Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27675 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27675 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
BANCO RAGIONE_SOCIALE SPA;
– intimata – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI n. 465/2021, depositata il 19/10/2021;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31897/2021 R.G. proposto da: difesi
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e dall’avvocato COGNOME;
– ricorrenti –
contro
4 RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio presso il Tribunale di Oristano NOME COGNOME e NOME COGNOME, suoi debitori nella qualità di fideiussori fino a d €. 300.000,00 a garanzia RAGIONE_SOCIALE obbligazioni contratte da RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, dichiarata fallita, al fine di accertare e dichiarare l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale ex art. 167 cod. civ., in quanto costituito al fine di sottrarre i propri beni (casa di abitazione e nuda proprietà di un altro immobile) alla garanzia patrimoniale generica.
Il Tribunale di Oristano accoglieva la domanda revocatoria, dichiarava l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e condannava i convenuti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese legali.
I coniugi COGNOME proponevano appello avverso tale pronuncia innanzi alla Corte di Appello di Cagliari, che rigettava il gravame e confermava la statuizione di primo grado.
A sostegno della sua decisione, per quanto ancora qui di interesse, osservava la Corte territoriale che:
-in assenza di contestazione degli appellanti, sussiste la legittimazione ad agire della RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti in blocco del RAGIONE_SOCIALE mediante contratto del 07.06.2018;
-non sussiste violazione dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990 (normativa antitrust ). Innanzitutto, l’eccezione di nullità del contratto di fideiussione è stata sollevata per la prima volta nel presente grado in termini del tutto generici, ed è sfornita della necessaria documentazione a supporto. Nel merito, si osserva in via dirimente che l’eccezione non coglie nel segno, non avendo parte appellante
impugnato il passaggio decisivo della sentenza di prime cure secondo cui il contratto di garanzia di cui trattasi non sarebbe qualificabile come fideiussione omnibus , bensì come contratto autonomo di garanzia, come tale non riconducibile alle fattispecie di nullità dedotte. Pertanto, restano assorbite le ulteriori questioni concernenti la trasmissibilità del vizio di nullità del contratto a monte su quello a valle, e l’applicabilità dell’art. 1419 cod. civ. Sotto altro profilo, si rileva che la censura riguarda un credito non più suscettibile di contestazione poiché oggetto di provvedimento monitorio nei confronti della società debitrice principale e dei garanti, non opposto da nessuno degli ingiunti;
-sussistono i presupposti dell’azione revocatoria: quanto all’eventus damni , l’atto di costituzione del fondo patrimoniale oggetto della domanda ex art. 2901 cod. civ. , pur implicando l’inalienabilità dei beni conferiti nel fondo e la loro destinazione al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, costituiva comunque atto dispositivo a contenuto patrimoniale incidente negativamente sulle aspettative di recupero dei creditori dei disponenti. Quanto alla scientia damni : la banca creditrice aveva prodotto documentazione comprovante un progressivo stato di indebitamento della società debitrice principale, che non poteva non essere conosciuta dall’amministratore COGNOME e dalla di lui coniuge. Conclusione che trova riscontro nel dato certo e fortemente indiziario che l’atto di disposizione era stato posto in essere esattamente nello stesso giorno e dallo stesso notaio presso il quale anche l’altro garante aveva, a sua volta, posto in essere un’operazione identica.
Avverso tale decisione NOME COGNOME e NOME COGNOME promuovono ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione affidandolo a tre motivi.
Resiste con controricorso 4 RAGIONE_SOCIALE e, per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE
Resta intimata RAGIONE_SOCIALE
A seguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, i ricorrenti hanno chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
E’ opportuno precisare che, alla luce della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione – quale componente del Collegio che definisce il giudizio – del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380bis cod. proc. civ., non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, n. 3) cod. proc. civ. per la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 с od. proc. civ. – dell’art. 1346 cod. civ. e dell’art. 58 del d.lgs. n. 385/1993. Parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per mancato accertamento del difetto di legittimazione della società RAGIONE_SOCIALE a resistere nel giudizio di appello. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte sulla rilevabilità d’ufficio della legittimazione ad agire, a prescindere dunque dalla non contestazione di controparte, nel mezzo di gravame si sostiene l’inidoneità della documentazione allegata agli atti ai fini della prova della titolarità del credito azionato e della legittimazione ad agire in giudizio. Più precisamente, non assolverebbe allo scopo la pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale, in quanto esso interviene unicamente ad impedire eventuali pagamenti liberatori, oltre a contrastare con la disciplina dell’art. 1346 cod. civ. in quanto indeterminato nell’oggetto, poiché non indica il credito azionato. Infi ne, si contesta l’om issione della notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese.
1.1. Il motivo non merita accoglimento.
La Corte d’ ppello ha evidenziato che la società RAGIONE_SOCIALE, e per essa la mandataria rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, aveva resistito al gravame che gli odierni ricorrenti avevano interposto avverso la decisione di prime cure in veste di cessionaria del credito, originariamente di RAGIONE_SOCIALE, che quest’ultim a le aveva ceduto pro soluto in pendenza del giudizio di appello nell’ambito di un pacchetto di posizioni creditizie comprendente anche il credito dal quale originava il presente giudizio, giusta pubblicazione sulla G.U. del 14.06.2018, allegata in atti di appello come doc. 2 (p. 5, 1° capoverso, della sentenza impugnata).
La Corte d’ appello ha sostenuto la legittimazione ad agire della società RAGIONE_SOCIALE sulla base della non contestazione di parte appellante (convenuta in primo grado: v. sentenza impugnata p. 9, 1° capoverso).
Tale argomento è corretto sulla scorta di un orientamento di questa Corte richiamato anche in sentenza (p. 8, 2° capoverso), in virtù del quale «La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta» (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24798 del 05/11/2020, Rv. 659464 -01; Sez. 1, Sentenza n. 4116 del 02/03/2016, Rv. 638861 – 01).
Tanto esclude, altresì, il vizio di omessa motivazione lamentato nel mezzo di gravame.
Con il secondo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. per la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990, nonché ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., per difetto di motivazione in ordine all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Parte ricorrente censura il mancato riconoscimento della fondatezza della eccezione di nullità della fideiussione omnibu s per la violazione dell’art. 2, legge n. 287 del 1990. Osservano i ricorrenti che, mentre la nullità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, la Corte territoriale aveva omesso di considerare che il contratto di fideiussione in oggetto contiene clausole di sopravvivenza, di reviviscenza e di rinuncia ai termini ex art. 1957 cod. civ., ritenute dalla Banca d’Italia (con provvedimento n. 55 del maggio del 2005) contrarie al citato art. 2 della legge antitrust in quanto espressive di intese restrittive della libera concorrenza, la cui nullità -ove rilevata dal giudice -si sarebbe riverberata sull’intero contratto di garanzia azionato dalla Banca creditrice.
2.1. Il motivo è inammissibile per le ragioni che seguono.
Preliminarmente, vanno dichiarate inammissibili le deduzioni del vizio di omesso esame di fatti decisivi ai sensi del n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., contenute nel secondo come anche nel terzo motivo di ricorso, poiché , a tacer d’altro per amore di sintesi, nel caso di specie si configura una ipotesi di c.d. doppia conforme prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. ( ex plurimis : Cass. Sez. 62, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994).
2.2. Tanto precisato, il motivo è inammissibile per difetto di interesse.
Come risulta da quanto riportato in parte narrativa, la Corte d’ a ppello ha rigettato l’eccezione di nullità del contratto di garanzia
sulla base di una pluralità di rationes decidendi . Tra queste, oltre alla tardività della proposizione dell’eccezione di nullità e alla definitività del provvedimento monitorio accertante il credito della Banca, la ragione «dirimente», mai aggredita dagli odierni ricorrenti, è quella per cui gli allora appellanti non avevano impugnato la pronuncia di prime cure nella parte in cui il rapporto di garanzia era stato qualificato dal primo giudice come contratto autonomo di garanzia, non già come fideiussione omnibus : il che – concludeva la Corte territoriale -vale ad escludere la riconducibilità della fattispecie di nullità al caso concreto.
Sul punto, questa Corte ha affermato che qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure mosse ad una RAGIONE_SOCIALE rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività RAGIONE_SOCIALE altre, alla cassazione della decisione stessa. Mancando puntuale spendita impugnatoria di tutte le ‘rationes decidendi’, il punto deciso è divenuta intangibile e, pertanto, impermeabile al giudizio di cassazione (cfr., fra le tante, da ultimo, S.U., n. 7931 del 29/3/2013, Rv. 625631; Sez. L., n. 4293 del 4/3/2016, Rv. 639158).
Sì che, anche a voler accogliere la doglianza relativa alla rilevabilità d’ufficio della nullità dell’intero contratto di garanzia, non sono mai state impugnate né la qualificazione del contratto (fideiussione omnibus , anziché contratto autonomo di garanzia, come sostenuto dai giudici del merito), e neanche l’argomentazione della Corte d’ appello relativa alla copertura del giudicato sull’esistenza del credito (sul tema dell’opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 650 cod. proc. civ., anche
a prescindere dalla proposizione di un’opposizione esecutiva, ai fini dell’accertamento della vessatorietà di una clausola apposta nei contratti conclusi tra professionista e consumatore, nell’ipotesi in cui il giudice del monitorio non abbia motivato sul punto, v. di recente: Cass. Sez. U, Sentenza n. 9479 del 06/04/2023, Rv. 667446 -01).
Tanto basta ad escludere l’interesse dei ricorrenti ad ottenere l’annullamento dei capi di sentenza impugnati.
Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. per la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 del cod. civ., nonché ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ. n. 5) per difetto di motivazione in ordine alla corretta applicazione dell’art. 2910 del cod. civ., per l’omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio. In sintesi, parte ricorrente contesta la sussistenza di tutti i presupposti dell’azione revocatoria ordinaria.
Quanto all’esistenza del credito, evidenzia il ricorso che la caducazione dell’intero contratto di fideiussione (rilevata nel secondo mezzo di gravame ma ignorata dalla Corte d’Appello) farebbe venir meno il diritto di credito della Banca, prima, e del cessionario, poi, e, dunque, il titolo sul quale basare l’azione revocatoria.
Quanto all’ eventus damni , i ricorrenti contestano alla Corte d’ appello di non aver tenuto conto, verificandone la consistenza, anche del patrimonio dell’altro fideiussore (NOME COGNOME); né di aver esaminato la consistenza del patrimonio dei debitori-garanti, a prescindere dai beni costituiti in fondo patrimoniale.
Quanto, infine, al requisito della scientia damni , osservano i ricorrenti che il fondo era stato costituito in un momento in cui la società garantita operava regolarmente, cioè circa un anno prima della revoca degli affidamenti e della chiusura del conto corrente di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE; sì che sarebbe stato onere della banca creditrice dimostrare la sussistenza dell’ animus nocendi in capo ai coniugi garanti.
3.1. La doglianza è inammissibile, in quanto si risolve nella rivalutazione nel merito del convincimento del giudice e nella rilettura del compendio istruttorio.
Sull’esistenza del credito si rinvia a quanto argomentato supra , punto 1.1.
Come riportato in parte narrativa, la Corte territoriale ha affrontato analiticamente la sussistenza sia dell’ eventus damni (emergente dalla progressiva situazione debitoria della società garantita) sia della scientia damni (deducibile dal ruolo di amministratore svolto da COGNOME e dalla relazione parentale con COGNOME, al tempo della costituzione del fondo patrimoniale; nonché dalla portata fortemente indiziaria dell’atto di disposizione, posto in essere contestualmente alla medesima operazione effettuata da un altro soggetto garante della medesima società debitrice principale): v. sentenza p. 7, 1° capoverso.
Tanto esclude non solo un difetto di motivazione (peraltro non più deducibile alla luce della riformulazione del n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.), ma anche il sindacato di questa Corte che si risolverebbe in una rivalutazione del merito, essendo la motivazione censurata scevra da incongruenze di natura logico-giuridica.
4. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la regola della soccombenza come da dispositivo. Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità
alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di RAGIONE_SOCIALEzione rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti , che liquida in €. 9.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di € . 5.000,00, nonché, ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. , al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 16 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME