Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32697 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32697 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 1415/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE p.i. P_IVA, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
RAGIONE_SOCIALE
intimata avverso la sentenza n. 4114/2018 della Corte d’appello di Milano pubblicata il 14-9-2018,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2611-2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano a favore di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME per il pagamento del l’importo di Euro 40.146,86 a titolo di compensi provvigionali, in relazione al l’attività di
OGGETTO:
procacciamento di affari -clausola vessatoria
R.G. 1415/2019
C.C. 26-11-2024
intermediazione finanziaria svolta dalla società Sorrentino a favore della società RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di veicoli da parte della clientela della Sorrentino per i mesi da febbraio a settembre 2008.
Con sentenza n. 5731/2015 depositata il 7-5-2015 il Tribunale di Milano , rigettata l’eccezione di decadenza sollevata dalla società RAGIONE_SOCIALE in forza della clausola n. 9 delle condizioni generali di contratto per la mancanza della specifica approvazione di tale clausola vessatoria, ritenuto sussistente tra le parti rapporto di procacciamento di affari e ritenuto provato il diritto alle provvigioni solo per i mesi di agosto e settembre 2008, ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opponente al pagamento della minor somma di Euro 5.619,52.
2.Avverso la sentenza hanno proposto appello principale la società Sorrentino, lamentando il riconoscimento solo parziale del credito, e appello incidentale la società RAGIONE_SOCIALE lamentando il rigetto dell’eccezione di decadenza.
Con sentenza n. 4114/2018 pubblicata il 14-9-2018 la Corte d’appello di Milano ha accolto l’appello incidentale e ha dichiarato la società RAGIONE_SOCIALE decaduta dal diritto di chiedere le provvigioni per l’attività di intermediazione svolta nel periodo da febbraio a settembre 2008 e che pertanto nulla doveva la società RAGIONE_SOCIALE a tale titolo; ha condannato la società RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza, premesso che non era in contestazione il carattere vessatorio dell’ipotesi di decadenza prevista dalla clausola n.9 del contratto, ha dichiarato che ricorrevano i requisiti per ritenere la specifica approvazione della clausola, in quanto la seconda sottoscrizione era stata apposta in calce a un richiamo operato non a tutte e indistintamente le clausole delle condizioni generali, ma solo a quelle necessitanti la specifica approvazione, richiamo corredato da
una -benché effettivamente sommariaindicazione del relativo contenuto. Ha aggiunto che la mera mancata inserzione del termine ‘decadenza’, oltre a ‘pagamenti e termini di prescrizione’ , nella rubrica/richiamo di tale clausola non poteva scalfire la consapevolezza in capo al contraente che la sottoscrizione apposta fosse rivolta anche a tale contenuto sfavorevole. Quindi, ritenuta l’efficacia della clausola, ha dichiarato in forza della clausola stessa la decadenza dal diritto di pretendere il pagamento de lle provvigioni per l’attività di intermediazione, stante la violazione del termine previsto dalla clausola di sei mesi per la fatturazione, in quanto le fatture erano state emesse il I-4-2009 e il 30-6-2009.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE di F. COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE alla quale la notifica è stata eseguita a mezzo pec al difensore con consegna del messaggio il 27-12-2018, è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 26-11-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione art. 1341 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n.5’ e con esso la ricorrente censura la sentenza impugnata laddove ha escluso il carattere vessatorio, già ritenuto dal giudice di primo grado, della clausola apposta al n.9 del contratto per adesione predisposto da Agos Ducato s.p.a. Evidenzia che la clausola n.9 contemplava una fattispecie vessatoria di decadenza per il procacciatore d’affari dal diritto di pretendere le provvigioni in caso di emissione della fattura oltre sei mesi dall’inoltro dei pro -forma; aggiunge che la sottoscrizione era stata apposta in calce alla convenzione, ma con un richiamo cumulativo a
svariate clausole, senza indicazione specifica del contenuto della clausola n.9, individuata come ‘pagamenti e termini di prescrizione’. Lamenta altresì che la sentenza abbia omesso qualsiasi valutazione del concreto fatto relativo alla diversa prassi seguita dalle parti, in quanto in varie occasioni la società Sorrentino aveva inoltrato alla società RAGIONE_SOCIALE le fatture a notevole distanza di tempo dall’emissione dei pro -forma, ricevendo puntuali pagamenti. Evidenzia che il contratto constava di tredici disposizioni, di cui ben nove -e perciò la gran parte- sottoposte a separata approvazione, così da non garantire un supplemento di attenzione da parte del contraente debole, tanto più che il richiamo alla clausola 9 appariva erroneo, in quanto il titolo ‘pagamenti e termini di prescri zione’ confondeva i differenti concetti di prescrizione e decadenza e ingenerava confusione. Quindi richiama i precedenti di Cass. 5733/2008 e Cass. 22026/2016 sull’esigenza di specificità e separatezza della clausola vessatoria, non soddisfatta dal richiamo cumulativo numerico e dalla distinta sottoscrizione di gran parte delle condizioni generali del contratto.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 2934 c.c. e ss. in materia di prescrizione e in relazione alla differenza con la decadenza (art. 2965 c.c.’ e con esso la ricorrente sostiene che erroneamente la sentenza impugnata abbia reputato che la mera mancata inserzione del termine ‘decadenza’ nella rubrica/richiamo di tale clausola non fosse idonea a scalfire la consapevolezza in capo al contraente che la sottoscrizione era rivolta anche a quel contenuto a lui sfavorevole. Evidenzia come le fattispecie di prescrizione e decadenza non siano sovrapponibili e sostiene che la previsione della clausola n. 9 in ordine alla necessità di emissione di fattura a distanza di sei mesi dall’inoltro del pro-forma a mezzo di posta ordinaria, pena la totale perdita del compenso maturato, non era rispettosa del limite di cui all’art. 2965 cod. civ.;
ciò in quanto rendeva eccessivamente oneroso l’esercizio del diritto, per l’insicurezza dell’individuazione del dies a quo di decorso del termine da rispettare per impedire la decadenza.
3.Il primo e il secondo motivo devono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione.
In primo luogo, si esclude la violazione dell’art. 1341 cod. civ. in quanto la sentenza impugnata ha fatto applicazione dei principi in tema di specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie in termini che si sottraggono alle critiche della ricorrente.
E’ acquisito il principio secondo il quale, nel caso di condizioni generali di contratto, l’obbligo della specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 cod. civ. è rispettato anche nel caso di richiamo numerico a clausole, onerose e non, purché non cumulativo, salvo che, in quest’ultima ipotesi, non sia accompagnato da una indicazione, bench é sommaria, del loro contenuto (Cass. Sez. 3 14-2-2024 n. 4126 Rv. 670102-01, Cass. Sez. 6-3 9-7-2018 n. 17939 Rv. 649843-01, Cass. Sez. 3 11-11-2015 n. 22984 Rv. 637763-01). Nella fattispecie la sentenza impugnata ha accertato in fatto, in termini neppure oggetto di censura del ricorrente, che il richiamo oggetto della specifica sottoscrizione era a clausole tutte richiedenti la doppia sottoscrizione, e perciò a clausole che erano tutte vessatorie; quindi, non ricorre quel cumulo di clausole vessatorie e clausole non vessatorie che costituisce modalità tale da rendere difficoltosa la selezione e la conoscenza di quelle a contenuto vessatorio, in violazione della disposizione laddove richiede una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole, a lui sfavorevoli, comprese tra quelle specificamente approvate, secondo i principi posti da Cass. Sez. 6-2 12-10-2016 n. 20606 (Rv. 641401-01) e Cass. Sez. 2 29-22008 n. 5733 (Rv. 603045-01) in ordine all’esigenza di specificità e separatezza imposta dall’art. 1341 cod. civ .
Per di pi ù, la sentenza ha accertato che l’indicazione del numero della clausola era accompagnata da una indicazione sommaria del suo contenuto e quindi anche per questa ulteriore ragione ha ritenuto soddisfatt a la previsione dell’art. 1341 cod. civ. Pure questa statuizione si sottrae alle critiche del ricorrente, perché i suoi rilievi in ordine al fatto che l’indicazione sommaria ‘pagamenti e termini di prescrizione’ non conteneva il riferimento alla decadenza e i rilievi svolti nel secondo motivo sulla differenza tra prescrizione e decadenza non sono idonei a incidere sul giudizio di fatto espresso sul punto dalla Corte d’appello , in ordine al l’idoneità di quell’indicazione a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sulla modalità da rispettare al fine di ottenere i pagamenti; si tratta di giudizio immune da vizi logici e giuridici, stante la presenza dell’indicazione ‘pagamenti’, che era in sé tale da indicare che la clausola regolamentava quell’aspetto contrattuale in termini vessatori e perciò necessitanti di specifica attenzione.
Le ulteriori deduzioni del ricorrente, in ordine al fatto che nove su tredici clausole del contratto erano vessatorie, che vi erano stati pagamenti da parte della preponente anche dopo il decorso della decadenza e in ordine alla violazione dell’art. 2965 cod. civ. per le modalità di previsione della decadenza contrattuale sono inammissibili perché nuove, in quanto riferite a questioni non esaminate dalla sentenza impugnata, che la ricorrente non specifica in quali termini e in quali atti avesse svolto nel giudizio di merito. Infatti, deve farsi applicazione del principio secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, onde consentire alla Corte di verificare ex actis l’esattezza dell’affermazione, giacch é i motivi di ricorso devono
investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 2 9 -8-2018 n. 20694 Rv. 650009-01, Cass. Sez. 6-1 13-6-2018 n. 15430 Rv. 64933201, Cass. Sez. 1 18-10-2013 n. 23675 Rv. 627975-01).
4.Il terzo motivo è intitolato ‘ ancora sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione a un palese errore di fatto della Corte di Appello di Milano. Travisamento manifesto del fatto’ e con esso la ricorrente sostiene che, anche accedendo all’interpretazione della clausola data dalla sentenza impugnata, le note pro-forma per i mesi di agosto e settembre 2008 rientravano nel termine di cui alla clausola n. 9 del contratto; evidenzia che, infatti, il Tribunale aveva accolto parzialmente la domanda, con riguardo alle somme di Euro 2.690,89 ed Euro 3.658,85 e aggiunge che le note erano sfornite della data di effettiva ricezione da parte della società RAGIONE_SOCIALE
4.1.Il motivo è inammissibile per le modalità con le quali è formulato, in quanto in sostanza si risolve nella richiesta di una rivalutazione del l’accaduto , senza indicare il fatto o i fatti decisivi ai fini della decisione dei quali la sentenza avrebbe omesso l’esame ; invece, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366 co.1 n. 6 e 369 co.2 n.4 cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass.
Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01, Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 651028-01).
Infatti, a fronte del dato che le provvigioni erano richieste fino a settembre 2008 e che il termine di decadenza era di sei mesi, la sentenza impugnata ha ritenuto maturata la decadenza contrattuale specificamente dichiarando che le fatture erano state emesse il I-42009 e il 30-62009; quindi, per rispettare la previsione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. la ricorrente avrebbe dovuto indicare da quale termine successivo al settembre 2008 decorresse la decadenza, così che la stessa non fosse maturat a al momento dell’emissione delle fatture.
5.Ne consegue che il ricorso è integralmente rigettato.
Nulla sulle spese del giudizio di legittimità, essendo la controparte intimata.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione