Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27320 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24919/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avv. COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
DOBANK SPA
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 803/2021 depositata il 23/6/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/6/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Nel 2017 la società RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Brescia per ivi sentir pronunciare la condanna della convenuta società RAGIONE_SOCIALE a restituirle, previa risoluzione del contratto, un immobile oggetto di leasing; la convenuta resisteva, proponendo anche, in subordine, domanda riconvenzionale di restituzione della somma versata a titolo di canoni.
Il Tribunale, con sentenza n. 2733/2018, accoglieva la domanda della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarando risolto il contratto di leasing e condannando la convenuta al rilascio dell’immobile.
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’ Appello di Brescia rigettava con sentenza del 23 giugno 2021.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suindicata pronunzia della corte di merito, da cui controparte non si è difesa.
Considerato che:
Il ricorso si suddivide in due gruppi di motivi: il primo gruppo -relativo alla fondatezza della domanda attorea- contiene il primo e il secondo motivo; il secondo gruppo -relativo alla fondatezza della domanda riconvenzionale dell’attuale ricorrente – contiene i successivi cinque motivi.
Va esaminato anzitutto il primo gruppo di motivi.
1.1.1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 345 e 115 c.p.c. nonché nullità della sentenza.
In primo luogo lamenta che il giudice d’appello ha erroneamente ritenuto un novum la ‘questione sul rilievo di una presunta mancata contestazione dei fatti costitutivi della domanda attorea’ , già dedotta in primo grado di giudizio, come emergente da alcuni riportati passi della comparsa di risposta di primo grado.
In secondo luogo lamenta che il principio del divieto di nova nell’appello non è stato correttamente applicato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza.
1.1.2 Il motivo è infondato.
Va al riguardo osservato che i passi riportati nel ricorso per dimostrare che la questione non costituisce un novum sono ictu oculi quanto mai generici e decontestualizzati, e quindi inidonei a provare il dedotto assunto.
1.2.1 Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 1218 c.c.
Si duole che nell’esaminare comunque il merito d ella questione il giudice del gravame abbia ritenuto che l’attrice ave sse adempiuto al suo onere probatorio mediante la mer a produzione del contratto con l’allegato piano di ammortamento e la dichiarazione dell’esercizio della clausola risolutiva espressa, escludendo invece che l’odierna ricorrente avesse provato l’adempimento e contestato i conteggi allegati da controparte.
Lamenta essersi dalla corte di merito violata la regola di ripartizione dell’onere della prova ex art. 2697 c.p.c. là dove le ha erroneamente addossato l’onere di produrre ‘in giudizio i dati relativi ai tassi Euribor’, cui il contratto de quo fa rinvio.
1.2.2 Il motivo rimane assorbito dal rigetto del precedente motivo. Comunque, si nota ad abundantiam , il giudice d’appello ha svolto l’accertamento in ordine ai tassi e alla loro natura nelle pagine 11-13 della sentenza.
In ordine al secondo gruppo di motivi va osservato quanto segue.
2.1.1 Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c. nonché degli articoli 1526 e 1384 c.c.
Lamenta essersi dalla corte di merito erroneamente ritenuto (sentenza, pagina 15) non contestata la decisione del primo giudice sulla natura eccessivamente onerosa della clausola (articolo 16) del contratto di leasing traslativo, per cui, ai sensi dell’articolo 1526, secondo comma, c.c., ‘le parti possono accordarsi per l’irripetibilità dei canoni gi à versati con atto avente natura di clausola penale’ .
Lamenta di aver censurato in sede di gravame la statuizione del giudice di prime cure secondo cui non fosse da farsi luogo a riduzione della penale ‘poiché la società di leasing, con l’applicazione della clausola …, non otterrà una somma maggiore di quella che avrebbe percepito dall’esecuzione del contratto’ , ponendo al riguardo in rilievo come il primo giudice avesse trascurato che, ‘nell’eventualità di risoluzione del contratto, la concedente conserverebbe … sia i canoni versati … e quelli successivi che il bene’, mentre ‘nell’ipotesi fisiologica del riscatto perderebbe ovviamente il secondo’ (cioè il bene).
Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che a tale stregua aveva invero ‘inequivocabilmente contestato come iniqua ed eccessivamente onerosa’ la pretesa di controparte di conservare l’immobile e canoni già incassati e di ottenere ‘addirittura … il pagamento di quelli assunti come inadempiuti’.
La c orte d’appello ha rigettato la doglianza invocando l’articolo 1526, secondo comma, c.c., e la giurisprudenza per cui con un patto riconducibile alla clausola penale si può validamente pattuire che, in caso di risoluzione anticipata per inadempimento dell’utilizzatore, i canoni già pagati non siano ripetibili purché non ne derivino ‘vantaggi m aggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto’ (Cass. 20840/2018) .
Ha quindi affermato che il Tribunale aveva dichiarato ‘non necessario concedere’ la riduzione ex articolo 1384 c.c., ‘senza che parte appellante abbia specificamente contestato tale statuizione’, soltanto ‘asserendo meramente e fumosamente’ che non sarebbe indicata nella sentenza di primo grado e negli
atti processuali ‘la fonte della clausola penale’, laddove questa – osserva ancora il giudice d’appello -risulta ‘agevolmente rinvenibile al n. 16 delle condizioni generali del contratto’. E che, anche considerandosi non specificamente contestata la questione con conseguente violazione dell’art icolo 342 c.p.c., la riduzione della penale poteva essere comunque effettuata d’ufficio dal giudice.
2.2.2 Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Va osservato che nel riassumere i motivi del gravame, lo stesso giudice d’appello a pagina 9 dell ‘impugnata s entenza indica il quarto motivo come contemplante l’applicazione da parte del giudice di prime cure di ‘una certa clausola, la cui fonte non è indicata’ nonché la censura della decisione del t ribunale ‘per aver trascurato la circostanza che, nell’eventualità di risoluzione del contratto, la concedente conserverebbe nel proprio patrimonio sia i canoni versati dalla utilizzatrice e quelli successivi che il bene, <>’.
Orbene, emerge a tale stregua evidente che l’appellante lamenta sse la natura eccessiva della penale, reiterando dopo che il primo giudice l’aveva rigettatala relativa riduzione, al riguardo dolendosi che la concedente avrebbe avuto sia tutti i canoni (quelli versati e quelli successivi) sia l’immobile.
La corte territoriale ha dunque totalmente omesso di considerare siffatta censura, erroneamente imputando all’appellante una carenza di specifica contestazione, viceversa sussistente proprio per quel che il giudice d’appello stesso aveva riassunto nell’esposizione del quarto motivo del gravame a pagina 9 della sentenza – il che corrisponde poi alla rievocazione della pagina 13 dell’appello offerta nell’attuale motivo di ric orso -.
La questione dell’ottenimento anche dei canoni successivi non è stata in effetti considerata dal giudice d’appello laddove ha esaminato (quindi in modo proprio incompleto, perché se davvero la clausola comportava per il concedente l’incasso di tutti i cano ni di recupero dell’immobile si sarebbe chiaramente dovuto scrutinare la sussistenza o meno di una eccessività di vantaggio a favore del concedente stesso in forza delle norme invocate) la censura rivolta all’articolo
16 delle condizioni generali del contratto (sentenza, pagine 14-16); e ciò in un contesto in cui proprio il contenuto del motivo d’appello smonta va l’asserto che l’appellante non a vesse specificamente contestato l’articolo 16 .
Alla fondatezza nei suindicati termini del terzo motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarati assorbiti gli altri, consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 3° motivo di ricorso, rigetta il 1°, dichiara assorbiti gli altri. Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione , alla Corte d’ Appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 20 giugno 2024