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Cancellazione società credito: non è rinuncia tacita

Una società, dopo aver vinto in primo grado contro una banca per la restituzione di somme indebite, si è cancellata dal registro delle imprese. La Corte d’Appello ha interpretato la cancellazione come rinuncia al credito. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la cancellazione società credito non è sufficiente a provare una volontà di rinuncia, che deve essere inequivocabile. Il credito si trasferisce ai soci.

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Cancellazione Società e Credito Pendente: Non è una Rinuncia Automatica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16607/2024, affronta un tema cruciale per il diritto societario e processuale: quali sono le sorti di un credito oggetto di una causa pendente quando la società creditrice si cancella volontariamente dal registro delle imprese? La questione sulla cancellazione società credito è stata al centro di un dibattito che vede contrapposte due interpretazioni: da un lato, la cancellazione come atto di rinuncia tacita al diritto; dall’altro, come un fenomeno successorio che trasferisce il diritto in capo ai soci. La Suprema Corte offre un chiarimento fondamentale, consolidando un principio a tutela dei diritti creditori.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna della Banca alla Cancellazione

Una società in nome collettivo aveva intentato una causa contro un istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente percepite, relative a interessi passivi ultralegali, capitalizzazione trimestrale e commissioni di massimo scoperto. Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, condannando la banca al pagamento di una cospicua somma.

Successivamente, l’istituto di credito proponeva appello. Nelle more del giudizio di secondo grado, la società attrice, in fase di liquidazione, veniva volontariamente cancellata dal registro delle imprese. Questo evento è diventato il fulcro della controversia in appello.

La Decisione della Corte d’Appello: La Cancellazione come Rinuncia al Credito

La Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza di primo grado, accogliendo il motivo di appello principale della banca. Secondo i giudici di secondo grado, la cancellazione volontaria della società dal registro delle imprese, avvenuta prima che il credito fosse accertato in via definitiva e senza che fosse stato inserito nel bilancio finale di liquidazione, costituiva una manifestazione di volontà di rinuncia tacita al diritto litigioso. Di conseguenza, la Corte dichiarava la cessazione della materia del contendere, ritenendo che la pretesa creditoria fosse venuta meno a causa di un fatto sopravvenuto che eliminava il contrasto tra le parti.

Le Motivazioni della Cassazione: la cancellazione società credito non è sufficiente

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ex socio della società estinta, cassando la sentenza d’appello. La Suprema Corte ha ritenuto errata l’impostazione giuridica dei giudici di merito, ribadendo un principio già espresso in precedenti pronunce (in particolare, Cass. n. 9464/2020).

L’Equivocità della Cancellazione

Il punto centrale della motivazione risiede nel fatto che la mera cancellazione dal registro delle imprese è un atto di per sé “equivoco”. Non può essere interpretato automaticamente come una volontà di rinunciare a un credito, specialmente se tale credito è oggetto di un contenzioso. La Cassazione sottolinea che la remissione del debito, per essere valida, richiede una volontà inequivocabile del creditore, che deve essere rigorosamente provata da chi intende avvalersene (in questo caso, la banca debitrice).

Successione dei Soci nei Rapporti Giuridici

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, la Cassazione afferma che la cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese non estingue i debiti e i crediti pendenti. Si verifica, piuttosto, un fenomeno di tipo successorio, in cui i soci subentrano nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi che facevano capo alla società estinta. Pertanto, il credito vantato in giudizio non si estingue, ma si trasferisce in capo ai soci, i quali hanno pieno diritto di proseguire l’azione legale per ottenerne il soddisfacimento.

La Corte ha specificato che presumere una rinuncia sulla sola base della cancellazione equivarrebbe a creare una “presunzione assoluta priva dei caratteri ex art. 2729 c.c.”, ovvero senza i requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Conclusioni: Cosa Significa per Soci e Creditori

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che la liquidazione e la successiva cancellazione di una società non sono uno strumento per eludere le proprie obbligazioni o per perdere i propri diritti. I creditori di terzi non possono considerare estinto un debito solo perché la società creditrice si è cancellata, né i soci perdono automaticamente i diritti di credito della società estinta. Per affermare l’estinzione di un credito per rinuncia, è necessario che la parte debitrice fornisca la prova certa e inequivocabile di tale volontà da parte del creditore. In assenza di tale prova, il processo continua con i soci come successori della società.

La cancellazione di una società dal registro delle imprese mentre è in corso una causa per un credito comporta automaticamente la rinuncia a tale credito?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mera cancellazione non è sufficiente a dimostrare una volontà di rinuncia al credito. Questo atto è considerato “equivoco” e, in assenza di prove inequivocabili di una volontà remissoria, i diritti di credito si trasferiscono ai soci.

Cosa succede ai crediti di una società che viene cancellata dal registro delle imprese?
Secondo la sentenza, in mancanza di una chiara rinuncia, i crediti non si estinguono ma vengono trasferiti ai soci, i quali possono proseguire l’azione legale per il loro recupero. La cancellazione determina un fenomeno successorio.

Quali prove sono necessarie per dimostrare che una società ha rinunciato a un credito prima della sua cancellazione?
La volontà di rinunciare al debito (remissione) deve essere provata “con rigore” da chi la sostiene. È necessario dimostrare una volontà inequivoca, manifestata anche attraverso un comportamento concludente, di voler rimettere il debito, comunicandola al debitore. La sola cancellazione non è una prova sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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