Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8707 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18606/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., e per essa quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO DOM DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
e sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente incidentale-
NOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente ad entrambi i ricorsi-
e contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente al ricorso principale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3059/2021 depositata il 27/04/2021, notificata il 28/0472021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 16843/2015, accoglieva la domanda con cui RAGIONE_SOCIALE chiedeva la declaratoria di inefficacia ex art. 2901 cod.civ. degli atti traslativi immobiliari messi in atto da NOME COGNOME a favore di NOME COGNOME, in quanto pregiudizievoli delle ragioni creditorie derivanti dalle fideiussioni con cui il disponente aveva garantito, per l’importo complessivo di euro 56.629.847,00, le obbligazioni della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della Soc. Ing. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Nel giudizio di appello, nel quale venivano riunite le impugnazioni promosse da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, oltre a RAGIONE_SOCIALE si costituiva RAGIONE_SOCIALE e per essa quale mandataria la RAGIONE_SOCIALE, cessionaria pro soluto dei crediti vantati
da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e della società Ing. NOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con la sentenza n. 3059/202, la Corte d’ appello di Roma ha rigettato la domanda di RAGIONE_SOCIALE
Segnatamente, il giudice a quo ha ritenuto non provata la conoscenza da parte di NOME COGNOME delle fideiussioni prestate dal marito: la banca, infatti, pur a conoscenza del fatto che NOME COGNOME possedeva un solo immobile, gli aveva permesso di concedere garanzie fideiussorie per più di cinquanta milioni di euro. Detta circostanza ‘non è un fatto che appartiene al mondo del probabile come chiunque può verificare’ ha affermato la Corte d’appello (p. 4) ha, quindi, concluso reputando improbabile che NOME COGNOME ‘potesse sapere che il marito ne fosse il fideiussore per oltre cinquanta milioni di euro non possedendo costui un patrimonio aggredibile di tale entità’. In aggiunta, l’atto dispositivo era preordinato a garantire ad NOME COGNOME di continuare a vivere nella casa coniugale con i figli e a regolare definitivamente i rapporti patrimoniali con il coniuge. Se fosse stata a conoscenza che il marito era fideiussore per una somma così ingente, NOME COGNOME non avrebbe accettato l’accordo patrimoniale raggiunto in sede di separazione consensuale ed avrebbe preteso che il marito assolvesse la sua obbligazione in denaro piuttosto che con l’attribuzione di un immobile palesemente revocabile.
Per la cassazione di detta sentenza ricorrono, con separati atti, basati su unico motivo, RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME resiste, con controricorso, ad entrambi.
NOME COGNOME resiste con controricorso al ricorso di RAGIONE_SOCIALE
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e quello di RAGIONE_SOCIALE (che, essendo successivo, va considerato incidentale) si fondano sullo stesso motivo, illustrato con le medesime argomentazioni. Pertanto, vengono esaminati congiuntamente.
Le società ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2901, 2727, 2729 cod.civ. in combinato disposto con gli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché la violazione dell’art. 132 n. 4 cod.proc.civ. per motivazione perplessa e incomprensibile, in connessione con l’art. 156, 2° comma, cod.proc.civ. e con l’art. 111 Cost.
Si dolgono che la c orte d’appello abbia erroneamente inferito il difetto del consilium fraudis in capo ad NOME; in particolare, abbia ritenuto che il ragionamento presuntivo possa applicarsi alle obbligazioni dirette, ma non a quelle di garanzia (avendo giudicato possibile che NOME conoscesse le difficoltà economiche dell’attività imprenditoriale del marito, ma non anche che avesse prestato garanzie per 50 milioni di euro) ed avrebbe disatteso la giurisprudenza di questa Corte che ripetutamente afferma che la convivenza e il rapporto familiare tra disponente ed acquirente sono sufficienti a fondare la prova presuntiva della partecipatio fraudis ; a rendere inverosimile che NOME COGNOME non sapesse non bastava il fatto che l’immobile le fosse stato trasferito tramite l’accordo di separazione, perché proprio l’esposizione della precaria situazione economica e debitoria aveva reso opportuno per i coniugi (separandi) disfarsi, prima dell’intervento dei creditori, dell’intero residuo patrimonio ancora nella disponibilità del fideiussore.
La Corte d’appello, fondando la sua decisione su congetture, supposizioni ed opinioni piuttosto che su fatti storici gravi, precisi e concordanti, ha asseritamente reso una motivazione meramente apparente ovvero perplessa ed indecifrabile.
3) I ricorsi sono infondati.
Innanzitutto, va osservato che la tecnica argomentativa utilizzata non ha individuato il vizio denunciato, cioè l’ error iuris inerente alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901 cod.civ., il quale postula la individuazione di un errore del giudice di merito nella ricerca e nell’interpretazione della norma regolatrice del caso concreto ovvero nell’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata.
La giurisprudenza di questa Corte è costante nel rilevare che il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o nell’affermazione erronea della esistenza o della inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra, invece, nell’ambito applicativo dell’art. 360, 1° comma, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità. Una censura così argomentata è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 21/10/2022, n.31211).
Va poi aggiunto che “per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva”, essendo, invece, “sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'”id quod plerumque accidit”” (così, ex multis , Cass. 6/02/2019, n. 3513).
Per di più, circa la pretesa violazione degli artt. 2727 e 2729 cod.civ., va ribadito che le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione; spetta quindi al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l’attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l’attitudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche e compete sempre al giudice del merito procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari precedentemente selezionati ed accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione, e non piuttosto una visione parcellizzata di essi, sia in grado di fornire una valida prova presuntiva tale da ingenerare il convincimento in ordine all’esistenza o, al contrario, all’inesistenza del fatto ignoto; la delimitazione del campo affidato al dominio del giudice del merito consente innanzi tutto di escludere che chi ricorre in cassazione in questi casi possa limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia stato male apprezzato dal giudice o che sia privo di per sé solo di valenza
inferenziale o che comunque la valutazione complessiva non conduca necessariamente all’esito interpretativo raggiunto nei gradi inferiori, salvo che esso non si presenti intrinsecamente implausibile tanto da risultare meramente apparente. Pertanto, chi censura un ragionamento presuntivo (o il mancato utilizzo di esso) non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio e, nel vigore del novellato art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, non essendo sufficiente dedurre una pretesa violazione di legge (Cass. 2/11/2021, n. 31071).
Infine, l’ iter logico seguito, fondato sull’assunto per cui quanto dedotto non fosse idoneo alla prova delle fattispecie invocate, è del tutto percepibile, a nulla rilevando, perché la legge processuale non li valorizza, i profili di sufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione (inidoneità alla dimostrazione dei fatti idonei ad integrare la fattispecie) e il fondamento di esse (tenore concreto delle allegazioni svolte); né le affermazioni motivazionali presentano profili di contraddittorietà che possano far ipotizzare per tale via un rilevante difetto di motivazione.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti. seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Condanna RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge,
in favore della controricorrente COGNOME; in complessivi euro 14.200,00, di cui euro 14.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile