Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16846 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16846 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16302/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME domiciliata digitalmente in atti -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE società unipersonale, e, per essa, nella qualità di mandataria, RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicili ata digitalmente in atti
-controricorrente –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE quale incorporante a seguito di operazione di fusione per incorporazione di RAGIONE_SOCIALE di Banche Italiane sRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
-intimate – avverso la sentenza della Corte d’ appello di Lecce -Sezione Distaccata di Taranto – n. 201/2023, pubblicata in data 12 maggio 2023 e notificata in data 16 maggio 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. UBI Banca s.p.aRAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia degli atti di compravendita del 22 gennaio 2018 e del 31 luglio 2018, con cui la prima convenuta aveva ceduto alla seconda tutti i beni immobili di sua proprietà in pregiudizio delle ragioni creditorie vantate dall’attrice, derivanti da un finanziamento del 27 dicembre 2016.
Si costituiva in giudizio, ex art. 111 cod. proc. civ., dopo la precisazione delle conclusioni, RAGIONE_SOCIALE unipersonale, facendo presente che in data 4 dicembre 2020 l’attrice le aveva ceduto in blocco e pro soluto un pacchetto di crediti in sofferenza, tra cui quello vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 1117/2021, il Tribunale adito accoglieva le domande dell’attrice, ritenendo integrati tutti i presupposti richiesti dall’art. 2901 cod. civ. e rilevando c he non risultava alcuna adesione di Ubi Banca all’operazione di vendita del 22 gennaio 2018, emergendo dalla documentazione prodotta unicamente che la società
acquirente aveva ricevuto da Ubi Banca un finanziamento di euro 100.000,00, ma non che questo fosse stato concesso con la finalità dell’acquisto degli immobili.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto gravame, in via principale, RAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, RAGIONE_SOCIALE ed entrambi sono stati rigettati.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d’appello ha confermato la declaratoria d’inefficacia ex art. 2901 cod. civ. in relazione al contratto di compravendita del 31 luglio 2018; con riguardo all’altro atto dispositivo, riten endo sussistente l’ eventus damni , per essersi la disponente privata dell’unico bene immobile non gravato da ipoteca, ha osservato che il contratto preliminare stipulato non aveva data certa opponibile a Ubi Banca, non potendosi evincere la certezza della data dal bonifico del 28 luglio 2016 con cui era stato pagato parte del prezzo all’atto della sottoscrizione della scrittura privata, dal momento che tale circostanza contrastava con quella emergente dall’estratto di conto corrente, dal quale risultava che il bonifico, di importo pari ad euro 50.000,00, era stato in realtà effettuato solo in data 28 luglio 2016 e non in data 7 luglio 2016, come indicato nel preliminare; sulla base di tali considerazioni, ha ravvisato che il preliminare fosse stato concluso al fine specifico di sottrarre i beni alla garanzia del credito vantato da Ubi Banca, aggiungendo che a completare il quadro probatorio soccorreva il rapporto di parentela intercorrente tra i legali rappresentanti delle due società, rispettivamente padre e figlio.
Ha, inoltre, ritenuto infondati gli argomenti spesi dall’appellante in merito al finanziamento di euro 100.000,00 ottenuto da RAGIONE_SOCIALE in vista dell’acquisto dell’appezzamento di terreno oggetto del preliminare. Prendendo, infine, in esame l’appello incidentale, ha considerato ammissibile in grado d’appello l’ intervento
di RAGIONE_SOCIALE quale successore a titolo particolare, ed ha reputato inidonea a provare la cessione la mera allegazione della cessione di credito e la indicazione della Gazzetta Ufficiale con cui di essa era stata data notizia, valorizzando, invece, la dichiarazione del cedente, datata 6 settembre 2021, con cui si comunicava al debitore ceduto l’avvenuta cessione .
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, sulla base di quattro motivi, cui resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede Intesa Sanpaolo sRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
È stata formulata proposta di definizione accelerata, con cui è stata prospettata l’improcedibilità del ricorso; la parte ricorrente ha depositato istanza di decisione.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
Va pregiudizialmente rilevato che la copia della sentenza notificata all’odierna ricorrente, a mezzo p.e.c., dal difensore della controricorrente in data 16 maggio 2023, è stata depositata nel fascicolo telematico, nel qu ale è rinvenibile come allegato al file ‘Atto Accompagnamento. pdf7m’ ; ne segue che il ricorso è procedibile.
Con il primo motivo, deducendo ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 111 c.p.c., 1264 cod. civ., 4 legge 130/99 e 58 d.lgs. 01.0.9.1993, n. 385’, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, pur avendo ritenuto inammissibile l’intervento in primo grado di RAGIONE_SOCIALE, avrebbe erroneamente considerato dimostrata l’avvenuta comunicazione della cessione al debitore ceduto sulla base della sola dichiarazione del 6 settembre 2021 proveniente dalla cedente,
sebbene mancasse la prova, non fornita dalla società qualificatasi cessionaria, degli adempimenti prescritti dall’art. 4 legge 30/99 e dal citato art. 58 t.u.b., stante la inutilizzabilità dell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale prodotto all’atto della costituzione in giudizio in primo grado.
Il motivo è infondato.
Come bene emerge dalla sentenza, e come d’altronde è confermato dalla narrativa del ricorso, l’odierna ricorrente aveva contestato la titolarità in capo a RAGIONE_SOCIALE del credito azionato, e in particolare l’inclusione nell’operazione di cessione in blocco del credito per cui l’originaria cedente Ubi Banca aveva agito in revocatoria; una tale eccezione era specifica e chiaramente orientata ad affermare che il mero fatto della cessione di crediti in blocco non era sufficiente ad attestare che proprio e anche il credito oggetto di causa fosse compreso tra quelli che erano stati oggetto di cessione; incombeva, pertanto, sulla creditrice-cessionaria, odierna controricorrente, l’onere di offrire tale prova .
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1998, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (v. Cass., sez. 1, 02/03/2016, n. 4116; Cass., sez. 1, 05/11/2020, n. 24798); ciò è stato detto con riferimento alla proposizione del ricorso per cassazione in luogo della parte originaria (e v. pure Cass., sez. U, n. 11650/06 e poi in termini generali, per le ipotesi di successione derivante da altro titolo, Cass. n. 9250/17 e Cass. n. 15414/17), e a maggiore ragione ove sia in
contestazione la legittimazione sostanziale della parte che abbia azionato il credito (Cass., sez. 3, 07/12/2023, n. 34373).
Di conseguenza, per confutare la contestazione sollevata, nel proporre appello incidentale, RAGIONE_SOCIALE ben poteva riprodurre i documenti già allegati a supporto dell’intervento in primo grado, sebbene questo fosse stato dichiarato inammissibile, ed il giudice d’appello di tali documenti poteva tenere conto al fine di verificare la sussistenza della prova dell’avvenuta cessione .
Ne segue che l’avvenuto deposito, da parte della cessionaria, agli atti del giudizio di secondo grado dell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, chiaramente desumibile dalla sentenza qui impugnata che lo ha preso in esame, non solo era ammissibile, perché volto a supportare la sua legittimazione, ma consente anche di ritenere infondata la questione, agitata dalla ricorrente, di assenza di prova circa l’esecuzione degli adempimenti prescritti dall’art. 4 della legge n. 130/99 e dall’art. 58, comma 4, t.u.b. ai fini della comunicazione al debitore ceduto.
3. Con il secondo motivo -rubricato: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 111 c.p.c., 1264 c.c., art. 4 legge 130/99 e art. 58 d.lgs. m. 385 del 1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per vizio di motivazione apparente, contraddittoria e manifesta illogicità’ la ricorrente contesta la valutazione del contenuto della dichiarazione della cedente, datata 6 settembre 2021, operata dai giudici d’appello che l’ hanno considerata idonea a provare l’avvenuta cessione. Ciò in quanto la dichiarazione non farebbe riferimento, nel richiamare l’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, a quello prodotto da RAGIONE_SOCIALE (estratto della Gazzetta Ufficiale n. 145 del 12 dicembre 2020), bensì ad altro avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, parte II, n. 86
del 26 luglio 2018.
La censura è inammissibile, in quanto la valutazione dell’efficacia probatoria di un documento offerto delle parti è riservata all’apprezzamento esclusivo del giudice di merito e non è, pertanto, sindacabile in questa sede di legittimità, posto che la motivazione della sentenza neppure incorre nel grave vizio motivazionale di cui all’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché si pone sicuramente al di sopra del ‘minimo costituzionale’ (Cass., sez. U 07/04/2014, n. 8053 e n 8054; Cass. sez. U, 03/11/2016, n. 22232 e giurisprudenza ivi richiamata; Cass., sez. 6 – 5, 23/05/2019, n. 13977).
