Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11024 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11024 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10926/2023 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Padova INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
NOME
-intimata – avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 529/2023 depositata il 08/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 28 settembre 2020 la Banca del Veneto Centrale Credito Cooperativo soc.coop. citava in giudizio, davanti al Tribunale di Padova, NOME COGNOME e la moglie NOME COGNOME per sentire accogliere la domanda di simulazione e, in via subordinata, la revocatoria ordinaria ex art. 2901 cod. civ. dell’atto di compravendita di un immobile destinato a casa familiare. La Banca deduceva di avere agito a garanzia di un credito di euro 468.000,00, portato da decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Padova e vantato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e dell’amministratore della società, NOME COGNOME che aveva prestato fideiussione.
Si costituivano NOME COGNOME e NOME COGNOME con separati atti, contestando l’esistenza di un intento fraudolento.
Il Tribunale di Padova, con sentenza del 26 maggio 2022, rigettava la domanda di simulazione e, in accoglimento di quella subordinata, dichiarava l’inefficacia dell’atto nei confronti dell a Banca attrice, condannando i convenuti al pagamento delle spese nella misura della metà.
Avverso tale decisione proponeva appello NOME COGNOME con atto di citazione del 18 luglio 2022, chiedendo l’annullamento della sentenza. Si costituiva l’istituto di credito che spiegava appello incidentale, insistendo per l ‘accoglimento della domanda di
simulazione e per la riforma del capo della sentenza di primo grado relativo alle spese. NOME COGNOME restava contumace.
La Corte d’appello di Venezia , con sentenza del 7 marzo 2023, in accoglimento dell’appello incidentale , riformava la sentenza impugnata in punto di spese, eliminando la compensazione parziale del 50 per cento da essa prevista, e disponeva la condanna di NOME COGNOME e di NOME COGNOME al pagamento, in solido, delle spese di lite del giudizio di primo grado e di quelle di secondo grado; confermava, nel resto, la sentenza impugnata.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi.
Ha resistito con controricorso Banca del Veneto Centrale Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE
Con provvedimento del 27 febbraio 2024, notificato il 18 marzo 2024, è stata formulata proposta la definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. Il ricorrente, con istanza del 23 aprile 2024, ha chiesto la fissazione dell’udienza per la decisione in camera di consiglio.
Entrambe le parti hanno depositato memorie sensi dell’articolo 380 -bis .1. cod. proc. civ.
Motivi della decisione
Preliminarmente rileva questa Corte che, con provvedimento del 27 febbraio 2024, è stata proposta la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., prospettando l’inammissibilità del primo motivo e l’infondatezza del secondo .
Non ricorrono possibili profili di nullità nella composizione dell’odierno collegio giudicante giacché, come rilevato dalle Sezioni unite di questa Corte ‹‹ nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte – ed eventualmente essere
nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380bis .1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa ›› (Cass., sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024, Rv. 670667 – 01). 2. Con il primo motivo si deduce la ‘violazione dell’articolo 2729 c od. civ. per errata, difettosa o, comunque, illogica valutazione dei criteri di ammissibilità delle presunzioni semplici poste a fondamento della sentenza di appello, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. ‘.
In particolare, secondo il ricorrente, la decisione della Corte territoriale sarebbe caratterizzata da sinteticità e la prova dei fatti si fonderebbe su una elencazione di presunzioni di cui non sarebbero state specificate le doverose caratteristiche di gravità, precisione e concordanza. Lamenta che la pronunzia della Corte veneta si fonda sugli elementi presuntivi del rapporto di coniugio, della vendita dell’unico bene immobile, della partecipazione societaria dell’odierno ricorrente in RAGIONE_SOCIALE e dell’esistenza di una garanzia a prima richiesta concessa dal RAGIONE_SOCIALE per un prestito che il medesimo istituto di credito aveva erogato alla debitrice principale, RAGIONE_SOCIALE; ma si tratterebbe di profili probatori deboli, contrastati dalle deduzioni dell’odierno ricorrente svolte davanti al Tribunale e in grado di appello.
Il motivo è inammissibile perché, seppur formalmente riferito ad una presunta violazione di legge, si risolve, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito.
La denuncia di errata applicazione dell’art. 2729 cod. civ. può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito, perché, in tal caso, la critica si risolve in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito della controversia, non consentita in questa sede (Cass., sez. U, 24/01/2018, n. 1785).
Spetta infatti al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l’attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l’at titudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche e compete sempre al giudice del merito procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari selezionati ed accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione, e non piuttosto una visione parcellizzata di essi, sia in grado di fornire una valida prova presuntiva tale da ingenerare il convincimento in ordine all’esistenza o, al contrario, all’inesistenza del fatto ignoto; la delimitazione del campo affidato al dominio del giudice del merito consente innanzi tutto di escludere che chi ricorre in cassazione in questi casi possa limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia stato male apprezzato dal giudice o che sia privo di per sé solo di valenza inferenziale o che comunque la valutazione complessiva non conduca necessariamente all’esito interpretativo raggiunto nei gradi inferiori, salvo che esso non si presenti intrinsecamente implausibile tanto da risultare meramente apparente; pertanto chi censura un ragionamento presuntivo o il mancato utilizzo di esso non può
limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio e, nel vigore del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, così come rigorosamente interpretato da Cass., sez. U, 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, non essendo sufficiente dedurre una pretesa violazione di legge sul l’assunto, del tutto generico, che il giudizio espresso dal giudice di merito sarebbe incongruo (Cass., sez. 2, 21/03/2022, n. 9054).
Le censure svolte dal ricorrente, lungi dal prospettare un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si limitano a sollecitare una diversa ricostruzione del materiale probatorio, ma una siffatta forma di sindacato sulla decisione del giudice di merito non è consentita in sede di legittimità. Deve, al riguardo, ribadirsi che il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (tra le tante, Cass., sez. 5, 22/11/2023, n. 32505, Rv. 669412 -01; Cass., sez. 2, 23/04/2024, n. 10927).
Neppure è configurabile, nella specie, una carenza o insufficienza della motivazione, integrante un error in procedendo rilevante ai sensi del n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., in quanto
il percorso argomentativo che sorregge la decisione, esaustivo e privo di vizi logici, non rientra in una di quelle gravi anomalie argomentative individuate da Cass., sez. U, n. 8053 e n. 8054 del 2014 e da Cass., sez. U, n. 22232 del 2016.
Con il secondo motivo si lamenta, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli articoli 10 e 12 cod. proc. civ. per erronea determinazione del valore della causa e violazione dell’articolo 100 c od. proc. civ. relativamente alla liquidazione delle spese dei precedenti gradi di giudizio.
Sostiene il ricorrente che la odierna controricorrente aveva formulato, in via principale, domanda di simulazione e, solo in via subordinata, domanda ex art. 2901 cod. civ. e lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente determinato il valore della causa sulla base della domanda ‘accolta’. Soggiunge che, ai sensi dell’art. 12 cod. proc. civ., il valore della domanda di simulazione si determina sulla base del valore del contratto che, nel caso di specie, corrisponde al prezzo della compravendita, pari ad euro 155.000,00; e che la Banca, che è risultata soccombente in relazione alla domanda principale, sia in primo che in secondo grado, non aveva interesse a spiegare appello incidentale, dal momento che il Tribunale, pur respingendo la domanda di simulazione, aveva accolto quella revocatoria ex art. 2901 cod. civ
Alla luce di tali considerazioni, assume che la Corte territoriale, a fronte della soccombenza della Banca in relazione alla domanda di simulazione, avrebbe dovuto quanto meno parzialmente compensare tra le parti le spese di lite.
Il motivo è infondato sotto tutti i profili denunciati.
A prescindere da ogni considerazione circa l’insussistenza di un interesse concreto, in capo al ricorrente, a censurare il profilo relativo al valore della causa (all’esito del pagamento da parte del Fondo il credito della banca risulta pacificamente ridotto ad euro 225.000 ponendosi nello stesso scaglione di credito relativo al valore
della compravendita), la tesi sostenuta in ricorso è contraria all’orientamento della giurisprudenza di legittimità.
È sufficiente, al riguardo, osservare che, avendo la Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, accolto la domanda revocatoria ex art. 2901 cod. civ., del tutto correttamente, ha liquidato le spese di lite avendo riguardo al valore di tale domanda, che deve farsi coincidere con il credito vantato dalla odierna controricorrente a tutela del quale è stata proposta l’azione stessa (Cass., sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10089 del 09/05/2014, Rv. 630692 -01; Cass., sez. 3, 13/02/2020, n. 3697).
Inoltre, in caso di accoglimento parziale della domanda articolata in più capi, il giudice può, ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, anche se questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte (Cass., sez. 3, 15/05/2023, n. 13212); tuttavia, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., sez. 6 – 3, 26/04/2019, n. 11329, Rv. 653610 – 01).
4. Il ricorso va, quindi, rigettato.
La definizione del giudizio in conformità alla proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. comporta l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc civ., come testualmente previsto dal citato art. 380bis , ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., sez. U, 27/12/2023, n. 36069).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Deve darsi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. U, 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.600 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento, in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., dell’ulteriore importo di euro 7.600,00 ed al pagamento, ai sensi del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., in favore della Cassa delle ammende, dell’ulteriore importo di euro 1.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Terza Sezione