Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24226 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26006/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE COATTA MMINISTRATIVA, RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 805/2021 depositata il 09/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) e la Veneto Banca scpa (d’ora in poi Veneto Banca) per sentir dichiarare l’inefficacia dell’atto di cessione di ramo di azienda dalla RAGIONE_SOCIALE‘ alla EMA e della contestuale delegazione di pagamento con cui era stato ordinato alla EMA di versare il prezzo di acquisto del ramo di azienda alla Veneto Banca, creditrice di RAGIONE_SOCIALE.
La curatela aveva sostenuto la configurabilità del collegamento negoziale tra tali negozi, in quanto diretti a realizzare l’effetto di sottrarre il ramo di azienda ai creditori del fallimento RAGIONE_SOCIALE, mediante cessione della stessa ad altra società con contestuale soddisfazione del credito della banca, in pregiudizio degli altri creditori della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 10.7.2012.
La curatela attrice, stante l’impossibilità di restituire il ramo di azienda ceduto, in quanto oggetto di ulteriore trasferimento da EMA ad altro soggetto, ha chiesto la condanna di EMA al risarcimento dei danni e la condanna di Veneto Banca alla restituzione di 1.400.000.000 €, somma che la banca aveva
ricevuto dalla EMA, a fronte della cessione in suo favore del credito vantato nei confronti della fallita.
Il Tribunale di Ancona, con sentenza n.1078/2017 pubblicata il 27.6.2017, ha accolto la domanda della curatela e per l’effetto ha dichiarato inefficace nei confronti del fallimento RAGIONE_SOCIALE l’operazione di cessione del ramo d’azienda della fallita a RAGIONE_SOCIALE con attribuzione del ricavato a Veneto Banca.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello Intesa San Paolo s.p.a., in qualità di cessionaria della posizione litigiosa in forza del ‘Contratto di cessioni di azienda’ del 26.6.2017, deducendo, in via preliminare l’inopponibilità, ai sensi dell’art. 96 n.3) l. fall., della sentenza impugnata, atteso che il 25.6.2017, vale a dire due giorni prima della pubblicazione della sentenza suddetta (avvenuta il 27.6.2017), la Veneto Banca era stata posta in liquidazione coatta amministrativa, in forza del D.M. 186 del 25.6.2017, adottato in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 2, comma 1 lett. a) Dl n.99 del 2017, pubblicato in pari data. Dalla non opponibilità della sentenza alla procedura concorsuale conseguiva la non apponibilità della medesima ad essa appellante, subentrata nella medesima posizione di Veneto Banca.
La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 805/2021, depositata il 9.7.2021, ha respinto l’appello.
Il giudice d’appello, in primo luogo, ha rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Intesa San Paolo (in realtà attinente all’effettiva titolarità del rapporto controverso) sollevata da Veneto Banca in L.C.A. – intervenuta spontaneamente nel giudizio d’appello – sul rilievo che tale eccezione non poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice, né essere sollevata da una parte diversa da quella cui il difetto di legittimazione si riferisce, per carenza di interesse.
In ogni caso, pronunciandosi comunque su tale eccezione (costituente, in realtà, una mera difesa alla luce delle S.U. n. n.
2951/2016), la Corte d’Appello ha ritenuto che Intesa San Paolo, fosse cessionaria del rapporto controverso sia alla luce di quanto dalla stessa dedotto, , sia in virtù dell’art. 3 comma 1 lett c) DL n. 99/2017, da cui può desumersi che le controversie sorte anteriormente alla cessione dell’azienda stipulata tra Intesa San Paolo e Veneto Banca in L.C.A. sono comprese nella cessione.
Inoltre , il giudice d’appello ha confermato il collegamento negoziale tra cessione di ramo d’azienda e pagamento della banca, circostanza ostativa all’applicazione dell’art. 2901 comma 3° c.c. che sancisce l’irrevocabilità del pagamento di debito scaduto.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Intesa San Paolo RAGIONE_SOCIALE affidandolo a quattro motivi.
Il Fallimento COGNOME ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 96 comma 2° n. 3 L.F., 83 d.gs n. 385/1983.
Espone la ricorrente che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare il fatto decisivo allegato in causa rappresentato dal contratto di cessione stipulato tra Veneto Banca in RAGIONE_SOCIALE e Intesa San Paolo.
Rileva, inoltre, che la sentenza di primo grado del Tribunale di Ancona è inopponibile alla procedura, essendo stata pubblicata in data 27 giugno 2017, ovvero successivamente al 25 giugno 2017, data di apertura della liquidazione coatta amministrativa. Non ricorre, pertanto, la fattispecie di cui all’art. 96 comma 2° n. 3 L.F., che consente l’opponibilità di una sentenza ad una procedura concorsuale se pronunciata prima dell’apertura della procedura medesima.
Ritiene la ricorrente che non essendo la sentenza di primo grado opponibile alla LCA di Veneto Banca, questa non avrebbe potuto trasferire a Intesa San Paolo il debito restitutorio generato dalla stessa sentenza.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla mancanza di pronuncia sul difetto di legittimazione passiva di Intesa San Paolo, nonché per omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. e per la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. La ricorrente censura la nullità della sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto di non potersi pronunciare d’ufficio sul suo difetto di legittimazione passiva (rectius, difetto di titolarità dal lato passivo). Rileva la ricorrente che il giudizio promosso dal fallimento RAGIONE_SOCIALE è riconducibile al contenzioso escluso dalla cessione del 26.6.2017, con la conseguenza che la L.C.A. di Veneto Banca, in adempimento dell’impegno assunto al punto 3.2. del contratto di cessione, aveva interesse ad intervenire per far valere il difetto di legittimazione passiva di Intesa San Paolo.
Con il terzo motivo è stata dedotta l’inefficacia e/o inesistenza del capo della sentenza recante una motivazione ad abundantiam . Rileva la ricorrente che il giudice d’appello, dopo aver ritenuto di non potersi pronunciare sul suo difetto di legittimazione passiva, ha comunque preso una posizione su tale questione preliminare di merito.
Con il quarto motivo è stata dedotta la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., sull’eccezione di irrevocabilità dell’atto impugnato nonché la violazione o falsa applicazione degli artt. 66 e 67 comma 3°, lett d) L.F.
Assume la ricorrente che la complessa operazione revocata – come dato atto dalla stessa Corte d’Appello – era stata posta in essere in
esecuzione di un piano attestato di risanamento ex art. 67 comma 3° L.F., lett d) L.F.
Orbene, l’esenzione dalla revocatoria prevista dall’art. 67 comma 3° lett d) L. F. opera non solo per le azioni revocatorie fallimentari, ma anche per le azioni revocatorie ordinarie esercitate da un fallimento ex art. 66 L.F.
La ricorrente ha, altresì, indicato le ragioni in virtù delle quali la domanda avversaria non può essere accolta per difetto di legittimazione passiva di Intesa San Paolo in base al DL 99/2017 ed al contratto di cessione.
Evidenzia che la pendenza della lite non costituisce elemento sufficiente per considerare la relativa passività ‘inclusa’ nell’Insieme Allegato ceduto ad Intesa San Paolo, atteso che le Passività Incluse devono essere funzionali all’attività di impresa bancaria. Nel caso di specie, il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e Veneto Banca era estinto sin dal 31 agosto 2009 e la posizione era all’evidenza connessa ad un rapporto connesso ad un credito deteriorato.
Orbene l’art. 3.1.4.del contratto di cessione aveva espressamente escluso dal perimetro della cessione a Intesa San Paolo sia i crediti deteriorati, sia i rapporti contrattuali ad essi connessi.
I motivi del ricorso, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono fondati nel senso che segue.
La Corte d’Appello di Ancona (vedi punto 2.2.1) ha ritenuto che Intesa San Paolo s.p.a. fosse titolare del rapporto controverso di cui è causa sul rilievo che l’art. 3 comma 1 del DL n. 99/2017 delimita con chiarezza il perimetro della cessione d’azienda, dei suoi rami, ivi compresi le passività e rapporti giuridici, stipulata dai commissari liquidatori delle banche venete e da Intesa San Paolo s.p.a.< >.
In sostanza, il giudice d’appello ha ritenuto che Intesa San Paolo fosse subentrata nel rapporto giuridico facente capo a Veneto Banca solo perché la controversia di cui è causa era pendente alla data della cessione del 26.6.2017.
Questo Collegio non condivide tale impostazione.
Va premesso che il D.L. n. 99 del 2017 ha devoluto all’autonomia privata l’individuazione delle attività e passività che i commissari liquidatori delle Banche Venete dovevano cedere a Intesa San Paolo s.p.a., pur vietando che l’operazione di cessione includesse specifiche poste. Ne consegue che l’ambito della cessione, che pure è per taluni aspetti definito già in sede di decreto-legge, è per quanto rileva in questa sede fissato in via esclusiva dal contratto, che è il solo deputato a stabilire quale sia la sorte dei rapporti estinti alla data della collocazione delle due banche in liquidazione coatta amministrativa, prevedendo l’art. 3 comma 2 legge cit. che «il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione» Va, inoltre, osservato che il Decreto Legge citato, da un lato, ha delegato al contratto di determinare quanto rientrante nel perimetro della cessione e, dall’altro, ha reso tale contratto efficace nei confronti dei terzi attraverso la semplice pubblicazione dell’operazione sul sito della Banca d’Italia (art. 3, comma 2 del decreto-legge). Tale congegno ha dato vita, come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 225/2022, a «regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente», rendendo manifesto che il decreto-legge ha inteso impiegare il contratto quale strumento di attuazione del programmato
intervento normativo, rendendolo così implicitamente ma ineluttabilmente suscettibile di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione.
In conclusione, quello stipulato il 26 giugno 2017 dai commissari liquidatori delle Banche Venete ed Intesa Sanpaolo s.p.a. è sì un contratto, e non una fonte normativa, ma è nondimeno un contratto sui generis, che si intreccia con il dato normativo, il quale riflette a propria volta i pregressi accordi e pattuizioni e conferisce al contratto efficacia rispetto ai terzi, affidando ai contraenti di stabilire cosa rientri, o non, nel perimetro della cessione: il contratto intercorso tra i commissari liquidatori ed Intesa Sanpaolo s.p.a. costituisce così espressione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, e dunque rientra nella nozione di contratto accolta dall’art. 1321 c.c., suscettibile di interpretazione secondo i criteri dell’interpretazione contrattuale, ma incide altresì sulla regolamentazione di un’ampia pluralità di rapporti, tra l’altro numericamente elevata, quelli che in precedenza intrattenevano le Banche Venete, con conseguente esigenza – al pari, può dirsi a fini esplicativi, di quanto accade per i contratti collettivi cui si riferisce il numero 3 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. – dell’adozione di modalità interpretative tali da garantire uniformità applicativa, necessaria affinché il congegno adottato non fallisca il suo compito di fondare la compiuta regolazione di detti rapporti.
Ricostruito brevemente il quadro normativo sottostante alla controversia di cui è causa, questo Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso, recentemente, da plurime ordinanze di questa Corte (nn. 15083/25; 15086/25; 15088/25; 15670/25; 15671/25; 15673/25; 15675/25; 15678/25; 15680/25; 15684/25; 15686/25, 15689/25), che hanno enunciato il seguente principio di diritto (ribadito dalla sentenza n. 22563/2025): «In tema di controversie intraprese da o contro Veneto Banca s.p.a. o Banca Popolare di Vicenza s.p.a., poi sottoposte a liquidazione coatta
amministrativa durante i rispettivi giudizi, non si verifica il subentro di Intesa Sanpaolo s.p.a. nella posizione sostanziale e processuale delle banche suddette nelle liti pendenti alla data (26 giugno 2017) del contratto di cessione stipulato dai commissari liquidatori di quelle banche con Intesa Sanpaolo s.p.a., giusta il d.l. n. 99 del 2017 (convertito dalla legge n. 121 del 2017), ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti alla data predetta, atteso che tali rapporti rientrano tra quelli di cui al cd. ‘Contenzioso escluso’ previsto nel menzionato contratto».
Infatti, i rapporti bancari già estinti alla data del contratto di cessione tra i commissari liquidatori delle banche venete e Intesa San Paolo s.p.a. non sono compresi tra le ‘passività incluse’ a norma dell’art. 3.1.2.b del contratto di cessione, intendendo per tali solo ‘singoli debiti, passività, obbligazioni e impegni di BPVi …che derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria’. In particolare, il riferimento a tali rapporti non può che essere interpretato nella prospettiva dell’istituto di credito cessionario, privilegiando, cioè, non già un concetto astratto di inerenza e funzionalità del rapporto all’attività bancaria, bensì, una funzionalità all’effettivo e concreto svolgimento dell’esercizio dell’impresa bancaria del cessionario medesimo. Diversamente, del resto, nemmeno si spiegherebbe il motivo per cui dalla cessione sono stati esclusi i rapporti in sofferenza, a norma dell’art. 3.1.4, lett. a), i.
La soluzione interpretativa in oggetto trova conferma nel dato testuale della disposizione che non utilizza l’espressione “attività bancaria’ e cioè quella speciale attività tipologicamente integrata dalla raccolta di risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito (art. 10 t.u.b .), ma la diversa locuzione di ‘impresa bancaria’ che si identifica, sul piano oggettivo, con l’azienda (in quella parte dell’azienda) oggetto di cessione e che comprende tutti i rapporti
che fanno capo all’impresa, indipendentemente dal fatto che siano riferibili alla tipica attività bancaria.
Le parti hanno, dunque, inteso far riferimento a quei rapporti che, oltre ad essere inclusi nei rapporti aziendali, per non essersi esauriti alla data della cessione, debbano per tale ragione reputarsi funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria di Intesa Sanpaolo spa. Tale conclusione è avvalorata dal Secondo Accordo Ricognitivo stipulato tra le parti in data 17 gennaio 2018, il quale, al punto 4 dell’allegato 1.1., sancisce esplicitamente l’esclusione dalla cessione dei contenziosi relativi a rapporti estinti. E in questo senso tale Accordo -come specificamente evidenziato da questa Corte nella sopra citata sentenza n. 22563/2025 – più che valutabile ai sensi dell’art. 1362 c.c., integra esso stesso, e rafforza alla stregua di elemento testuale di ulteriore conferma, l’interpretazione già ricavabile dalla lettura dell’atto di cessione de quo, secondo la quale la pendenza della lite non è criterio sufficiente, per reputare un rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa Sanpaolo s.p.a.
Con riferimento al caso si specie, non vi è dubbio che il debito da restituzione di cui è causa, derivante dall’esercizio vittorioso di un’azione revocatoria ordinaria, rientri tra i debiti relativi a rapporti estinti (se non altro per effetto dello scioglimento automatico del contratto di conto corrente a seguito del fallimento dell’intestataria del conto, a norma dell’art. 78 L.F.), passività che, come detto, non rientrano nel ‘perimetro della cessione’ per le argomentazioni sopra illustrate.
Deve, inoltre, ritenersi erronea l’affermazione della Corte d’Appello, al punto 2.4. della sentenza impugnata, secondo cui sarebbe stata la stessa banca Intesa San Paolo s.p.a. ad aver dedotto di essere la cessionaria del rapporto giuridico controverso.
Intesa San Paolo s.p.a. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Ancona che aveva dichiarato l’inefficacia della
cessione del ramo d’azienda di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, con contestuale delegazione di pagamento di un debito vantato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Veneto Banca -al solo fine di far accertare l’inopponibilità a Veneto Banca della stessa sentenza (pronunciata successivamente alla messa in liquidazione coatta di tale istituto), con la conseguenza che la LCA non avrebbe potuto trasferire a Intesa San Paolo s.p.a. il debito restitutorio generato dalla predetta sentenza.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 24.6.2025