Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10572 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10572 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3812/2023 R.G. proposto da : COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA ENNIO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
nonchè contro
COGNOME
NOMECOGNOME
FALLIMENTO
EDILGREEN
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 3743/2022 depositata il 25/11/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/2/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Per quanto qui interessa, RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al Tribunale di Lecco azione ex articolo 2901 c.c. in relazione a fondo patrimoniale costituito dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME; il COGNOME si costituiva riferendo che la moglie era stata dichiarata fallita insieme a RAGIONE_SOCIALE; interrotto il giudizio, l’attore riassumeva e si costituiva il fallimento, proponendo l’azione revocatoria nei confronti del medesimo fondo patrimoniale riguardo alle quote immobiliari di proprietà della COGNOME, che in seguito si costituiva resistendo.
Con sentenza n. 471/2021 il Tribunale accoglieva le domande dell’attrice e del fallimento, dichiarando inefficace l’atto costitutivo del fondo patrimoniale nei confronti dell’attrice quanto ai beni oggetto dei diritti di proprietà del Colombo e nei confronti del fallimento quanto ai beni oggetto dei diritti di proprietà della RAGIONE_SOCIALE.
Proponeva appello il COGNOME; resistevano il fallimento e COCIF. Con sentenza n. 3743/2022 la Corte d’appello di Milano rigettava il gravame.
Il COGNOME ha presentato ricorso, sulla base di tre motivi, da cui si è difesa con controricorso COCIF.
Con provvedimento del 13 novembre 2023 è stata emessa proposta di definizione anticipata del ricorso.
Il COGNOME ha presentato rituale istanza di decisione ex articolo 380 bis c.p.c.
La causa è stata quindi chiamata in adunanza camerale del 28 febbraio 2025.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato rispettiva memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. per avere il giudice d’appello ritenuto sussistente il requisito della scientia damni .
1.1 La corte territoriale si sarebbe limitata a riportare quanto dichiarato dal primo giudice, cui si oppone che l’attuale ricorrente ‘nell’ambito della causa di opposizione al decreto ingiuntivo, nel successivo appello, nonché nel primo grado dell’ actio pauliana , … COGNOME ha specificamente eccepito l’inesistenza e nullità della <> riportata in calce al contratto’, essendo tale clausola affetta da ‘palese inesistenza e/o nullità … per mancanza dei presupposti minimi di validità (era priva di compilazione delle parti destinate all’indicazione del nome del fideiussore, del suo codice fiscale personale e della ragione sociale della società che egli avrebbe dovuto garantire)’, per cui una simile ‘formulazione lasciava presumere … che l’eventuale sottoscrizione non fosse comunque il frutto di una consapevole volontà di obbligarsi personalmente’, tanto più che RAGIONE_SOCIALE, anche dopo la sottoscrizione del suddetto contratto e quindi della clausola, aveva ‘più volte insistito affinché … COGNOME prestasse una fideiussione, con ciò è riconoscendo che la sottoscrizione della <> fosse dunque valida’. E infatti il Colombo aveva
‘resistito in giudizio nella ferma convinzione di non essersi in alcun modo obbligato nei confronti di Cocif e, pertanto, di non averle arrecato alcun pregiudizio con la costituzione del fondo patrimoniale’, nella suddetta clausola non sussistendo alcuna ‘ previsione di un mero danno potenziale ‘.
Inoltre l’atto costitutivo del fondo patrimoniale non sarebbe posteriore al credito vantato da COCIF perché questo potrebbe ‘ritenersi sorto solo con il successivo accertamento giudiziale’; tenuto conto allora dell’anteriorità dell’atto dispositivo, si sarebbe dovuta provare la ‘dolosa preordinazione della costituzione del fondo’ per pregiudicare le ragioni creditorie.
1.2 Il motivo è diretto, in primis , a confutare la sentenza del giudice d’appello nella parte in cui ha condiviso la affermazione del primo giudice sulla sussistenza di una ragione di credito, richiamando la giurisprudenza sulla nozione lata, appunto, del credito come base dell’azione pauliana, e pertanto includente ‘ragione o aspettativa’, non essendo neppure necessario un credito certo, liquidò ed esigibile.
Prendendo le mosse da questa individuazione della natura dell’azione pauliana, la corte territoriale indica le sentenze che hanno accertato, con efficacia del giudicato, il debito, per poi affrontare proprio la questione della scientia damni nuovamente aderendo al primo giudice, laddove le aveva affermato la sussistenza perché il fondo era stato istituito ‘quando era già in corso un contenzioso giudiziario in cui la COCIF faceva valere pretese di centinaia di migliaia di euro.
Pertanto l’odierno ricorrente sapeva bene che, qualora avesse perso la causa, l’apposizione del vincolo avrebbe messo al sicuro gli immobili dalle conseguenti azioni esecutive’, a nulla rilevando la buona fede dell’odierno appellante e la sua convinzione di non essere debitore’ poiché la scientia damni ricorre anche nel caso di ‘un mero danno potenziale’.
Tutto questo non è stato affrontato nel motivo, essendosi il ricorrente limitato a ribadire, in termini fattuali per di più, il proprio convincimento di avere ragione nelle cause relative ai crediti, ovvero il proprio convincimento di non avere rilasciato garanzia.
La censura, quindi, rimane eccentrica, oltre che, appunto, direttamente fattuale.
1.3 Quanto poi all’affermazione che il credito di RAGIONE_SOCIALE sarebbe sorto soltanto dopo ‘il successivo accertamento giudiziale intervenuto con la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Bologna’, e pertanto sarebbe stato posteriore all’atto costitutivo del fondo patrimoniale, si tratta di un asserto del tutto illogico, in quanto sostiene, a ben guardare, che è un accertamento giudiziale che deve fare insorgere un credito, così da renderlo posteriore alla costituzione di un fondo patrimoniale. Al contrario, la pronuncia invocata, per quanto evidenzia lo stesso ricorrente, ha accertato e non costituito, e a ciò deve aggiungersi che la debenza rilevante ai fini dell’azione pauliana non è il credito in senso proprio e completo, bensì è anche, come sopra si è appena visto, una mera ragione o aspettativa di credito. Questo submotivo, dunque, è manifestamente infondato.
Con il secondo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. per avere il giudice d’appello ritenuto sussistente l’ eventus damni .
2.1.1 In primo luogo, si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe ‘valutato in termini astratti … l’effettiva natura pregiudizievole dell’atto dispositivo’, omettendo di considerare che il Colombo ‘non si è mai riconosciuto garante’. Nell’atto d’appello aveva censurato che il Tribunale ‘avesse ritenuto dimostrato l’elemento dell’ eventus damni sulla base delle solo fatto che gli immobili devoluti nel fondo patrimoniale rappresentassero l’intero patrimonio dei coniugi’; il secondo giudice avrebbe ‘utilizzata’ la
stessa motivazione dimostrare l’esistenza dell’ eventus damni , che invece il creditore non avrebbe dimostrato.
2.1.2 La prima parte del motivo è palesemente fattuale quanto alla censura della prova dell’ eventus damni ; quanto all’asserto che il Colombo non si sarebbe mai riconosciuto garante si rimanda a quanto osservato in ordine al primo motivo.
2.2.1 In secondo luogo, si afferma che dalla sussistenza dell’ eventus damni il giudice d’appello farebbe discendere l’applicazione del più severo regime degli atti a titolo gratuito; la natura gratuita del fondo patrimoniale però non sarebbe scontata, e nel caso in esame, considerando la dichiarazione presente nell’atto costitutivo per cui i coniugi lo hanno costituito ‘ai sensi dell’articolo 167 del codice civile, destinando a far fronte ai bisogni della famiglia degli immobili citati in premessa’, avrebbe dedursi che non si trattò di un atto gratuito, bensì dell’adempimento di un dovere di contribuzione, e quindi di un conferimento di ‘natura assolutoria, non gratuita’, onde si sarebbe dovuta dimostrare la partecipatio fraudis dell’altro coniuge, dimostrazione che controparte non avrebbe fornito.
2.2.2 Considerato il contenuto della sentenza impugnata e quanto esposto nella sintesi della sequenza processuale presente nel ricorso, emerge che la necessità della partecipatio fraudis e quindi, a monte, la presenza di un fondo patrimoniale non come atto gratuito è un novum , che -inammissibilmente – il ricorrente tenta di introdurre in sede di legittimità.
Con il terzo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione degli articoli 167 e 170 c.c.
3.1 Il giudice d’appello avrebbe ritenuto che il credito di RAGIONE_SOCIALE non fosse opponibile al fondo patrimoniale; ritenendo allora legittimato COCIF all’esercizio dell’azione revocatoria, avrebbe violato gli articoli 167 e 170 c.c., per cui i beni del fondo sono destinati ‘a far fronte ai bisogni della famiglia’ e non possono essere oggetto di
esecuzione ‘per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia’.
3.2 Questo motivo, a ben guardare, è eccentrico rispetto al passo della sentenza d’appello in esso invocata. In effetti, la corte territoriale si è espressa come segue: ‘… con riferimento alla … giurisprudenza in tema di inerenza del credito ai bisogni della famiglia e possibilità di suo soddisfacimento sui beni costituiti in fondo patrimoniale, l’argomento appare incongruo perché confonde il piano dell’esistenza del credito con quello dell’opponibilità di esso al fondo: proprio l’astratta non opponibilità al fondo del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE giustifica l’azione revocatoria da questa esercitata’.
Dunque, il giudice d’appello ha soltanto rilevato che lo scopo dell’azione è la concretizzazione dell’utilizzo del fondo patrimoniale, id est che, nel caso in esame, l’azione è stata esercitata per concretizzare ‘l’astratta non opponibilità al fondo del credito’ di Cocif.
Che il fondo patrimoniale non possa essere oggetto dell’azione pauliana non è infatti assolutamente sostenibile (cfr., p. es., da ultimo, Cass. 28593/2024 e Cass. ord. 34872/2023).
Il motivo, pertanto, è infondato.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente.
Il ricorrente va altresì condannato al pagamento di somme ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i relativi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di
euro 6.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 ex art. 96, 4° co., c.p.c. in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2025