Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4218 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4218 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17930/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Contratti bancari -Cessione ramo azienda -Responsabilità del cedente e del cessionario – Artt. 2558 e 2560 c.c.
R.G.N. 17930/2023
Ud. 08/01/2025 CC
TACITO N. 10, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 2879/2023 depositata il 21/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2879/2023, pubblicata in data 21 aprile 2023, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 14677/2016, pubblicata in data 20 luglio 2016.
RAGIONE_SOCIALE aveva adito il Tribunale di Roma, premettendo di avere intrattenuto con il RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE) due rapporti: un conto corrente individuato con il n. 181 ed un finanziamento per l’importo di € 1.0 00.000,00 regolato su un conto di appoggio individuato con il n. 223, fatto oggetto, contestualmente all’erogazione, di giroconto sullo stesso conto corrente n. 181.
La società aveva ulteriormente premesso di avere successivamente operato il conferimento di un ramo di azienda ad una società terza, ricomprendendo in tale conferimento anche i rapporti bancari in essere, compreso il conto corrente n. 181.
Aveva quindi chiesto di accertare che, per effetto del conferimento del ramo di azienda, il rapporto di conto corrente doveva intendersi transitato alla terza conferitaria ex art. 2558 c.c. e che,
conseguentemente, nulla doveva più intendersi da essa attrice dovuto al Credito RAGIONE_SOCIALE
Costituitosi il RAGIONE_SOCIALE, invocando il diverso disposto di cui all’art. 2560 c.c. ed agendo in via riconvenzionale per la condanna dell’attrice alla corresponsione del saldo passivo del conto corrente n. 181, pari ad € 1.491.428,89, il Trib unale di Roma aveva, da un lato, accertato che nulla era dovuto da RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE in riferimento al rapporto di conto corrente n. 181, ‘al netto della somma finanziata di cui al n. 2’ , e, dall’altro lato, aveva conda nnato la stessa RAGIONE_SOCIALE a corrispondere Credito Immobiliare s.p.aRAGIONE_SOCIALE la somma di € 1.010.253,24.
Il Tribunale, infatti, mentre aveva ricondotto il rapporto di conto corrente all’ipotesi di cui all’art. 2558 c.c., concludendo pertanto che lo stesso si era trasferito alla società conferitaria, aveva invece ritenuto che il finanziamento, per le specifiche modalità con le quali era stato erogato, dovesse essere qualificato quale mutuo con conseguente applicazione dell’art. 2560 c.c. venendo in questione la cessione di un mero debito e non di un rapporto contrattuale -e persistenza dell’obbligo di pagame nto del debito in capo alla società conferente.
La Corte d’appello di Roma, decidendo sul gravame di RAGIONE_SOCIALE ha confermato, anche sulla scorta dell’esame delle previsioni contrattuali, la ricostruzione operata dal giudice di prime cure, ritenendo che, anche al di là del nomen iuris attribuibile al finanziamento, lo stesso rientrasse nell’ambito di applicazione dell’art. 2560 c.c.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre la RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE (incorporante di RAGIONE_SOCIALE).
In data 26 febbraio 2024, il Consigliere delegato, ha formulato proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c. segnalando la inammissibilità del ricorso.
A detta proposta ha fatto seguito istanza del ricorrente per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, testualmente: ‘Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4, c.p.c. in relazione dell’art. 115 c.p.c., e comunque violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c.’ .
La ricorrente contesta la qualificazione del finanziamento operata nei due gradi di merito, argomentando che, dall’esame dei documenti, verrebbe ad emergere che non vi è stata un’erogazione di denaro da parte della Banca in favore del correntista, bensì l’ impiego della somma al solo scopo di mantenere la disponibilità dello scoperto di conto corrente.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1813 c.c. e 1842 c.c.
La ricorrente censura la qualificazione del finanziamento operata dal giudice di merito, argomentando che lo stesso deve essere
giuridicamente considerato come apertura di credito in conto corrente e non come mutuo, sviluppando le proprie argomentazioni sulla scorta di plurimi elementi documentali e fattuali che, a suo dire, condurrebbero a tale diversa qualificazione.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, testualmente: ‘nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. in relazione dell’art. 112 c.p.c., e comunque per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c.’
Il ricorso censura la sentenza impugnata per aver confermato la decisione di prime cure, nella parte in cui, al dispositivo, ha accertato che la ricorrente medesima era debitrice della somma di € 1.010.253,24.
Argomenta, testualmente, che ‘Pur volendo, solo per ipotesi, ritenere che la somma di cui si discute integri un mutuo, si osserva che la somma ipoteticamente corrisposta a titolo di mutuo è stata comunque accreditata sul conto 223 e poi girocontata sul conto 181. L’ipotetico debito del correntista di cui si discute sarebbe, dunque, sorto nell’ambito del rapporto di conto corrente n. 223 su cui è stato concesso lo scoperto poi girocontato sul conto 181. Conseguentemente, l’ipotetico debito sarebbe ascrivibile al rapporto di conto corrente n. 223 e non al conto 181, ove infatti le somme girocontate dal conto 223 compaiono tra i movimenti in ‘avere’ del correntista’ .
Deduce, pertanto, che ‘La causa petendi evocata dalla parte convenuta a fondamento della domanda riconvenzionale era rappresentata dal contratto di conto corrente n. 181, dunque, il giudizio dei giudici di merito doveva essere confinato alle eventuali obbligazioni sorte dal rap porto contrattuale evocato dalla parte istante’ , concludendo che ‘avendo l’Istituto Bancario evocato a fondamento
delle proprie istanze il solo rapporto contrattuale n. 181, ove peraltro gli importi di cui si discute comparivano a credito del correntista, non potevano i giudici di merito accertare l’esistenza di crediti sorti nell’ambito di un rapporto contrattuale estraneo all’oggetto del giudizio’ .
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Quanto al primo motivo, si deve osservare che le deduzioni formulate dalla ricorrente oscillano tra una serie di censure indirizzate alla ricostruzione in fatto ed all’interpretazione dei documenti operate dalla decisione impugnata, da un lato, e la deduzione di un travisamento della prova , dall’altro .
L’inammissibilità delle censure discende dalla constatazione che, mentre in relazione al primo profilo non è stata neppure dedotta la violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 segg. -peraltro ammissibile solo entro specifici limiti, da questa Corte reiteratamente individuati (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017) -il profilo del travisamento della prova non è stato neppure dedotto -come sarebbe stato corretto -in relazione all’art. 360, n. 5), c.p.c., ferm o restando che quanto dedotto dalla ricorrente risulta collocarsi al di fuori dello specifico ambito della figura del travisamento della prova come recentemente individuata da questa Corte (Cass. Sez. U – Sentenza n. 5792 del 05/03/2024).
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso, ben lungi dal denunciare un non corretto governo delle norme di diritto da parte della Corte territoriale, si traduce – ancora una volta – in un mero sindacato del merito della decisione, ampiamente -ma inammissibilmente -ancorato a profili di fatto ed imperniato su censure indirizzate all ‘ interpretazione dei documenti operata dalla Corte d’appello.
2.3. Quanto al terzo motivo, si deve confermare quanto già rilevato nella proposta di definizione, e cioè che il collegamento tra i due conti correnti costituiva deduzione il cui ingresso si era venuto a verificare già nel giudizio di prime cure, al punto che si deve constatare che le stesse censure formulate nel motivo sono rivolte maggiormente alla decisione di primo grado, piuttosto che alla sentenza impugnata.
Si deve tuttavia osservare, a questo punto, che non risulta dedotto -in ossequio al canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. – che in sede di appello fosse stato articolato uno specifico motivo di gravame nel quale veniva censurata l’ipotetica ultrapetizione , da ciò derivando l’inammissibilità del motivo, fermo restando che il vizio dedotto risulta comunque insussistente, dovendosi escludere -alla luce di quanto appena rilevato – che la decisione dei giudici di merito concerna una domanda diversa da quelle già oggetto di causa.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4 . Avendo questa Corte deciso in conformità della proposta, deve trovare applicazione l’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il quale richiama, in caso di decisione conforme alla proposta, il disposto di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma di denaro non inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 18.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente , della somma equitativamente determinata in € 18.000,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di € 2.500,00, ex art. 96, quarto comma, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima