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Azione revocatoria: quando la vendita è valida?

Una società cooperativa in liquidazione ha tentato un’azione revocatoria contro la vendita di un complesso industriale. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la validità dell’operazione. La Corte ha ritenuto non provati gli elementi chiave dell’azione, come il danno ai creditori (eventus damni) e la consapevolezza del terzo, data la complessità e la finalità risanatoria dell’intera operazione.

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Azione Revocatoria: La Cassazione Chiarisce i Limiti su Operazioni Complesse

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori, ma la sua applicazione può diventare complessa di fronte a operazioni societarie e immobiliari articolate. Con l’ordinanza n. 7201/2024, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti necessari per revocare una vendita, sottolineando l’importanza di una valutazione complessiva dell’operazione e non del singolo atto.

I Fatti di Causa: una Complessa Operazione Immobiliare

La vicenda ha origine dalla complessa situazione finanziaria di una Società Cooperativa. Anni prima, la Cooperativa aveva venduto il proprio patrimonio immobiliare a una prima società, rimanendo conduttrice di una parte dei beni per proseguire l’attività. Successivamente, la stessa Cooperativa aveva avviato un articolato piano per riacquistare il complesso industriale.

Questo piano, formalizzato in un “protocollo d’intesa”, prevedeva il coinvolgimento di diverse società. L’obiettivo era riacquisire l’immobile, venderne una parte a un’altra società e mantenere la porzione residua per la propria attività. Alla fine di questo percorso, la porzione residua del complesso immobiliare veniva venduta a una Società Acquirente.

Anni dopo, la Cooperativa, posta in liquidazione coatta amministrativa, agiva in giudizio per far dichiarare inefficace quest’ultima vendita tramite un’azione revocatoria, sostenendo che l’atto avesse danneggiato i suoi creditori.

L’Azione Revocatoria e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, avevano rigettato le richieste della Cooperativa. Quest’ultima ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali:

1. Mancanza di Data Certa del Protocollo

La Cooperativa sosteneva che il protocollo d’intesa alla base dell’intera operazione non avesse data certa e, quindi, non fosse opponibile alla procedura concorsuale. A suo avviso, l’intera operazione era da considerarsi sospetta.

2. Sussistenza dell’Eventus Damni nell’Azione Revocatoria

Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello aveva errato nel non riconoscere l’esistenza del danno ai creditori (eventus damni). La vendita, infatti, aveva sottratto un bene importante dal patrimonio della Cooperativa, rendendo più difficile il soddisfacimento dei creditori.

3. Sussistenza della Scientia Damni

La Cooperativa lamentava che i giudici di merito avessero escluso la consapevolezza del danno (scientia damni) da parte della Società Acquirente, un altro requisito fondamentale per l’azione revocatoria.

4. Illegittimità del Recesso del Socio

Infine, veniva contestata la legittimità del recesso della Società Acquirente dalla compagine sociale della Cooperativa, avvenuto contestualmente alla vendita.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni offrono spunti cruciali sull’applicazione dell’azione revocatoria.

In primo luogo, riguardo alla data certa, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la legge non elenca in modo tassativo i modi per provare la certezza della data di un documento. Il giudice di merito può e deve valutare tutte le circostanze del caso per desumerla, e tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità.

Il cuore della decisione, però, riguarda i requisiti dell’eventus damni e della scientia damni. La Cassazione ha chiarito che, in presenza di operazioni complesse, non ci si può limitare a guardare al singolo atto di vendita. È necessario analizzare l’intero contesto negoziale. Nel caso di specie, l’operazione era finalizzata alla ripatrimonializzazione della Cooperativa e si era svolta sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico. Questa finalità risanatoria e la trasparenza della procedura escludevano la sussistenza del pregiudizio per i creditori e la consapevolezza di tale pregiudizio da parte dell’acquirente. La valutazione dei giudici di merito, essendo congrua e logicamente motivata, è stata ritenuta insindacabile.

Infine, anche il motivo relativo al recesso del socio è stato respinto, poiché la delibera del consiglio di amministrazione che lo aveva accettato non era mai stata impugnata dalla Cooperativa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un principio fondamentale: l’azione revocatoria non può essere utilizzata in modo meccanico. Quando un atto di disposizione patrimoniale si inserisce in un più ampio e complesso piano di ristrutturazione o risanamento aziendale, la valutazione del giudice deve essere olistica. L’intento di pregiudicare i creditori non può essere presunto se l’operazione, nel suo insieme, mira a salvare l’impresa e a proteggere il patrimonio. La decisione sottolinea come la prova dell’eventus damni e della scientia damni diventi particolarmente rigorosa in contesti di operazioni straordinarie vigilate, ponendo un onere probatorio significativo a carico di chi agisce in revocatoria.

In un’azione revocatoria, come si può provare la ‘data certa’ di un accordo preliminare non registrato?
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’elenco dei modi per ottenere la data certa (es. registrazione, morte di una delle parti) non è tassativo. Il giudice può desumere la certezza della data da qualsiasi fatto o circostanza che dimostri, in modo inequivocabile, l’anteriorità del documento rispetto a un evento specifico, come l’inizio della procedura concorsuale.

Un’operazione di vendita immobiliare complessa può essere immune da azione revocatoria anche se riduce il patrimonio del venditore?
Sì, secondo questa ordinanza. Se la vendita è parte di un’operazione più ampia finalizzata al risanamento e alla ripatrimonializzazione dell’impresa venditrice, e se tale operazione si svolge in modo trasparente (ad esempio, sotto la vigilanza di un’autorità pubblica), il giudice può ritenere insussistente il pregiudizio per i creditori (eventus damni) e la consapevolezza di tale danno da parte dell’acquirente (scientia damni).

Quali elementi deve provare un commissario liquidatore per vincere un’azione revocatoria ordinaria?
Il commissario liquidatore, assimilato al curatore fallimentare, deve provare tre elementi: a) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo; b) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto all’atto da revocare; c) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore che ha reso più difficile o incerta la riscossione dei crediti (eventus damni).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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