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Azione Revocatoria: il vincolo familiare è prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5328/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due coniugi avverso una sentenza che rendeva inefficace un trasferimento immobiliare tra loro. Al centro del caso un’azione revocatoria promossa da un istituto di credito. La Corte ha ribadito un principio consolidato: nell’ambito dell’azione revocatoria, il vincolo di coniugio e la convivenza costituiscono una presunzione grave, precisa e concordante della conoscenza, da parte del coniuge acquirente, della situazione debitoria dell’altro coniuge, integrando il requisito della ‘scientia damni’.

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Azione Revocatoria: il Legame Familiare Basta a Provare la Conoscenza del Debito?

L’azione revocatoria è uno strumento cruciale a tutela dei creditori, ma come si dimostra che chi ha ricevuto un bene era a conoscenza dei debiti di chi glielo ha ceduto? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna su un tema delicato: il valore probatorio del vincolo familiare. La pronuncia chiarisce che il rapporto di coniugio e la convivenza possono essere sufficienti a fondare la prova della cosiddetta scientia damni, ovvero la consapevolezza del pregiudizio arrecato al creditore.

Il Fatto: Il Trasferimento Immobiliare tra Coniugi e l’Azione Revocatoria

La vicenda trae origine dall’azione legale di un istituto di credito contro un uomo, debitore in qualità di fideiussore di una società, e sua moglie. La banca chiedeva di dichiarare inefficace, tramite azione revocatoria, la cessione gratuita di alcuni immobili che il marito aveva effettuato a favore della moglie nel contesto della loro separazione coniugale. Secondo l’istituto di credito, tale atto dispositivo pregiudicava la garanzia patrimoniale su cui poteva fare affidamento.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda della banca. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, accogliendo le richieste del creditore e dichiarando l’inefficacia del trasferimento immobiliare. Secondo i giudici d’appello, sussistevano gli elementi per ritenere che la moglie fosse a conoscenza della situazione debitoria del marito.

I Motivi del Ricorso in Cassazione: La Tesi della Mancanza di “Scientia Damni”

Contro la sentenza d’appello, entrambi i coniugi hanno proposto ricorso per Cassazione. La moglie, in particolare, lamentava la mancanza di prova della sua scientia damni. Sosteneva di aver sempre ignorato le esposizioni debitorie del marito, anche a causa di un rapporto matrimoniale incrinato da tempo, e che il mero rapporto di coniugio non potesse, da solo, costituire prova della sua consapevolezza. A suo dire, per configurare la scientia damni sarebbe stato necessario un quid pluris, un elemento aggiuntivo, che nel caso di specie mancava.

L’Azione Revocatoria e la Prova Presuntiva: Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando la decisione della Corte d’Appello. La motivazione della Suprema Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno ribadito che, ai fini dell’azione revocatoria, la prova della participatio fraudis del terzo (cioè la sua consapevolezza del pregiudizio) può essere desunta anche da presunzioni semplici.

In questo contesto, il vincolo familiare stretto, come quello tra coniugi conviventi, assume un ruolo centrale. Secondo la Corte, “la vicinanza determinata dalla convivenza e dal rapporto familiare tra il disponente e l’acquirente” è di per sé sufficiente a fondare la prova presuntiva. Questo perché tale vincolo rende “estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente”.

In altre parole, il legame coniugale crea una presunzione forte, grave, precisa e concordante della conoscenza del pregiudizio. Non è necessario un elemento ulteriore. I tentativi dei ricorrenti di contestare questa valutazione sono stati considerati dalla Corte come un inammissibile tentativo di riesaminare il merito dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Conclusioni: L’Importanza del Vincolo Familiare nella Prova

le motivazioni dell’ordinanza riaffermano un principio di notevole importanza pratica: negli atti di disposizione patrimoniale tra familiari stretti, l’onere della prova per il creditore che agisce in revocatoria risulta alleggerito. La giurisprudenza presume che, in un contesto familiare, le informazioni sulla situazione economica e debitoria circolino, rendendo altamente probabile la consapevolezza del coniuge acquirente.

le conclusioni che si possono trarre sono chiare: un atto di disposizione a titolo gratuito, come una donazione o un trasferimento in sede di separazione, effettuato a favore di un familiare stretto in un momento di difficoltà finanziaria, è particolarmente vulnerabile all’azione revocatoria. La sentenza sottolinea come il diritto non possa ignorare la realtà dei rapporti umani e familiari nel valutare la sussistenza degli elementi soggettivi richiesti dalla legge.

In un’azione revocatoria, il solo rapporto di coniugio è sufficiente a provare che il coniuge acquirente conosceva i debiti dell’altro?
Sì. Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione confermato in questa ordinanza, il vincolo di coniugio e la convivenza sono elementi di per sé sufficienti a fondare una presunzione grave, precisa e concordante della conoscenza della situazione debitoria, in quanto rendono ‘estremamente inverosimile’ che il coniuge non ne fosse a conoscenza.

Cosa significa ‘scientia damni’ e come si prova?
‘Scientia damni’ è un termine latino che indica la consapevolezza, da parte del terzo che riceve un bene, che l’atto di disposizione del debitore sta danneggiando le ragioni del creditore. Come chiarito dalla Corte, questa consapevolezza può essere provata anche tramite presunzioni semplici, come l’esistenza di un legame familiare stretto tra il debitore e il terzo acquirente.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove presuntive fatta dal giudice di merito?
No, di norma non è possibile. La valutazione delle prove, incluse le presunzioni, è un compito che spetta al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma solo per contestare eventuali errori di diritto o vizi logici evidenti nel ragionamento del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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