Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 218 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 218 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
Oggetto: Responsabilità patrimoniale -Revocatoria ordinaria –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8856/2022 R.G. proposto da
PIANA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso, domiciliate ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del leale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso
la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;
-controricorrente – avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 379/2022 depositata il 16/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023 dalla Consigliera NOME COGNOME
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Bologna ha respinto l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, e dichiarata la contumacia di quest’ultima, ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia che aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dell’atto di vendita di un opificio industriale in data 21.12.2010, trascritto il 13.01.2011, avvenuto tra RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE con condanna delle parti appellanti alle spese di lite.
2. Per quel che ancora rileva, a sostegno della domanda in prime cure la RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto di essere creditrice della somma di Euro 537.173,38 – credito ancora sub iudice , derivante dai lavori eseguiti nell’opificio de quo e aveva rappresentato che la compravendita del medesimo opificio fosse avvenuta tra due società dello stesso gruppo (RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – alienante, e RAGIONE_SOCIALE. – acquirente, in seguito fusasi nella RAGIONE_SOCIALE) e che quindi dovesse presumersi la consapevolezza del danno arrecato con l’atto dispositivo . La convenuta Piana del Sele contestava la domanda, negandone la fondatezza e chiedendo il rigetto. Interveniva in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE in adesione alle domande dell’attrice. Il Tribunale di Reggio Emilia con la sentenza n. 694/2019, dichiarava prescritta la domanda proposta dall’intervenuta RAGIONE_SOCIALE e
C.C. 5. 10.2023
n. r.g. 8856/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. RAGIONE_SOCIALE. COGNOME accoglieva la domanda revocatoria proposta da COGNOME RAGIONE_SOCIALE ritenendo sussistenti gli elementi soggetti e oggettivi fondanti la medesima.
Avverso la decisione della Corte di appello hanno proposto, con un unico atto, ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE fondato su quattro motivi. Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c..
Le parti hanno depositato rispettive e distinte memorie.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, le ricorrenti lamentano in relazione all’ art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c. la violazione di norma e/o di principio di diritto in relazione agli artt. 1188, 1243, 2901 c.c., nonché l’ omessa pronuncia ex art. 100 c.p.c.; in particolare, deducono la insussistenza della legittimazione e/o dell’interesse dell’attore in revoca, in quanto le sue ragioni creditorie erano state integralmente estinte.
Il motivo è infondato.
I giudici di merito, contrariamente a quanto osservato dalle ricorrenti, in tema di legittimazione/interesse della creditrice in revoca e inesistenza del credito, hanno accertato la sussistenza dei presupposti sia oggettivi sia soggettivi dell’azione revoc atoria in capo alla società creditrice.
In particolare, la Corte d’appello, in accordo con il giudice di primo grado, sulla base di una nozione lata del credito, per come precisata dalla giurisprudenza di legittimità e idonea per agire in revocatoria (viene richiamata al riguardo la pronuncia: Cass. Sez. 6-3 19/02/2020 n. 4212), ha accertato la non pretestuosità del credito della Iennaco sulla base della esistenza di un giudizio instaurato dalla odierna resistente per l’accertamento del suo credito, consistente nel compenso professionale preteso per i lavori eseguiti nell’opificio industriale per l’importo di Euro 537.173,38.
C.C. 5. 10.2023
n. r.g. 8856/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
Come più volte affermato d questa Corte, il giudizio di revocatoria attiene alla conservazione alla garanzia patrimoniale e non all’accertamento dell’esistenza del credito, che nel giudizio ex art. 2901 c.c. deve essere ritenuto probabile, non necessitando neppure un onere di preventiva introduzione del giudizio di accertamento del credito (Cass. Sez. 3, 04/08/2016 n. 16293).
La circostanza allegata dalle odierne ricorrenti secondo cui nel giudizio parallelo (n.r.g. 6000/2017 dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore) la COGNOME sarebbe risultata soccombente, non è sufficiente a scalfire quanto già affermato dalla Corte d’appello in proposito, e cioè che l’azione revocatoria non persegue scopi restitutori ma mira a conservare la garanzia generica che il debitore deve offrire a tutti debitori presenti e futuri, tenuto conto che le stesse parti ricorrenti danno conto che la COGNOME ha convenuto nuovamente in giudizio Piana del Sele dinanzi al Tribunale di Salerno (n.r.g. 1203/2023 cfr. ricorso pagg. 6 e 7 e memoria pag. 3).
Con il secondo motivo, denunciano ai sensi dell’ art. 360, co. 1, n. 3 e 4 c.p.c. Violazione di norma e/o di principio di diritto e omessa decisione in relazione agli art. 1273, 2901 e 100 c.p.c.; nello specifico, lamentano l’omessa valutazione della carenza di legittimazione passiva della parte convenuta ex art. 2901 c.c., in quanto la stessa, sulla base della documentazione agli atti fin dal 2002 era stata liberata, giusto accollo liberatorio, da parte della attrice in revoca.
4. Il motivo è inammissibile.
La censura con cui si fa valere l’estinzione del debito in quanto la debitrice COGNOME sarebbe stata liberata, giusto accollo liberatorio del 2002, da parte dell’attrice in revoca, con la conseguenza della sopraggiunta estinzione del credito, è questione nuova; in proposito, nulla viene dedotto da parte ricorrente sul come e quando ha posto la questione nel merito in relazione ai criteri imposti dall’art. 366 c.p.c.e n eppure è ammissibile, per la
C.C. 5. 10.2023
n. r.g. 8856/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME stessa ragione, la deduzione secondo cui il credito della ditta COGNOME sarebbe stato accollato dalla RAGIONE_SOCIALE
Ebbene dette questioni nella sentenza di appello non vengono punto affrontate, avendo la Corte d’appello affermato come, nel caso di specie, «con la vendita di un immobile, bene di per sé facilmente aggredibile dai creditori, la società debitrice ha reso più difficoltosa l’azione dei propri creditori essendo il denaro rinveniente alla compravendita (conseguito in parte, essendo il residuo pagamento eseguito mediante accollo di un preesistente debito) facilmente occultabile», che il pagamento effettuato dalla Piana del Sele, per come accertato, costituiva soltanto una parte del credito e che fosse da considerarsi come «significativa la circostanza, evidenziata dalla difesa dell’appellata, che la società RAGIONE_SOCIALE ha riportato perdite nei numerosi esercizi e non ha neppure depositato i bilanci com’era suo obbligo» (punto 6.2.1 della motivazione in diritto sentenza impugnata).
In definitiva, va rilevato che le doglianze proposte col motivo in esame tendono a contrapporre a questo motivato apprezzamento della Corte d’appello una diversa lettura fornita dall e ricorrenti , omettendo quest’ultima di considerare che la valutazione delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete anche la scelta, tra le prove stesse, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. tra tutte: Cass. Sez. U.,7/4/2014, n. 8053).
5. Con il terzo motivo, denunciano ai sensi dell’ar t. 360, co. 1, n. 3 e 5 c.p.c. la violazione di norma e/o principio di diritto in relazione agli artt. 2901 e 2697 c.c. nonché vizio di motivazione per carente e/o contraddittoria motivazione; nello specifico, gli odierni ricorrenti sottolineano la violazione del disposto dell’art. 2901 c.c. in considerazione di evidenti errori di motivazione compiuti dal giudice del merito in ordine al profilo dell’eventus damni.
Con il quarto motivo denunciano in relazione all’ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. la violazione di norma e/o di principio di diritto in relazione agli art. 2727, 2729 e 2901 c.c., nonché al riguardo la carente e contraddittoria motivazione. Sostengono l’erroneo giudizio circa l’elemento della scientia damni , in quanto basato su elementi presuntivi che in sé, però, non si riferiscono alla consapevolezza del pregiudizio che l’atto di compravendita avrebbe potuto arrecare al creditore dell’alienante, sicché sarebbe stato ritenuto provato ciò che non era stato provato.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili sotto un triplice concorrente profilo.
7.1. In primo luogo, essi sono inammissibili in quanto trova applicazione, nel caso di specie, l’esclusione prevista dall’art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c. -della possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 stesso codice, vertendosi in ipotesi di sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’). Al riguardo, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione (ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, applicabile ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012) e che il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ha l’onere nella specie non assolto -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 06/08/2019, n. 20994; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 18/12/2014, n. 26860).
7.2. In secondo luogo, sono altresì inammissibili in quanto il controllo sulla motivazione può investire esclusivamente l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale sussiste nelle sole ipotesi di «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico», di «motivazione apparente», di «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e di «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», sicché il sindacato sulla motivazione è possibile solo con riferimento al parametro dell’esist enza e della coerenza, non anche con riferimento al parametro della sufficienza (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; v. anche Cass. 08/10/2014, n. 21257 e Cass. 12/10/2017, n. 23940).
Nella vicenda in esame, consimili vizi non sono stati denunciati, atteso che, al di là di formali riferimenti alla motivazione ‘ carente ‘ (richiamo di precedenti incoerenti con la fattispecie esaminata) o ‘contraddittoria’ (sulla pretesa illazione ricavata dal mancato deposito dei bilanci della debitrice), nella sostanza si deduce che il giudice di merito, nel fare applicazione di una norma, non avrebbe indicato le ragioni per le quali aveva ritenuto sussistenti i requisiti ( eventus e scientia damni ) di cui all’art. 2901 c.c. .
Si tratta, dunque, di vizi che, a prescindere dalla loro sussistenza, appartengono, dal punto di vista della prospettazione, alla sfera della sufficienza e non a quella della esistenza o della coerenza della motivazione.
7.3. I motivi sono inoltre inammissibili nella parte in cui, ad onta della loro formale intestazione, denunciano la violazione di norme di diritto e riproponendo profili di fatto, invocano una rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ottenere dalla Corte di legittimità un inammissibile nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello motivatamente formulato dal giudice di appello.
Ebbene la Corte territoriale nell’esercizio dei propri legittimi poteri di valutazione, ha accertato la sussistenza del requisito del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, affermando che l’ eventus damni sussiste in base alle seguenti risultanze: -l ‘alienazione dell’opificio industriale a Newlat Food, società capofila dell’alienante, la quale si è arricchita, acquisendo l’ immobile, a discapito della società Piana del Sele, che si è impoverita; la mancata prova che il prezzo della compravendita sia stato pagato ; l’insufficienza del
patrimonio della società debitrice rispetto alla garanzia del credito (cfr. punto 6.2.1. in motivazione in diritto della sentenza impugnata). Quanto al requisito della scientia damni , ha affermato la sufficienza della mera consapevolezza di arrecare un pregiudizio agli interessi del creditore, accertabile anche mediante presunzioni: – la conoscenza da parte della società alienante e di quella acquirente, facenti parte dello stesso gruppo societario, delle ragioni di credito vantate dalla COGNOME; difatti, la Corte d’appello ha ritenuto che «sia la società venditrice che quella acquirente facenti parte dello stesso gruppo erano perfettamente a conoscenza delle ragioni di credito vantate dalla COGNOME nei confronti della Piana del Sele e del contrasto rivolto alle stesse con ogni mezzo possibile»; – conoscenza corroborata dalla accertata sussistenza di vincoli parentali tra i legali rappresentanti delle due società contraenti, che sono risultati germani, della circostanza che le due società risultano condividere la medesima sede e lo stesso indirizzo e-mail/pec (punto 6.3. della motivazione in diritto della sentenza impugnata).
In proposito, va disattesa la doglianza di violazione dell’art. 2729 c.c. per avere la Corte d’appello correttamente accertato la scientia damni mediante ricorso alle presunzioni; ragionamento presuntivo ammissibile e sufficiente per consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, valorizzando nel complesso le circostanze sopra indicate (Cass. Sez. 3, 05/03/2009 n. 5359; Cass. Sez. 3, 18/01/2019 n. 1286).
Pertanto, la Corte d’appello – non violando alcuna delle norme evocate da parte ricorrente – si è posta in linea con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il pregiudizio può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore (ad esempio, conseguente alla dismissione dei beni), ma anche in una variazione qualitativa (ad esempio, conseguente alla conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili o in una prestazione di facere infungibile), quando detta variazione sia tale da rendere più difficile la soddisfazione dei creditori stessi (tra tante: Cass. Sez.
1, 26/02/2002 n. 2792; in tema di revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale Cass. Sez. 3, 17/01/2007 n. 966; di recente in tema di cessione di crediti: Cass. Sez. 3, 19/02/2020 n. 4244).
Infine, va pure osservato che le doglianze proposte omettono di considerare che la valutazione delle prove è attività riservata al giudice del merito, cui compete anche la scelta, tra le prove stesse, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. Cass. Sez. U.,7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 e Cass. n. 21753 28/08/2019).
Le suddette valutazioni, alla stregua di quanto sopra esposto, non risultano idoneamente censurate dalle ricorrenti, e non possono essere, nella specie, rimesse in discussione in questa sede di legittimità, tra l’altro presupponendo accertamenti di merito invero preclusi in questa sede.
6. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidare come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
C.C. 5. 10.2023 n. r.g. 8856/2022 Pres. L.A. RAGIONE_SOCIALE COGNOME
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile,