Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21325 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21325 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20010/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, NOME COGNOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimato – avverso la sentenza n. 432/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 23/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Nel 1995 il Banco di Napoli concesse a NOME COGNOME un mutuo agrario di 178.570.000 lire, da utilizzare per l’acquisto di attrezzature e impianti agricoli sui fondi del mutuatario.
Deceduto il COGNOME il 23/6/1998 e non pagata la prima delle quattro cambiali agrarie, scaduta il 30/6/1998, la Banca ottenne il sequestro e la ‘vendita a danno’ dei frutti pendenti e delle attrezzature aziendali.
NOME e NOME COGNOME rinunciarono all’eredità del padre, sicché gli unici eredi restarono la moglie NOME COGNOME e il figlio interdetto NOME.
NOME COGNOME e, per una parte dei fondi, anche NOME COGNOME, avevano venduto, alcuni mesi prima del decesso del primo, l’intero patrimonio immobiliare ai figli NOME e NOME.
Il Banco di Napoli citò in giudizio, con atto del 2000, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME perché fosse dichiarata la simulazione relativa degli atti di compravendita, dissimulanti donazioni e, in subordine, perché gli anzidetti contratti fossero dichiarati inefficaci nei confronti dell’attore, perché stipulati in danno del credito da questo vantato.
1.1. Il Tribunale, accolta la domanda revocatoria, dichiarò l’inefficacia degli atti nei confronti dell’istituto di credito.
La Corte d’appello di Salerno rigettò l’impugnazione dei soccombenti convenuti.
2.1. È utile, sia pure in sintesi, riprendere il percorso argomentativo della statuizione di secondo grado.
Gli appellanti avevano dedotto che il Tribunale, mancando di valutare la documentazione in atti, non aveva considerato che il prestito agrario aveva natura personale, trovando garanzia solo nei frutti pendenti e nelle attrezzature e, pertanto, il preteso credito non poteva essere fatto valere nei confronti dei convenuti; inoltre, non era stato esaminato il contenuto degli atti di compravendita, di cui uno indicava prezzo corrispondente alla metà dell’effettivo valore, e il cui corrispettivo era stato utilizzato per liberare gli
immobili da garanzie ipotecarie, riguardanti crediti scaduti; non era stato dimostrato il ‘consilium fraudis’; il Tribunale si era basato sulle risultanze di una erronea c.t.u., che non aveva tenuto conto delle caratteristiche dei fondi e dei prezzi di mercato.
La Corte di Salerno dichiara inammissibile l’eccezione a riguardo della natura personale del credito agrario perché avanzata per la prima volta in appello.
Ugualmente nuova viene giudicata l’eccezione con la quale gli appellanti avevano affermato che il Banco di Napoli era stato soddisfatto del proprio credito dal RAGIONE_SOCIALE.
Era, invece, generica l’impugnazione del rigetto in primo grado dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva, poiché gli appellanti non avevano offerto <>.
La sentenza del Tribunale aveva disatteso l’eccezione d’improponibilità dell’azione revocatoria, che era stata fondata sul presupposto che l’istituto di credito aveva ottenuto sequestro agrario e intrapreso azione esecutiva, motivando nel senso che la questione non poteva sollevarsi <>. Per contro, il motivo d’appello, con il quale gli appellanti evocavano gli artt. 43, 44 e 46 del d. lgs. n. 385/1993 non coglieva una tale ‘ratio decidendi’.
Peraltro, soggiunge la Corte di Salerno, <>.
Non era rimasto provato che il ricavato delle vendite era stato utilizzato per pagare debiti scaduti.
Infine, il prezzo di vendita, pur tenuto conto del peso delle ipoteche, ben al di sotto di quello di mercato, siccome accertato dal c.t.u., indirizzava nel senso della piena consapevolezza in capo agli acquirenti di sottrarre gli immobili alla garanzia della banca creditrice.
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso sulla base di sette motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
La controparte è rimasta intimata.
Con il primo e il secondo motivo, tra loro collegati, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 l. Regione Campania n. 55/1977, 22, 23 e 75 l. Regione Campania n. 42/1982, 43, 44 e 46 l. n. 385/1993, 2 e 8 l. n. 1760/1928, nonché 132, n. 4 cod. proc. civ. e 111 Cost.
Con l’insieme censorio i ricorrenti aggrediscono più profili della pronuncia:
per giurisprudenza pacifica il prestito di esercizio e il relativo privilegio non presuppongono che il mutuatario sia il proprietario del fondo, ma soltanto il possessore e il privilegio reale afferisce ai frutti, anche se la proprietà dell’immobile è di terzi;
-la sentenza impugnata si era discostata dai principi giurisprudenziali consolidati avendo confermato quella del Tribunale, che aveva disatteso la carenza di legittimazione passiva, avanzata dagli esponenti, affermando che la questione era irrilevante in presenza di pronuncia d’accertamento, siccome richiesta dal Banco di Napoli, senza considerare che la natura
personale del debito agrario nei confronti di NOME COGNOME non lo rendeva trasferibile agli eredi che non avevano accettato l’eredità;
il Banco di Napoli, essendo il prestito garantito per legge dal RAGIONE_SOCIALE, aveva già ottenuto il rimborso;
la deduzione in ordine alla natura personale del credito non costituiva, siccome erroneamente reputato dalla Corte locale, un’eccezione, bensì una <> sulla corretta applicazione della disciplina, che non soffriva preclusioni;
la prospettata carenza di legittimazione passiva non avrebbe potuto giudicarsi generica, essendo basata sulla riportata regolamentazione del credito agrario;
il richiamo alla disciplina speciale rendeva ragione, a dispetto di quel che aveva affermato la sentenza d’appello, dell’eccezione proposta dagli esponenti in sede di giudizio di opposizione all’esecuzione e rigettata ingiustamente dal Tribunale.
L’insieme impugnatorio merita rigetto e, in parte, risulta inammissibile.
Prescindendosi qui da ogni altra ‘ratio decidendi’, la sentenza d’appello ha disatteso la prospettazione degli appellanti evidenziando che la natura personale del debito (cioè il fatto che il debito del ‘de cuius’ non fosse ancorato a garanzia ipotecaria), non rende perciò privi di legittimazione i terzi (tali devono reputarsi gli eredi non accettanti) che avevano concorso a sottrarre alla garanzia patrimoniale generica gli immobili alienati e fatti oggetto dell’azione revocatoria. Ciò solo basta.
Quanto all’asserito rimborso da parte del RAGIONE_SOCIALE si tratta di un asserto privo di qualunque specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza e, pertanto, non verificabile in questa sede.
Con il terzo, il quarto e il quinto motivo, tra loro osmotici, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ. e 2901 cod. civ.
Sul presupposto del fondamento dei primi due motivi si sostiene che il Banco di Sicilia, garantito dalle leggi speciali richiamate, non avrebbe potuto agire con l’azione revocatoria, essendo, quindi, privo di legittimazione.
Per contro, la Corte d’appello non aveva pronunciato sulla specifica deduzione degli esponenti.
5.1. Il motivo non ha fondamento giuridico.
Il creditore, al di là delle garanzie speciali che assistono il proprio credito, ben può agire con l’azione revocatoria ordinaria a tutela della garanzia generica.
L’accertamento, di poi, della sussistenza del concreto pregiudizio è riservato, in via esclusiva al giudice del merito. Accertamento che qui consta essere stato effettuato.
Con il sesto e il collegato settimo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 2901 cod. civ.
Si assume che la sentenza aveva errato a non accogliere la prospettazione degli esponenti, i quali avevano dedotto che i ricavi delle vendite erano stati destinati al pagamento di debiti scaduti, con liberazione dalle relative ipoteche.
6.1. La critica non supera il vaglio d’ammissibilità.
La Corte locale ha spiegato che il valore dei beni alienati era superiore all’introito, pur decurtato di quanto asseritamente destinato al soddisfacimento, non altrimenti possibile, di taluni crediti vantati da terzi.
I ricorrenti perorano una ricostruzione alternativa, che in questa sede non può essere presa in considerazione.
Non v’è luogo a statuizione sulle spese essendo rimasta la controparte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 29