Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11235 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
sul ricorso 2669/2021 proposto da:
LA RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2082/2020 depositata il 11/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/3/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ed in concordato preventivo ricorre a questa Corte al fine di sentire cassare l’epigrafata sentenza con la quale Corte di appello di Firenze, definendo il contenzioso insorto tra essa ricorrente e la Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a. -cui sarebbe succeduta a seguito di fusione per incorporazione l’odierna intimata -in merito alla pretesa della prima di vedersi restituite dalla seconda le somme da questa indebitamente trattenute nell’incasso per conto della RAGIONE_SOCIALE ricevute bancarie e assegni emessi a favore di questa, ha accolto il gravame della banca ed, in riforma dell’impugnata decisione di primo grado, ritenendo di trovarsi di fronte ad una fattispecie riconducibile al novero delle linee di finanziamento c.d. “autoliquidanti”, ha respinto la domanda attrice sull’assunto che nella specie era ravvisabile un collegamento strutturale e funzionale tra l’anticipazione concessa dalla banca ed il mandato a riscuotere nell’interesse della cliente e che ciò rendesse operante un patto di compensazione, non soggetto all’applicazione dell’art. 56 l. fall., trattandosi di compensazione impropria che autorizzava la banca a trattenere le somme riscosse all’atto dell’incasso sino ad elisione del proprio credito.
Il mezzo ora proposto dalla RAGIONE_SOCIALE si esercita su cinque motivi, seguiti da memoria, ai quali si oppone la banca intimata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e si deduce la nullità della sentenza per vizio di motivazione apparente, in quanto il decidente, statuendo nei riferiti termini, avrebbe esposto le ragioni del proprio convincimento senza
approfondita disamina logico-giuridica, diversamente non potendo non rendersi conto della contraddittorietà del proprio ragionamento, della contrarietà di esso agli indirizzi consolidati della giurisprudenza di questa Corte, del carattere aspecifico della motivazione adottata ed, ancora, della consumata violazione dei requisiti di forma previsti per i contratti bancari -è infondato e non merita seguito.
E’ ben vero, come allega la ricorrente che secondo quel che si insegna abitualmente da questa Corte, la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 30/06/2020, n. 13248); ma qui il vizio denunciato non è oggettivamente riscontrabile atteso che la Corte di appello, assolvendo compiutamente il proprio ufficio, ha rappresentato in maniera chiara, coerente e debitamente concludente le ragioni a fondamento dell’assunto che ha inteso esternare; in disparte, cioè, dalla considerazione che la sentenza impugnata è largamente riproduttiva degli enunciati operati da questa Corte nei propri precedenti in materia e, segnatamente, da Cass. 11523/20 -circostanza questa, certo, non inconferente nel delibare la fondatezza della doglianza -la motivazione in disamina si articola puntualmente nel rispetto della sequenza logica costituita dalla ricognizione dei fatti di causa (incasso per conto della mandante di crediti della stessa imputati a storno di pregresse posizioni a debito), nella individuazione degli elementi probatori di detti fatti (RI.BA e assegni incassati dalla banca in epoca successiva alla domanda di concordato) e nella indicazione delle ragioni per cui alla fattispecie
concreta, come rilevata in base ai fatti provati, debbono essere ricollegati determinati effetti e non altri effetti giuridici (compensazione impropria ed estraneità della fattispecie all’art. 56 l. fall.), di modo che la censura sollevata rifluisce nel solco di una critica di principio espressiva solo della insoddisfazione della parte per gli esiti sfavorevoli della lite.
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 1260, 1264 e 2729 cod. civ. in quanto il decidente, statuendo nei riferiti termini, avrebbe violato le norme in indirizzo, da un lato, perché l’incasso delle RAGIONE_SOCIALE e, a maggior ragione, degli assegni a cui ha proceduto la banca non autorizza a credere che nella specie ci si troverebbe di fronte ad un’operazione riconducibile al campo delle linee di credito autoliquidanti con patto di compensazione per elisione, dato che non è vero che le modalità operative possano condurre a tale conclusione, che le operazioni di che trattasi facciano riferimento ad un mandato all’incasso con patto di compensazione, che sia possibile dar vita ad una tale pattuizione in difetto di prova scritta e che sia possibile compensare ipotetiche somme oggetto di cessione; e, dall’altro, perché il meccanismo operativo della cessione di credito confligge insanabilmente con la possibilità di invocare qualsiasi effetto compensativo -è inammissibile per estraneità alle ragioni della decisione e al parametro normativo richiamato.
Va, invero, evidenziato, da un lato, che la Corte di appello, condividendo sul punto la tesi del primo giudice, ha espressamente escluso che nella specie in disamina fosse riconoscibile una cessione di credito (cfr. motivazione pag. 11), sicché la denunciata violazione in cui la sentenza impugnata sarebbe incorsa per non aver applicato gli artt. 1260 e 1264 cod. civ. si colloca nell’ambito di una ricostruzione fattuale che non ha cittadinanza nell’odierno giudizio. Non diversamente, sotto un secondo aspetto, va posto in luce che la
censura che la ricorrente articola richiamando l’art. 2729 cod. civ. non si presta ad essere scrutinata in questa sede, non solo perché nell’illustrazione che se ne fa non ne sono spiegate le ragioni, dato che degli indici in tal senso prospettati dal motivo non si coglie la conferenza conducente; ma perché secondo quanto stabilmente si afferma al riguardo da questa Corte il ragionamento presuntivo a cui accede il decidente di merito si rende ricorribile per cassazione o quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero quando fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta e applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma ( ex plurimis , Cass., Sez. II, 21/03/2022, n. 9054).
A questa evenienza non si riporta all’evidenza la censura in disamina.
Il terzo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione dell’art. 1362 cod. civ. in quanto il decidente, statuendo nei riferiti termini, avrebbe ritenuto operante e vigente un patto di compensazione con elisione in assenza di una puntuale clausola attributiva di tale diritto, ciò desumendosi dalle stesse difese di parte che intendeva legittimare il proprio operato, da un lato, facendo appello ad un insussistente cessione di credito e, dall’altro, argomentando l’esistenza di una siffatta pattuizione in ragione dell’esistenza di una pregressa linea di credito, nell’uno e nell’altro caso evidenziando il difetto di un patto scritto -in disparte da ogni ragione preclusiva, più generalmente rappresentabile considerando che la violazione denunciata oblitera manifestamente lo statuto di censurabilità per cassazione dell’errore
ermeneutico, si sottrae in ogni caso al sindacato qui richiesto. Risulta, invero, parimenti dirimente in senso ostativo al suo esame la circostanza che alla affermazione contestata la Corte di appello è pervenuta -sulla scorta del fatto che il patto in questione non postula a pena di nullità l’adozione della forma scritta, rilievo questo non censurato dal motivo -in forza del visto ragionamento presuntivo censurato con il secondo motivo di ricorso, ricusando il quale, l’affermazione in parola resta incontestata e la censura in disamina deve conseguentemente ritenersi assorbita.
5. Il quarto motivo di ricorso -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo in quanto il decidente, statuendo nei riferiti termini, avrebbe omesso di valutare l’impatto che le attività di cessione del credito poste in essere dalla banca potevano avere con riferimento ad un eventuale operatività dell’istituto della compensazione atipica in quanto elementi del tutto incompatibile ed antitetici -è inammissibile per una duplicità di ragioni.
Esso, da un lato, insiste nel prospettare una ricostruzione in fatto della vicenda in disamina che, come si è visto ricusando il secondo motivo di ricorso, non trova riscontro alcuno nella decisione impugnata, di modo che non può che darsi atto della sua estraneità al percorso argomentativo seguito dalla decisione impugnata. Sotto un secondo profilo va poi richiamata l’attenzione sul fatto che alla specie della cessione di credito la banca aveva fatto appello nel costituirsi in primo grado e che in quella sede il Tribunale aveva sconfessato questa rappresentazione rilevando che dalla documentazione prodotta non era eccerpibile che la cessione si fosse perfezionata prima della domanda di concordato, e dunque, allorché la Corte di appello ha inteso condividere questa conclusione, si è realizzata quella fattispecie della “doppia conforme”, che ai sensi dell’art. 348ter, comma 5, cod. proc. civ. esclude che la sentenza di appello possa essere impugnata
per cassazione per il motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.
In conclusione il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in favore di parte resistente in euro 7200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il