Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16994 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16994 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29647/2021 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di BOLOGNA n. 1422/2021 depositata il 7/06/2021;
udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 23/04/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Ritenuto che:
NOME COGNOME ottenne dal Tribunale di Rimini due decreti ingiuntivi, nei confronti di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE per il pagamento del corrispettivo della cessione in favore dei predetti delle quote della Bowling San Marino S.r.l.;
a fronte dell ‘ eccezione di incompetenza per materia svolta dai convenuti in monitorio e attori in opposizione il Tribunale di Rimini dichiarò la propria incompetenza e la causa venne riassunta dinanzi al Tribunale Bologna, sezione imprese;
il detto Tribunale accolse le opposizioni del RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE;
NOME COGNOME propose impugnazione;
la Corte d ‘ appello di Bologna, con sentenza n. 1422 del 2021, ha rigettato, nel contraddittorio delle parti, l ‘ impugnazione del COGNOME;
avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre con tre motivi NOME COGNOME;
NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati;
è stata formulata proposta di definizione accelerata per mancanza di stampigliatura recante numero e data di pubblicazione, ossia del cd. glifo, sulla sentenza della Corte territoriale;
a seguito dell ‘ istanza di decisione del ricorrente il ricorso è stato rimesso alla trattazione camerale;
il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
il ricorrente ha depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 23/04/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione e il Collegio ha riservato il deposito del provvedimento nel termine di sessanta giorni;
Considerato che:
la motivazione della proposta di definizione accelerata è la seguente:
«Il ricorso presenta profili di improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. Infatti, il ricorrente ha depositato una copia della sentenza che non reca, in realtà, alcuna attestazione di avvenuta pubblicazione, nessuna data di pubblicazione e nessun numero identificativo, benché attestata di conformità al file allegato al messaggio di PEC notificatogli da controparte ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare. Di recente, la Corte di legittimità ha affermato il seguente principio di dir itto: ‘È improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui la sentenza impugnata, redatta in formato digitale, risulti priva dell ‘ attestazione di cancelleria circa l ‘ avvenuta pubblicazione, la relativa data e il conseguente numero di pubblicazione, sia perché i suddetti adempimenti sono gli unici che permettono alla SRAGIONE_SOCIALE. di controllare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza, sia perché la produzione di una copia della sentenza incerta nella data e priva del numero identificativo non consente di verificare la tempestività dell ‘ impugnazione, né, in caso di accoglimento del ricorso, di formulare un corretto dispositivo che, coordinato con la motivazione, individui con esattezza il provvedimento cassato’ (Cass. n. 5771/2023; conf. Cass. n. 10180/2023; Cass. n. 26597/2023)».
il Collegio ritiene, esclusivamente in doveroso ossequio alla sopravvenuta pronuncia di Cass., Sez. 3, sent. 13 maggio 2024, n. 12971, Rv. 671148-01, che la questione di improcedibilità, posta a base della proposta di definizione accelerata, sia superata, a seguito della successiva acquisizione agli atti della copia della sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna munita di stampigliature di rito;
in atti vi è, inoltre, e di tanto già si dava atto nella proposta di definizione accelerata, la copia, notificata al difensore del ricorrente
in data 2/11/2011, della sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna, qui impugnata, cosicché risulta adempiuto il disposto dell ‘ art. 369, comma secondo, n. 2, c.p.c.;
a tanto consegue che è necessario procedere allo scrutinio dei motivi di impugnazione, che sono i seguenti:
violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., senza alcuna altra specificazione, per avere la Corte d ‘ appello dichiarato che il COGNOME era tenuto a manlevare i cessionari delle quote sociali pur avendo dato atto che questi non avevano pagato il corrispettivo per la cessione delle quote;
II) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per non avere la Corte d ‘ appello rilevato il mancato pagamento da parte dei cessionari del debito erariale per la società delle cui quote si erano resi acquirenti;
III) violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 346 c.p.c. (anche in questo caso senza alcuna altra specificazione), per non avere la Corte territoriale ritenuto che la domanda di saldo del prezzo delle quote sociali cedute era stata ritualmente formulata dal COGNOME in primo grado e quindi doveva intendersi essere stata devoluta in appello ai sensi dell ‘ art. 346 c.p.c.;
il primo motivo deduce violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. in modo non adeguato, alla stregua dell ‘ interpretazione data alla detta norma da questa Corte, poiché il mezzo contesta la valutazione delle circostanze di fatto, e segnatamente della mancata valutazione dell ‘ inadempimento dei cessionari delle quote sociali, senza porre censure in diritto in ordine al modo con cui i giudici di merito hanno effettuato detta valutazione; in tal modo, esso incorre in inammissibilità delle censure, poiché -secondo il costante orientamento di legittimità (Cass. n. 20382 del 11/10/2016 Rv. 642907 -01; Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640192 – 01) – la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di
legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre;
il secondo motivo è inammissibile, poiché propone censura di omesso esame di un fatto decisivo, ma non indica un singolo fatto, inteso in senso naturalistico o fenomenico: infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 e quindi successivamente Cass. n. 23828 del 20/11/2015 Rv. 637781 – 01), l ‘ omesso esame deve concernere un fatto storico in senso naturalistico (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 -01) del quale sia stato omesso l ‘ esame da parte dei giudici di merito; e tanto a tacere del fatto che questi hanno, sul punto, effettuato una valutazione del tutto conforme, in modo tale da dare luogo a preclusione da cd doppia conforme ai sensi dell ‘ art. 348 ter , commi quarto e quinti, c.p.c. (ora abrogato a seguito dell ‘ entrata in vigore del d.lgs. n. 149 del 10/10/2022, ma ancora applicabile ratione temporis nel caso in scrutinio; senza considerare che la norma è stata comunque riproposta, con identica forza normativa, dal disposto dell ‘ art. 360, comma quarto, c.p.c., come modificato dal detto d.lgs. n. 149 del 2022); ad ogni buon conto, il fatto era stato dedotto, tanto da giustificare il rigetto della compensazione;
il terzo e ultimo motivo è infondato, poiché esso non censura adeguatamente il ragionamento decisorio della Corte territoriale e, prima ancora, del giudice di primo grado, che hanno ritenuto che il COGNOME, con l ‘ atto di cessione delle quote sociali aveva assunto l ‘ obbligo di tenere indenni i cessionari delle dette quote da eventuali successive vicende negative della società alla quale si riferivano le
quote, quali, appunto, le debenze fiscali, con la conseguenza che l ‘ obbligazione assunta dal COGNOME consisteva in un facere , cosicché egli era da ritenersi inadempiente a causa dell ‘ intervenuta notifica di cartella esattoriale per i debiti fiscali della Bowling San Marino SRAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE, o meglio, era obbligato a tenere indenni i cessionari della detta esposizione verso il fisco, e, quindi, nulla poteva egli pretendere dal COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE fino quando non avesse a tanto provveduto;
la efficacia e validità e quindi la cogenza tra le parti di detta pattuizione non risulta in alcun modo essere stata posta adeguatamente in dubbio, e comunque infirmata, dalla difesa del COGNOME;
ad ogni buon conto, di fronte al rigetto della principale l’appello solo contro l’accoglimento della riconvenzionale davvero non poteva estendersi (oltretutto in carenza di adeguate argomentazioni specificamente rivolte a tanto) al primo di detti capi;
il ricorso è, pertanto, infondato e va rigettato;
nulla per le spese di lite di questa fase di legittimità, non avendo le controparti NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE svolto alcuna attività difensiva;
nonostante l ‘ integrale rigetto della domanda in un procedimento originariamente avviato a trattazione con proposta di definizione accelerata, non è applicabile, nei confronti del ricorrente, la sanzione di cui all ‘ art. 96, quarto comma, c.p.c., di condanna al versamento di una somma tra i cinquecento e i cinquemila euro in favore della Cassa delle ammende (che è stata ritenuta irrogabile, dalla giurisprudenza di questa Corte, anche di livello nomofilattico, pure nei casi di mancata costituzione dell ‘ intimato: Sez. U n. 27195 del 22/09/2023 Rv. 668850 -01; Cass. n. 27947 del 04/10/2023 Rv. 669107 – 01), perché il ricorso è respinto per ragioni di infondatezza
e di inammissibilità non conformi a quelle, di improcedibilità, poste a fondamento della proposta di definizione accelerata;
la decisione di rigetto del ricorso comporta, nondimeno, che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
p. q. m.
la corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di