Sul punto, invero, la Corte territoriale, seppure in modo sintetico, ha esplicitato il ragionamento seguito per pervenire al proprio convincimento, ponendo in rilievo che la dichiarazione proveniente dalla cedente, che comunicava al debitore ceduto l’intervenuta cessione dello specifico credito, costituiva elemento documentale utilizzabile ai fini della prova dell’avvenuta cessione, ed ha richiama to a sostegno di tale argomentazione un precedente di questa Corte (Cass., 16/04/2021, n. 10200). La motivazione, condivisibile o non, non viene meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un ‘ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo’, logico e consequenziale, ‘a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ‘ (Cass., sez. U, n. 22232/16, cit.).
In ogni caso, giova rilevare che i giudici di appello non sono incorsi in una errata interpretazione della dichiarazione, perché questa, in premessa, contiene un espresso riferimento alla cessione dei crediti ex art. 1 e 4 legge n. 130/99 stipulata in favore di RAGIONE_SOCIALE in data 4 dicembre 2020, ciò che porta a ritenere che il richiamo, nella parte finale della dichiarazione, alla cessione
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 26 luglio 2018 costituisca un mero refuso, di per sé non incidente sulla portata e sul valore probatorio del documento.
Con il terzo motivo, deducendo la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2901, primo comma, nn. 1 e 2 c.p.c., dell’art. 2704 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.’ , la ricorrente censura la decisione nella parte in cui ha ritenuto non opponibile alla Banca, perché privo di data certa, il contratto preliminare stipulato inter partes il 7 luglio 2006, trattandosi di rilievo operato d’ufficio dal giudice d’appello, in assenza di specifica contestazione da parte della Banca.
Ribadisce, in fatto, che in data 15 luglio 2016 la Banca originaria attrice le aveva concesso un finanziamento dell’importo di euro 100.000,00, esattamente finalizzato all’acquisto del complesso immobiliare in oggetto, e che, in data 28 luglio 2016, aveva emesso un bonifico, in favore della venditrice RAGIONE_SOCIALE, dell’importo di euro 50.000,00 a titolo di acconto per l’acquisto del terreno; tali fatti, corroborati dai relativi documenti, mai contestati, evidenziavano la mancanza del consilium fraudis del debitore e della partecipatio fraudis del terzo acquirente, perché la Banca era ben edotta del fatto che i beni, che, a suo dire, avrebbero garantito la solvibilità della mutuataria RAGIONE_SOCIALE, erano già oggetto di preliminare di compravendita sottoscritto in data 7 luglio 2016, per l’acquisto dei quali la stessa Banca aveva erogato il finanziamento. Deduce che, nel caso di specie, il preliminare di vendita era stato stipulato in data anteriore al sorgere del debito in capo a RAGIONE_SOCIALE e che esso era indice della mancanza del requisito della preordinata dismissione dei beni in danno della banca creditrice, perché quest’ultima era perfettamente a conoscenza delle intenzioni di RAGIONE_SOCIALE per avere finanziato
l’acquisto.
4.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
4.2. Anzitutto non è ravvisabile la violazione dell’art. 2704 cod. civ., in quanto la mancanza di data certa nelle scritture private si configura come fatto impeditivo all’accoglimento della domanda ed è oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice (Cass., sez. U., 20/02/2013, n. 4213; Cass., sez. 5, 02/02/2015, n. 3404; Cass., sez. 3, 06/10/2023, n. 28144).
Trattandosi di eccezione in senso lato, deve considerarsi escluso che la sua proposizione sia preclusa dalla mancata contestazione, il cui onere riguarda i fatti e non i documenti e non impedisce il rilievo di fatti impeditivi che emergono dal materiale probatorio acquisito: il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis , in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe sviato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Cass., sez. U, 07/05/2013, n. 10531). Ne consegue che il comportamento processuale della Banca è del tutto irrilevante.
4.3. Inammissibili sono invece, i restanti profili di doglianza fatti valere con il motivo in esame, perché, nella sostanza, volti a rimettere in discussione il merito della controversia e la valutazione delle risultanze probatorie.
Al riguardo, è sufficiente rilevare che la Corte territoriale, al fine di valutare l’elemento soggettivo, ha preso in considerazione il preliminar e di vendita ed è pervenuta ad affermare che l’atto era preordinato a sottrarre i beni alla garanzia del credito vantato da Ubi
Banca sulla base di una serie di circostanze dettagliatamente richiamate: il versamento dell’acconto di euro 50.000,00, che il venditore aveva dichiarato di avere ricevuto alla data di sottoscrizione del preliminare (7 luglio 2016), non trovava riscontro nella data del bonifico di pari importo, che era stato, invece, effettuato solo in data 28 luglio 2016; la mancanza di indicazione nel preliminare della data in cui sarebbe stato stipulato il definitivo; la ravvicinata successione cronologica tra finanziamento e attuazione del preliminare; il rapporto di parentela intercorrente tra i legali rappresentanti della società venditrice e di quella acquirente, rispettivamente padre e figlio, da cui si evinceva l’elemento presuntivo di conoscenza in capo all’acquirente delle condizioni finanziarie della società venditrice.
Ha, inoltre, ritenuto non fondate le deduzioni difensive svolte dall’acquirente in ordine al finanziamento ottenuto in vista dell’acquisto dell’appezzamento di terreno oggetto del preliminare, escludendo di poterne desumere la consapevolezza di Ubi Banca della programmata fuoriuscita del cespite dal patrimonio di Società Agricola Stella; ha osservato, sul punto, che non si era trattato di un mutuo di scopo e che l ‘ acquirente aveva destinato solo parte del finanziamento all’acquisto immobiliare ed aveva atteso oltre un anno per condurre a termine la compravendita, sebbene la somma oggetto di finanziamento fosse superiore a quella concordata a titolo di prezzo.
Alla valutazione dei suddetti elementi presuntivi, svolta dal giudice di appello, la ricorrente contrappone una diversa ricostruzione della vicenda fattuale, nell’intento di su pportare la asserita carenza del requisito soggettivo della partecipatio fraudis , ma, all’evidenza, non deduce un vizio di violazione di legge, bensì sollecita un diverso apprezzamento delle medesime circostanze di fatto, già dedotte nel giudizio di merito e disattese dalla Corte territoriale con adeguata e
congrua motivazione.
Con il quarto motivo è dedotta la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere presunto con motivazione apparente ed illogica, il consilium fraudis del terzo acquirente senza tenere conto di elementi diversi, emergenti in corso di causa’.
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello a vrebbe fondato la consapevolezza, in capo all’acquirente, del pregiudizio arrecato a Ubi Banca dal rapporto di parentela sussistente tra i legali rappresentanti delle due società; rimarca, richiamando la giurisprudenza di legittimità, che nel caso concreto difetta la prova della fraudolenta collusione tra società debitrice e società acquirente, con precipuo riferimento al presupposto soggettivo del consilium fraudis , poiché non emerge dagli atti di causa alcun elemento da cui poter evincere che il terzo acquirente fosse a conoscenza non solo del debito, ma anche della lesione della garanzia patrimoniale e, quindi, dell’esito potenzialmente pregiudizievole per il soddisfacimento delle ragioni dei creditori, tenuto conto che il preliminare era stato stipulato in data anteriore al sorgere del debito in capo alla venditrice e che l’acquirente aveva reso edotta la Banca del futuro acquisto, tanto che aveva chiesto ed ottenuto un finanziamento proprio finalizzato a detto acquisto.
La censura è infondata, in quanto tutte le circostanze richiamate dall’odierna ricorrente a sostegno del motivo di ricorso sono state oggetto di espressa e puntuale considerazione da parte dei giudici di merito, che le hanno affrontate alle pagine 11, 12 e 13 della motivazione. Tanto esclude la configurabilità del vizio contestato, potendo la motivazione risultare carente o apparente solo quando essa non renda percepibili le ragioni della decisione, perché consiste in argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ter log ico
seguito, di talché non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., sez. U, n. 22232/16, cit.; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599; Cass., sez. 3, 08/10/2021, n. 27411). Va, parimenti, escluso il vizio di illogicità della motivazione, che ricorre soltanto in caso di contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, posto che il percorso argomentativo che sorregge la decisione è comprensibile e privo di vizi logici.
Sotto ulteriore profilo, va rilevato che, mediante l’apparente denuncia del vizio motivazionale, la ricorrente sollecita impropriamente una rivalutazione del merito, in particolare in ordine alla valutazione espressa dalla Corte di merito con riguardo all’elemento soggettivo , ma, come già detto, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., nei termini precisati da Cass., sez. U, n. 8053/2014 citata.
6 . All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione