Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8054 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10554/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) e rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME NOMEEMAIL, giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (EMAIL), giusta procura
speciale
allegata
al
contro
ricorso.
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 221/2023 depositata il 19/01/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/12/2023
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 221/2023 della Corte di Appello di Napoli del 19 gennaio 2023 ( emessa all’esito di giudizio di rinvio a seguito dell’ordinanza n. 9638 del 19 aprile 2018 di questa Suprema Corte di Cassazione), che, accogliendo la relativa domanda, ha dichiarato l’inefficacia ex art. 2091 cod. civ., nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito di Unicredit RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, dell’atto di compravendita del 02.08.2004, con il quale NOME COGNOME ha venduto alla figlia NOME COGNOME l’unico immobile di sua proprietà sito in Napoli.
Resiste la RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
In data 12.6.2023 e 12.7.2023 la RAGIONE_SOCIALE depositava telematicamente istanza di sollecita fissazione di udienza.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1, cod. proc. civ.
I ricorrenti e la società resistente hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., per non aver la sentenza
considerato la circostanza dell’intervenuto fallimento personale del debitore e le relative implicazioni giuridiche e pratiche’.
1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ‘anche in conseguenza dell’omesso esame di cui al 1° motivo, violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 2901, 2697, 2727 e 2729 cod. civ. nonché 51 e 52 legge fallimentare (all’epoca vigente) e 41, comma secondo, t.u.b., per avere la sentenza presunto la conoscenza del pregiudizio da circostanze non sussistenti, irrilevanti e prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza’.
1.3. I ricorrenti precisano poi espressamente che ‘i due motivi vengono trattati congiuntamente, dipendendo in gran parte dal primo le violazioni denunziate col secondo’ e sintetizzano le censure proposte nei seguenti termini: ‘Si ritiene che la corte di appello, nel ragionamento logico-presuntivo che l’ha condotta a ritenere provata, sia in capo al debitore alienante che, soprattutto, in capo al terzo acquirente, la conoscenza del pregiudizio dell’atto rispetto alle ragioni creditorie, abbia omesso di considerare il fatto decisivo dell’intervenuto fallimento personale di COGNOME NOME e, trascurando le sue specifiche implicazioni giuridiche e fattuali, abbia completamente travisato la fattispecie concreta, con ciò violando le norme dettate in materia di onere della prova e di presunzioni semplici in rapporto alla dimostrazione richiesta ai fini della revocatoria ordinaria e con ciò disapplicando anche i principi consolidati espressi dalla Suprema Corte di Cassazione in tema di oggetto della prova nella revocatoria ed in tema di presunzioni’.
I motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
In tema di azione revocatoria ordinaria, questa Corte ha già avuto modo di affermare i seguenti principi di diritto:
quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del
credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (cfr. Cass., 31/03/2021, n. 8824; Cass., 18/06/2019, n. 16221; Cass., 07/11/2018, n. 28427; Cass., 18/09/2015, n. 18315);
a fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. A questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro (v. Cass., 18/06/2019, n. 16221; Cass., 03/02/2015, n. 1902; Cass., 09/02/2012, n. 1896; Cass., 29/03/2007, n. 7767);
La prova della scientia fraudis del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente. (cfr. Cass., 18/01/2019, n. 1286; Cass., 26/01/2016, n. 1404; Cass., 05/03/2009, n. 5359).
2.1. Orbene, la corte territoriale ha attribuito rilievo alle
decisive circostanze che i contraenti fossero uniti da stretto rapporto parentale (padre-figlia), che con la compravendita oggetto di causa il padre, venditore, si fosse spogliato del suo unico bene immobile, che la figlia NOME COGNOME avesse proceduto a liquidare e stralciare le posizioni dei creditori insinuati nel fallimento del padre NOME COGNOME, del quale, pertanto, non poteva non conoscere la complessiva situazione patrimoniale anche in relazione al fallimento della società, tale NOME, da lui garantita come fideiussore ed anch’essa fallita, e, sulla base di queste circostanze ed in relazione all’accertamento dei presupposti dell’azione revocatoria, ha svolto il proprio il ragionamento presuntivo (sul quale, in generale, v. Cass., 07/12/2023, n. 34370; Cass., 22/06/2020, n. 1218; Cass., 05/06/2019, n. 15454; Cass., 29/01/2019, n. 2482).
2.2. Invece, le critiche di parte ricorrente non solo mancano di dare contezza dell’assenza dei caratteri propri delle presunzioni nella ponderazione effettuata dalla corte territoriale, ma sono orientate a prospettare un diverso percorso di inferenza probabilistica inammissibilmente in termini di mera contrapposizione, in particolare evidenziando la circostanza per cui neppure lo stesso debitore NOME COGNOME era in grado di conoscere l’esistenza del credito della banca (poi ceduto a COGNOME RAGIONE_SOCIALE) nei suoi confronti a causa della complessa situazione che vedeva coesistere una procedura esecutiva a suo carico, in cui la banca non era creditrice procedente ma solo intervenuta, e due procedure concorsuali, quella della RAGIONE_SOCIALE, di cui egli era fideiussore ed in cui la banca si era insinuata al passivo, ed il suo fallimento in proprio, in cui la banca non si era insinuata.
Con una siffatta ricostruzione, tuttavia, i ricorrenti pervengono ad inammissibilmente sollecitare un riesame del merito e della prova presupponenti accertamenti di fatto invero
preclusi a questa Corte di legittimità e riservati alla motivata valutazione del giudice del merito ( ex permultis , Cass., Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007. E già Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523 ).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza