Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10543 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10543 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25554/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
e nei confronti di
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE BANK;
-intimati- e sul ricorso incidentale proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti incidentali-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
-intimate- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1307/2022, depositata il 16/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (suoi debitori) e la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ex art. 2901 cod.civ., l’atto del 27.5.2009, con il quale NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano costituito la RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE, sottoscrivendone il capitale sociale parte in contanti e parte
mediante il conferimento di beni immobili (ipotecati e pignorati); precisamente: 1) NOME COGNOME aveva conferito in natura: a) la piena proprietà del fabbricato sito in Catania INDIRIZZO; b) la piena proprietà della metà indivisa del locale destinato a bottega avente accesso dal INDIRIZZO di INDIRIZZO; 2) NOME COGNOME aveva conferito in natura la metà indivisa dell’immobile destinato a bottega avente accesso dal INDIRIZZO di INDIRIZZO; 3) NOME COGNOME aveva conferito in natura la piena proprietà dell’appartamento in INDIRIZZO.
Con sentenza n. 1459/2019, il Tribunale di Catania accoglieva la domanda revocatoria.
Avverso detta sentenza proponevano separatamente appello la RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, dall’altro; la Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 422 del 29/3/2011, li ha rigettati entrambi, dopo aver disposto la riunione dei due procedimenti.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando un solo motivo, illustrato con memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato con memoria.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale, basato su quattro motivi.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente RAGIONE_SOCIALE si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod.civ.
La corte d’appello ha ritenuto che la consapevolezza da parte sua che l’atto revocando avrebbe arrecato pregiudizio alle ragioni creditorie dovesse accertarsi, diversamente da quanto statuito dal tribunale, in capo all’amministratore unico e non a tutti i restanti
soci, essendo la nomina dell’organo gestorio avvenuta contestualmente alla costituzione della società, e che detto requisito ( scientia damni ) potesse desumersi: a) dal rapporto di parentela, peraltro iniziativamente falsamente negato, tra i conferenti e NOME COGNOME che faceva ritenere ragionevole che a quest’ultimo i primi avessero confidato che, oltre ai crediti indicati nella relazione ex art. 2465 cod.civ., nei loro confronti sussisteva il credito vantato da RAGIONE_SOCIALE, senza alcun rilievo per la mancata annotazione dell’intervento della RAGIONE_SOCIALE nell’elenco dei creditori, visto che si trattava di elenco, all’evidenza, non tenuto dal cancelliere con le modalità previste dal codice di rito e che non esonerava NOME COGNOME dall’obbligo di verifica in concreto degli atti di intervento esistenti nel fascicolo; b) dal comportamento omissivo di NOME COGNOME, il quale, in considerazione del fatto che nello stesso atto costitutivo della società si dava atto dell’esistenza della procedura esecutiva nell’ambito della quale erano ricompresi i tre beni conferiti in natura dai tre soci, avrebbe dovuto accertare se nella procedura in questione sussistessero interventi di creditori non menzionati dai conferenti che, in ipotesi, avrebbero potuto impedire la liberazione dei beni tramite il pagamento dei soli debiti che la società si era al contempo accollata, anziché fare affidamento, come sosteneva di aver fatto, sull’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato l’estinzione della procedura sulla base dell’erroneo presupposto della rinuncia da parte di tutti i creditori intervenuti, atteso che l’atto costitutivo della RAGIONE_SOCIALE era del 29.5.2009 ed era quindi anteriore rispetto al provvedimento in questione.
La ricorrente, sottolineando che NOME COGNOME, essendo stato destinatario di numerosi decreti ingiuntivi, che erano poi alla base delle procedure esecutive immobiliari riunite, ritiene inverosimile che egli potesse accorgersi della permanenza dell’intervento della
RAGIONE_SOCIALE, in quanto detto intervento era stato cancellato dall’elenco cronologico del fascicolo dell’esecuzione, e aggiunge che, quand’anche avesse controllato il fascicolo, facendo uso della diligenza professionale media, non avrebbe potuto averne contezza, come era dimostrato dal fatto che né il giudice dell’esecuzione (che aveva dichiarato l’estinzione della procedura) né il Tribunale di Catania in composizione collegiale, che in sede di reclamo aveva confermato l’estinzione, ne avevano rilevato la sussistenza, pur prendendo specificamente in esame il fascicolo dell’esecuzione.
La conferma dell’impossibilità di trarre precise informazioni in merito alla permanenza del credito, emergeva già dal reclamo di RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva, nel quale era stato fatto rilevare che il cancelliere aveva annotato l’intervento della RAGIONE_SOCIALE, creditore tacitato dalla RAGIONE_SOCIALE, cancellando per errore l’intervento della RAGIONE_SOCIALE
La corte territoriale non avrebbe colto il senso della sua difesa, con cui aveva sempre sostenuto l’oggettiva impossibilità di conoscere la sussistenza del credito residuo di RAGIONE_SOCIALE, a causa della cancellazione dall’elenco cronologico del suo intervento e, più in generale, dalla irregolare tenuta del fascicolo d’ufficio da parte del cancelliere, che avevano, appunto, indotto in errore finanche gli organi giudiziari. La sentenza n. 422/2011 della Corte di Appello di Catania che aveva verificato il fascicolo dell’esecuzione dava conto che RAGIONE_SOCIALE, cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, originaria interveniente, non aveva rinunziato alle ragioni di credito di cui ai decreti ingiuntivi n. 530/1996 e n. 575/1996: RAGIONE_SOCIALE era intervenuta facendo valere quattro ragioni di credito, tutte cedute al RAGIONE_SOCIALE che, a sua volta, aveva ceduto quelle relative ai decreti ingiuntivi n. 3434/96 e 3435/96, a RAGIONE_SOCIALE; dell’intervento di RAGIONE_SOCIALE vi era
formale annotazione nell’elenco cronologico al numero 6, corrispondente al totale della pretesa, ed altrettanto presente era l’annotazione degli interventi in surroga di RAGIONE_SOCIALE; l’intervento relativo al decreto ingiuntivo n. 3435/96 risultava annotato al n. 13 e l’intervento relativo al decreto ingiuntivo n. 3434/96 era stato annotato, cancellando l’iscrizione di RAGIONE_SOCIALE contrassegnata dal n. 6, mediante la sovrapposizione della scrittura.
La ricorrente ritiene allora che se avesse effettivamente avuto percezione dell’ulteriore posizione debitoria, NOME COGNOME si sarebbe ben guardato dal confidarla agli altri soci, avendo interesse a che l’operazione venisse conclusa per ottenere la liberazione dei suoi beni pignorati (peraltro prossimi ad essere venduti all’asta); al contrario, se dette circostanze fossero state confidate all’amministratore, questi si sarebbe ben guardato dal proseguire nell’operazione, dal pagare euro 300.000,00 per soddisfare gli altri creditori e restare debitore di RAGIONE_SOCIALE, perché sarebbe stato irragionevole – e, come tale, in contrasto con la logica presuntiva – escludere dalla transazione e dalle trattative un solo creditore il quale, essendo chirografario, aveva scarsissime possibilità di essere soddisfatto, se non in misura minima.
Il motivo è inammissibile.
La statuizione impugnata resiste alle critiche della odierna ricorrente, essendosi il giudice d’appello attenuto alla giurisprudenza di questa Corte che ha sottolineato che la corretta applicazione dell’art. 2729 cod.civ. presuppone un apprezzamento degli elementi acquisiti in giudizio, dai quali inferire quello ignoto, che riconosca ad essi efficacia probatoria, <>, se risultino <>, ovvero <> (Cass. 16/07/2018, n. 18822); e ciò in quanto <> (Cass. 13/03/2014, n. 5787); il che vale a privare di decisività la censura dell’odierna ricorrente nella parte in cui svaluta l’efficacia indiziaria del rapporto di parentela: non solo perché il rapporto di parentela tra NOME e NOME non è stata che <> delle circostanze indizianti prese in considerazione dalla corte d’appello, ma anche perché ad essa è stata attribuita particolare rilevanza, in quanto la ricorrenza del vincolo di parentela era stata negata con decisione dagli appellanti che avevano insistito nell’affermare che NOME e NOME COGNOME erano omonimi e non parenti, fino a che la verità era emersa documentalmente dagli atti prodotti in giudizio da parte avversa.
In aggiunta, deve considerarsi che il ragionamento presuntivo, per vero, costituisce <> (così, in motivazione, Cass. 22/06/2020, n. 1218) e che <> essendo, invece, <> (così Cass. 21/01/2020, n. 1163; Cass. 6/02/2019, n. 3513). Tanto basta per negare rilievo alla diversa e invero poco verosimile spiegazione
alternativa di quale comportamento avrebbero tenuto NOME e/o NOME COGNOME se fossero venuti a conoscenza dell’esistenza di un creditore insoddisfatto.
2) Con il primo motivo il ricorrente in via incidentale NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME prospettano la violazione ovvero la falsa applicazione ai sensi dell’art.360, 1° comma, nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. per avere la corte territoriale disatteso il primo motivo di gravame con cui era stato sostenuto che, in forza della cessione del credito pro soluto da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.A. a RAGIONE_SOCIALE intervenuta in corso di causa, la prima, essendosi spogliata del suo diritto, aveva perduto interesse ex art. 100 cod.proc.civ. alla pronuncia, con conseguente necessità di dichiarazione di cessazione della materia del contendere, mentre, in relazione alla seconda, il cui intervento nel giudizio di primo grado non avrebbe potuto essere ricondotto alla fattispecie prevista dall’art. 111, 3° comma, cod.proc.civ., avrebbe dovuto dichiararsene il difetto di legittimazione perché, nella causa avente ad oggetto l’esercizio dell’azione revocatoria, il diritto controverso oggetto di successione a titolo particolare non è il diritto di credito a tutela del quale la stessa è esperita -limitatamente al quale succede il cessionario del credito -bensì quello di ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto pregiudizievole, come chiarito da Cass. 12/12/ 2017, n. 29637.
Aggiungono che l’assenza della produzione del contratto di cessione non conferma neanche la riconducibilità del credito in oggetto in capo alla succitata cessionaria e invocano la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 31/01/2019 n. 2780) secondo cui <>.
Il motivo è infondato.
Quanto alla mancata prova che il credito per cui è causa facesse parte di quelli oggetto di cessione in blocco, va rilevato che la più recente giurisprudenza di questa Corte – Cass. 22/06/2023, n. 17944; Cass. 5/04/2023, n. 9412; Cass. 22/03/2024, n. 7688 – ha chiarito che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco esonera la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto ed è un adempimento che si pone sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 cod.civ., ma non esonera la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, dall’onere di dimostrare l’inclusione del credito per cui agisce in detta operazione; dimostrazione che -quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé -può dirsi soddisfatta tramite l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, là dove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete; con la conseguenza che ove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo.
Non risulta che vi sia stata da parte dell’odierno ricorrente alcuna contestazione né in merito alla cessione in blocco né in merito alla inclusione del credito ceduto tra quelli ceduti in blocco. Valendo il
principio di non contestazione, in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare la inclusione del credito tra quelli ceduti, detta inclusione non deve essere affatto dimostrata (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del cd. thema probandum): Cass. 22/06/2023, n.17944.
Anche l’altro ordine di censure non merita accoglimento, avendo la corte d’appello deciso in conformità con la giurisprudenza di questa Corte. È da considerarsi pressoché consolidato il principio enunciato da Cass. 23/06/2022, n. 20315, secondo cui la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria <>; tale conclusione trova il suo fondamento in plurime indicazioni normative: i) nell’art. 2902 cod.civ., a mente del quale il creditore, per effetto dell’accoglimento della domanda di revocazione d’un atto dispositivo, <> nei confronti dell’avente causa del debitore, atteso che se <>; ii) nell’art. 1263 cod.civ., il quale prevede che per effetto della cessione si trasferiscono i “privilegi”, senza distinzione. <> ; iii) nell’art. 2755 cod.civ. che annovera tra i crediti privilegiati le spese di giustizia per atti conservativi, atteso che i privilegi, come già detto, si trasferiscono per effetto di cessione del credito; non può escludersi che il cessionario d’un credito benefici degli effetti dell’azione revocatoria proposta dal cedente, perché
altrimenti si dovrebbe ammettere che il credito ceduto conservi privilegio per le spese dell’azione revocatoria, ma non possa giovarsi degli effetti dell’azione revocatoria, dato che il pignoramento è un vincolo preordinato all’esecuzione che, come l’ actio pauliana , evita la dispersione della garanzia patrimoniale; detto principio è stato ripetutamente enunciato dalla Terza Sezione civile di questa Corte – cfr. senza pretesa di esaustività, Cass. 17/2/2023, n. 5162; Cass. 23/02/2023, n. 5649; Cass. 31/05/2023, n. 1540; Cass. 29/08/2023 n. 25424; Cass. 3/11/2023, n. 30506; Cass. 26/02/2024, n. 5085; Cass. 21/11/2024, n. 30105 -tanto da potersi considerare in via di consolidamento.
La Corte d’appello ha correttamente applicato detto indirizzo, secondo cui specificamente: a) il cessionario, successore a titolo particolare nel diritto controverso, è legittimato non solo a proporre l’azione revocatoria, ma anche ad intervenire nel giudizio promosso dal cedente, in quanto <> (Cass. 14/03/2018, n. 6130); b) in tema di azione revocatoria, qualora la parte attrice ceda il proprio credito durante la controversia, il cessionario può intervenire nel processo ai sensi dell’art. 111 cod.proc.civ. quale successore nel diritto affermato in giudizio, poiché con la domanda ex art. 2901 cod.civ. si esplica la facoltà del creditore – che costituisce contenuto proprio del suo diritto di credito (presupposto e riferimento ultimo dell’azione esercitata) – di soddisfarsi su un determinato bene nel patrimonio del debitore (Cass. 23/02/2023, n. 5649).
È opportuno sottolineare che la pronuncia n. 20315/2022 ha chiarito perché nel caso di specie non siano pertinenti i principi enunciati da Cass. 04/12/2014, n. 25660, ripresi da Cass. 12/12/2017, n. 29637 (evocata da parte ricorrente) secondo cui <>: a) non si discuteva della legittimazione a proporre l’azione pauliana o a beneficiare dei suoi effetti, ma della legittimazione a resistere alla suddetta azione, ed opporvisi con l’appello; b) a circolare per effetto di cessione in quel caso – al contrario del caso oggi in esame – non fu il credito garantito dalla revocatoria, ma il credito [il cui adempimento era stato] impugnato con la revocatoria; c) non si trattava di stabilire se la revocatoria accolta producesse effetto rispetto al cessionario del credito, ma se un soggetto estraneo all’atto revocando potesse impugnare la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria, sostenendo per la prima volta in appello di essere divenuto, per effetto di cessione, titolare del credito oggetto di revocazione, e non già titolare del credito che si intese conservare con l’azione pauliana -né quelli enunciati da Cass. n. 29637 del 12.12.2017 -che non si era occupata della estensibilità degli effetti dell’azione revocatoria -.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale si duole della violazione ovvero falsa applicazione, ai sensi dell’art.360 comma 1 nn. 3 e 5 cod.proc.civ., dell’art.112 cod.proc.civ.
Attinto da censura è l’accertamento da parte della corte d’appello dell’esistenza del credito a cui tutela era stata formulata la domanda revocatoria.
Il giudice a quo ha ritenuto, innanzitutto, che le ragioni creditorie si evincessero dai due decreti ingiuntivi emessi in favore di RAGIONE_SOCIALE in a.s. n. 583/96 e n. 575/96 (il primo nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita in data 19.7.1996, ed il secondo nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori di RAGIONE_SOCIALE), non opposti, con cui erano stati cristallizzati i crediti in relazione ai quali la RAGIONE_SOCIALE era intervenuta nelle
procedure esecutive immobiliari riunite nn. 963/96, 1415/97, 400/97 e 401/97 (intraprese a seguito di pignoramenti effettuati, rispettivamente, da Banca Commerciale Italiana S.p.A., da Banca di RAGIONE_SOCIALEo Popolare e da RAGIONE_SOCIALE); crediti ceduti al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEDivisione RAGIONE_SOCIALE -S.p.A. e poi nuovamente ceduti prima a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.A. ed infine a RAGIONE_SOCIALE
In secondo luogo, anche sulla base della sentenza della corte d’appello n. 422 del 29.3.2011, che aveva revocato l’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva n. 963/96, e di quelle ad essa riunite (confermata in sede di reclamo), ravvisandone l’erroneità proprio perché detta ordinanza aveva ritenuto che fosse intervenuta rinuncia agli atti da parte del creditore procedente e di tutti i creditori intervenuti, in essi ricompresa proprio RAGIONE_SOCIALE, ha escluso che per le due partite creditorie suindicate RAGIONE_SOCIALE, dante causa della RAGIONE_SOCIALE, avesse rinunciato agli atti.
In aggiunta, ha reputato che: i) detto ultimo accertamento non potesse essere messo in discussione dal mero estratto cronologico degli interventi nella procedura esecutiva, trattandosi, come già ritenuto dalla corte territoriale nella sentenza n. 422/2011, di elenco non regolarmente tenuto dal cancelliere, ai sensi dell’art. 36 disp. att. cod.proc.civ., a fronte dell’esistenza dei due decreti ingiuntivi spediti in forma esecutiva, dell’intervento nella procedura del creditore e della mancanza di atti di rinuncia da parte del predetto; ii) la comunicazione del 7.7.2008 fosse irrilevante, in quanto non riferibile alle ragioni di credito per cui è causa, riguardando un terzo estraneo, la RAGIONE_SOCIALE
I ricorrente riferiscono che in appello avevano eccepito che entrambi i debitori principali erano stati ammessi al concordato in cui i crediti chirografari vantati dal RAGIONE_SOCIALE erano
stati soddisfatti dedotta la falcidia concordataria, che con la comunicazione del 7.7.2008 RAGIONE_SOCIALE, preannunciando che avrebbe depositato atto di rinuncia agli interventi spiegati nelle procedure esecutive suindicate, aveva dimostrato che i crediti per cui è causa si erano estinti, che l’elenco dei creditori intervenuti nelle procedure esecutive, anche se non regolarmente tenuto dal cancelliere, comunque fosse rilevante, <>, e si duole delle ragioni su cui il giudice a quo ha basato il rigetto di dette censure: a) l’eventuale pagamento con falcidia dei debiti del debitore principale non escludeva affatto, giusta quanto stabilito dall’art. 135, comma 2, L. Fall., che il creditore conservasse inalterata l’azione per l’intero credito nei confronti dei fideiussori odierni appellanti; b) a fronte di credito giudizialmente riconosciuto con decreto ingiuntivo per la soddisfazione del quale era stato proposto intervento nell’ambito di procedura esecutiva avrebbe potuto rilevare soltanto la rinuncia effettuata nei termini e con le forme previste dagli artt. 629, 3° comma, e 306 cod.proc.civ.; c) il debitore doveva ritenersi consapevole della sua posizione debitoria, non potendo fare affidamento sulla estinzione della procedura esecutiva intrapresa in suo danno in forza delle sole risultanze dell’elenco degli interventi, fermo restando che se anche gli appellanti si fossero intimamente convinti che il creditore intervenuto avesse rinunciato agli atti, detto convincimento non avrebbe potuto avere effetto estintivo.
Secondo quanto prospettano i ricorrenti, la corte d’appello non avrebbe preso in considerazione la circostanza principale e, cioè, che la produzione in corso di giudizio dell’elenco cronologico degli interventi dimostrava l’assenza delle ragioni di credito, in quanto
detto elenco non era stato regolarmente tenuto dal cancelliere e trattandosi del documento che ha la funzione di rendere edotto il debitore del numero di creditori e dei crediti esistenti in seno alla procedura esecutiva immobiliare su di esso aveva fatto legittimo affidamento.
Il motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha infatti preso in considerazione la circostanza dedotta, ma, come si è riferito, l’ha ritenuta irrilevante, con una motivazione che le critiche dei ricorrenti non hanno scalfito. Va altresì aggiunto che la censura non supera la preclusione di cui all’art. 348 ter , ult. comma, cod.proc.civ. nel testo ratione temporis a pplicabile (il cui contenuto è comunque sostanzialmente riprodotto nella nuova formulazione dell’art. 360 cod.proc.civ.), secondo cui quando la sentenza di appello sia conforme in facto (fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata) a quella di prime cure non è deducibile il vizio di cui all’art. 360, n. 5, coc.proc.civ. Il ricorrente per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 28/02/2023, n. 5947).
Gli altri vizi denunciati (v. epigrafe del motivo) non sono stati neppure illustrati.
4) Con il terzo motivo il ricorrente incidentale imputa al giudice a quo la violazione ovvero falsa applicazione, ai sensi dell’art.360, 1° comma, nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ., dell’art.2946 cod.civ. in relazione all’art.112 cod.proc.civ.
La Corte d’ A ppello di Catania, muovendo dall’assunto che il tribunale, essendo stato accertato che il processo esecutivo nell’ambito del quale era intervenuto il creditore, dante causa dell’appellata, era stato da quest’ultima riassunto dopo che la
sentenza n. 422/2011 aveva revocato l’ordinanza che lo aveva dichiarato estinto, sul falso presupposto che tutti i creditori intervenuti avessero rinunciato agli atti, aveva escluso che il credito potesse dirsi prescritto, vista l’efficacia interruttiva permanente riconducibile all’intervento e considerato che la procedura esecutiva non poteva ritenersi estinta, ha disatteso la riproposizione dell’eccezione di prescrizione ritenendola inammissibile, perché essa era stata formulata senza alcuna critica alla statuizione con cui il tribunale aveva ritenuto che il termine di prescrizione del credito non fosse decorso in ragione della perdurante efficacia permanente degli effetti interruttivi della stessa riconducibili all’intervento nella procedura esecutiva in corso.
Il ricorrente censura detta statuizione, perché la corte d’appello non avrebbe tenuto in considerazione la circostanza che, per effetto del combinato disposto dell’art. 2945, 2° comma cod.civ., a mente del quale <> e del 3° comma, il quale dispone che <>, con notifica dell’atto di riassunzione aveva iniziato a decorrere un nuovo termine prescrizionale, perché l’estinzione del processo elimina l’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell’art. 2942, 2° comma, cod.civ., ma non incide sull’effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda (Cass. 13/04/2010, n.8720; Cass. 08/03/2010 n.5570).
Il motivo è, in parte, inammissibile, in parte, infondato.
Le ragioni di inammissibilità sono da ravvisare nella riproposizione delle stesse argomentazioni già disattese dal giudice a quo senza un efficace confronto con la ratio decidendi della statuizione di rigetto.
L’infondatezza deriva, invece, dal fatto che il tribunale aveva fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’efficacia interruttiva permanente determinata dall’introduzione del processo esecutivo si protrae, ex art. 2945, 2° comma, cod.civ., fino al momento in cui la procedura abbia fatto conseguire al creditore procedente, in tutto o n parte, l’attuazione coattiva del suo diritto o, in alternativa, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non imputabile a creditore (Cass. 24/03/2021, n. 8217).
Onde sostenere l’ipotesi inversa, cioè l’interruzione istantanea, ai sensi dell’art. 2945, 3° comma, cod.proc.civ., sarebbe stato necessario dedurre condotte inerziali, inattive e rinunciatarie da parte del creditore procedente. Detta deduzione -ha precisato la Corte, con una ulteriore ratio decidendi , di cui parte ricorrente si è disinteressata -volta a dimostrare che l’appellata si era dimostrata inerte perché aveva omesso di tentare la vendita della villa a Trecastagni di proprietà dei coniugi COGNOME–COGNOME e che non aveva rinnovato la trascrizione del pignoramento ai sensi dell’art. 2668 ter cod.civ., è stata considerata tardiva.
5) Con il quarto motivo il ricorrente incidentale si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod.civ., in relazione agli artt.112, 115 e 116 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., perché la corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’ eventus damni e la scientia damni .
La circostanza che non residuasse alcun debito in capo al deducente al momento della stipula dell’atto di compravendita avrebbe dovuto dimostrare che non vi fosse alcuna
consapevolezza, in capo alle parti contraenti, di ledere i diritti di RAGIONE_SOCIALE.
Peraltro, la corte d’appello avrebbe omesso di considerare la sentenza del Tribunale Civile di Catania n.1455/2019, confermata nel dispositivo dalla sentenza n. 642/2021 in atti, che, in accoglimento dell’azione revocatoria promossa dall’originaria creditrice RAGIONE_SOCIALE con l’intervento, da ultimo della società odierna appellata, aveva dichiarato l’inefficacia del fondo patrimoniale costituito da NOME COGNOME e NOME COGNOME, in cui era confluito un patrimonio ampiamente satisfattivo delle pretese riconosciute in capo a controparte.
Anche le censure introdotte con questo motivo sono le stesse disattese con ampia motivazione dalla corte d’appello, alle pp. 13 e ss.: a) in quanto il pignoramento era stato cancellato con ordinanza revocata perché erronea; b) il patrimonio, peraltro eventuale, dei cofideiussori e del debitore principale è irrilevante ai fini dell’accertamento dell’ eventus damni ; c) plurimi elementi indiziari inducevano a presumere la consapevolezza che l’atto dispositivo avrebbe arrecato pregiudizio alle ragioni creditorie.
Con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un non motivo, come tale inammissibile, ex art. 366, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ. (Cass. 24/09/2018, n. 22478; Cass. 25/08/2000, n. ; Cass. 17/11/2003, n. ; Cass. 23/09/2003, n. 12632).
All’inammissibilità dell’unico motivo consegue l’inammissibilità del ricorso principale; all’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Attesa la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra i ricorrenti, principale e incidentale.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE e poste a solidale carico dei ricorrenti, principale e incidentale, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale. Compensa tra i ricorrenti -principale e incidentalele spese del giudizio di cassazione. Condanna i ricorrenti -principale e incidentale- al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 21 marzo 2025 dalla