sentenza il Tribunale di Roma ha ritenuto, quanto alla ragione di credito della che fossero sussistenti tutti gli inadempimenti della che invece nel presente giudizio sono stati ritenuti non provati.
Quanto al secondo aspetto, ossia all’assunto che il rimedio risolutorio non possa esperirsi nei contratti associativi o di comunione di scopo , l’appellante contesta l’erroneità della motivazione, atteso che la formalizzazione di un contratto associativo o di comunione di scopo tra e non vi è mai stata. Inoltre, sostiene l’appellante, che lo strumento della risoluzione contrattuale per inadempimento di un atto di conferimento d’azienda o di ramo d’azienda possa essere adottato è principio pacifico secondo la disciplina di diritto comune che viene applicata senza mezzi termini, né limiti di sorta (cfr., sul punto, tra le tante, Cass. n. 10496/2020 in tema di risolubilità per inadempimento del contratto di associazione in partecipazione).
Terzo motivo di appello: erroneità della statuizione di condanna della al pagamento delle spese di lite. Violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.
Secondo l’appellante la liquidazione delle spese operata dal Tribunale appare invero profondamente ingiusta e punitiva, avuto riguardo alle ragioni per le quali ha agito la
§ 5. -L’appello è fondato quanto al secondo motivo.
Il primo motivo va respinto, sul rilievo che la prescrizione di cui all’art. 2479 comma II n. 5 c.c., che nel caso in questione l’appellante ritiene violata, non può prescindere dal dato testuale della descrizione dell’oggetto sociale dall’atto costitutivo della che il giudice di primo grado ha integralmente riportato, dal quale si desume che l’atto di conferimento per aumento di capitale, in società avente ad oggetto la gestione immobiliare, dell’unico bene immobile di proprietà della confe rente è compreso nell’oggetto sociale della atteso che, ove il contratto avesse avuto adempimento, la società appellante avrebbe continuato a gestire l’immobile attraverso la partecipazione in
In altre parole, il giudizio sulla violazione della indicata disposizione va condotto ex ante , sulla base della descrizione dell’oggetto sociale contenuto nell’atto costitutivo, e, dunque, valutando la corrispondenza dell’atto di disposizione al contenuto letterale, (se non piace il termine formale), della descrizione dell’oggetto sociale fissato nell’atto costitutivo.
E’ evidente che la ricostruzione ex post operata dall’appellante porta inevitabilmente a ritenere il conferimento dell’unico immobile di proprietà dell’appellante quale atto di spoliazione al fine di far confluire il bene medesimo nel patrimonio della famiglia del Tuttavia, se si utilizza in via generale tale modalità di valutazione, si giunge a ritenere che la cessione dell’unico bene immobile esistente nel patrimonio sociale di una società che gestisce immobili costituisca di per sé atto estraneo all’oggetto sociale o dannoso per i soci, mentre al contrario, nelle società aventi ad oggetto la gestione immobiliare, lo stesso conferimento a seguito di aumento di capitale, oltre a non essere estraneo al perimetro dell’oggetto sociale, può risultare vantaggioso per la conferente ed i suoi soci.
Il secondo motivo è fondato.
L’atto di conferimento del ramo di azienda del 19.10.2015 depositato in atti prevedeva che:
‘ PREMESSO CHE in data odierna ha deliberato all’unanimità di aumentare il proprio capitale sociale mediante conferimento in natura, riservato alla società per I importo di sterline 49.999 mediante conferimento in detta società del ramo d’ azienda avente ad oggetto tra 1’altro 1a proprietà delle seguenti porzioni immobiliari ubicate in Roma, al INDIRIZZO e precisamente: …
in data odierna ha approvato sia la modalità di sottoscrizione che quella di liberazione dell’aumento di capitale, con sovraprezzo.
Tutto ciò premesso, si conviene e si stipula quanto segue.
ARTICOLO 1) La società limitata a titolo di integrale e definitiva liberazione della partecipazione sottoscritta, conferisce nella che, come sopra rappresentata, a tale titolo accetta, il ramo d’azie nda sito in Roma nella consistenza individuata nella perizia di stima redatta ai sensi degli articoli 2440 e 2465 c.c. dal dottor con studio in Roma,…. Le parti si danno altresì reciprocamente atto che il valore dell’azienda conferita nella è di Euro 69.413, 54 (sessantanovemilaquattrocentotredici virgola cinquantaquattro) giusta la relazione di stima allegata. ‘ ARTICOLO 2) La -Società a responsabilità limitata”, come sopra rappresentata, riceve come corrispettivo del conferimento sopra effettuato, una partecipazione al capitale
sociale nella di nominali sterline 49.999 (quarantanovemilanovecentonovantanove) rappresentata da 49.999 (quarantanovemilanovecentonovantanove) azioni del valore nominale di sterline 1 (una sterlina) ciascuna. La ” , come sopra rappresentata, dà atto che con il presente conferimento le azioni sottoscritte dalla , sono interamente liberate senza alcun altro obbligo della società conferente verso 1a società conferitaria e dichiara espressamente che provvederà ad emettere i relativi certificati azionari e a consegnarli al Legale rappresentante della ‘ .
L’atto prevedeva altresì che: ‘ La parte venditrice, volendo in ogni caso essere tenuta per 1’evizione e i danni come per legge e per patto espresso, garantisce che le porzioni immobiliari in contratto sono libere da pesi, oneri , vincoli, privilegi anche fiscali, iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli ad eccezione della ipoteca iscritta a Roma I il 27 gennaio 2006 formalità 2450 a favore della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio Società Cooperativa per l’importo di Euro 800.000 (ottocentomila), a garanzia di un mutuo di originari Euro 400.000 (quattrocentomila) da restituire in 10 anni, con atto a rogito Notaio di Roma repertorio 11198 del 25 gennaio 2006, registrato a Roma 3 il 26 gennaio 2006 n. 1373/1T. Le parti si danno reciprocamente atto che l’importo residuo del mutuo ammonta ad oggi ad euro 255.413, 56 (duecentocinquantacinquemilaquattrocentotredici virgola cinquantasei). La parte conferitaria si accolla e fa proprio detto mutuo dichiarando di voler subentrare in ogni obbligazione assunta dalla parte cedente verso l’Istituto mutuante e di accettare tutti i patti, clausole e condizioni nascenti dal menzionato atto, ad essa ben noti, che si impegna ad osservare in ogni sua parte in particolare per quanto riguarda il puntuale pagamento pro -quota delle semestralità di ammortamento, si impegna al altresì, a notificare il presente accollo all’Istituto mutuante, a tutti gli effetti di legge ‘ .
Premesso che, quanto al riparto dell’onere della prova, occorre applicare la regola secondo la quale, in materia di responsabilità per inadempimento contrattuale, la parte che agisce deve provare il titolo contrattuale ed allegare le circostanze che costituiscono il contestato inadempimento, mentre la controparte deve provare o l’avvenuto inadempimento o che l’inadempimento
è derivato a fatto a sé non imputabile, deve ritenersi che la società attrice, oggi appellante, abbia provato il titolo, costituito dalla produzione dell’atto di ‘conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale’ stipulato in data 19.10.2015 ed abbia altresì allegato i fatti costituenti l’inadempimento della società conferitaria
Al contrario, gli appellati non hanno provato né l’adempimento, né la non imputabilità dell’inadempimento.
Non si comprende come il giudice di primo grado sia giunto a ritenere provato l’adempimento da parte della
Invero, a voler seguire la tesi degli appellati, secondo la quale l’atto stipulato in data 19.10.2015 tra l’amministratore della e nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della costituisce la prova dell’adempimento, dovrebbe allora risultare che la cessionaria, a quella data, doveva aver già deliberato, ovvero proceduto contestualmente a deliberare, l’aumento di capitale di nominali sterline 49.999 ed ad emettere azioni del valore di una sterlina per l’importo indicato, con contestuale consegna dei certificati azionari alla cedente.
Di tutto ciò non vi è prova, non risultando allegato all ‘ atto del notaio la delibera di aumento di capitale e l ‘ emissione di nuove azioni, né risulta dalla visura presso il Registro delle Imprese, come documentato in primo grado dall’appellante, il suddetto aumento di capitale e la concomitante emissione di 49.999 azioni.
Invero, diversamente da quanto asserito dagli appellati, risulta dall’atto stipulato in data 19.10.2015 che la si obbligava, a corrispettivo della cessione, ad emettere i relativi certificati azionari e a consegnarli al Legale rappresentante della . Tuttavia, come si è detto, non vi è prova dell’aumento di capitale, dell’emissione delle azioni e della consegna delle stesse al legale rappresentante della .
L’ unico argomento addotto dal giudice, -secondo il quale il contratto ha avuto esecuzione come dimostra il fatto che l’odierna appellante, in data 16 aprile 2016, aveva sottoscritto una transazione con dipendente della che rivendicava differenze retributive maturate nel corso di un rapporto di lavoro subordinato, asseritamente in parte non contrattualizzato, cedendo la propria partecipazione sociale di cui sopra, alla nominata ex dipendente,- non vale a parere del Collegio a provare l’adempim ento da parte della
Invero, premesso che l’accordo conciliativo è stato stipulato ai sensi e per gli effetti dell’art. 411 c.p.c. dalla rappresentata sempre da , occorre osservare che, in assenza della delibera di aumento di capitale della e di consegna dei certificati azionari alla non poteva avere esecuzione la seguente clausola dell’atto di conciliazione:
La (ottattanta,00). Tale somme verrà erogata attraverso la cessione delle quote sociali che la ditta RAGIONE_SOCIALE detiene all’interno della ditta RAGIONE_SOCIALEc.f NUMERO_DOCUMENTO.
L’accordo avrà validità solo salvo buon fine del pagamento del debito
A riprova dell’assunto dell’appellante secondo il quale detta transazione non ha avuto alcuna esecuzione, vi è il fatto che il passaggio delle azioni da a non risulta dal Registro delle imprese della prodotto dall’appellante.
Altresì non risulta provato dagli appellati che le azioni, mai consegnate alla dalla siano mai state consegnate dalla alla
A fronte di tale quadro fattuale, nulla dimostra la circostanza addotta dagli appellati, che la dedotta partecipazione in da parte della risulti iscritta nel bilancio di quest’ultima, se solo si consideri che lo stesso quale amministratore unico della , ha conferito il ramo di azienda alla ha stipulato la transazione con la ed ha redatto il bilancio della .
Inoltre, non hanno dato prova gli appellati dell’accollo del mutuo da parte di e della notifica all’Istituto mutuante, come invece previsto nell’atto stipulato in data 19.10.2015 quale obbligazione a carico della cessionaria
In proposito, l’avvenuta messa a disposizione della provvista o pagamento diretto dei ratei da parte degli odierni appellati, quando in data 18 novembre 2016 sono divenuti assegnatari, quali unici soci della dell’immobile di cui è giudizio nella misura del 50% per ciascuno, non vale evidentemente a sanare l’inadempimento della non essendo mai intervenuto alcun atto di accollo valido ed efficace nei confronti dell’Istituto mutuante.
Reputa pertanto il Collegio che i suddetti inadempimenti rivestano l’importanza richiesta dall’art. 1455 c.c. ai fini della risoluzione del contratto stipulato dalle parti il 19.10.2015, atteso che non ha mai acquisito la qualità di socia in e non è mai stata liberata del mutuo nei confronti della Banca mutuante.
Non è ultroneo rilevare come lo stesso Tribunale di Roma abbia ritenuto con la Sentenza n. 15212/2022 emessa a seguito dell’azione revocatoria promossa dalla provati i suddetti inadempimenti posti a fondamento della suddetta società a fondamento della propria ragione di credito nei confronti degli odierni appellati. Ha infatti rilevato il Tribunale, pur nella doverosa premessa che, ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria, è sufficiente la allegazione di una pretesa creditoria che non si riveli prima facie pretestuosa, e che le contestazioni sollevate dai convenuti con riguardo al difetto di ragioni di credito nelle domande spiegate dall’attrice nel giudizio tuttora pendente nei confronti dei medesimi convenuti (ossia il presente giudizio): ‘…devono ritenersi sussistenti sia il presupposto legittimante della qualità di creditrice dell’attrice,… Sotto il primo profilo, la ragione di credito della oltre che dal mancato accollo da parte della società disponente, previsto nell’atto di conferimento d’azienda, delle rate di mutuo ipotecario gravante sull’immobile oggetto di assegnazione ai soci -peraltro con l’impegno in sede di conferimento di azienda a rendere tale accollo esterno tramite la notifica all’istituto di credito mutuan te – e dalla solo parziale messa a disposizione da parte dei convenuti della provvista per le rate scadute sino al giugno 2022 (per un residuo, evincibile dal piano di ammortamento e dalle ricevute dai medesimi depositate, di euro 82.061,85: cfr. docc. 12 e 24 parte convenuta), si ricava dal difetto di prova, che era onere dei convenuti fornire, dell’adempimento da parte della all’obbligo da quest’ultima assunto, quale corrispettivo del conferimento del ramo d’azienda della di emissione e consegna dei certificati azionari promessi relativi all’aumento di capitale deliberato di 49.999sterline, non risultando dal Registro delle Imprese inglese alcuna delibera di emissione, né alcuna modifica di intestazione o di trasferimenti delle quote societarie alla o a terzi, sebbene vi fosse l’obbligo di trasmetterne notizia al Registro delle Imprese (cfr. all. 9 parte attrice). Al riguardo, non può ritenersi rilevante, a tal fine, la produzione da parte dei conv enuti, dell’atto di transazione della con la sig.ra , in virtù del quale la società attrice, per il tramite dell’allora amministratore , avrebbe assunto l’obbligo di cedere alla dipendente in questione, per dirimere ogni controversia relativa a presunte differenze retributive alla medesima spettanti, le quote sociali della che la deteneva (doc. 13 parte convenuta),
senza tuttavia l’evidenza probatoria dell’effettiva esecuzione di tale accordo, tant’è che dalla visura della società non risulta traccia della partecipazione della ex dipendente nella compagine societaria della società estinta, così come del successivo trasferimento di tale partecipazione ai convenuti (all. 9 parte attrice) ‘ .
Si noti che la suddetta Sentenza n. 15212/2022 intervenuta il 18.10.2022 tra le parti, passata in giudicato, risulta palesemente contraddetta dalla sentenza oggetto del presente giudizio di appello, emessa nella successiva data del 6.3.2023.
Per le ragioni sopra esposte, deve ritenersi che il Tribunale di Roma, nella sentenza oggetto del presente giudizio di appello, abbia valutato erroneamente il materiale probatorio a disposizione, giungendo ad affermare l’assolvimento dell’onere della prova da parte degli appellati, mentre al contrario questi ultimi non hanno dimostrato affatto l’adempimento da parte della delle obbligazioni nascenti dal contratto stipulato dalle parti il 19.10.2015 a carico della predetta cessionaria.
Quanto poi all’argomento di diritto secondo il quale il rimedio risolutorio, proprio dei contratti a prestazioni corrispettive, non si attaglia ai contratti di tipo associativo, è evidente che il ragionamento del primo giudice è del tutto scollegato dal contenuto del contratto oggetto della domanda di risoluzione.
Si è già visto, nella parte dell’atto stipulato dalle parti il 19.10.2015 sopra testualmente riportata, che la si obbligava, a corrispettivo della cessione, ad emettere i relativi certificati azionari e a consegnarli al Legale rappresentante della , sulla premessa dell’avvenuto aumento di capitale e dell’emissione delle nuove azioni.
In sostanza con l’atto in questione la cedeva il ramo di azienda comprendente l’immobile di cui è causa e riceveva, a titolo di corrispettivo, la partecipazione azionaria in Tale partecipazione azionaria non è mai stata conseguita da lla non risultando provato né l’aumento del capitale con contestuale delibera, né la corrispondente emissione delle nuove azioni, né, infine la consegna dei certificati azionari da parte della
Il contratto associativo, pertanto, non è mai sorto, mentre l’immobile compreso nell’azienda conferita dalla risulta ceduto alla la quale poi, ha assegnato ai due unici soci il suddetto immobile con atto del 18 novembre 2016, prima dell’estinzione della società stessa in data 12.9.2017.
La cessione del ramo di azienda, pertanto, quale contratto a corrispettivo del quale era prevista una partecipazione azionaria mai conseguita, può dunque essere risolto ai sensi dell’art. 1453 c.c.
Va pertanto dichiarata la risoluzione dell’atto di ‘Conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale’, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il succ essivo 9/11/2015, con il n. 30109 serie 1T, per inadempimento della estinta
.
Va anche accolta la domanda avanzata dall’appellante nei confronti degli appellati ciascuno quale socio al 50% della estinta , ciascuno quale attuale
comproprietario al 50%, alla restituzione in favore della , del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO isola 23 D/2 e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatré (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO, piano T-1-S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408,62 (l’appartamento); – 2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage).
In effetti ai sensi dell’art. 1458 c.c. il suddetto immobile va restituito, quale effetto della risoluzione per inadempimento, non essendo e terzi, ma successori della estinta società , come peraltro ritenuto dallo stesso giudice di primo grado nella parte di motivazione riportata nel paragrafo relativo allo svolgimento del giudizio di primo grado, senza che sul punto sia intervenuta impugnazione.
In proposito si rappresenta che la domanda di restituzione è stata proposta dall’attrice -appellante nei confronti di
e
sia quali
ex soci
della
sia in proprio.
Ed in effetti dall’atto di assegnazione del 18 novembre 2016, intitolato: ‘ASSEGNAZIONE DI RAGIONE_SOCIALE AI SOCI’, risulta che , madre dei predetti appellati e legale rappresentante della
, nonché i predetti appellati, dopo aver premesso che:
in data odierna 1 assemblea dei soci della “RAGIONE_SOCIALE” ha deliberato scioglimento anticipato e 1 ‘assegnazione dei beni ai soci NOME COGNOME NOME COGNOME; 2 ) la società è proprietaria delle seguenti porzioni immobiliari ubicate in Roma , al INDIRIZZO precisamente: appartamento in un villino bifamiliare distribuito su tre livelli: seminterrato, terreno primo, collegati tra loro da scala interna; garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatré (53) circa; appresso meglio descritte, ad essa pervenute in forza di atto di conferimento 2 mio in data 19 ottobre 2015 repertorio numero 25 .849 raccolta nuero 18 .743 trascritto Roma 1 in data 10 novenbre 2015 al nunero 83625 di formalità; 3 ) la Società intende ora, al fine di portare compimento la procedura di liquidazione, procedere all assegnazione formale della proprietà sopradescritta ai soci NOME e NOME; soci si sono dichiarati disponibili ad accettare 1′ assegnazione della proprietà ad accollarsi tutti oneri ad essa relativi; la società come sopra rappresentata dichiara che detta porzione immobiliare è stata conferita insieme alle passività ad essa afferenti per il valore di Euro 69 .413, 54 (sessantanovenilaquattrocentotredici virgola cinquantaquattro) che unici soci della RAGIONE_SOCIALE sono NOME COGNOME NOME NOME i quali detengono il capitale sociale in parti uguali rogito gli
hanno proceduto all’assegnazione della proprietà dell’immobile nella misura un ½ un mezzo indiviso ciascuno in favore dei predetti appellati.
Risulta pertanto per tabulas che l’assegnazione è avvenuta all’atto dello scioglimento deliberato dalla società in favore di e quali unici due soci della disciolta società.
Per effetto della riforma della sentenza, le spese del giudizio di primo grado vanno poste a carico degli appellati, rimasti soccombenti. Esse si liquidano, avuto riguardo al valore della
causa (Euro 69.413, 54 valore dell’atto oggetto della pronuncia di risoluzione) ai sensi del D.M. n. 147/2022 nella misura di euro 14.103 oltre a spese generali, IVA e CPA.
§ 6. -Le spese del grado di appello seguono la soccombenza degli appellati. Esse si liquidano, avuto riguardo al valore della causa, ai sensi del D.M. n. 147/2022 nella misura di euro 14.317 oltre a spese generali, IVA e CPA.
PER QUESTI MOTIVI
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di contro la sentenza resa tra le parti dal tribunale di
e Roma, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
-in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara la risoluzione dell’atto di ‘Conferimento di azienda a seguito di aumento di capitale’, a rogito del Notaio di Roma del 19/10/2015, con firme autenticate al Rep. n. 25849 e Racc. n. 18743 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma 2 il successivo 9/11/2015, con il n. 30109 serie 1T, per inadempimento della estinta ;
-condanna gli appellati quali ex soci e attuali comproprietari al 50%, alla restituzione in favore della , del fabbricato sito in Roma, al INDIRIZZO isola INDIRIZZO e precisamente: – porzione di villino bifamiliare dislocato ai piani seminterrato, terreno e primo, collegati tra loro da scala interna, composto da cantina, lavatoio, centrale termica al piano seminterrato, ingresso, cucina, tinello, soggiorno, due camere, bagno e tre portici al piano terra, due camere, bagno e portico al primo piano, a confine con strada lottizzazione e annesso garage al piano seminterrato della superficie di metri quadrati cinquantatré (53) circa, a confine con intercapedine, rampa di accesso, vano scale e lavatoio, salvo altri; dette porzioni sono censite nel Catasto dei Fabbricati di Roma, al foglio 37, particelle: – 2459, subalterno 2, zona censuaria 6, categoria A/7, classe 8, vani 12, INDIRIZZO, piano T-1-S1, interno 1, Rendita Catastale Euro 3.408,62 (l’app artamento); – 2459, subalterno 3, zona censuaria 6, categoria C/7, classe 13, mq.53, INDIRIZZO, piano S1, Rendita Catastale Euro 211,49 (il garage);
-condanna gli appellati al rimborso, in favore dell’appellante, delle spese del giudizio di primo grado, liquidate nella misura di euro 14.103 oltre a spese generali, IVA e CPA;
4. -condanna gli appellati al rimborso, in favore della parte appellante, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate nella misura di euro 14.317 oltre a spese generali, IVA e CPA..
Così deciso in Roma il giorno 25 luglio 2025. Il presidente estensore