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Azione Revocatoria: trasferimento tra coniugi inefficace

La Corte di Cassazione conferma l’inefficacia di un trasferimento immobiliare tra coniugi, avvenuto il giorno dopo la notifica di un pignoramento. L’azione revocatoria del creditore ha successo perché la consapevolezza del danno (scientia damni) da parte della moglie è stata provata tramite presunzioni, come il rapporto coniugale e la sospetta tempistica dell’atto, rendendo l’operazione pregiudizievole per le ragioni creditorie.

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Azione Revocatoria: quando il trasferimento di immobili tra coniugi non è valido

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori. Ma cosa succede quando un atto di trasferimento di un bene, come una casa, avviene tra marito e moglie nel contesto di una separazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la tempistica sospetta e il rapporto familiare possano essere elementi chiave per dimostrare l’intento di frodare le ragioni del creditore, rendendo l’atto inefficace.

I fatti del caso

Un creditore, vantando un credito di quasi 30.000 euro nei confronti di un uomo, avviava le procedure esecutive notificando un atto di pignoramento immobiliare. Il giorno immediatamente successivo alla notifica, il debitore trasferiva alla propria moglie la sua quota di proprietà su alcuni immobili. Questo trasferimento avveniva in esecuzione di accordi presi nell’ambito della loro separazione consensuale, omologata poche settimane prima.

Il creditore, ritenendo che tale atto fosse stato compiuto al solo scopo di sottrarre i beni alla sua garanzia, intentava un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 del Codice Civile. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al creditore, dichiarando l’inefficacia del trasferimento nei suoi confronti.

L’Azione Revocatoria e la decisione dei giudici di merito

Perché un’azione revocatoria abbia successo, devono sussistere alcuni presupposti:
1. L’esistenza di un credito.
2. L’eventus damni: un atto di disposizione del debitore che rechi pregiudizio al creditore, riducendo la garanzia patrimoniale.
3. La scientia damni: la consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio arrecato. Se l’atto è a titolo oneroso, questa consapevolezza deve esistere anche in capo al terzo acquirente (in questo caso, la moglie).

La Corte d’Appello ha ritenuto provati tutti questi elementi. Il credito era certo, l’atto di trasferimento aveva ridotto il patrimonio del debitore e, soprattutto, la scientia damni era stata desunta da una serie di presunzioni: il rapporto coniugale, la tempistica (l’atto notarile era stato stipulato il giorno dopo la notifica del pignoramento) e il fatto che la moglie stessa avesse ritirato l’atto di pignoramento indirizzato al marito, sebbene in busta chiusa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La moglie ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel presumere la sua consapevolezza del danno. A suo dire, il trasferimento era semplicemente l’attuazione di un accordo di separazione preesistente e non un atto fraudolento.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione precedente. I giudici hanno chiarito che la scientia damni, essendo uno stato soggettivo, può essere provata tramite presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, gli elementi valorizzati dalla Corte d’Appello erano tutt’altro che deboli:
Il rapporto familiare: la stretta relazione tra coniugi rende altamente probabile la condivisione di informazioni sulle vicende economiche.
La vicinanza temporale: il fatto che l’atto sia stato perfezionato subito dopo la notifica del pignoramento è una circostanza sospetta.
Il ritiro dell’atto: aver ricevuto la notifica del pignoramento, anche se per conto del marito, costituisce un forte indizio.

Letti congiuntamente, questi elementi creano un quadro logico e coerente che rende “altamente probabile” la conoscenza, da parte della moglie, del carattere pregiudizievole dell’atto. La Corte ha sottolineato che non è necessario provare un dolo specifico, ma è sufficiente la consapevolezza che l’atto possa compromettere la garanzia patrimoniale del creditore.

Conclusioni e implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: gli accordi di separazione non offrono uno scudo impenetrabile contro le azioni dei creditori. Quando un trasferimento di beni, pur inserito in un contesto di crisi familiare, avviene in circostanze che suggeriscono l’intento di eludere i debiti, l’azione revocatoria rimane uno strumento efficace. La decisione conferma che la prova della consapevolezza del terzo acquirente (il coniuge) può essere raggiunta anche per via presuntiva, basandosi su elementi logici e di comune esperienza, come il legame familiare e una tempistica sospetta.

Quando un trasferimento immobiliare tra coniugi in fase di separazione può essere revocato?
Un trasferimento immobiliare tra coniugi, anche se previsto negli accordi di separazione, può essere oggetto di azione revocatoria se il creditore dimostra che l’atto ha arrecato un pregiudizio alle sue ragioni e che entrambi i coniugi erano consapevoli di tale pregiudizio.

Come può un creditore dimostrare che il coniuge acquirente era a conoscenza del danno (scientia damni)?
La consapevolezza del coniuge acquirente può essere dimostrata tramite presunzioni semplici, ovvero indizi gravi, precisi e concordanti. Come stabilito in questa ordinanza, elementi come lo stretto rapporto familiare, la tempistica sospetta dell’atto (ad esempio, subito dopo la notifica di un pignoramento) e altre circostanze fattuali possono essere sufficienti a provare tale consapevolezza.

La parziale vittoria in appello sulla sola liquidazione delle spese legali esonera dal pagamento delle spese di quel grado di giudizio?
No. Secondo la Corte, l’accoglimento di un motivo di gravame relativo solo alla misura della liquidazione delle spese di primo grado non costituisce una vittoria sostanziale. La parte che ha visto respinte le sue domande principali rimane la parte soccombente e, di conseguenza, è tenuta a pagare le spese del giudizio d’appello secondo il principio di soccombenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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