Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16668 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16668 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20634/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Massa n. cron. 307/2021 depositato l’ 8/7/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, AMCO), per € 309.664,96 in via ipotecaria e €
139.886,92 in chirografo, originato da rapporti bancari intrattenuti dalla compagine fallita con Banca Toscana s.p.a. ed a lei attribuito in forza di scissione societaria di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., successore a titolo universale dell’origin aria banca creditrice.
Il Tribunale di Massa rigettava l’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE con decreto pubblicato in data 8 luglio 2021.
Rilevava, in particolare, che l’opponente, a dimostrazione della titolarità del credito vantato in qualità di cessionaria in blocco dell’originario istituto mutuatario, aveva prodotto un estratto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di cui all’art. 58 T.U.B. e copia dell’atto pubblico ex art. 2506 cod. civ. relativo al successore a titolo universale dei rapporti bancari a suo tempo intrattenuti dalla compagine fallita.
Riteneva che fossero precluse successive produzioni documentali aventi ad oggetto la titolarità del credito, in quanto tale questione di merito era già stata oggetto di apprezzamento in sede di verifica dello stato passivo, cosicché la contestazione formulata dalla curatela circa la mancanza di elementi idonei all’individuazione del credito fra quelli oggetto di cessione doveva necessariamente essere risolta sulla scorta dei riscontri probatori acquisiti ex art. 99, comma 2, n. 4, e comma 7, l. fall..
Osservava che la fattispecie costitutiva del credito fatto valere era composta sia dai fatti fondanti il credito originario che dalla cessione; quest’ultima, poi, doveva essere dimostrata attraverso i mezzi di prova ordinari, essendo a ciò insufficiente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ex art. 58 T.U.B., che assolveva solo la funzione di sostituire la comunicazione individuale della cessione prevista dall’art. 1264 cod. civ. con un sistema di pubblicità diffusa.
Sosteneva che, anche a prescindere dall’adesione a questo orientamento, mancava in atti documentazione idonea a dimostrare l’inclusione del credito fatto valere fra quelli oggetto della cessione in blocco, ‘ con riferimento all’indicazione della eventuale categoria
dei crediti ceduti e che comunque richiederebbe la ulteriore specificazione della loro totalità ‘.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso avverso tale decreto, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE –
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., 99 l. fall., 58 T.U.B., 101 e 182 cod. proc. civ.: la pubblicazione della cessione in blocco dei crediti in Gazzetta Ufficiale, oltre a valere per la conoscibilità in capo al debitore dell’avvenuta cessione al fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente, rileva altresì -a dire della ricorrente – per la dimostrazione della titolarità in capo al cessionario del credito ceduto; nel caso di specie era innegabile che l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 29 dicembre 2020 contenesse una sintetica descrizione delle attività e passività assegnate ad RAGIONE_SOCIALE e dettagliatamente identificate nell’atto di scissione.
Il tribunale, inoltre, ha reputato che la contestazione formulata dalla curatela circa la mancanza di elementi idonei all’individuazione del credito tra quelli oggetto di cessione nell’ambito degli avvisi pubblicati in Gazzetta Ufficiale dovesse essere risolta sulla scorta dei riscontri probatori acquisiti ai sensi dell’art. 99, comma 2, n. 4, e comma 7, l. fall., senza tener conto che la produzione documentale era stata eseguita previa richiesta del termine di cui all’art. 182 cod. proc. civ. e si era resa necessaria in conseguenza delle eccezioni nuove formulate dalla curatela.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., 183 cod. proc. civ., 98 e 99 l. fall.: il tribunale,
nonostante le contestazioni sollevate per la prima volta in sede di opposizione dalla curatela del fallimento, ha omesso di concedere ad RAGIONE_SOCIALE un termine per integrare le proprie difese e, nell’accogliere l’eccezione preliminare della controparte, ha ritenu to assorbita ogni altra questione, tralasciando di assumere una decisione sulla richiesta di ammissione al passivo oggetto del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità, risultano ambedue in parte infondati, in parte inammissibili.
5.1 La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto; la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (cfr. Cass., Sez. U., 2951/2016).
In questa prospettiva, in caso di cessione di crediti in blocco ai sensi dell’art. 58 d. lgs. 385/1993 (norma che ha unicamente l’effetto di derogare, nello specifico settore bancario, alla disciplina dettata dal codice civile in tema di opponibilità ai debitori ceduti della cessione dei debiti trasferiti in blocco) , in presenza di contestazione ‘ spetta pur sempre al cessionario fornire la prova dell’essere stato il credito di cui si controverte giustappunto compreso tra quelli compravenduti nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco, giacché in ogni fattispecie di cessione di crediti il fondamento sostanziale della legittimazione attiva è legato, per il cessionario, alla prova dell’oggetto della cessione. E laddove la legittimazione sia allegata in dipendenza dell’incorporazione della cessionaria, anche alla prova dell’incorporazione ‘ (Cass. 4116/2016, § IV).
Dunque, la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di
cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 d.lgs. 385/1993, ha l’onere di dimostrare tanto il compimento di una simile operazione, quanto l’inclusione del credito nella stessa, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (Cass. 24798/2020).
A tal fine l’esistenza di una cessione in blocco può desumersi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’operazione di cessione (ove non specificamente contestata); non può invece presumersi che i singoli rapporti siano compresi nella cessione in sé, a meno che non si tratti d i cessione dell’intera azienda bancaria.
5.2 Nel caso di specie il giudice di merito, dopo aver sostenuto che il cessionario era onerato dal fornire la prova della propria legittimazione producendo documentazione idonea a dimostrare l’inclusione del credito fatto valere fra quelli oggetto della cessione in blocco, ha rilevato che il caso specifico appariva carente di una simile prova con riferimento all’indicazione dell’eventuale categoria dei crediti ceduti, che comunque avrebbe richiesto la specificazione del fatto che la cessione avesse riguardato la totalità dei crediti di una simile natura.
Il mezzo in esame contesta questo rilievo, assumendo che la sintetica descrizione delle attività e delle passività assegnate ad RAGIONE_SOCIALE presente nell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale fosse pienamente conforme all’indicazione che doveva essere effettuat a delle categorie dei rapporti ceduti in blocco, poiché la stessa conteneva una specificazione degli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie.
Il fatto che gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentissero o meno di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione e di reputare che tutti i rapporti di tal natura fossero coinvolti nella cessione, così come la verifica dell’inclusione degli specifici crediti
vantati nel caso di specie all’interno di una delle categorie dei crediti ceduti, involgono, però, un accertamento di merito e costituiscono una valutazione rientrante nei compiti del giudice a quo , che non può essere oggetto di una rilettura in questa sede.
Non rientra, invero, tra i compiti di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, o procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, sovrapponendo la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito, e ciò anche se il ricorrente prospettasse un più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. 12052/2007, 3267/2008), poiché, se si ammettesse in sede di legittimità un sindacato sulle quaestiones facti, si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass., Sez. U, 28220/2018, Cass. 2001/2023, Cass. 28643/2020, Cass. 33858/2019, Cass. 32064/2018, Cass. 8758/2017).
5.3 L’art. 182, comma 2, cod. proc. civ. (nel testo vigente ratione temporis ) prevede che il giudice, all’esito della verifica d’ufficio della regolarità della costituzione delle parti, ‘q
Il dato testuale rende evidente che la norma riguarda adempimenti delle parti estranei ai presupposti dell’esercizio dell’azione e non può essere invocata al fine di sopperire a carenze, di allegazione e/o
prova, riguardanti, come nel caso di specie, gli elementi costitutivi della domanda, fra cui rientra, come detto, la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio.
Il tribunale, dunque, non era tenuto a concedere alcun termine ex art. 182 cod. proc. civ. perché la società opponente sopperisse a proprie eventuali carenze probatorie relative all’inclusione del credito vantato nell’operazione di cessione in blocco.
5.4 Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che nel giudizio di opposizione allo stato passivo il curatore può introdurre eccezioni nuove, ossia non formulate già in sede di verifica; in tal caso peraltro, e solo in relazione ai contenuti e termini dell’eccezione nuova, il rispetto del principio del contraddittorio esige che sia concesso termine all’opponente per dispiegare le proprie difese e produrre la documentazione probatoria idonea a supportarle (si veda in questo senso, per tutte, Cass. 22386/2019).
Questo principio, però, non poteva trovare applicazione del caso di specie, vuoi perché, come detto, la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spettava all’opponente allegarla e provarla a prescindere dall’eccezione della controparte, vuoi perché l’eccezione della curatela, come accertato dal giudice di merito, non era affatto nuova, ma era già stata ‘ oggetto di apprezzamento in sede di provvedimento ex art. 95 l. fall .’ (pag. 3 del provvedimento impugnato).
5.5 Il tribunale, una volta esclusa l’avvenuta dimostrazione ad opera dell’opponente del potere di proporre la domanda, non ha esaminato la stessa in mancanza di uno dei requisiti che condizionavano l’attitudine del processo a pervenire a una pronuncia sul merito della controversia. e ritenendo implicitamente assorbita ogni ulteriore questione agitata.
Una simile statuizione comporta l ‘infondatezza della doglianza posta con il secondo mezzo, con cui la ricorrente lamenta che il giudice di merito abbia omesso ogni decisione sulla richiesta di ammissione al passivo. L’omissione è semmai frutto dell’ assorbimento, a sua volta correlato all’accoglimento della questione pregiudiziale (cfr. Cass., Sez. U., 15122/2013, Cass. 23558/2014, Cass. 4804/2007).
6. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 10.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 30 aprile 2025.