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Comodato precario e rilascio: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un’area comunale concessa in uso a una comunità. La Suprema Corte ha confermato la natura di comodato precario del contratto, legittimando la richiesta di rilascio immediato da parte del Comune. L’ordinanza chiarisce che l’assenza di un termine specifico e la natura emergenziale dell’accordo prevalgono sulle esigenze abitative degli occupanti, rendendo il ricorso di questi ultimi inammissibile.

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Comodato Precario e Diritto di Abitazione: La Cassazione Fa Chiarezza

Quando la concessione di un’area per far fronte a un’emergenza abitativa si trasforma in un diritto a tempo indeterminato? La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema delicato, quello del comodato precario di un bene pubblico. La decisione chiarisce i confini tra la volontà del proprietario di riavere il proprio bene e le esigenze di chi lo occupa, stabilendo che, in assenza di un termine specifico, il comodante può richiederne la restituzione in qualsiasi momento.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un Comune di rientrare in possesso di un’area di sua proprietà, concessa anni prima a una comunità per l’installazione di roulotte. L’assegnazione era avvenuta tramite un’ordinanza contingibile e urgente per far fronte a una situazione emergenziale. Il Comune, ritenendo cessata la natura temporanea della concessione, ha agito in giudizio per ottenere la liberazione dell’area, qualificando il rapporto come un comodato precario, e quindi revocabile a sua semplice richiesta.

Di contro, i rappresentanti della comunità si sono opposti, sostenendo che l’accordo non potesse essere considerato precario. A loro avviso, il comodato era vincolato a un termine non esplicito ma desumibile dallo scopo stesso del contratto: garantire una soluzione abitativa alla comunità, soprattutto in presenza di minori e persone con disabilità. Fino a quando tale esigenza non fosse venuta meno con una soluzione alternativa, il Comune non avrebbe potuto chiedere la restituzione dell’area.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al Comune. Entrambi i giudici hanno qualificato il contratto come comodato precario ai sensi dell’art. 1810 c.c. Secondo questa norma, quando non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.

La Corte d’Appello ha sottolineato che l’area non presentava le caratteristiche di uno spazio destinato a sede stabile e residenziale per la comunità e che la natura emergenziale e temporanea dell’accordo originario era evidente. Pertanto, l’obbligo di restituzione sorgeva con la semplice richiesta del Comune.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul Comodato Precario

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato dalla comunità, lo ha dichiarato inammissibile, confermando di fatto la decisione dei giudici di merito. Le motivazioni si basano sull’analisi dei tre motivi di ricorso presentati.

Primo Motivo: L’interpretazione del Contratto è Riservata al Giudice di Merito

I ricorrenti sostenevano che i giudici avessero errato nel non qualificare il contratto come un comodato con termine implicito (ex art. 1809 c.c.), legato alla necessità di accoglienza. La Cassazione ha respinto questa censura, qualificandola come un tentativo di rimettere in discussione l’interpretazione del contenuto dell’accordo, un’attività che spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Questi ultimi avevano già stabilito, sulla base delle prove (come l’ordinanza comunale originaria), che l’accordo era caratterizzato da emergenzialità e temporaneità, escludendo l’esistenza di un termine legato alla durata delle esigenze abitative.

Secondo Motivo: La Nozione di “Domicilio” e i Principi Europei

Il secondo motivo di ricorso invocava la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, tutelato dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La Suprema Corte ha ritenuto il motivo “eccentrico” e non decisivo. La questione centrale del processo non era definire se una roulotte potesse essere considerata un “domicilio” ai sensi della CEDU, ma se il contratto di comodato sull’area avesse i presupposti per essere destinato a esigenze abitative familiari stabili. Avendo il giudice di merito già escluso questo presupposto di fatto, il richiamo ai principi europei sulla tutela del domicilio risultava irrilevante per la decisione del caso specifico.

Terzo Motivo: L’astratta Invocazione del Principio di Sussidiarietà

Infine, i ricorrenti lamentavano la violazione del principio di sussidiarietà nei rapporti tra corti nazionali ed europee. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha affermato che il richiamo ai principi europei era stato formulato in modo puramente astratto, senza specificare in che modo la disciplina nazionale sul comodato, applicata al caso concreto, fosse in conflitto con le norme convenzionali. Una critica generica non è sufficiente per contestare una decisione giudiziaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di comodato: la distinzione tra comodato con termine (art. 1809 c.c.) e comodato precario (art. 1810 c.c.) si fonda sulla volontà delle parti e sull’uso specifico pattuito per il bene. Un’esigenza generica, come quella abitativa, non è di per sé sufficiente a configurare un termine di durata, specialmente se il contesto originario è quello di una soluzione temporanea ed emergenziale. La decisione sottolinea che l’accertamento della natura del contratto è una valutazione di fatto riservata ai giudici di merito e difficilmente sindacabile in sede di legittimità. Di conseguenza, in assenza di un termine pattuito o desumibile da un uso specifico e determinato, il proprietario ha il diritto di chiedere la restituzione del bene ad nutum, ossia in qualsiasi momento.

Quando un contratto di comodato può essere considerato ‘precario’?
Un contratto di comodato è considerato ‘precario’ (o ‘ad nutum’) quando non è stato stabilito un termine per la restituzione del bene, né tale termine può essere dedotto dall’uso specifico per cui il bene è stato concesso. In questi casi, chi ha ricevuto il bene in prestito (comodatario) è obbligato a restituirlo non appena il proprietario (comodante) ne fa richiesta.

Le esigenze abitative di una comunità possono impedire al proprietario di chiedere la restituzione di un’area data in comodato?
No. Secondo questa ordinanza, le generiche esigenze abitative non sono sufficienti a trasformare un comodato precario in un comodato con termine di durata. Se l’accordo originale era inteso come una soluzione temporanea ed emergenziale, senza fissare una scadenza legata al reperimento di un’altra sistemazione, il proprietario può legittimamente chiedere la restituzione dell’area.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati tendevano a rimettere in discussione l’accertamento dei fatti e l’interpretazione del contratto, attività che spettano ai giudici di primo e secondo grado e non alla Cassazione. Inoltre, i richiami ai principi europei (come la tutela del domicilio) sono stati ritenuti astratti e non pertinenti alla questione centrale, che era la qualificazione giuridica del contratto di comodato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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