LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Clausola penale leasing: la Cassazione fissa i limiti

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità di una clausola penale leasing in caso di risoluzione contrattuale. Pur rigettando la tesi del patto commissorio vietato, la Corte ha accolto il ricorso relativo all’eccessiva onerosità della penale. È stato stabilito che il concedente non può differire indefinitamente la vendita del bene restituito, poiché ciò comporterebbe un’indebita locupletazione. Il giudice deve garantire che il valore di mercato del bene venga detratto a favore dell’utilizzatore per riequilibrare il sinallagma contrattuale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Clausola penale nel leasing: la Cassazione stabilisce i limiti per evitare l’indebita locupletazione

La gestione della risoluzione di un contratto di leasing immobiliare solleva spesso complesse questioni legali, specialmente riguardo alla validità e all’equità della clausola penale leasing. Con l’ordinanza n. 20780 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire i limiti del potere del concedente e i meccanismi di tutela per l’utilizzatore, riaffermando principi fondamentali contro l’arricchimento ingiustificato.

I fatti del caso: la risoluzione del contratto di leasing immobiliare

Una società finanziaria agiva in giudizio per ottenere la risoluzione di un contratto di leasing immobiliare per inadempimento dell’utilizzatore. La richiesta includeva la restituzione dell’immobile, il trattenimento dei canoni già riscossi e il pagamento di quelli futuri a titolo di penale.
L’utilizzatore, una società in liquidazione, si opponeva, sostenendo che l’operazione mascherasse un sale and lease back nullo per violazione del divieto di patto commissorio (art. 2744 c.c.). In subordine, chiedeva la riduzione della penale contrattuale per manifesta eccessività, invocando l’applicazione dell’art. 1526 c.c.

La decisione della Corte di Appello e il ricorso in Cassazione

La Corte di Appello aveva confermato la decisione di primo grado, rigettando le tesi dell’utilizzatore. In particolare, aveva escluso la configurabilità di un patto commissorio per la mancanza di identità tra il venditore del bene e l’utilizzatore e per l’assenza di prova che la società concedente fosse a conoscenza delle difficoltà economiche della controparte.
Contro questa decisione, l’utilizzatore proponeva ricorso in Cassazione, articolato su tre motivi:
1. La violazione di legge per non aver riconosciuto la simulazione di un contratto di sale and lease back nullo.
2. L’erronea esclusione dell’illiceità della causa per violazione del divieto di patto commissorio.
3. La violazione degli artt. 1384 e 1526 c.c. per non aver ridotto la clausola penale leasing manifestamente eccessiva.

Le motivazioni della Suprema Corte: i limiti alla clausola penale leasing

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i primi due motivi, ritenendo che la valutazione sulla sussistenza di un collegamento negoziale illecito fosse un accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, in assenza di vizi specifici nell’interpretazione del contratto.
Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento del terzo motivo. La Corte ha ribadito che, nei contratti di leasing traslativo risolti prima della riforma del 2017, si applica in via analogica l’art. 1526 c.c. Questo articolo mira a ripristinare l’equilibrio tra le parti dopo la risoluzione.
La clausola contrattuale in esame permetteva al concedente di:
* Trattenere tutti i canoni già pagati.
* Ottenere il pagamento dei canoni futuri e degli interessi.
* Ottenere la restituzione del bene.
* Accreditare all’utilizzatore solo le somme eventualmente ricavate dalla vendita del bene sul mercato.

Il punto critico, secondo la Cassazione, è che la clausola lasciava al concedente la piena discrezionalità sul se e quando vendere il bene. La Corte d’Appello aveva erroneamente considerato legittimo che il concedente potesse attendere condizioni di mercato più favorevoli, ma questa scelta unilaterale non può pregiudicare il diritto dell’utilizzatore a un riequilibrio contrattuale.
La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: il meccanismo riequilibratore non può essere bloccato dalla scelta del concedente di differire sine die la vendita del bene. Un tale comportamento porterebbe a un’indebita locupletazione del concedente, che tratterrebbe sia i canoni sia il bene, senza restituire all’utilizzatore il valore residuo.

Conclusioni

L’ordinanza n. 20780/2024 rafforza la tutela dell’utilizzatore nei contratti di leasing risolti per inadempimento. Ferma restando la validità di una clausola penale che preveda il risarcimento del danno per il concedente, il giudice deve sempre verificare, anche d’ufficio, che il suo effetto concreto non generi un arricchimento ingiustificato. Il concedente, una volta riottenuto il bene, ha l’obbligo di attivarsi per la sua vendita o, in alternativa, il giudice deve considerare il suo valore di mercato al momento della restituzione e detrarlo dal credito del concedente. In questo modo, viene garantito il diritto dell’utilizzatore a vedersi restituita l’eventuale somma versata in eccesso, assicurando che la risoluzione del contratto avvenga nel rispetto dei principi di equità e buona fede.

Quando un contratto di leasing può essere considerato nullo per violazione del divieto di patto commissorio?
Secondo la Corte, la nullità per violazione del divieto di patto commissorio (art. 2744 c.c.) si configura quando emerge un nesso di interdipendenza tra diverse pattuizioni finalizzato a garantire il creditore attraverso il trasferimento della proprietà di un bene del debitore in caso di inadempimento. La valutazione è funzionale e non si limita al tenore letterale dei contratti, ma nel caso di specie è stata esclusa perché mancavano i presupposti di fatto, come l’identità tra venditore e utilizzatore.

In caso di risoluzione di un leasing, il concedente può trattenere tutti i canoni riscossi e l’immobile senza limiti?
No. La Corte ha stabilito che, sebbene una clausola penale possa prevedere il diritto del concedente di trattenere i canoni e ottenere la restituzione del bene, questo meccanismo non può portare a un’indebita locupletazione. Il concedente non può differire indefinitamente la vendita del bene. L’utilizzatore ha il diritto di vedersi detratto il valore di mercato del bene riconsegnato e rimasto invenduto, con diritto alla restituzione della somma eventualmente versata in eccesso.

Cosa deve fare il giudice se la clausola penale in un contratto di leasing risulta eccessivamente onerosa?
Il giudice ha il potere, anche d’ufficio, di ridurre una clausola penale manifestamente eccessiva, ai sensi dell’art. 1384 c.c. In applicazione dei principi dell’art. 1526 c.c. al leasing traslativo, il giudice deve assicurare un riequilibrio del contratto. Deve considerare il diritto dell’utilizzatore a vedersi computato il valore del bene restituito, al fine di evitare che il concedente ottenga un vantaggio sproporzionato dalla risoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati