Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14696 Anno 2025
ingiuntivo
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 25.3.2025 AC
COGNOME
R.G.N. 7880/2022
NOME
Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
16488/2022
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 7880/2022 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del curatore fallimentare pro tempore, rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo procuratore, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
INVESTIMENTI E SVILUPPO DI RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Torino n. 1390/2021 pubblicata il 17.12.2021;
N. 7880/22 R.G.
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 25.3.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 10.10.2016, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Biella per il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di € 18.125,66, oltre interessi e spese legali, dovuti a titolo di canoni di locazione commerciale di un immobile di proprietà d ell’opposta , adibito a caserma dei Carabinieri e sublocato da RAGIONE_SOCIALE al Ministero dell’Interno. Il Tribunale di Biella rigettò l’opposizione con sentenza del 13.1.2021, ritenendola tardiva. Sipi em propose dunque appello e la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 17.12.2021, lo accolse quanto alla dedotta tempestività dell’opposizione, ma lo rigettò nel merito, stante l’ infondat ezza dell’opposizione stessa. Osservò il giudice d’appello che le eccezioni mosse dall’opponente non erano accoglibili in quanto: il contratto di compravendita dell’immobile, venduto dalla RAGIONE_SOCIALE con rogito del 29.12.2008, nonché il successivo contratto di locazione dello stesso immobile dalla nuova proprietaria a Sipiem in data 1.1.2009 (da cui derivava il credito per cui è processo), erano stati convalidati da RAGIONE_SOCIALE mediante loro esecuzione ed il socio di maggioranza della stessa RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, nulla aveva contestato, mantenendo così un ‘contegno avvallatorio’ dell’operato degli amministratori ex art. 1444 , comma 2, c.c.; il conflitto di interessi riguardo al contratto di compravendita andava escluso in quanto dalla relazione di CTU assunta in altro giudizio pendente innanzi al Tribunale di Venezia (tra la COGNOME ed NOME COGNOME) si evinceva che il prezzo della
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compravendita era comunque congruo, mentre il mancato pagamento di parte del prezzo ed il mancato rimborso delle rate di mutuo anticipate da RAGIONE_SOCIALE attenevano non al momento genetico del contratto, bensì alla sua esecuzione, sicché non ne restava inficiata la validità; il conflitto di interessi riguardo al contratto di locazione era da escludere in quanto sottoscritto da amministratore diverso dall’amministratore che era anche socio e amministratore di RAGIONE_SOCIALE e non confliggeva comunque con gli interes si di Sipiem; l’eccezione di compensazione era tardiva in quanto non sollevata con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, ma solo con successiva memoria ex art. 426 c.p.c. a seguito di mutamento del rito.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liq., sulla scorta di sei motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE A seguito della fissazione dell’odierna adunanza camerale, il difensore della ricorrente ha rinunciato al mandato, depositando sentenza n. 33/2022 del 29.8.2022, con cui il Tribunale di Rovigo ha dichiarato il fallimento della società ricorrente. La curatela si è dunque costituita in questo giudizio di legittimità, in seno alla memoria ex art. 380bis 1 c.p.c., insistendo per l’accoglimento del ricorso. La controricorrente ha parimenti depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 414, 416 e 426 c.p.c. e degli artt. 1241 e 1242 c.c. Si sostiene che, con riguardo alla eccezione di compensazione, la Corte torinese avrebbe erroneamente qualificato la
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compensazione opposta da COGNOME come compensazione propria, mentre invece si trattava di compensazione impropria, giacché i controcrediti da essa vantati scaturivano da un unico rapporto, seppur costituito da diversi negozi giuridici sottoscritti dalle parti per darvi esecuzione (accollo di mutuo, compravendita, locazione e sub-locazione), tutti negozi causalmente e funzionalmente collegati. Da tanto discenderebbe, secondo la ricorrente, l’errata applicazione del regime di decadenze previsto per le eccezioni in senso stretto, tra le quali non ricade quella di compensazione impropria. In subordine, in relazione al mancato rimborso dei canoni di mutuo dovuti da RAGIONE_SOCIALE e pagati da RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima ritiene che la Corte torinese avrebbe potuto applicare anche i principi della compensatio lucri cum damno , poiché la richiesta di rimborso nasceva da un obbligo extracontrattuale di Investimenti ex art. 2033 c.c., ovvero, in subordine, ex art. 2041 c.c., in quanto il contratto di compravendita prevedeva l’acc ollo del mutuo a carico di Investimenti.
1.2 -Con il secondo motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si lamenta la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 112, 115 e 416 c.p.c. La Corte piemontese avrebbe erroneamente presupposto che RAGIONE_SOCIALE, all’epoca dei fatti, fosse una s.r.l. anziché una s.p.a., così violando le norme in rubrica, in quanto RAGIONE_SOCIALE mai aveva eccepito che RAGIONE_SOCIALE fosse una s.r.l. al tempo; al contrario, che RAGIONE_SOCIALE fosse una s.p.a. era pacifico tra le parti e mai nel corso del giudizio s’era discusso su tale questione.
1.3 -Con il terzo motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 112, 115, 414, 416 c.p.c. e 1444 c.c. La Corte d’appello avrebbe erroneamente presupposto che
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all’epoca dei fatti COGNOME avesse un socio di maggioranza (l’attuale socio di maggioranza RAGIONE_SOCIALE) non appartenente alla famiglia RAGIONE_SOCIALE e non coinvolto nel conflitto di interessi, che avrebbe anche mantenuto un ‘contegno avvallatorio’ rispetto ai contratti invalidi, in tal guisa violando le norme in rubrica, in quanto RAGIONE_SOCIALE aveva formulato una tale eccezione (non rilevabile d’ufficio) , in quanto tale presunto socio ‘terzo’ (RAGIONE_SOCIALE) non era ancora socio di COGNOME all’epoca dei fatti , come è incontroverso tra le parti.
1.4 Con il quarto motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 1395, 1444, comma 2, c.c. Benché, con riguardo alla convalida del contratto di compravendita dell’Immobile, la Corte d’appello abbia correttamente accertato che esso rientrava nella figura del contratto con sé stesso ex art. 1395 c.c., ha poi erroneamente ritento che detto contratto fosse stato convalidato: a) sia ipotizzando una convalida tacita da parte di un ipotetico e inesistente socio ‘terzo’; b) sia disapplicando l’art. 2391 c.c. , negando l’ applicabilità delle norme sugli amministratori di s.p.a. in conflitto di interessi; c) sia, infine, ritenendo applicabile la sanatoria tacita ai sensi dell’art. 1444 , comma 2, c.c.. Tuttavia, in tal modo la Corte territoriale avrebbe operato una palese confusione tra ruoli e interessi vantati dai diversi protagonisti della vita societaria (in questo caso, soci, amministratori e società), giacché una società per azioni anche ai fini dell’art. 1444 c.c., è rappresentata dai propri amministratori e non dai propri soci, quindi, non può essere considerato ‘sanante’ un comportamento della società fin quando la stessa è rappresentata dallo stesso amministratore che ha dato origine alla invocata invalidità.
1.5 Con il quinto motivo, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 1395 e 2391 c.c., nonché dell’ art. 116 c.p.c. e del principio della c.d. business judgment rule . Il giudice d’appello avrebbe erroneamente ritenuto legittima, quanto al contratto di compravendita, l’operazione posta in essere dall’amministratore con sé stesso, richiamando una relazione di CTU (assunta in altro giudizio), con ciò disapplicando l’art. 1395 c.c., da una p arte, e attribuendo al CTU non il potere di risolvere una complessa questione di fatto o al più di accertare un fatto (ad esempio, la congruità del prezzo di vendita), bensì un potere di ius dicere spettante solo al g iudice, dall’altra; avrebbe inoltre erroneamente applicato il principio del c.d. business judgment rule , limitandosi a valorizzare il fatto che il prezzo nominale di vendita fosse congruo, ma trascurando invece che: il contratto contestato era inquinato dal conflitto di interesse; era stato assunto in assenza della prescritta delibera del c.d.a .; mancava qualunque ‘istruttoria’ da parte del c.d.a . di COGNOME circa l’opportunità della stipulazione del contratto stesso; il saldo del prezzo di acquisto per l’ importo di € 429.423,16 era stato posticipato di un anno rispetto al passaggio di proprietà, senza validi motivi per COGNOME, senza interessi a carico di Investimenti e senza alcuna garanzia di pagamento, tanto che alla fine non venne neanche pagato.
1.6 Con il sesto motivo, infine, in relazione all’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e/o erronea applicazione degli artt. 1394 e 2391 c.c. e del principio della c.d. business judgment rule . Quanto alla validità del contratto di locazione, la Corte territoriale avrebbe violato le norme rubricate, sul tema del conflitto di interessi degli amministratori di s.p.a., ritenendo dirimente la
circostanza che il contratto di locazione non fosse ‘con sé stesso’ ex art. 1395 c.c., essendo intervenuto (lato Sipiem) altro membro del C.d.A. Tuttavia, la decisione è da censurare in quanto a) l’invalidità della compravendita travolge anche la locazione; e b) l’aver interposto un diverso amministratore (peraltro sempre interno al medesimo blocco di interessi) non esclude tutti i motivi di conflitto illustrati nel quinto motivo e, soprattutto, è l’intera operazione di trasferimento dell’Immobile da COGNOME a RAGIONE_SOCIALE ad essere viziata, mentre la Corte si sarebbe concentrata atomisticamente sulla persona che aveva sottoscritto il singolo contratto, non considerando la complessiva violazione degli interessi di COGNOME a vantaggio di Investimenti.
2.1 -Preliminarmente, va rilevato che la dichiarazione di fallimento della ricorrente non determina l’improcedibilità della domanda avanzata nei suoi confronti in sede monitoria , stante l’intervenuta pronuncia sul merito, non passata in giudicato (v. Cass. n. 12948/2022).
Sul piano generale, poi, ritiene la Corte che tutte le questioni sollevate dalla controricorrente circa la novità degli argomenti sulla presunta invalidità della compravendita del 2008 (per concernere l’opposizione a d.i. la sola invalidità della locazione) non colgano nel segno, se non altro perché la C orte d’appello le ha affrontate ex professo e la controricorrente non ha impugnato le relative statuizioni, seppur in via condizionata.
3.1 -Ciò posto, il primo motivo è manifestamente infondato.
Nella specie, si pretende di attribuire alla eccezione di compensazione la natura impropria, onde sganciarla dal termine di decadenza rilevato dalla Corte sabauda, benché dichiaratamente il controcredito derivi da altra vicenda
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negoziale (la compravendita), con esclusione, dunque, della riconducibilità ad un unico rapporto, rispetto al contratto di locazione.
Per vero, non manca, nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, l’affermazione del principio per cui, ai fini che qui interessano, la nozione di unico rapporto andrebbe estesa anche al collegamento negoziale onde configurare la compensazione impropria (Cass. n. 28232/2023).
Ritiene tuttavia la Corte che, nella specie, tanto non sia predicabile, anzitutto perché il preteso collegamento negoziale è rimasto indimostrato e tutt’altro che accertato dalla Corte territoriale, che infatti nulla ha statuito sul punto.
In secondo luogo, occorre rilevare che la fattispecie oggetto dell’isolato precedente citato, pur discutendosi di collegamento negoziale, inerisce -lo si afferma contraddittoriamente nella stessa motivazione -ad un rapporto formalmente unico, il che è risultato decisivo per ammettere la c.d. compensazione impropria, in quella vicenda: nella specie, il c.d. mandato all’incasso era previsto nello stesso contratto di anticipazione. Nel caso che qui occupa, invece, è pacifico che il contratto di locazione venne stipulato a parte e senza che formalmente emergesse il collegamento negoziale con il contratto di compravendita, il che depone -per quanto tanto non sia necessario in termini assoluti -per l’assenza di tale elemento .
Quanto alle prospettazioni subordinate proposte col mezzo in esame (p. 17, par. 30), esse sono comunque inammissibili perché del tutto generiche ed assertorie ed anzi idonee ad evidenziare una questione anche fattuale del tutto nuova, tanto è vero che esse si fondano su rinvii a risultanze della CTU. Non senza evidenziare che anche tali prospettazioni non sottrarrebbero la invocata
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compensazione al profilo della compensazione propria, giacché il preteso credito ex artt. 2033 o 2041 c.c. finirebbe con l’originare da rapporto ‘altro’ , dunque non potrebbe che riproporsi, per esso, quanto correttamente ritenuto dalla Corte sabauda circa la decadenza dall’eccezione stessa .
4.1 -Il secondo motivo è inammissibile perché quello denunciato non è un errore di diritto, ma un errore revocatorio.
In pratica, si lamenta l’erronea ritenuta inapplicabilità, da parte della Corte d’appello, dell’art. 2391 c.c. per aver essa considerato che la RAGIONE_SOCIALE, all’epoca dei fatti (2008-2009), fosse una s.r.l. e non già una s.p.a., come invece incontrastabilmente emergente dagli atti di causa.
Al riguardo, è indubbio che l’errore denunciato investa un lamentato errore di percezione del giudice d’appello, che pur essendo incontroversa la veste giuridica della Sipiem, così come emergente dagli atti -l’avrebbe erroneamente considerata una s.p.a. , così negando l’applicabilità della regola di cui all’art. 2391 c.c. Si discute, quindi, di errore che la ricorrente avrebbe dovuto denunciare dinanzi al giudice che ha emesso la sentenza, ex art. 395, n. 4, c.p.c., donde l’inammissibilità del mezzo.
Peraltro, anche la prima prospettazione, cioè il risultare il fatto che essa RAGIONE_SOCIALE fosse una s.p.a. come incontestato, impinge pur sempre in un errore revocatorio. Deve, comunque, aggiungersi che quanto viene invocato come pretesa allegazione di un fatto, ossia la detta qualificazione societaria, non costituisce un vero e proprio fatto che doveva essere contestato. Una simile configurazione, inerendo il fatto alla natura della qui ricorrente al momento della conclusione dei
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negozi, avrebbe necessitato di una specificazione della natura societaria collegata a quel momento.
5.1 -Quanto al terzo motivo – basato sulla pretesa erronea valutazione, da parte della Corte sabauda, circa il fatto che, nel 2008-2009, nella compagine sociale della RAGIONE_SOCIALE vi fosse già un socio estraneo alla famiglia RAGIONE_SOCIALE, ossia la RAGIONE_SOCIALE in realtà subentrata solo nel 2013 -esso è palesemente infondato , là dove vorrebbe trasformare un’argomentazione svolta dalla Corte di merito sulla base della constatazione della composizione sociale, in una rilevazione di un’eccezione riservata alla parte qui resistente. Tanto non consente di configurare alcuna violazione del l’art. 112 c.p.c.
6.1 -Il quarto motivo è inammissibile perché, contrariamente a quanto dedotto, il ‘contegno avvallatorio’ riscontrato in capo al socio di maggioranza inglese non serve a identificare la parte abilitata a chiedere l’annullamento del contratto in conflitto di interessi (Clear Leisure, anziché Sipiem), ma ad escludere che l’operazione di compravendita sia stata effettuata dal Coda in una situazione tirannica, essendovi un socio di maggioranza che ben avrebbe potuto attivarsi a tutela della propria posizione.
Il motivo, quindi, non denuncia un vizio in iure , ma sollecita una rivalutazione della quaestio facti rispetto al modo in cui l’ha valutata la Corte di merito, donde l’inammissibilità .
7.1 -Il quinto motivo è parimenti inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, sul punto .
La Corte piemontese, applicando giurisprudenza consolidata, ha verificato in concreto la sussistenza o meno di un possibile conflitto d’interessi, escludendolo
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sulla base di argomenti fattuali tratti anche da una relazione di CTU in altro giudizio e così, pure, ritenendo la piena validità del contratto di compravendita. Quindi, non può affatto prospettarsi alcuna violazione di legge, in quanto i profili agitati col mezzo attengono comunque alla valutazione fattuale del giudice del merito: la relazione di CTU dell’altro giudizio (di cui la ricorrente non contesta l’utilizz abilità) non ha affatto risolto questioni giuridiche, ma di mero fatto (la congruità del prezzo).
8.1 -Il sesto motivo, infine, è inammissibile per le stesse ragioni già viste nel motivo precedente, fermo restando che -lo si ribadisce – la C orte d’appello non ha affatto accertato la sussistenza di un collegamento negoziale, come pretenderebbe la ricorrente.
9.1 In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 5.5 00,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi , oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data