Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7201 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7201 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19427/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
(EMAIL), giusta procura in calce al
contro
ricorso.
–
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 817/2019 depositata il 06/03/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2024
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa (di seguito per brevità RAGIONE_SOCIALE) propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza del 5 aprile 2019, notificata il 17 Aprile 2019, numero 817/2019 con cui la Corte d’Appello di Firenze ha rigettato l’appello da essa proposto avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 4 dicembre 2014, che rigettava la domanda di revocatoria proposta da RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la declaratoria di inefficacia dell’atto con cui RAGIONE_SOCIALE vendeva alla RAGIONE_SOCIALE (di seguito IPI) una porzione di complesso industriale unitamente alle ulteriori domande proposte in via subordinata, anche di indennità di occupazione, di risarcimento del danno e di accertamento del recesso della IPI dalla compagine societaria di RAGIONE_SOCIALE.
Resiste IPI con controricorso, illustrato da memoria.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘in ordine alla statuizione di inopponibilità del ‘percorso di acquisto immobile
industriale’ – violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in combinato disposto con gli artt. 132 cod. proc. civ. e 118, disp. att. cod. proc. civ., ovvero nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., assenza di motivazione ovvero motivazione apparente; sussistenza’.
Critica la sentenza impugnata, che avrebbe dovuto ritenere il protocollo denominato ‘percorso per acquisto immobile industriale’, inopponibile alla procedura concorsuale per mancanza di data certa ex art. 2704 cod. civ.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘ della violazione o falsa applicazione di norme di diritto; art. 2901 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3; erroneità ed illegittimità della sentenza n. 817/2019 della Corte d’appello di Firenze nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i presupposti dell’azione ex art 2901 cod. civ. in relazione all’elemento oggettivo dell’ eventus damni ; sussistenza della violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 2901 cod. civ., art. 3 DM 16 aprile 2003, n. 11143, nonché degli artt. 14 e 24 RAGIONE_SOCIALE statuto della RAGIONE_SOCIALE, degli artt. 2437 bis, 2437 ter, 2519 e 2535 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.; sussistenza, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.; sussistenza’.
Con ulteriore censura che compone il motivo la ricorrente denuncia ‘ancora in relazione all’elemento oggettivo dell’ eventus damni della violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in combinato disposto con gli artt. 132 cod. civ. e 118 disp. att. cod. civ.) ovvero nullità della sentenza (ex art. 360, comma 1, n. 4); assenza di motivazione ovvero motivazione apparente; sussistenza’.
Lamenta che erroneamente la sentenza impugnata non ha considerato sussistente l’ eventus damni ‘ in considerazione non del singolo atto impugnato, ma di un più ampio percorso negoziale (estraneo alla RAGIONE_SOCIALE e comunque privo di data certa e quindi inopponibile ai commissari liquidatori della RAGIONE_SOCIALE)’.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘della violazione o falsa applicazione di norme di diritto; art. 2901 cod. civ., art. 2697, artt. 2727 e 2729 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2704, 1401, 1402, 1403 cod. civ., nonché art. 1391 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3; erroneità ed illegittimità della sentenza n. 817/2019 della Corte d’Appello di Firenze nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i presupposti dell’azione ex art. 2901 cod. civ. in relazione all’elemento soggettivo; sussistenza; violazione oneri probatori; sussistenza; art. 360, comma 1, n. 3; violazione’.
Con ulteriore censura che compone il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘ancora in relazione all’elemento soggettivo scientia damni , della violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. civ. in combinato disposto con gli artt. 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ.) ovvero nullità della sentenza (ex art. 360, comma 1, n. 4); assenza di motivazione ovvero motivazione apparente; sussistenza’.
Lamenta che erroneamente, e con sostanziale assenza di motivazione, la corte d’appello ha escluso l’elemento soggettivo della scientia damni .
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 2437 bis, 2473 e 2535 cod. civ. nonché degli artt. 14 e 24 RAGIONE_SOCIALE statuto della RAGIONE_SOCIALE in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3; erroneità ed illegittimità della sentenza n. 817/2019 della Corte d’Appello di
Firenze nella parte in cui ha ritenuto insussistenti presupposti dell’azione volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del recesso del socio RAGIONE_SOCIALE; sussistenza’.
Lamenta, al fine di dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria, la violazione da parte di IPI delle norme e delle procedure relative al suo recesso da RAGIONE_SOCIALE.
Ritiene opportuno il collegio, in via preliminare, e per quanto rileva nella presente sede di giudizio, accennare sinteticamente alla vicenda che ha dato origine alla controversia, in relazione alle seguenti circostanze:
nell’anno 2001 la RAGIONE_SOCIALE prometteva in vendita tutto il suo patrimonio immobiliare costituito da complesso industriale a tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
a seguito di stipulazione del primo contratto definitivo di compravendita veniva altresì perfezionato tra le parti un contratto di locazione tra la acquirente NOME e la RAGIONE_SOCIALE venditrice, divenuta così anche conduttrice di una parte dei beni immobili venduti;
nell’anno 2004 veniva formalizzato un preliminare di compravendita con cui RAGIONE_SOCIALE si impegnava ad acquistare da RAGIONE_SOCIALE il complesso industriale e veniva contestualmente formalizzato un protocollo denominato <> che coinvolgeva anche altre diverse RAGIONE_SOCIALE, posto che l’operazione risultava di difficile praticabilità per la sola RAGIONE_SOCIALE;
in forza di tale protocollo la RAGIONE_SOCIALE doveva appunto acquistare il complesso immobiliare con la partecipazione di tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, individuata come acquirente finale di una parte di tale complesso; nel protocollo era poi previsto il ruolo di un ‘soggetto privato’ che avrebbe dovuto acquistare direttamente dalla RAGIONE_SOCIALE la porzione residua non rivenduta alla RAGIONE_SOCIALE da lasciare nella disponibilità della stessa RAGIONE_SOCIALE, con un affitto
simbolico per circa tre anni, necessario a costruire un nuovo fabbricato nella quale trasferire le attività svolte negli immobili ceduti;
sempre nell’anno 2004 veniva perfezionato preliminare di compravendita di cosa altrui tra la RAGIONE_SOCIALE e tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per sé o per persona da nominare all’atto definitivo di compravendita, avente ad oggetto la porzione del complesso immobiliare acquisendo dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è destinata al suddetto soggetto privato; in questo contratto veniva richiamato il protocollo denominato <<>;
nell’anno 2005 la RAGIONE_SOCIALE scioglieva la riserva e individuava come soggetto chiamato stipulare il definitivo la RAGIONE_SOCIALE, di seguito RAGIONE_SOCIALE, che faceva parte del suo gruppo, la quale dunque stipulava il contratto di finitivo di compravendita con RAGIONE_SOCIALE ed anche qui veniva allegato e richiamato il protocollo su indicato. Sempre nell’atto di compravendita veniva precisato che la RAGIONE_SOCIALE, che previamente aveva acquistato azioni di partecipazione in RAGIONE_SOCIALE ai sensi e per gli effetti della cosiddetta legge Marcora, aveva comunicato la volontà di recedere e che il recesso era stato accolto dalla RAGIONE_SOCIALE;
nell’anno 2007 la RAGIONE_SOCIALE veniva posta in liquidazione volontaria;
nell’anno 2010 i commissari liquidatori instauravano avanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE la causa di revocatoria della compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e IPI.
Tanto premesso, a prescindere dalla sua dubbia ammissibilità, in relazione alla previsione dell’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorso non può essere accolto.
7. Il primo motivo è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, ‘l’articolo 2704 c.c., in mancanza di una delle situazioni tipiche di
certezza della data della scrittura privata contemplate dalla prima parte della norma, non contiene un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali tale data deve ritenersi certa rispetto ai terzi e lascia al giudice del merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso da quelli indicati, idoneo secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa’ (Cass., 10/11/2020, n. 25127)
La corte territoriale ha fatto buon governo dei suindicati principi, con motivazione che adeguatamente individua e valuta le circostanze tutte da cui desumere la data della complessiva operazione in cui si inserisce la compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e IPI, superando il vaglio di legittimità; le valutazioni dei fatti e delle relative prove, di cui il motivo sostanzialmente sollecita un riesame, restano pertanto insindacabili nel giudizio di cassazione ( ex permultis , Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).
8. Il secondo ed il terzo motivo possono essere scrutinati congiuntamente per la loro connessione e sono entrambi
infondati.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il commissario liquidatore è assimilabile, per natura e funzioni, al curatore fallimentare, e come questo, in sede di azione revocatoria ordinaria, ha l’onere di provare: a) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; b) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole; c) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto (Cass., 02/03/2021, n. 5657).
Si è inoltre precisato che solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi emerga che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori, potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell’ eventus damni (Cass., 26331/2008) e, conseguentemente, che il requisito soggettivo della scientia damni consiste nella consapevolezza di tali elementi da parte del terzo convenuto in revocatoria (Cass., 06/02/2015, n. 2253).
Orbene, la sentenza impugnata ha fatto buon governo di tali principi in materia di onere della prova; per il resto, le ulteriori considerazioni svolte in motivazione in ordine alla complessa operazione immobiliare, volta anche alla ripatrimonializzazione della RAGIONE_SOCIALE, costituiscono valutazioni del fatto e della prova, che, in quanto congruamente e logicamente motivate, non possono più essere sindacate nel giudizio di legittimità.
Ci si limita soltanto a rilevare che risulta, peraltro, incontestato che tutta l’operazione è avvenuta sotto la vigilanza del RAGIONE_SOCIALE.
Il quarto motivo, in disparte il non marginale rilievo per cui ripropone doglianze e difese già svolte nei precedenti gradi di
giudizio sostanzialmente sollecitando a questa Corte un inammissibile riesame della quaestio facti , è infondato.
Dirimente, come già ritenuto nei precedenti gradi di merito, è la considerazione che il recesso di IPI era stato accettato da RAGIONE_SOCIALE, per cui avrebbe dovuto essere appositamente impugnata la relativa delibera del consiglio di amministrazione di quest’ultima.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 15.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza