Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8579 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8579 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
OGGETTO:
risoluzione di contratto preliminare di compravendita
RG. 17440/2019
P.U. 7-3-2024
SENTENZA
sul ricorso n. 17440/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con indirizzo pec EMAIL ricorrente
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, quale erede di NOME COGNOME e in proprio, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, quale erede di NOME COGNOME, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, quale erede di NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME,
c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f.
CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma presso l’AVV_NOTAIO, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrenti ricorrenti incidentali nonché contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrenti ricorrenti incidentali
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
intimati avverso la sentenza n. 1910/2018 della Corte d’Appello di Napoli, depositata il 26-4-2018,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7-32024 dal consigliere NOME COGNOME,
udito il AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo di ricorso principale e per quanto di ragione del secondo motivo del ricorso incidentale degli eredi di NOME COGNOME più altri, per l’accoglimento dell’ultimo motivo di ricorso incidentale di COGNOME e COGNOME, rigettati o assorbiti gli altri motivi, uditi l’AVV_NOTAIO per delega del difensore per la ricorrente, l’AVV_NOTAIO per i controricorrenti ricorrenti incidentali eredi COGNOME e altri, gli AVV_NOTAIO. NOME COGNOME e NOME COGNOME per i controricorrenti ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Nel ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 5-9-2008 avanti il Tribunale di Napoli RAGIONE_SOCIALE ha esposto che con contratto preliminare 31-1-2006 si era impegnata ad acquistare, per sé o per persona da nominare, le quote societarie di RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; aveva versato a titolo di caparra confirmatoria la somma complessiva di Euro 576.000,00, aveva designato quale acquirente ai sensi dell’art. 1402 cod. civ. RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE aveva versato l’importo di Euro 1.000.000 ,00 a integrazione della caparra confirmatoria e non aveva provveduto a restituire la somma di Euro 576.000,00, per cui ha chiesto che fosse ingiunto a RAGIONE_SOCIALE il pagamento di tale somma.
Il Tribunale di Napoli ha emesso il decreto ingiuntivo n. 8114/2008, condannando RAGIONE_SOCIALE a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 576.000,00.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo e alla causa è stata riunita la causa proposta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei promittenti venditori e di RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori e la restituzione del doppio della caparra versata per l’importo di Euro 2.000.000,00, nonché in via subordinata per ottenere l’annullamento del contratto perché viziato da errore del consenso e la restituzione della caparra. RAGIONE_SOCIALE ha lamentato l’inadempimento dei promittenti venditori, in quanto il patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE, le cui quote erano oggetto di cessione, costituito esclusivamente da terreno con sovrastanti ruderi in Comune di Formia, risultava di minore valore rispetto a quanto indicato nel contratto preliminare; ha sostenuto che la variazione era conseguente all’approvazione di una convenzione di lottizzazione diversa da quella originaria, in quanto la delibera n. 118/2000 del Comune di Formia era stata annullata ed era stata approvata la nuova delibera n. 32/2007 che aveva comportato parziale modifica della destinazione urbanistica dell’unico immobile di RAGIONE_SOCIALE; ha lamentato altresì che la superficie dell’immobile era inferiore a quella indicata dai promittenti venditori.
Si sono costituiti i promittenti venditori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME in proprio e nella qualità di erede di NOME COGNOME, chiedendo il rigetto dell e domande e in via riconvenzionale la risoluzione del contratto preliminare per la mancata stipulazione del contratto definitivo imputabile alla promissaria acquirente nel termine pattuito, da ritenersi essenziale.
2.Con sentenza n. 13537/2014 depositata il 15-10-2014 il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori proposta da RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della promissaria acquirente proposta dai promittenti venditori, ha revocato il decreto ingiuntivo, ha accolto la domanda di RAGIONE_SOCIALE di annullamento del contratto per errore, condannando i promittenti venditori alla restituzione della somma di Euro 1.000.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE e di Euro 576.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE
3.Avverso la sentenza hanno proposto appello con unico atto tutti i promittenti venditori a eccezione di NOME COGNOME, la quale ha proposto separato appello poi riunito. Si sono costituiti NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella qualità di ex soci di RAGIONE_SOCIALE cancellata dal registro delle imprese in data 8-7-2013. Si è costituita con c omparsa di intervento ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE riconosciuto dalla sentenza di primo grado nell’importo di Euro 1.000.000,00 , proponendo appello incidentale. A sua volta RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello incidentale.
Con sentenza n. 1910/2018 depositata il 26-4-2018 la Corte d’appello di Napoli ha parzialmente accolto gli appelli dei promittenti venditori, ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, e la domanda di annullamento del contratto preliminare, confermando il decreto ingiuntivo e disponendo la restituzione ai promittenti venditori di quanto da loro eventualmente corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado; ha rigettato l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi a favore di
RAGIONE_SOCIALE e ha compensato le spese di lite di entrambi i gradi tra tutte le altre parti.
La sentenza in primo luogo ha rigettato l’appello dei promittenti venditori laddove chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento della promissaria acquirente, escludendo che sussistessero i presupposti per la risoluzione del contratto preliminare in ragione del mancato rispetto da parte della promissaria acquirente di termine essenziale per la stipula del contratto definitivo, in quanto il contratto preliminare non prevedeva termine essenziale.
La sentenza di seguito ha rigettato l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE che chiedeva la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori. Ha considerato che il preliminare indicava l’estensione del terreno per circa mq. 24.000 e che la convenzione di lottizzazione approvata con deliberazione comunale n. 118/2000 indicava una superficie totale di mq. 24.302; ha dichiarato che la riduzione dell’estensione di alcune particelle per un’area complessiva di mq. 317, quale conseguen za di vicende espropriative precedenti al preliminare, non incideva sulla complessiva estensione dell’immobile. In ordine all’incidenza sul sinallagma contrattuale della nuova delibera n. 32/2007 che aveva influito sulla destinazione urbanistica di una lim itata porzione dell’immobile, ha dichiarato che non erano state sollevate specifiche deduzioni a sostegno della non scarsa importanza dell’inadempimento e in particolare non erano state sollevate doglianze avverso la statuizione del giudice di primo grado secondo la quale la modificazione urbanistica non era tale da giustificare la risoluzione, sul rilievo che comportava variazioni non riconducibili alla volontà dei promittenti venditori.
La sentenza, in accoglimento dei relativi motivi di appello dei promittenti venditori che si lamentavano dell’annullamento del contratto per errore e della condanna a loro carico di restituzione
dell’importo di Euro 1.000.000,00 , ha rigettato la domanda di annullamento del contratto preliminare per errore accolta dal giudice di primo grado e di conseguenza ha dichiarato l’obbligo a carico della promissaria acquirente di restituire quanto riscosso in esecuzione della sentenza di primo grado.
La sentenza ha altresì dichiarato che l’avvenuta cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di primo grado non aveva inciso sulla prosecuzione del processo, in quanto l’evento non era stato dichiarato e sussisteva l’ultrattività del mandato conferito al difensore. Ha dichiarato che l’eccezione di carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, pure formulata in ragione del mancato perfezionamento della dichiarazione di nomina da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a favore della stessa ai sensi dell’art.1402 cod. civ. , era superata per il rigetto della domanda di annullamento del contratto preliminare, che comportava il venire meno dell’obbligo restitutorio di Euro 1.000.000,00 a favore della medesima RAGIONE_SOCIALE; ha aggiunto che la conseguente insussistenza del diritto della società RAGIONE_SOCIALE, e per essa di RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito litigioso, al pagamento di tale somma da parte dei promittenti venditori assorbiva ogni questione sulla validità ed efficacia della dichiarazione di nomina.
La sentenza ha altresì dichiarato che le doglianze dei promittenti venditori sulle iscrizioni ipotecarie a loro danno, eseguite in forza della sentenza impugnata da RAGIONE_SOCIALE dopo la cancellazione dal registro delle imprese, e quelle relative alla conseguente responsabilità ex art. 96 cod. proc. civ. esulavano dal thema decidendum.
Infine la sentenza, a fronte del rigetto della domanda di annullamento del contratto preliminare per errore proposta da RAGIONE_SOCIALE sia con l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo sia con l’atto di citazione, ha rigettato l’opposizione al decreto i ngiuntivo e ha confermato il decreto ingiuntivo, dichiarando che la conferma del
decreto ingiuntivo assorbiva ogni questione sollevata da RAGIONE_SOCIALE con l’appello incidentale condizionato e avente a oggetto la richiesta di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di Euro 576.000,00.
4.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Gli eredi di NOME COGNOME, la moglie NOME COGNOME e i figli NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME anche in proprio, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, nel quale hanno proposto anche ricorso incidentale affidato a due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con autonomo controricorso, nel quale hanno proposto anche ricorso incidentale affidato a tre motivi e ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La ricorrente RAGIONE_SOCIALE ha replicato con controricorso ai ricorsi incidentali. Ha replicato con controricorso anche RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati, a fronte delle notifiche a tutti ritualmente eseguite a mezzo pec ai difensori domiciliatari nel giudizio di appello.
La causa è stata avviata alla trattazione per la pubblica udienza del 7-3-202 4 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e hanno depositato memoria la società ricorrente, i controricorrenti ricorrenti incidentali eredi di NOME COGNOME e altri difesi dall’AVV_NOTAIO, nonché i controricorrenti ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE è rubricato ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. con riferimento agli artt. 1385, 1453, 1455, 1458, 1476, 1480, 1482, 1484, 1489, 1490, 1492, 1493 e 1497 c.c. e agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c.’. La ricorrente lamenta che sia stato rigettato il suo appello incidentale volto a ottenere la dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori e di conseguenza volto a ottenere la restituzione del doppio della caparra. Rileva che la Corte d’appello non ha esaminato le sue argomentazioni, che erano decisive , ed evidenzia come sia il giudice di primo grado sia il giudice d’appello abbiano espressamente riconosciuto che vi era stato un inadempimento da parte dei promittenti venditori; sostiene che la Corte d’appello sia incorsa in errore laddove ha omesso di va lutare che RAGIONE_SOCIALE aveva fornito la prova della non scarsa importanza dell’inadempimento dei promittenti venditori, censurando espressamente la decisione di primo grado sul punto. Lamenta che la sentenza impugnata abbia limitato il suo esame al dato relativo alla mera estensione del terreno, senza prendere in considerazione la questione oggetto di concreto interesse di RAGIONE_SOCIALE, relativa alla superficie commerciale realizzabile sul terreno; evidenzia di avere rappresentato alla Corte d’appello che la destinazione urbanisti ca dell’immobile non era conforme a quella dichiarata dai promittenti venditori, perché nella delibera n. 118/2000 tutta la superficie era inserita nel P.R.G. con classificazione D1 Centri commerciali e direzionali e al contrario nella delibera n. 32/2007 di tutta la superficie indicata in mq. 23.385 solo 19.004 avevano destinazione D1; pertanto la superficie commerciale realizzabile era di mq. 9.392,31, anziché di mq. 11.125 secondo la prospettazione dei fatti offerta dai promittenti
venditori e la superficie terziaria realizzabile era di mq. 5.708,71 a fronte di mq. 8475 realizzabili secondo la prospettazione dei promittenti venditori, con conseguente drastica diminuzione di valore commerciale del terreno.
2.Il secondo motivo della ricorrente RAGIONE_SOCIALE è rubricato ‘ falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. con riferimento agli artt. 1372, 1385, 1453, 1458 e 1493 c.c., ed all’art.112 c.p.c.’. La ricorrente evidenzia che la sentenza impugnata ha confermato l’infondatezza della domanda di risoluzione per inadempimento proposta dai promittenti venditori, non ravvisando inadempimento in capo alla promissaria acquirente; rileva che la sentenza ha rigettato anche la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dalla promissaria acquirente. Quindi sostiene che la sentenza avrebbe dovuto dichiarare risolto il contratto preliminare per mutuo dissenso e di conseguenza avrebbe dovuto disporre la restituzione delle somme ricevute dai promittenti venditori a titolo di caparra confirmatoria; richiama altresì il principio secondo il quale, a fronte di reciproche domande di risoluzione per inadempimento e in mancanza degli elementi per pronunciare la risoluzione per colpa di uno dei contraenti, il giudice deve dare atto dell’impossibilità dell’esecuzione e decidere di conseguenza quanto agli effetti risolutori di cui all’art. 1458 cod. civ. Quindi evidenzia che, seppure sia vero che la riforma della sentenza di primo grado con riguardo all’annullamento del contratto faceva venire meno l’obbligo restitutorio, tale obbligo permaneva quale conseguenza della risoluzione del contratto preliminare; non essendovi diritto da parte dei promittenti venditori a trattenere la caparra, lamenta che la Corte territoriale non ne abbia disposto la restituzione, per la somma di Euro 1.000.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito di
RAGIONE_SOCIALE e per la somma di Euro 576.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE.
3.Il terzo motivo di RAGIONE_SOCIALE è rubricato ‘ falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma n.3 c.p.c., con riferimento agli artt. 1372, 1385, 1427, 1428, 1429, 1439, 1440, 1453, 1458 e 1493 c.c., ed all’art. 112 c.p.c.’ e con esso la ricorrente lamenta che la sentenza abbia erroneamente ritenuto che il rigetto della domanda di annullamento del contratto preliminare consentisse ai promittenti venditori di trattenere la caparra. La ricorrente rileva che, poiché il contratto preliminare avrebbe dovuto essere risolto per colpa dei promittenti venditori o gradatamente per mutuo dissenso, gli importi versati a titolo di caparra confirmatoria dovevano essere restituiti, o nel doppio della caparra versata di Euro 2.000.000,00 o nell’importo versato di Euro 1.000.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE e di Euro 576.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE. Aggiunge di non avere mai chiesto la restituzione di Euro 576.000,00, né del doppio di tale importo, ma di avere sempre eccepito di nulla dovere alla società RAGIONE_SOCIALE , in quanto l’obbligo restitutorio non poteva che fare capo sui promittenti venditori che tale importo avevano ricevuto direttamente dalla società RAGIONE_SOCIALE. Quindi sostiene anche che l’obbligo restitutorio debba ricadere in capo ai promittenti venditori e che il decreto ingiuntivo debba essere necessariamente revocato, non potendo sostenersi che l’obbligo restitutorio ricadesse su chi non era stato destinatario del pagamento della somma e pertanto nulla poteva restituire.
4.I ricorrenti incidentali eredi COGNOME e altri difesi dall’AVV_NOTAIO con il primo motivo di ricorso incidentale, rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli art. 1453 e seg. c.c., nonché degli artt. 105, 111 e 344 c.pc. Nullità e/o vizio della sentenza e/o del procedimento; violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art.
360 c.p.c., n.3 e 4′, sostengono sia indiscutibile che RAGIONE_SOCIALE sia cessionaria da RAGIONE_SOCIALE solo del credito restitutorio della caparra e non del contratto preliminare di cessione delle quote; perciò sostengono che essa fosse terza e non successore a titolo particolare nel diritto controverso e non avesse potere di proporre appello autonomo rispetto a quello della sua cedente il credito RAGIONE_SOCIALE
5.A loro volta con il primo motivo di ricorso incidentale non condizionato, rubricato ‘ sull’inammissibilità del ricorso di RAGIONE_SOCIALE per carenza di legittimazione ad agire -error in procedendo- violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 in relazione all’art. 81 nonché agli artt. 1260 -1267 cod. civ. e agli art. 1406 -1410 cod. civ. -omesso rili evo d’ufficio della carenza di legittimazione attiva di GFP’ , (da pag. 14 del loro controricorso), NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentano che la Corte d’appello non abbia rilevato d’ufficio la carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE e rilevano che tale carenza sussiste anche per il ricorso per cassazione. Evidenziano che RAGIONE_SOCIALE era cessionaria del credito e non cessionaria del contratto e quindi sostengono che la Corte d’appello avrebbe dovuto rilevare anche d’ufficio il difetto della sua legittimazione attiva a proporre impugnazione, dovendo la sua azione essere qualificata come intervento adesivo dipendente. Chiedono altresì che sia dichiarata la carenza di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE a impugnare la sentenza della Corte d’appello.
6.I primi due motivi di ricorso incidentale, esaminati congiuntamente stante il contenuto analogo e la stressa connessione, sono fondati nei termini di seguito esposti.
La sentenza impugnata a pag. 10 all’inizio ha dichiarato che RAGIONE_SOCIALE si era costituita nel giudizio di appello con comparsa di intervento ai sensi dell’art.111 cod. proc. civ. in qualità di cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE riconosciuto alla stessa dalla sentenza di primo grado per l’importo di Euro 1.000.000,00 a titolo restitutorio della caparra
confirmatoria; ugualmente, di seguito nella stessa pag. 10 e a pag. 12 la sentenza ha qualificato RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE e a pag. 20 ha qualificato RAGIONE_SOCIALE cessionaria del credito litigioso. In nessuna parte la sentenza impugnata contiene accertamento, neppure implicito, in ordine al dato che la cessione del credito comportasse anche la cessione del contratto e la successione di RAGIONE_SOCIALE nella posizione contrattuale di RAGIONE_SOCIALE Del resto, la stessa RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE si era qualificata nel suo atto di costituzione in appello e continua a qualificarsi nel ricorso per cassazione come cessionaria del credito. Quindi, come evidenziano i ricorrenti incidentali, la sentenza non avrebbe potuto esaminare i motivi di appello incidentale proposti da RAGIONE_SOCIALE ma non dalla società RAGIONE_SOCIALE cessata né dagli ex soci costituiti in appello e aventi a oggetto la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori, perché la cessionaria del credito riconosciuto dalla sentenza, in quanto tale, non era legittimata a proporre tutte le domande che trovavano titolo nel contratto. Deve farsi applicazione del principio secondo il quale è la cessione del contratto a operare il trasferimento dal cedente al cessionario, con il consenso dell’altro contraente, dell’intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi a essa relativi e invece la cessione del credito ha un effetto più circoscritto, in quanto è limitata al solo diritto di credito derivato al cedente da un precedente contratto e produce, inoltre, rispetto a tale diritto, uno sdoppiamento tra la titolarità di esso, che resta all’originario creditore cedente, e l’esercizio, che è trasferito al cessionario; dei diritti derivanti dal contratto, il cessionario acquista solo quelli rivolti alla realizzazione del credito ceduto, e cioè le garanzie reali e personali, i vari accessori e le azioni dirette all’adempimento della prestazione; non gli sono invece trasferite le azioni inerenti all’essenza del contratto, tra le quali quella di risoluzione per inadempimento, in quanto afferiscono alla titolarità
del negozio, che continua ad appartenere al cedente anche dopo la cessione del credito (Cass. Sez. 3 6-7-2018 n. 17727, Cass. Sez. 3 284-1967 n. 776 Rv. 326848-01). Inoltre, l’art.111 co.3 cod. proc. civ. consente al cessionario del credito, in qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso, di intervenire nella causa tra il cedente e il debitore, anche in grado di appello; si richiama in tal senso Cass. Sez. U 3-11-1986 n. 6418 Rv. 448597-01 e Cass. Sez. 1 19-42023 n. 10442 Rv. 667627-01, secondo le quali qualora il cessionario di un credito intervenga nella controversia promossa dal cedente contro il debitore, anche in grado di appello, come consentitogli dall’art. 111 co.3 cod. proc. civ. in qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso, può pronunciarsi la condanna del convenuto all’adempimento direttamente in favore di detto cessionario che abbia formulato domanda in tal senso , con l’adesione del cedente e senza contestazioni del debitore ceduto. Ciò però non attribuisce al cessionario del credito in sé diritti ulteriori rispetto a quelli dei quali è divenuto titolare in forza della cessione a suo favore; la previsione dell’art. 111 co.3 cod. proc. civ., secondo la quale il successore a titolo particolare nel diritto controverso può impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa non può essere letta nel senso che la legittimazione dell’impugnazione del cessionario del credito sussist a oltre i limiti del diritto a lui ceduto.
Nella fattispecie, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata (pag.10), il credito ceduto era relativo alla restituzione della caparra di Euro 1.000.000,00 riconosciuta dalla sentenza di primo grado in ragione della dichiarazione di annullamento del contratto e quindi la cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE era legittimata a proporre motivi di appello relativi esclusivamente al diritto di credito così come a essa ceduto. La circostanza che il giudice di appello, in accoglimento del relativo motivo di impugnazione proposto dai promittenti venditori,
abbia rigettato la domanda di annullamento del contratto e di conseguenza abbia escluso il diritto alla restituzione della caparra che era stato riconosciuto dal giudice di primo grado non comportava che la cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE acquisisse la legittimazione a esercitare la diversa azione di risoluzione del contratto per inadempimento, che non risulta fosse compresa nell’oggetto della cessione a suo favore e non costituiva in sé accessorio del credito ex art. 1263 cod. civ.
Ciò di conseguenza comporta che, non essendo RAGIONE_SOCIALE legittimata a proporre i motivi di appello relativi alla risoluzione del contratto e non essendo quei motivi di appello proposti dagli ex soci di RAGIONE_SOCIALE, cessata nel corso del giudizio di primo grado, quella domanda non poteva essere esaminata nel merito dalla Corte d’appello ; quindi devono essere cassati i relativi capi di pronuncia e deve essere dichiarata l’inammissibilità dei primi tre motivi di ricorso di RAGIONE_SOCIALE volti a censurare quei capi di pronuncia. Infatti, il primo motivo censura il rigetto della domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori, il secondo motivo censura l’omessa dichiarazione di risoluzione del contratto per mutuo dissenso o per impossibilità sopravvenuta e il terzo motivo è a sua volta finalizzato a sostenere il diritto al pagamento della caparra esclusivamente quale conseguenza della risoluzione del contratto; perciò tutti e tre i motivi sono finalizzati a esercitare azioni che esorbitano dall’ambito delle azioni dirette all’adempimento della prestazione e che perciò il cessionario del credito in quanto tale, non essendo cessionario dell’intera posizione contrattuale, non può esercitare.
Ne consegue altresì , per l’effetto espansivo interno derivante dalla cassazione parziale della sentenza ex art. 336 co.1 cod. proc. civ., che la sentenza impugnata deve essere cassata anche laddove ha
dichiarato che il decreto ingiuntivo emesso a carico di RAGIONE_SOCIALE produceva automaticamente effetto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; la sentenza non poteva dichiarare assorbito l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere da RAGIONE_SOCIALE il pagamento dell’importo per il quale era stato emesso il decreto ingiuntivo, ma doveva esaminare tale appello per accertare se il titolo di RAGIONE_SOCIALE comportasse anche l’esistenza d i suo obbligo restitutorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
7.Con il quarto e ultimo motivo, rubricato ‘ falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n.3 c.p.c. con riferimento agli artt. 1273 e 1274 c.c. e all’art. 91 c.p.c.’ , la ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta di essere stata condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di RAGIONE_SOCIALE in violazione del principio della soccombenza; evidenzia di non essere stata parte dei due giudizi avanti il Tribunale di Napoli e di avere concluso con la società RAGIONE_SOCIALE un accollo meramente interno, per cui non avrebbe potuto essere condannata alla rifusione delle spese di lite di primo e di secondo grado.
7.1.Il motivo è assorbito dall’accoglimento nei termini sopra esposti del primo motivo dei ricorsi incidentali e dalla conseguente cassazione della sentenza impugnata per ciò che riguarda le spese di secondo grado. Il motivo è fondato per ciò che riguarda le spese di primo grado, perché la Corte d’appello non ha fatto applicazione del principio secondo il quale il successore a titolo particolare nel diritto controverso che partecipi al giudizio di appello, risultandovi soccombente, non può essere condannato per le spese del giudizio di primo grado cui sia rimasto estraneo, in quanto la condanna alle spese può avere come destinatari solo le parti processuali (Cass. Sez. 2 256-2020 n. 12663 Rv. 658281-01, Cass. Sez. 2 27-1-2014 n. 1633 Rv. 629411-01). Il successore a titolo particolare del diritto controverso
subisce gli effetti della sentenza anche se è rimasto estraneo al processo, con riguardo agli effetti che incidono sulla situazione sostanziale ma non anche gli effetti di rito, operanti solo tra le parti processuali; tra gli effetti di rito è compresa la condanna alle spese, della quale possono essere destinatarie solo le parti del processo, per cui il successore può essere condannato alla rifusione delle spese solo se ha acquisito la qualità di parte processuale e quindi, allorché non sia stato parte del giudizio di primo grado, non può essere condannato alla rifusione delle relative spese.
8.Procedendo alla disamina dei motivi di ricorso incidentale, con il secondo motivo di ricorso incidentale rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli art. 96 e 336 c.p.c. Omessa pronunzia; nullità e/o vizio della sentenza e/o del procedimento; violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 4’ , i ricorrenti in via incidentale eredi COGNOME e altri difesi dall’AVV_NOTAIO lamentano il rigetto della loro domanda di cancellazione delle ipoteche giudiziali iscritte sugli immobili e di risarcimento dei danni per responsabilità aggravata della creditrice per avere iscritto le ipoteche dopo la sospensione dell’efficacia esecutiv a della sentenza di primo grado. Evide nziano che avevano prodotto l’elenco degli immobili ipotecati, le note di iscrizione ipotecaria e avevano dedotto che, dopo la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, il procuratore della società RAGIONE_SOCIALE già cancellata dal registro delle imprese aveva iscritto ipoteca giudiziaria su una serie di immobili; rilevano che, avendo la sentenza della Corte d’appello riformato la sentenza di primo grado anche nel capo relativo alla condanna dei promittenti venditori a restituire a RAGIONE_SOCIALE l’importo di Euro 1.000.000,00 e avendo disposto la restituzione a loro favore di quanto eventualmente pagato in esecuzione della sentenza impugnata,
ugualmente avrebbe dovuto disporre la cancellazione delle ipoteche giudiziarie che RAGIONE_SOCIALE aveva iscritto in forza del titolo riformato.
9.Unitamente a questo motivo deve essere esaminato, stante il contenuto analogo, il terzo motivo di ricorso incidentale non condizionato dei ricorrenti COGNOME e COGNOME (da pag. 43 del loro controricorso) , rubricato ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 96, comma 2 e 336 c.p.c. -violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n.3 in relazione all’art. 2818 c.c.; accoglimento della domanda di cancellazione delle ipoteche giudiziali iscritte da RAGIONE_SOCIALE e di risarcimento del danno da responsabilità aggravata a causa di illegittima iscrizione delle ipoteche giudiziali’. Con questo motivo a loro volta questi ricorrenti incidentali lamentano che la sentenza impugnata in parte non si sia pronunciata e in parte abbia rigettato la domanda avente a oggetto l’ordine di cancellazione delle ipoteche e la conseguente domanda ex art. 96 cod. proc. civ. formulata con riferimento all’illegittim o comportamento di iscrizione delle numerose ipoteche.
10.I due motivi sono fondati, in quanto la sentenza impugnata ha illegittimamente dichiarato che esulavano dall’oggetto del giudizio le richieste relative alla cancellazione delle iscrizioni ipotecarie.
E’ acquisito il principio secondo il quale, in virtù del combinato disposto degli artt. 2818 e 2884 cod. civ., la riforma in appello o la cassazione con rinvio della sentenza in base alla quale è stata iscritta ipoteca giudiziale non impongono la cancellazione dell’ipoteca giudiziale stessa, la quale deve essere eseguita dal conservatore solo quanto è ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento emesso dall’autorità competente ( Cass. Sez. 6-2 1611-2021 n. 34574 Rv. 662846-01, Cass. Sez. 5 26-1-2018 n. 1992 Rv. 646702-2, Cass. Sez. 3 26-1-1996 n. 584 Rv. 495573-01). Ciò però
non significa che sia necessario il passaggio in giudicato della sentenza che riformi la sentenza in forza della quale è stata iscritta l’ipoteca per chiedere e ottenere l’ordine di cancellazione, ma significa soltanto che l’ordine di cancellazione potrà essere eseguito solo allorché la sentenza che lo contiene sarà passata in giudicato.
Ugualmente, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare e decidere la domanda di responsabilità aggravata proposta ex art. 96 co.2 cod. proc. civ., stante il principio secondo il quale il creditore che iscrive ipoteca giudiziale incorre in responsabilità aggravata nel caso in cui sia accertata l’inesistenza del diritto per cui l’iscrizione è avvenuta (Cass. Sez. 1 15-11-2016 n. 23271 Rv. 642412-01).
11.Infine deve essere esaminato il secondo motivo di ricorso incidentale dei ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME (da pag. 40 del loro controricorso) che, seppure rubricato ‘ falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1456, 1457, 1322 cod. civ. -rigetto della domanda di risoluzione per inosservanza del termine essenziale ‘, deduce la violazione dei canoni di interpretazione del contratto, in quanto i ricorrenti COGNOME e COGNOME lamentano che sia stata rigettata la loro domanda di risoluzione del contratto preliminare per mancato rispetto del termine essenziale, evidenziando che l’art. 8 del contratto prevedeva che il termine era essenziale e conteneva anche clausola risolutiva espressa.
11.1.Il motivo è infondato.
Si deve fare applicazione del principio secondo il quale l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto si traduce in indagine di fatto affidata al giudice di merito e quindi il ricorrente, al fine di fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale, non solo deve fare esplicito riferimento alle regole violate, ma deve anche indicare in quale modo il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati; la censura
non può risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, perché quest’ultima non deve essere l’unica interpretazione astrattamente possibile, ma solo una delle possibili interpretazioni (Cass. Sez. 1 9-42021 n. 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 3 28-11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01).
La sentenza impugnata ha considerato che l’art. 8 del contratto preliminare prevedeva il termine del 31 dicembre 2006 per la conclusione del contratto definitivo e la possibilità di proroga fino al 31 marzo 2007; ha escluso che i due termini fossero essenziali, per il primo termine del 31-12-2006 perché la previsione di prorogabilità al 31-3-2007 ne escludeva in radice l’essenzialità; per il secondo termine del 31-3-2007 , ne ha escluso l’essenzialità in ragione della scrittura conclusa dalle parti il 30 marzo, con il quale il termine era stato ulteriormente prorogato al 31-10-2007; quindi ha evidenziato non solo che le parti non avevano indicato l’essenzialità del termine , ma anche che dal contenuto del preliminare e della successiva scrittura del 30-32007 non emergeva che l’interesse delle parti alla stipula del contratto definitivo sarebbe venuto meno per effetto del termine pattuito e poi prorogato, aggiungendo che non risultava neppure che la parte promittente alienante avesse mai adeguatamente documentato di avere sollecitato la stipula del contratto definitivo.
L’ interpretazione del contratto eseguita dalla Corte territoriale si sottrae alle critiche dei ricorrenti incidentali, in quanto la Corte d’appello ha tenuto presente sia il contenuto letterale del contratto sia la condotta delle parti, consistita nel concordare una successiva proroga, per cui gli argomenti dei ricorrenti sono in sostanza finalizzati esclusivamente a proporre una interpretazione diversa da quella eseguita dal giudice di merito, in sé non apprezzabile in questa sede. Neppure il riferimento dei ricorrenti incidentali al fatto che l’art. 8 del
contratto prevedesse una clausola risolutiva espressa è utile a fare emergere un qualche errore interpretativo nella sentenza impugnata. I ricorrenti incidentali sostengono che la clausola risolutiva espressa consisteva nella previsione dell’art. 8 secondo la quale il termine del 31-12-2006, seppure prorogabile secondo le modalità previste dallo stesso art. 8 al 31-3-2007, era essenziale nell’interesse dei promittenti cedenti e il suo inutile decorso avrebbe previsto l’automatica risoluzione del contratto. Però, in forza della lettura datane dalla Corte d’appello , della quale gli argomenti svolti dai ricorrenti non fanno emergere l’erroneità , la circostanza che lo stesso contratto prevedesse la prorogabilità del termine ne escludeva il carattere essenziale; inoltre, secondo la lettura datane dalla Corte d’appello, la scrittura di proroga di data 30-3-2007 del termine che scadeva il 31-3-2007 aveva modificato le previsioni dell’art. 8 , per cui la Corte territoriale non aveva ragione di esaminare la clausola risolutiva espressa, in quanto prevista dall’art. 8 con riferimento al termine del 31-3-2007 prorogato dalle parti medesime.
12.Non deve essere esaminato il motivo di ricorso incidentale condizionato dei ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME (da pag. 35 del loro controricorso), rubricato ‘ violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 2495 cod. civ. -omessa pronuncia sulla carenza di titolarità del diritto fatto valere in capo a RAGIONE_SOCIALE‘ , in quanto proposto per il caso in cui fosse stato ritenuto fondato il ricorso di RAGIONE_SOCIALE
13.In conclusione sono accolti il primo motivo del ricorso incidentale degli eredi COGNOME e altri difesi dall’AVV_NOTAIO e del ricorso incidentale di COGNOME e COGNOME nei termini sopra esposti, in ragione del difetto di legittimazione della cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE all’appello proposto e al ricorso per cassazione , il secondo motivo del ricorso incidentale degli eredi COGNOME e altri e il terzo motivo del
ricorso incidentale di COGNOME e COGNOME sulla cancellazione delle ipoteche e sulla domanda ex art. 96 cod. proc. civ., il quarto motivo del ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE sulle spese di lite di primo grado; la sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti ed ex art.336 cod. proc. civ. nella parte in cui ha dichiarato che il decreto ingiuntivo produceva effetti nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e la sua conferma assorbiva la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE La causa è rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che farà applicazione dei principi esposti e si atterrà a quando sopra ritenuto, pronunciando anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il quarto motivo di ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE , il ricorso incidentale degli eredi COGNOME con altri e il primo e terzo motivo di ricorso incidentale di COGNOME e COGNOME; dichiara inammissibili il primo, secondo e terzo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE, rigetta il secondo motivo di ricorso incidentale di COGNOME e COGNOME;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione