Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8824 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8824 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
GITTO COGNOME, NOME COGNOME quale erede di GITTO VINCENZA , rappresentati e difesi da ll’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE mandataria di RAGIONE_SOCIALE cessionaria della RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente-
Oggetto:
Conto
corrente fideiussioni
Avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n. 12/2020, depositata il 23.1.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Su ricorso della Banca Antonveneta, il Presidente del Tribunale di Messina ingiungeva con decreto n. 61/07 a COGNOME, COGNOME Salvatore, COGNOME Domenico, COGNOME NOME, COGNOME COGNOME e alla SIC sRAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, il pagamento della somma di € 2.750.000, sulla base di una fideiussione prestata il 15.1.2001 a garanzia del debito contratto con la banca dalla società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita.
Avverso il provvedimento proponevano opposizione COGNOME, COGNOME Salvatore, COGNOME Domenico, COGNOME NOME, COGNOME COGNOME e la SIC s.r.l., eccependo fra l’altro l’estinzione della garanzia per effetto della transazione novativa intercorsa tra la banca e la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE e l’inefficacia della c.d. clausola di reviviscenza contenuta nell’atto di fideiussione, di natura vessatoria e non approvata specificatamente ex art. 1341 c.c. Il provvedimento monitorio scaturiva, infatti, dalla clausola suddetta, dal momento che la banca aveva, in via transattiva, posto fine ad una lite ex art. 67 legge fallimentare restituendo alla curatela fallimentare la somma di € 2.750.000.
2 .─ Il Tribunale di Messina, rigettava l’opposizione.
3 .─ COGNOME COGNOME, COGNOME Salvatore, COGNOME Domenico, COGNOME NOME e COGNOME COGNOME proponevano gravame dinanzi corte di Appello di Messina. La corte adita, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello
Per quanto qui di interesse la Corte ha precisato che:
l’eccezione di nullità del contratto di fideiussione è del 15.1.2001 postula la sussistenza di una intesa illecita a monte e quindi stipulata in epoca anteriore alla sua sottoscrizione. Di tale anteriorità dell’intesa non vi è prova in atti e tanto basta per disattendere l’eccezione in senso lato degli appellanti
la clausola di reviviscenza non prevede l’obbligo di rimborso delle somme in precedenza incassate dalla Banca in pagamento di obbligazioni garantite e successivamente restituite solo nelle ipotesi di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti. L’art. 2 della polizza prevede l’impegno dei fideiussori a rimborsare le somme restituite dalla banca anche “per qualsiasi motivo”, sicchè nessun dubbio sussiste sul fatto che la clausola in esame è destinata ad operare in riferimento ad ogni circostanza sopravvenuta implicante la restituzione dei pagamenti;
la clausola in questione non àncora la reviviscenza dell’obbligazione fideiussoria ad una dichiarazione giudiziale, per di più irrevocabile, di nullità, annullamento o revoca del pagamento. Il fatto che tali tre cause di caducazione dell’adempimento solutorio presuppongano una pronuncia giudiziale non vale a trasformare in condizione indefettibile quella che è solo l’eventualità ordinaria, legata alla contestazione, da parte del creditore, della ripetizione pretesa. Non vi è nulla nel testo della clausola che induca a tale conclusione, imponendo al creditore di resistere in giudizio all’altrui domanda restitutoria, perfino ove questa apparisse fondata e di probabile accoglimento in un’eventuale lite giudiziaria;
incombeva sul fideiussore l’onere di impugnare la transazione, o di eccepirne la natura oggettivamente pregiudizievole, o peggio in frode delle sue ragioni. Nulla di tutto questo ha dedotto la ricorrente;
nel campo di applicazione della clausola va ricompresa anche l’ipotesi, alternativa all’accoglimento in sede giudiziale della
domanda ex art. 67 1. fallimentare, della restituzione della somma in sede di transazione;
g) la transazione intervenuta con il fallimento in ordine alla pretesa revocatoria dei pagamenti effettuati dalla debitrice società era invocato dalla banca non già come fattispecie giuridica immediatamente produttrice di effetti (obbligatori) per i fideiussori bensì semplicemente come presupposto per l’applicazione di quella clausola del contratto fideiussorio che appunto prevedeva il permanere dell’operatività della garanzia, e dunque il perdurare dell’obbligazione dei garanti, nel caso in cui i pagamenti della debitrice principale fossero oggetto di restituzione per annullamento, inefficacia, revoca o per qualsiasi altro motivo. La mera riduzione nel quantum della pretesa restitutoria fatta valere nei confronti della Banca non modificasse, in difetto di prova di una contraria volontà delle parti, il titolo genetico e la natura del debito principale;
h) il principio di accessorietà della garanzia comporta il venir meno della relativa obbligazione tutte le volte in cui l’obbligazione principale sia estinta, ma non esclude la possibilità della sua rinnovata vigenza, allorchè dopo l’estinzione il debito principale ritorni ad esistenza in virtù di fatti sopravvenuti, e non comporta, pertanto, l’invalidità della clausola contenuta in una fideiussione, la quale preveda la reviviscenza della garanzia in caso di revoca del pagamento del debito principale ai sensi dell’art. 67 l.fall.; né tale clausola può dirsi vessatoria come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile;
i) la parte non ha allegato alcuna prova che successivamente alla prestazione della fideiussione il creditore senza sua autorizzazione abbia fatto credito al debitore pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche;
la clausola di reviviscenza non è affetta da nullità secondo quanto più volte statuito dalla S. Corte.
─ COGNOME NOME e COGNOME Alessandro hanno presentato ricorso per cassazione con quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE mandataria di RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti deducono:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 l. n. 287/1990 e degli artt. 1418, comma 1, e 2697 c.c.La Corte ha errato quando ha considerato che la fideiussione, oggetto della controversia e stipulata il 15.1.2001, non rientrasse negli accertamenti di sussistenza di un intesa anticoncorrenziale a valle svolti dalla Banca d’Italia e pubblicizzati con il provvedimento del maggio 2005.
5.1 ─ Il motivo è infondato; in ordine alla sussistenza dei presupposti della dedotta nullità, è dirimente l’epoca di stipulazione del contratto in relazione al venir ad esistenza dell’intesa.
La corte ha accertato che non c’è prova dell’anteriorità dell’intesa illecita rispetto al contratto; come affermato da Cass. 17108/24, in tema di accertamento del danno da condotte anticoncorrenziali ai sensi dell’art. 2 della l. n. 287 del 1990, spetta il risarcimento per tutti i contratti che costituiscano applicazione di intese illecite, anche se conclusi in epoca anteriore all’accertamento della loro illiceità da parte dell’autorità indipendente preposta alla regolazione di quel mercato, a condizione che l’intesa sia stata posta in essere prima del negozio denunciato come nullo.
─ Con il secondo motivo: Ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c. Invalidità ed inefficacia della clausola di reviviscenza. Vessatorietà della clausola: violazione degli art. 1341 e 1469 bis ss. c.c. Nullità
della sentenza. La clausola di reviviscenza è vessatoria e non è stata sottoscritta specificamente. Ed inoltre aggrava la posizione del fideiubente e non è stata oggetto di trattativa specifica ed individuale. La qualità di consumatore deve essere verificata esclusivamente in relazione al soggetto contraente.
6 . 1 -La censura è infondata. Il contratto di fideiussione “omnibus”, che contenga una clausola di reviviscenza dell’obbligazione di garanzia per il caso di revoca dei pagamenti effettuati dal debitore garantito, non è affetto da nullità, nè è ammissibile per la predetta clausola un’interpretazione analogica del secondo comma dell’art. 1341 cod. civ., il quale ha carattere tassativo, nè ricorre, ai fini di un’interpretazione estensiva, identità di fattispecie con il caso espressamente previsto da tale norma (Cass., n. 3011/2008; Cass., n. 7600/2021Cass., n. 18794/2023). In Particolare, va tenuto presente il seguente principio di diritto enunciato da Cass. 18794/23: il principio di accessorietà della garanzia comporta il venir meno della relativa obbligazione tutte le volte in cui l’obbligazione principale sia estinta, ma non esclude la possibilità della sua rinnovata vigenza, allorché, dopo l’estinzione, il debito principale ritorni ad esistenza in virtù di fatti sopravvenuti, e non comporta, pertanto, l’invalidità della clausola contenuta in una fideiussione la quale preveda la reviviscenza della garanzia in caso di revoca del pagamento del debito principale ai sensi dell’art. 67 della l.fall.; né tale clausola può dirsi vessatoria, come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile.
I n relazione all’inefficacia di cui all’art. 1341 c.c., in violazione dell’art. 366 n. 6 c .p.c. non risulta specificatamente indicato se la circostanza abbia costituito fatto costitutivo dell’opposizione a decreto ingiuntivo, se la circostanza abbia costituito oggetto di statuizione di primo grado ed, in caso positivo, se vi sia stato
motivo di appello; in ogni caso, non vi è accertamento da parte del giudice del merito dei presupposti di fatto della fattispecie di cui 1341 (condizioni generali, mancanza di specifica approvazione per iscritto), per cui la censura implicherebbe un’indagi ne di merito precluso in sede di legittimità.
7. -Con il terzo motivo: Ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c. Nullità della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 e ss. c.c., 1936 ss. C.c. e 1304 c.c. La Corte non ha correttamente interpretato la clausola perché l’operatività della clausola deve essere esclusa tutte le volte in cui il creditore abbia volontariamente restituito, anche in virtù di un accordo transattivo, le somme precedentemente incassate in adempimento dell’obbligazione garantita. La transazione intervenuta tra la Banca e la Curatela ha efficacia novativa e non vincola i fideiussori ex art. 1304 c.c.
7.1 -La censura è in parte inammissibile, perchè non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata sulla questione, ma si limita a riproporre le doglianze già poste in appello senza delineare alcuna censura adeguata alla motivazione espressa per escludere l’efficacia novativa della transazione e si traduce in una doglianza sul risultato interpretativo riservato al giudice del merito.
L’ulteriore censura sulla inopponibilità della transazione ex art. 1304 c.c. è infondata. Questa Corte ha più volte statuito che non è invocabile il principio di inopponibilità della transazione, fatta dal creditore con uno dei debitori in solido, all’altro condebitore che non voglia profittarne, sancito dall’art. 1304 cod. civ., allorché la banca creditrice, garantita da fideiussione “omnibus”, faccia valere la transazione, intervenuta con la curatela fallimentare a tacitazione delle pretese da essa azionate nel giudizio di revocatoria delle rimesse eseguite dal debitore principale sul conto corrente nel periodo sospetto anteriore al fallimento, non come
fonte diretta dei diritti vantati nei confronti del fideiussore, condebitore solidale, bensì soltanto come fatto storico rilevante ai fini del permanere della garanzia, stante la presenza, nella specie, nel contratto di fideiussione “omnibus” stipulato dalle parti, di una clausola prevedente la reviviscenza dell’obbligazione fideiussoria in caso di revoca dei pagamenti effettuati dal debitore principale (Cass., n. 5720/2004).
– Con il quarto motivo: Errata statuizione delle spese. Gli attuali ricorrenti avevano specificamente contestato la statuizione di condanna alle spese.
8.1 -Il motivo è inammissibile, perché la censura è di natura meritale. Esso costituisce in realtà un non motivo (considerando peraltro che la valutazione circa la compensazione è riservata al giudice del merito).
-Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna dei ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 10.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido tra di loro dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione civile il 28 marzo 2025.
Il Presidente NOME COGNOME