Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25745 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25745 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 9885/2023 R.G., proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché COGNOME quale liquidatore giudiziale dei beni ceduti ai creditori del concordato preventivo n. 11/2012 Trib. Roma, rappresentati e difesi dall’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrenti – e contro
RAGIONE_SOCIALE soc. coop. ed. a mutualità prevalente
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1644/2023 pubblicata il
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 11.6.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Si trascrive dalla sentenza d’appello: ‘ 1. L’oggetto del giudizio di primo grado è così esposto nella sentenza impugnata: ‘Con atto dl citazione notificato in data 26.3.2015, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e la Liquidazione dei beni ceduti ai creditori del CP. n. 11/12 della predetta, creditrice nei confronti della Junior ’82 dell’importo riveniente dal saldo del contratto d’appalto del 10.12.1996, quantificato i n € 2.097 .096,72 dal lodo arbitrale del 26.1.2015, chiedevano dichiararsi l’inefficacia degli atti di assegnazione delle singole unità immobiliari in favore degli odierni convenuti ai sensi dell’art. 2901 c.c., ed in subordine, per il caso di impossibilità di restituzione dei predetti immobili, la condanna degli assegnatari al pagamento del relativo valore; si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, che, nel contestare la domanda avversa, ne chiedeva l’integrale rigetto; si costituivano altresì in giudizio NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che, nel chiedere il rigetto dell’avversa domanda, spiegavano domanda riconvenzionale di condanna della società attrice al risarcimento del danno derivato dalla illegittima trascrizione della domanda giudiziale’. Il tribunale ha accolto la domanda, dichiarando inefficace nei confronti degli attori gli atti di assegnazione impugnati e condannando i convenuti in solido tra loro alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla controparte, liquidate in € 10.343,00 oltre accessori di legge. La sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno introdotto il giudizio n.
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4783/2019, e da RAGIONE_SOCIALE soc. RAGIONE_SOCIALE edilizia a mutualità prevalente (da ora in poi: Junior), che ha introdotto il giudizio n.4836/2019, riunito al precedente. Resistono ad entrambi gli appelli RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e la Liquidazione dei beni ceduti ai creditori del C.P. n. 11/12 della predetta ‘. Con sentenza del 3.3 .2023, la Corte d’appello di Roma rigettò tutti gli appelli, osservando, per quanto qui interessa, che : l’eccezione di arbitrato era infondata; che l’azione revocatoria ese rcitata non poteva dirsi prescritta; il credito vantato dall’appaltatrice era ormai assistito da sentenza passata in giudicato (essendo stata definitivamente respinta l’impugnazione del lodo arbitrale) e che la data di insorgenza era antecedente agli atti revocandi; gli atti di assegnazione erano senz’altro revocabili e lesivi della garanzia patrimoniale dell’appaltatrice; era da ritenere la scientia damni in capo all’alienante e al terzo acquirente.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla scorta di formali sette motivi, cui resiste con controricorso C E RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e il liquidatore giudiziale dei beni ceduti ai creditori del C.P. n. 11/2012 della predetta. La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Con distinte dichiarazioni, NOME COGNOME e, nell’imminenza dell’odierna adunanza camerale, NOME COGNOME hanno rinunciato al ricorso. NOME COGNOME e le controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 335 c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c. La Corte d ‘a ppello di Roma avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sulla istanza di riunione del presente giudizio iscritto a
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ruolo al n. r.g. 4783/2019 (culminato nella sentenza gravata) con quello pendente dinanzi alla stessa Corte d ‘a ppello di Roma rubricato al n. r.g. 2674/2017, Sezione IV, avente ad oggetto il medesimo ‘ petitum ‘ e la medesima ‘ causa petendi ‘, giusta copia della comparsa di costituzione per NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME depositata nel fascicoletto (All.1 e 2), relativo al medesimo contratto di appalto ed avente ad oggetto la medesime questioni di diritto con particolare riferimento alla contestazione dell’asserito credito ulteriore vantato dalla RAGIONE_SOCIALE (anche in sede di procedimento di concordato), sotto il profilo delle illegittime azioni revocatorie svolte contro la RAGIONE_SOCIALE e i suoi soci.
1.2 Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 102 c.p.c. , degli artt. 111 e 24 Cost., l’ inesistenza del lodo arbitrale nei confronti della cooperativa e dei soci. Insussistenza del credito e dei presupposti della revocatoria. Si rileva che, data la rilevanza giuridica riconosciuta alle ‘schede’ contabili di cui al lodo arbitrale, come illegittimamente avvenuto nel contesto arbitrale – essendosi omessa la chiamata in causa, a dire di ricorrenti, dei litisconsorti necessari ex art. 102 c.p.c. (ovvero di tutti i soci nei cui confronti le stesse vengono fatte valere ed agli stessi asseritamente ascrivibili) – ci si troverebbe, incontestabilmente, dinanzi ad una evidente lesione del principio del contraddittorio e, conseguentemente, del diritto di difesa come sancito, oltre che dall’art. 24 della Costituzione, anche dall’art. 19.1 del Trattato sull’Unione Europea, in materia di effettività della tutela giurisdizionale e dall’articolo 47.2 della Ca rta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, con tutte le relative conseguenze, come di seguito
evidenziate anche in materia illegittimità costituzionale e di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, come dedotta in via subordinata nell’ipotesi di mancato accoglimento di quanto rilevato. Si invoca pertanto l’esercizio dei poteri nomofilattici da parte di questa Corte di legittimità, mediante la revoca della sentenza gravata alla luce di quanto sopra dedotto per violazione dell’art . 102 c.p.c. e, comunque, per insussistenza dei presupposti della revocatoria, con particolare riferimento all’esi stenza del credito, avuto riguardo alla inesistenza del lodo arbitrale, stante l’evidente violazione del principio del ‘litisconsorzio necessario’. In subordine, si chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale e richiesta di rinvio pregiudiziale.
1.3 Con il terzo motivo si lamenta la inesistenza della sentenza e della costituzione di controparte per difetto di legittimazione attiva del commissario giudiziale del concordato. Violazione dell’art. 102 c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c. Risulterebbe ‘cartolarmente’ che sia in primo grado che in grado di appello l’azione revocatoria sia stata ‘coltivata’ dal Commissario Giudiziale che, alla stregua di granitico orientamento della Suprema Corte di Cassazione, sarebbe sprovvisto dell a correlativa ‘ legittimatio ad processum ‘, con conseguente ‘nullità ed inesistenza’ delle domande coltivate e proposte da soggetto sprovvisto dei correlativi poteri.
1.4 Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 295 c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c. Insussistenza del credito anche alla luce della denuncia depositata dalla RAGIONE_SOCIALE e dei conseguenti accertamenti istruttori immanenti alle indagini preliminari di cui al procedimento pendente dinanzi alla Procura della Repubblica di Roma, r.g.n.r 166559/2019. Alla luce di
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quanto esposto e, comunque, dei generali principi di concentrazione e non aggravamento del processo – stante la pendenza delle correlative indagini preliminari di cui al giudizio penale vertenti su fatti di cui alla presente controversia, il cui eventuale accertamento sconfesserebbe totalmente le asserite e, comunque, contestate pretese creditorie, travolgendo peraltro lo stesso ‘lodo arbitrale’ -si imponeva la sospensione dell’attuale procedimento ex art. 295 c.p.c.
1.5 Con il quinto motivo si lamenta violazione dell’art. 808 c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c. La stessa Corte d ‘a ppello, nella gravata sentenza, darebbe atto ‘confessoriamente’ di come il contratto di appalto ed il relativo rapporto contrattuale non siano meri dati ‘material i ‘, ma costituisca no elemento giuridico rilevante ai fini della decisione. Da ciò conseguirebbe il difetto di competenza del Giudice ordinario in merito all’azione revocatoria, con la conseguenza che il giudizio avrebbe dovuto incardinarsi dinanzi al Collegio arbitrale.
1.6 Con il sesto motivo si lamenta la violazione dell’ art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. con riferimento ai presupposti della revocatoria come di seguito.
A) con riferimento all’esistenza del credito : le stesse testuali motivazioni della gravata sentenza darebbero atto del ‘rapporto inscindibile’ tra società cooperativa a mutualità prevalente, quale è la RAGIONE_SOCIALE (dante causa) e gli stessi soci; ciò avrebbe dovuto comportare la necessaria chiamata in causa nel giudizio arbitrale dei soci stessi, avuto riguardo alla specifica circostanza giuridica che il lodo si basa sull’ascrizione ai soci di quattordici schede contabili
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aventi ad oggetto asserite ‘opere extra -capitolato’. L’aver precluso la partecipazione ai soci, determinerebbe la nullità ed inesistenza del lodo e di tutti gli atti conseguenti, compresa la sentenza impugnata. Pertanto, sarebbe illegittimo il capo della gravata sentenza nella parte in cui si asserisce che si sarebbe formato un giudicato in merito all’asserito credito integralmente contestato e formato al di fuori di un corretto ed inderogabile contraddittorio, come prescritto da ll’art. 102 c.p.c.
B) sulla esclusione dell’atto di assegnazione nell’ambito di una cooperativa dagli atti revocabili. violazione dell’art. 2377 c.c. in relazione all’art. 360 comma n. 3 c.p.c. Contrariamente a quanto dedotto dal giudice di merito , proprio l’atto deliberativo, ossia il verbale della RAGIONE_SOCIALE del 15.10.2002 costituisce ‘deliberazione assembleare’, avente, pertanto, specifica natura vincolante per la Cooperativa, creando contemporaneamente nei confronti dei soci una situazione giuridica soggettiva di specifi co affidamento nell’assegnazione degli immobili ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 c.c. Del resto, compulsando l’ordine del giorno della delibera assembleare, si nota che la stessa così testualmente recita al punto numero 1):’Identificazione degli alloggi prenotati da ciascun socio’. Non può non attribuirsi specifica efficacia giuridica ‘vincolante’ alla delibera assembleare in discorso, adottata, peraltro, all’unanimità e la cui mancata impugnativa nei termini di legge, ne ha determinato efficacia irrevocabile e vincolante ai sensi degli artt. 2377 e ss. c.c., costituenti principi generali. Il giudice di merito, travisando la normativa societaria, pretenderebbe di ‘superare’ quanto specificamente previsto in materia di delibere assembleari,
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pretendendo di non ascrivere alla medesima delibera l’efficacia che la stessa legge le conferisce.
C) difetto dell’elemento psicologico della revocatoria ‘scientia damni’ .
L’assunto del giudice a quo circa la anteriorità del credito si porrebbe, comunque, ‘pacificamente’ in contrasto con la stessa normativa in materia, che attribuisce al creditore procedente l’onere di provare gli elementi costitutivi della revocatoria attraverso circostanze gravi, precise e concordanti. Ciò risulterebbe testualmente dalla stessa sentenza gravata, che così statuisce:’ Sebbene società appaltatrice non abbia provato in modo esaustivo con documenti le trattative svoltesi con la cooperativa per il pagamento del saldo, si tratta di un fatto agevolmente presumibile, dato che il credito esisteva, era ingente, ed è inverosimile che la società costruttrice abbia atteso due anni prima di chiederne il pagamento alla cooperativa’.
1.7 Con il settimo motivo, infine, si lamenta la violazione dell’art. 2901 c.c. con riferimento al termine prescrizionale in merito alla posizione della ricorrente NOME COGNOME In proposito, non può farsi derivare la decorrenza del termine di prescrizione dalla avvenuta trascrizione del negozio dispositivo, come invece ritenuto, atteso che la società costruttrice sin dall’inizio era a conoscenza della avvenuta consegna degli immobili agli assegnatari e ciò risulta incontestabilmente, quale fatto pacifico, dalla stessa testuale motivazione della gravata sentenza che, alla stregua di quella identificazione giuridica tra ‘soci e cooperativa’ , dà atto al fine di provare la sussistenza della ‘ scientia damni ‘ che le ‘ opere extracapitolato ‘ sarebbero state richieste dagli stessi soci nell’evolversi del rapporto contrattuale e prima della ‘fine dei lavori’ ; l’appaltatore era dunque
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pienamente consapevole dell’assegnazione degli alloggi ai soci, come già identificati alla stregua della Delibera assembleare adottata all’unanimità del 15.10.2002, in cui i villini ed i singoli prenotatari erano stati già identificati.
2.1 -Preliminarmente, va dato atto che il presente giudizio di legittimità deve intendersi già definito, quanto alla posizione di NOME COGNOME a seguito del decreto di estinzione adottato dal Presidente titolare, per effetto della rinuncia al ricorso del predetto, in data 4.3.2025.
Quanto alla rinuncia al ricorso avanzata da NOME COGNOME con atto del 30.5.2025, sussistono i presupposti per la declaratoria di estinzione del giudizio ex art. 391 c.p.c. anche a tal riguardo, benché manchi l’accettazione dei controricorrenti.
Occorre dunque procedere allo scrutinio dei motivi del ricorso in relazione alla sola posizione di NOME COGNOME sicché vanno delibati i motivi dal primo al sesto (con esclusione del settimo, perché avanzato esclusivamente dalla rinunciante NOME COGNOME).
3.1 -Il primo motivo è palesemente infondato.
Come correttamente evidenziato dai controricorrenti, l’art. 335 c.p.c. impone la riunione delle impugnazioni contro la stessa sentenza, non anche rispetto a sentenze in qualche modo inerenti a cause connesse. Nessuna omissione di pronuncia può dunque configurarsi in proposito. Peraltro, in ricorso nemmeno si precisa se e dove la riunione fosse stata richiesta al giudice d’appello .
4.1 -Quanto al secondo motivo, esso è anzitutto inammissibile perché viola l’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c., dato che si omette di fornire l’indicazione specifica del se e del dove la questione era stata posta e, con intrinseca
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contraddittorietà, non si denuncia l’ omessa pronuncia, che sarebbe stata la sola censura proponibile, al riguardo, dinanzi a questa Corte di legittimità.
In ogni caso, è evidente che non può configurarsi alcun litisconsorzio necessario in ordine all’accertamento del credito discendente da ll’esecuzione dell’ appalto, a nulla rilevando che il credito dell’appaltatore sia derivato dalla richiesta di opere extracapitolato da parte dei soci della cooperativa; ciò perché è incontroverso che di esse, comunque, dovesse rispondere nei confronti dell’appaltatrice la sola cooperativa committente. Pertanto, posto che si tratta di revocatoria ordinaria e che gli originari attori hanno vantato un credito quale presupposto dell’azione, come previsto dall’art. 2901 c.c. , tanto basta ai fini di questo giudizio.
La natura ‘autoevidente’ delle superiori considerazioni consente di ritenere un chiaro fuor d’opera le sollevate questioni di legittimità costituzionale e di rimessione al giudice sovranazionale ex art. 267 TFUE.
5.1 -Il terzo motivo è inammissibile anzitutto perché, ancora, viola l’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c., dato che anche qui si omette di fornire l’indicazione specifica del se e del dove la questione era stata posta.
Esso, inoltre, travisa i dati processuali. L’azione è stata introdotta dalla società in liquidazione e in concordato preventivo, in persona del liquidatore volontario pro tempore, nonché dal liquidatore giudiziale, trattandosi di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori.
Quindi, entrambi i soggetti sono pienamente legittimati ad processum : lo è il liquidatore volontario, quale organo dotato dei poteri di amministrazione della società; ma lo è anche il liquidatore giudiziale, quale titolare ex lege dell’ufficio, onde assicurare la liquidazione dei beni ceduti e, dunque, la soddisfazione del
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ceto creditorio (sulla specifica questione, si veda la recente ordinanza interlocutoria di questa Corte, n. 27381/2024).
Quindi, contrariamente all’assunto , l’azione è stata coltivata non solo dal liquidatore giudiziale, ma anche dalla società appaltatrice, soggetti entrambi pienamente legittimati.
6.1 -Il quarto motivo è inammissibile, perché ancora formulato in violazione del l’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. (si rinvia al precedente par. per brevità).
Esso, inoltre, è totalmente generico e aspecifico, non essendo dato comprendere dalla sua lettura come l’esito del p rocedimento penale indicato possa mai incidere sulle sorti del presente giudizio, al più potendo eventualmente discutersi di pregiudizialità in senso logico, non anche tecnico-giuridico, solo presupposto per l’adozione del provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c.
In proposito, valga qui comunque richiamare il consolidato principio per cui ‘ La sospensione necessaria del processo civile, ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, e a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile. Perché si verifichi tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato norma tivamente alla commissione del reato che è oggetto dell’imputazione penale ‘ (così, per tutte, Cass. n. 15248/2021) .
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7.1 -Il quinto motivo è palesemente inammissibile, essendo fondato su una tesi -quella per cui una clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto, intervenuto esclusivamente tra la Cooperativa committente e l’appaltatrice odierna controricorrente, e pacificament e avente ad oggetto le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto, estenderebbe i suoi effetti anche in relazione ai soci della prima e per altra tipologia di contenzioso, benché questi non ne siano stati parte -di rara inconsistenza giuridica.
Davvero, difettano gli elementi minimi per avviare un ragionamento in iure e comprendere come una clausola negoziale inter alios acta possa mai vincolare, addirittura derogando alla giurisdizione ordinaria in favore della competenza arbitrale, una delle parti di quel contratto riguardo a rapporti sostanziali e processuali estranei al regolamento negoziale e relativi a soggetti che a quello stesso contratto non hanno preso parte.
Non senza dire che la questione, stando a quanto emergente dagli atti legittimamente consultabili da questa Corte, è stata proposta per la prima volta in questa sede di legittimità, ed è dunque ulteriormente inammissibile.
8.1 -Venendo infine al sesto motivo, la censura sub A) è palesemente infondata, posto che il credito a cui tutela è stata esercitata l’azione revocatoria risulta dal lodo arbitrale (da considerare oramai definitivo), emesso tra le sole parti reciprocamente legittimate (ossia, l’appaltatrice e la committente) e per il quale, dunque, non può configurarsi alcuna pretermissione di litisconsorti necessari, perché inesistenti.
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La censura sub B) è inammissibile, perché implica la soluzione di questioni meritali, esclusivamente riservate al giudice del merito e insindacabili dinanzi a questa Corte di legittimità.
La censura sub C) è poi inammissibile, perché aspecifica e comunque, anche qui, perché involgente quaestiones facti , peraltro anche essendosi censurato il ragionamento inferenziale della C orte d’appello al di fuori di quanto consentito in questa sede di legittimità, come da insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 1785/2018, alla cui ampia motivazione si rinvia, per brevità.
9.1 -In definitiva, il giudizio è dichiarato estinto nei rapporti tra la ricorrente NOME COGNOME le controricorrenti e l’intimata; quanto alla posizione di NOME COGNOME sono infondati il primo e il sesto motivo del ricorso, mentre i restanti sono inammissibili; il ricorso è dunque rigettato.
Le spese di lite possono integralmente compensarsi tra NOME COGNOME e i controricorrenti, posto che -benché difetti l’accettazione della rinuncia questi ultimi in memoria non hanno insistito per la liquidazione delle spese in loro favore e hanno dato atto del perfezionamento di accordo transattivo con la predetta. Le spese, invece, seguono la soccombenza nei rapporti tra NOME COGNOME e i controricorrenti e si liquidano come in dispositivo.
Nulla va disposto nei rapporti con l’intimata, che non ha svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso da parte di NOME COGNOME può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dà atto della già intervenuta declaratoria di estinzione del giudizio di cassazione per rinuncia quanto al rapporto processuale introdotto dal ricorrente COGNOME, come da decreto ex art. 391 c.p.c.; dichiara l’estinzione del giudizio nel rapporto tra NOME COGNOME e i controricorrenti e compensa le relative spese del giudizio di legittimità; rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME e la condanna alla rifusione delle spese di lite in favore dei controricorrenti, che liquida in € 10.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente NOME COGNOME al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 11.6.2025.
Il Presidente NOME COGNOME