Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2302 Anno 2024
RAGIONE_SOCIALE Ord. Sez. 3 Num. 2302 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2662/2023 proposto da:
NOME COGNOME, COGNOME GHEORGHIE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME DORU rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO
Pec:
-ricorrenti –
contro
Comune di Omegna;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1000/2022 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 30/09/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 Dal Cons. NOME COGNOME
Rilevato che:
il Comune di Omegna con ricorso ex artt. 416 e 447 bis c.p.c. depositato in data 1/7/2019 chiese al Tribunale di Verbania di sentir accertare e dichiarare l’intervenuta cessazione del contratto di comodato stipulato dal comune con un gruppo di etnia Rom in relazione ad un’area di proprietà comunale e condannare il gruppo Rom a rilasciare l’area riconsegnandola al comune libera da persone e cose; a tal fine allegò che, con ordinanza contingibile e urgente, l’area Verta era stata destinata al posizionamento di roulottes della RAGIONE_SOCIALE al fine di ospitare la comunità in attesa di una soluzione abitativa alternativa e che il contratto era qualificabile quale comodato gratuito avente ad oggetto l’immobile a tempo indeterminato revocabile ad nutum ;
si costituirono in giudizio alcuni rappresentanti della comunità Rom che, oltre a sollevare questioni di procedibilità dell’azione, contestarono nel merito la sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’area, in quanto il comune aveva, mediante l’adoz ione di un apposito disciplinare, deliberato di voler tutelare la comunità da rischi di esondazione di un torrente e rispondere ad esigenze emergenziali di natura abitativa, esigenze che, in assenza di diversa collocazione delle famiglie Rom (nelle quali erano anche presenti minori e disabili), perduravano ancora sicché, anche a voler qualificare il contratto quale comodato, doveva escludersene la cessazione, ad nutum, per effetto della volontà del comodante;
il Tribunale di Verbania, qualificato il contratto quale ‘ comodato precario ‘ , privo di un termine pattuito per la restituzione del bene,
revocabile ad nutum dal proprietario ai sensi dell’art. 1810 c.c. , accolse la domanda e condannò i convenuti al rilascio immediat o dell’area ;
a seguito di appello dei rappresentanti della comunità, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza pubblicata in data 30/9/2022 , ha rigettato l’appello e condannato gli appellanti alle spese; per quanto ancora di interesse ha ritenuto non più contestabile la natura privatistica della controversia relativa allo sgombero dell’area pubblica, ha rilevato come l’area in oggetto non avesse le caratteristiche proprie per essere identificata quale spazio deputato a sede stabile e residenziale del gruppo dei suoi occupanti, ed ha confermato la qualificazione del contratto quale comodato precario ai sensi dell’art. 1810 c.c. con il conseguente obbligo per il comodatario, in assenza di un termine stabilito per accordo delle parti o risultante dall’uso cui la cosa é destinata, di restituire il bene non appena il comodante ne chieda la restituzione;
avverso la sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME,NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di tre motivi;
l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 1803 e 1809 c.c. con riferimento all’art. 1322 c.c. per avere la corte ritenuto che le parti avessero instaurato un comodato precario ai sensi dell’art. 1810 c.c., anziché un comodato ex art. 1809 c.c. con termine di durata, desumibile dal disciplinare vincolante il potere di recesso del comune ‘alla necessità di permettere un’accoglienza alla comunità Rom’;
il motivo è inammissibile: benché il motivo sia formulato come denuncia di falsa applicazione di norma di diritto, la censura, dopo essersi dilungata sull’astratta questione di diritto, ricade poi nella confutazione del giudizio di fatto relativo all’interpretazione del contenuto de ll’accordo intervenuto fra le parti, allo scopo di destituire del fondamento fattuale quanto accertato dal giudice del merito, e cioè che ‘ un accordo nei termini prospettati da parte appellante non è certo desumibile dal contenut o dell’ordinanza n. 284/2013 (presente nel fascicolo di parte appellante) che, al contrario, rimarca in più punti il carattere di emergenzialità e temporaneità della soluzione e la precarietà della misura adottata, anche con riferimento alla solo parziale dotazione dei servizi essenziali ‘
con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 1803, 1809 e 1810 c.c. in relazione all’art. 8 C .E.D.U, agli artt. 24, 111 e 117 Cost. nonché al principio di diritto di cui alla sentenza SS.UU. n. 13603 del 2004 -i ricorrenti lamentano che la corte d’appello ha errato nel qualificare la fattispecie quale comodato a titolo gratuito revocabile ad nutum ed ha travisato la nozione di ‘domicilio’ quale fatta propria da questa Corte con la sentenza S.U. n. 13603 del 2004, da interpretarsi alla luce dell’art. 8 C.E.D.U. sul rispetto del prin cipio di proporzionalità cui deve conformarsi l’azione pubblica con riguardo al diritto al rispetto della vita privata e familiare comprendente anche l’intangibilità del ‘domicilio’ salvo la rispondenza dello stesso ad un imperioso bisogno di matrice pubblicistica ( Chamman vs. United Kingdom, del 18/1/2001);
il motivo è inammissibile: la censura è eccentrica rispetto alla motivazione, e pertanto priva di decisività, perché la questione posta dalla sentenza non è naturalmente quella della conduzione della vita nomade in carovan quale criterio rilevante ai fini dell’identificazione del
domicilio ai sensi della disciplina convenzionale, ma se l’immobile oggetto del comodato integrasse il presupposto di fatto per l’applicazione della disciplina della destinazione ad esigenze abitative familiari ed il giudice del merito, con accertamento di fatto non sindacabile nella presente sede di legittimità, ha escluso la ricorrenza del detto presupposto di fatto;
con il terzo motivo -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1803, 1809, 1810 c.c. in relazione all’art. 8 C .E.D.U. nonché del principio eurounitario di sussidiarietà ex art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. – i ricorrenti lamentano che la corte del merito ha violato il principio secondo il quale in materia di rapporti tra corti nazionali e corti europee le norme europee sono norme interposte nel giudizio di legittimità costituzionale sicchè ne risulterebbe violato il principio di sussidiarietà;
il motivo è inammissibile: il richiamo al principio di effettività della tutela, in una prospettiva convenzionale e euro-unitaria, è svolto in termini meramente astratti, richiamando il canone dell’interpretazione conforme quale invocazione astratta al cospetto di una disciplina nazionale che, rispetto alle circostanze del caso concreto, non si comprende per quali aspetti presenti profili di difformità rispetto alla disciplina convenzionale ed a quella euro-unitaria; si tratta in definitiva di censura che non raggiunge lo scopo della critica della decisione.
alle suesposte considerazioni consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
non occorre provvedere sulle spese perché la parte intimata non ha svolto difese;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza