Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30385 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30385 Anno 2024
Presidente: CONDELLO NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23144/2021 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1989/2021 depositata il 16/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
–NOME COGNOME e NOME COGNOME, nel 2005, hanno stipulato tre contratti preliminari aventi ad oggetto immobili da costruire.
È sorta però controversia tra le parti, a seguito della quale il COGNOME ha citato in giudizio la COGNOME per far dichiarare l’inadempimento di costei agli obblighi assunti con i predetti preliminari, ma, in quel giudizio, la COGNOME ha proposto una domanda riconvenzionale, eccependo, a sua volta, l’inadempimento della controparte e chiedendo che si accertasse il suo diritto al recesso.
Il Tribunale di Rovigo ha accolto le tesi della COGNOME, la quale in corso di causa, per timore di perdere il credito alla restituzione del doppio della caparra – credito, come si è detto riconosciuto dal Tribunale – aveva proposto ricorso per sequestro conservativo.
-Nelle more di quel giudizio, tuttavia, il COGNOME, nell’ambito di alcuni accordi di separazione dalla moglie, NOME COGNOME, ha trasferito a quest’ultima un suo immobile.
La COGNOME ha dunque agito per tutelare il suo credito chiedendo la revocatoria di tale trasferimento, sul presupposto che il passaggio di proprietà del bene aveva reso meno sicura la soddisfazione del credito, e ciò in quanto gli altri beni del COGNOME erano oggetto di ipoteca volontaria.
-Il Tribunale di Rovigo, prima, e la Corte di Appello di Venezia, poi, hanno accolto la revocatoria, accertando il fatto che il trasferimento del bene in sede di separazione pregiudicava le ragioni di credito della COGNOME.
-Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con un motivo di censura illustrato da memoria, cui ha fatto seguito il controricorso della COGNOME.
Ragioni della decisione
-La decisione impugnata ha accertato che l’atto di trasferimento era successivo al sorgere del credito, il quale doveva farsi risalire al 2005, data di stipula dei contratti, essendo la sentenza del 2017 meramente dichiarativa del diritto al recesso. E comunque, al momento del trasferimento del bene, il credito era controverso, il che è già di per sé sufficiente a consentire di tutelarlo mediante revocatoria.
Inoltre, secondo i giudici di merito, il creditore non ha dimostrato che il trasferimento del bene è stato effettuato a titolo oneroso, né che il suo patrimonio residuo fosse sufficiente.
2. -Questa ratio è contestata, come si è detto, con un solo motivo di ricorso, il quale prospetta violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché degli articoli 2697 e 2901 c.c.
Il ricorso mira a contestare i presupposti in fatto della revocatoria in quel caso: intanto la circostanza che il credito sia sorto prima del trasferimento, che, come è noto, è circostanza che influisce sull’elemento soggettivo, ossia sulla consapevolezza del debitore circa gli effetti del suo atto di disposizione. Sostiene il ricorrente che il credito è sorto soltanto con la sentenza che lo ha accertato, e dunque dopo che è avvenuto il trasferimento.
Questa prima censura è infondata, alla luce del principio di diritto per il quale <> (Cass., n. 11121 / 2020).
Principio di diritto che è corollario del fatto che l’azione revocatoria può essere esperita anche a tutela di un credito litigioso.
La seconda censura attiene alla natura non già gratuita, bensì onerosa, dell’atto di trasferimento immobiliare.
La ricorrente ribadisce questa tesi.
In astratto è vero che i trasferimenti immobiliari fatti nell’ambito di accordi di separazione possono avere natura onerosa o gratuita (da ultimo Cass. 36562/ 2023): compete a chi ne invoca la natura onerosa di dimostrarlo. E tale prova è mancata: lo ha accertato la sentenza di merito, che, sul punto, non risulta censurata. Né la ricorrente offre ragioni per censurarla, non avendo allegato argomenti per dimostrare che quel trasferimento è stato inteso dalle parti quale corrispettivo di un qualche altro vantaggio.
Trattandosi di cessione a titolo gratuito, perde rilevanza anche la ulteriore contestazione, del tutto generica, di mancanza di prova, in capo all’acquirente, del pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato alle ragioni creditorie, avendo la Corte territoriale, sul punto, correttamente rilevato che ‘non è necessario provare la partecipatio fraudis ‘.
In terzo luogo, la ricorrente censura la decisione impugnata, sempre nello stesso motivo, quanto alla esistenza di un patrimonio capiente, elemento che consentirebbe di escludere la natura pregiudizievole del trasferimento immobiliare.
In questa direzione la ricorrente assume che non c’era, al momento del trasferimento oggetto di revocazione, alcun pignoramento in
atto sugli altri beni, che dovevano dunque ritenersi aggredibili e capienti.
La censura è inammissibile poiché mira ad un diverso accertamento dei fatti rispetto all’accertamento fatto proprio dai giudici di merito, i quali hanno osservato che invece i beni erano gravati da ipoteca volontaria, e che lo stato patrimoniale del ricorrente era stato adeguatamente valutato dalla creditrice, che si era fatta fare una perizia di parte.
Ora, se questo è il presupposto di fatto, ossia che il residuo patrimonio del creditore era già gravato da ipoteca, la circostanza che il trasferimento del bene è stato di pregiudizio al creditore sta nel fatto che il residuo patrimonio sarebbe stato, attesa l’esistenza delle ipoteche, comunque difficilmente aggredibile.
In sostanza, l’atto è revocabile, anche in presenza di una ipoteca, poiché presupposto della revocatoria è che essa è esperibile anche quando l’atto di disposizione si limiti a rendere più gravosa la soddisfazione del credito, o quando muti qualitativamente la garanzia patrimoniale del debitore.
Solo cambiando questo fatto, vale a dire dimostrando che invece il residuo patrimonio era libero da ipoteche, e consentiva al creditore di potersi utilmente soddisfare su di esso, si potrebbe concludere nel senso che l’alienazione non è stata pregiudizievole. Ma ciò suppone che si accerti un fatto diverso da quello emerso nei giudizi di merito.
Il ricorso va pertanto respinto e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 6000,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/10/2024.