Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21821 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21821 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
sul ricorso 2577/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE VICENZA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 4827/2019 depositata il 06/11/2019i; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/05/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. Intesa San Paolo s.p.a. ricorre a questa Corte -sulla base di tre motivi seguiti da memoria, ai quali resiste con controricorso e memoria RAGIONE_SOCIALE.r.l. -al fine di sentire cassare la sopra riportata sentenza con la quale la Corte di appello di Venezia, definendo il giudizio promosso dalla RAGIONE_SOCIALE per la ripetizione in danno di Banca Popolare di Vicenza delle somme da questa indebitamente incamerate in relazione ai pregressi rapporti correnti tra dette parti, ha previamente ritenuto che, di seguito alla sua interruzione conseguente all’ammissione di detta banca alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, il giudizio fosse stato tempestivamente riassunto con il deposito entro il termine dell’art. 305 cod. proc. civ. del relativo ricorso, a nulla rilevando che la riassunzione non fosse avvenuta nei confronti della procedura; provvedendo nel merito, per quanto qui ancora di interesse, preso atto delle disposizioni recate dal d.l. 25 giugno 2017 n. 99 convertito in l. 31 luglio 2017, n. 121, nonché dall’accordo di cessione stipulato tra le parti il 26.6.2017, ha ritenuto sussistente, in relazione alle domande attrici azionate prima che Banca Popolare di Vicenza fosse posta in l.c.a., la legittimazione passiva di Intesa San Paolo sulla considerazione che «sia il d.l. citato che il contratto di cessione indicano come criterio discretivo tra le passività in contestazione cedute e quelle non cedute quello della pendenza o meno di una
contro
versia (che sia giudiziale o meno nel caso di specie non rileva, dal momento che senz’altro si tratta di contenzioso giudiziale) al momento dell’apertura della LCA, a prescindere che si riferisca a rapporti ancora pendenti o a rapporti già estinti».
1.2. Chiamata inizialmente in trattazione all’adunanza camerale del 21.2.2024, la causa, con ordinanza interlocutoria 5228/2024, è stata rinviata a nuovo ruolo reputandosi, nell’occasione, opportuno che in unico contesto fossero trattati i diversi profili problematici sollevati con riferimento al d.l. 99/2017, al d.m. attuativo e al contratto di cessione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ii primo motivo di ricorso -con il quale si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 110, 305 e 307 cod. proc. civ. per aver la Corte decidente considerato tempestiva la riassunzione del processo operata da RAGIONE_SOCIALE, dopo l’interruzione di esso seguita all’ammissione della banca convenuta alla procedura di l.c.a., notificando ricorso e decreto solo ad Intesa Sanpaolo, tanto che l’integrazione del contradditorio nei confronti della procedura era stata disposta dalla medesima Corte all’udienza di riassunzione -è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ. poiché, nello statuire sul punto, la Corte lagunare si è esattamente attenuta agli enunciati di questa Corte, senza che le argomentazioni difensive della ricorrente ne scalfiscano la fondatezza.
E’ appena perciò il caso di rammentare che per stabile orientamento di questa Corte «la riassunzione del processo si perfeziona nel momento del tempestivo deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione dell’udienza, senza che rilevi l’eventuale inesatta identificazione della controparte nell’atto di riassunzione, dal momento che tale atto è valido, per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi idonei ad
individuare il giudizio che si intende proseguire. Ne consegue che non incide sulla tempestività della riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., la successiva notifica del ricorso e dell’unito decreto, atta invece alla realizzazione del contraddittorio, nel rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”, sicché, ove essa sia stata omessa nei confronti del soggetto che doveva costituirsi, il giudice è tenuto ad ordinarne la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine (in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c.) entro un termine necessariamente perentorio la cui inosservanza determinerà, se del caso, l’estinzione del giudizio ai sensi del citato articolo in combinato disposto con l’art. 307,comma 3 c.p.c.» ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 11/03/2019, n. 6921).
Nulla vi è perciò da aggiungere al riguardo.
3.1. Il secondo motivo di ricorso -con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. in relazione al contratto di cessione e comunque la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4 d.l. 99/107 per aver la Corte decidente erroneamente divisato la legittimazione passiva della ricorrente sul presupposto della pendenza della lite al momento dell’apertura della l.c.a., ritenendo dirimente il dettato dell’art. 3, comma 1, l. c), d.l. 99 sulle controversie ricadenti nel perimetro della cessione, quantunque esso non potesse interpretarsi disgiuntamente dai patti contenuti nel negozio di cessione e dal criterio ivi stabilito al medesimo fine dell’inerenza e della funzionalità dei rapporti trasferendi all’esercizio dell’impresa, in ragione del che la successione nel rapporto avrebbe dovuto essere negata trattandosi di un rapporto già estinto -è fondato nella sua prima allegazione e meritevole di adesione.
Reputa, infatti, il collegio che non si possa condividere la censura orchestrata sulla sola violazione delle norme di legge. L’art. 3,
comma 1, lett. c), d.l. 99/2017 stabilisce che sono escluse dal perimetro della cessione “le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività”. Poiché nella specie è indiscusso che la controversia sia insorta prima della messa in liquidazione coatta amministrativa della banca e si riferisce perciò a fatti ed atti avvenuti prima dell’avvio della procedura, nessuna censura può muoversi alla decisione impugnata che si è esattamente attenuta a questo criterio, riconoscendo per l’appunto la legittimazione passiva di Intesa San Paolo in quanto la controversia era già in essere al momento della l.c.a.
3.2. Dove, viceversa, la tesi patrocinata dal decidente segna il passo è in relazione all’interpretazione del negozio di cessione.
Qui va detto che il d.l. per definire il quadro dei rapporti oggetto di trasferimento in capo ad Intesa ha demandato il compito di stabilire termini e condizioni all’accordo tra le parti. Anzi vi è di più, perché, come annota la Corte Costituzionale nella sentenza 225 del 2022, il decreto riflette il testo dell’intesa a tal riguardo intercorsa tra le parti e per essere più precisi il testo dell’offerta che era stata in tal senso formulata da Intesa San Paolo. Ora, questo significa che nella risoluzione della questione si sarebbe dovuto aver riguardo non solo al dettato normativo, ma anche a quanto previsto dall’accordo del 26.6.2017, nonché al successivo accordo ricognitivo del 17.1.2018.
3.3. Come si è già notato in altra sede, segnatamente da Cass. 15083/25 -che, nell’occasione, ha enunciato un principio di diritto a cui il collegio intende aderire -va sottolineata la peculiarità dell’assetto regolamentare che viene ora al vaglio di questa Corte, ove emerge come il decreto legge abbia inteso impiegare il contratto quale strumento di attuazione del programmato intervento normativo, rendendolo così implicitamente ma ineluttabilmente
suscettibile di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione. Si è infatti osservato che «quello stipulato il 26 giugno 2017 dai commissari liquidatori delle menzionate Banche Venete ed Intesa Sanpaolo s.p.a. è sì un contratto, e non una fonte normativa, ma è nondimeno un contratto sui generis , che si intreccia con il dato normativo, il quale riflette a propria volta i pregressi accordi e pattuizioni e conferisce al contratto efficacia rispetto ai terzi, affidando ai contraenti di stabilire cosa rientri, o non, nel perimetro della cessione: il contratto intercorso tra i commissari liquidatori ed Intesa Sanpaolo S.p.A. costituisce così espressione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, e dunque rientra nella nozione di contratto accolta dall’art. 1321 c.c. , suscettibile di interpretazione secondo i criteri dell’interpretazione contrattuale , ma incide altresì sulla regolamentazione di un’ampia pluralità di rapporti con conseguente esigenza dell’adozione di modalità interpretative tali da garantire uniformità applicativa, necessaria affinché il congegno adottato non fallisca il suo compito di fondare la compiuta regolazione di detti rapporti».
3.4. Dall’intreccio tra dati normativi (art. 3, comma 1, lett. c), d.l. 99/2017) e dati negoziali (art. 3.1.2, lett. b), art. 3.1.4. e art. 3.1.4, lett, b) del contratto, che identificano il perimetro della cessione, stabilendo, in particolare il primo, che sono oggetto di cessione le passività ” che derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria”) emerge, allora, che per stabilire se i debiti derivanti rapporti (come quello di cui oggi si discute) cessati in data antecedente all’apertura (avvenuta il 25 giugno del 2017) della liquidazione coatta amministrativa della banca siano ricompresi o no nel contenzioso pregresso e siano perciò o meno oggetto di trasferimento non è sufficiente il mero dato temporale della sola pendenza della corrispondente lite al momento (26 giugno 2017)
della cessione, ma occorre chiedersi se si tratti o meno di debiti che ” derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria”. A questo riguardo si è ritenuto necessario precisare, a fronte dell’oggettiva opinabilità della locuzione, che essa deve essere intesa, in adesione, del resto, alla volontà rappresentata dalle parti -e, segnatamente, dalla parte forte del rapporto -nel senso di ritenere inclusi nella cessione i soli rapporti aziendali che rilevino finalisticamente per lo svolgimento della specifica attività di impresa della cessionaria, sicché le passività oggetto di trasferimento debbono inscriversi in rapporti che per tale ragione si rendano funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria da parte della cessionaria. E’ palese, perciò, che il riferimento a debiti che ” derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria” non può che essere interpretato nella prospettiva dell’istituto di credito cessionario, privilegiando, cioè, non già un concetto astratto di inerenza e funzionalità del rapporto all’attività bancaria, bensì, una funzionalità all’effettivo e concreto svolgimento dell’attività bancaria da parte del cessionario medesimo. Il che porta, come ovvia conseguenza, ad affermare che la cessione non può ricomprendere le liti inerenti a rapporti estinti, non essendo essi, per definizione che ne evidenzia la mancanza di attualità, “inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria”.
Letteralmente, dunque, l’interpretazione a cui presta adesione il decidente non si giustifica sul piano della coerenza testuale, dato che già la mera lettura del testo negoziale dimostra che il criterio della pendenza della lite non è l’unico individuato dai contraenti per considerare la relativa passività come inclusa nel perimetro del negozio traslativo.
3.5. Questo assunto si rafforza anche alla stregua del comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto. E ciò perché
secondo l’Accordo ricognitivo del 17.1. 2018, l’esclusione dalla cessione dei contenziosi relativi a rapporti estinti (sancita al punto 4 dell’Allegato 1.1) è stata ribadita dai commissari liquidatori delle due Banche Venete in l.c.a. e da Intesa Sanpaolo s.p.a. con efficacia, appunto, meramente ricognitiva (e, proprio per tale ragione, munita della medesima efficacia verso i terzi attribuita dall’art. 3 del d.l. n. 99 del 2017 al contratto di cessione) degli accordi già sanciti e desumibili dall’interpretazione del contratto di cessione qui considerata conforme a legge.
3.6. Va allora conclusivamente ribadita la convinzione, già enunciata dal precedente citato, che, applicando correttamente i principi di ermeneutica contrattuale, « l’unica lettura possibile del contratto di cessione de quo è quella per cui la pendenza della lite non può ritenersi un criterio sufficiente, da solo, per reputare un rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa Sanpaolo s.p.a., in quanto una passività, benché oggetto di un contenzioso pendente al 26 giugno 2017, ben potrebbe non integrare il requisito della inerenza e funzionalità all’impresa bancaria della odierna controricorrente».
La Corte di appello, cassandosi, dunque, la sentenza impugnata in accoglimento del secondo motivo di ricorso, dovrà rivalutare il quadro istruttorio alla luce dei principi qui enunciati.
Accogliendosi il secondo motivo di ricorso, il terzo motivo -che argomenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2558 e 2560 cod. civ. poiché la Corte di appello avrebbe ritenuto erroneamente applicabile al caso di specie le norme in rubrica -resta conseguentemente assorbito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso; cassa
l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Venezia che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il 30 maggio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME