Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20770 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20770 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20395/2024 R.G. proposto da: COGNOME e COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-ricorrenti – contro
PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DI NOME COGNOME in persona del Liquidatore giudiziale, avv. NOME COGNOME
–
intimata – nonché
COGNOME NOME
-intimata –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di L’Aquila n. 782/2024, pubblicata in data 12 giugno 2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 luglio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME deducendo di essere creditrice nei confronti di NOME COGNOME dell’importo di euro 67.140,00, in forza di ordinanza ex art. 702bis cod. proc. civ. emessa dal Tribunale di Lanciano, e che aveva notificato precetto al debitore ed agli altri condebitori solidali e, successivamente, promosso, senza esito, azione esecutiva, nell’ambito della quale erano intervenuti ulteriori creditori (tra i quali BPER Banca s.p.a. per un credito di euro 229.995,95), conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lanciano, il debitore e NOME COGNOME, chiedendo la declaratoria d’inefficacia dell’atto di compravendita del 21 dicembre 2017, con cui il primo, riservandosi l’usufrutto, aveva alienato alla sorella la nuda proprietà dell’immobile sito in Lanciano, alla INDIRIZZO sul presupposto che l’ atto dispositivo arrecava pregiudizio alle sue ragioni creditorie.
Si costituivano i convenuti, i quali replicavano che il prezzo previsto nell’atto di compravendita era congruo e che non sussisteva né l’ eventus damni , posta l’ampia capienza del patrimonio residuo in capo al debitore , né l’elemento soggettivo della scientia damni in capo al terzo acquirente; rappresentavano, inoltre, che, essendo pendente una procedura di sovraindebitamento nei confronti di NOME COGNOME, il positivo esito della stessa avrebbe reso ‘inammissibile l’azione proposta dall’attrice’.
Respinta l’istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ., pure formulata dai convenuti, in data 4 marzo 2022, interveniva
nel giudizio l’avv. NOME COGNOME nella qualità di liquidatore della procedura di Liquidazione del patrimonio di NOME COGNOME la quale chiedeva l’accoglimento dell’azione ex art. 2901 cod. civ. nei confronti della procedura e della massa dei creditori.
Il Tribunale adito, ritenuti insussistenti i presupposti per la interruzione del giudizio, atteso che l’art. 14 quinquies , comma 2, lett. b) , della legge n. 3/2012, preclude l’inizio o la prosecuzione unicamente delle azioni esecutive e di quelle cautelari, con sentenza n. 103/2023, pubblicata il 27 marzo 2023, rilevata l’improcedibilità dell’azione revocatoria proposta dall’originaria attrice NOME COGNOME accoglieva l’azione ex art. 2901 cod. civ. proposta dalla procedura di liquidazione giudiziale, ritenendo integrati i relativi presupposti.
La Corte d’appello di L’Aquila, dinanzi alla quali i germani COGNOME proponevano impugnazione, ha rigettato l’appello, condannando gli appellanti al pagamento delle spese di lite in favore di NOME COGNOME e della Liquidazione giudiziale del patrimonio di NOME COGNOME.
In sintesi, ha osservato che:
a) il giudice di primo grado aveva correttamente rilevato che il subentro del liquidatore giudiziale nella posizione dell’originario creditore implicava il venir meno della legittimazione di quest’ultimo, donde la domanda da questi avanzata diveniva improcedibile, anche alla luce della previsione dell’art. 14 decies legge n. 3/2012 (composizione della crisi da sovraindebitamento), secondo cui ‹‹ il liquidatore, autorizzato dal giudice esercita e, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti in pregiudizio dei creditori ›› ;
b) vertendosi in ipotesi di continuazione di azione già in precedenza incardinata, non venivano in considerazione gli oneri probatori che l’art. 66 legge fallimentare prevede in caso di azione esercitata ab origine
dal curatore, per cui il giudice di primo grado, nell’accogliere la domanda revocatoria, aveva legittimamente utilizzato le risultanze istruttorie già acquisite agli atti, dall e quali emergeva l’esistenza e l’anteriorità del credito vantato dalla Finoli, nonché la esistenza di plurimi debiti nei confronti di altri soggetti, tutti anteriori all’atto dispositivo;
ricorreva il requisito dell’ eventus damni , dal momento che l’at to dispositivo impugnato aveva sostituito al bene immobile una somma di denaro, più difficile da aggredire del diritto di nuda proprietà, e il diritto di usufrutto, che il disponente aveva mantenuto, era destinato ad estinguersi con la sua morte ed era difficile che venisse utilmente assoggettato ad esecuzione forzata, cosicché non poteva non riconoscersi che l’atto di compravendita ave va comportato una variazione qualitativa in senso peggiorativo della garanzia patrimoniale;
difettava la prova che il patrimonio residuo di NOME COGNOME fosse capiente, perché, sebbene lo stesso fosse titolare anche di ulteriori beni, al fine di escludere l’ eventus damni , occorreva tenere conto non tanto del valore commerciale dei beni residui, ma del loro possibile valore di realizzo in sede esecutiva; nella specie vi era prova che nell’ambito della procedura esecutiva, al la quale il bene risultava sottoposto al momento dell’atto dispositivo , era stata fissata la vendita all’incanto per un prezzo di base d’asta di euro 224.000,00 ed offerta minima di euro 168.000,00, neanche sufficiente a soddisfare il credito della BPER s.p.a.;
nessun dubbio poteva nutrirsi in ordine alla sussistenza in capo al debitore della conoscenza del pregiudizio che con l’atto dispositivo si arrecava alle ragioni creditore, in ragione della consistenza della esposizione debitoria nei confronti di vari soggetti;
sussisteva parimenti il requisito soggettivo in capo all’acquirente,
stante lo stretto rapporto parentela esistente tra le parti, che lasciava presumere che NOME COGNOME non potesse non essere a conoscenza della grave situazione debitoria in cui versava il fratello, presunzione rafforzata dal fatto che i due fratelli abitavano nello stesso fabbricato (sebbene in diverse unità immobiliari), situazione indicativa di assidua frequentazione tra gli stessi; a far ritenere la conoscenza della situazione debitoria del fratello in capo all’acquirente soccorrevano anche ulteriori elemen ti, quali il fatto che l’atto dispositivo era stato posto in essere a distanza di pochi mesi dall’avvio della proc edura esecutiva, come anche il peculiare contenuto dell’atto dispositivo avente ad oggetto la vendita della nuda proprietà con mantenimento in capo all’aliena n te (più giovane dell’acquirente di quattro anni) del diritto di usufrutto vitalizio.
I giudici d’appello hanno , infine, confermato la sentenza del Tribunale anche con riferimento alla statuizione di condanna alle spese pronunciata a carico degli originari convenuti ed in favore dell’originaria creditrice (NOME COGNOME, sottolineando come l’improcedibilità della dom anda promossa da quest’ultima fosse conseguita ad una evenienza sopravvenuta in corso di causa, costituita dall’intervento della procedura liquidatoria; hanno parimenti posto a carico degli appellanti, in solido, le spese relative al giudizio d’appello, respingendo la richiesta di compensazione delle spese avanzata in riferimento al rapporto processuale con la procedura di liquidazione giudiziale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta decisione, con cinque motivi.
La Procedura di Liquidazione giudiziale di NOME COGNOME in persona del liquidatore giudiziale, avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il Consigliere delegato ha formulato, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., la seguente proposta di definizione accelerata: ‹‹Il
ricorso risulta essere stato notificato in data 11.9.2024 e depositato in data 3.10.2024, dunque oltre il ventesimo giorno; si propone pertanto la definizione del ricorso, ai sensi dell’art 380 -bis cod. proc. civ., in termini di improcedibilità (v. da ultimo Cass., n. 21155/2024) ››.
Il difensore dei ricorrenti, munito di procura speciale, ha richiesto la decisione del ricorso.
È stata fissata la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 360bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
In data 11 luglio 2025 i ricorrenti hanno depositato atto di rinuncia al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia ‹‹nullità del procedimento per violazione dell’art. 14 quinquies della legge 3/2012, come modificato dalla legge 18.12.2020, n. 176 di conversione del d.l. n. 137/2020 in combinato disposto con l’art. 295 c.p.c. per l’omessa sospensione del giudizio di primo grado, pendente la domanda del debitore ex legge 3/12 vigente ratione temporis ››.
Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la decisione impugnata per ‹‹Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova gravante sul liquidatore, in relazione ai presupposti richiesti dall’art. 2901 c.c., all’esito di intervento autonomo ›› , per avere la Corte territoriale ritenuto che potesse essere dichiarata l’inefficacia dell’atto dispositivo nei confronti di tutti i creditori, sebbene il liquidatore non avesse adempiuto all’onere probatorio su di lui gravante di provare, in analogia con quanto previsto per il curatore fallimentare che subentra nella posizione del singolo creditore ai sensi dell’art. 66 legge fallimentare, i) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito, ii) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento
dell’atto pregiudizievole, nonché iii) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atti.
Con il terzo motivo si deduce ‹‹motivazione illogica e/o apparente -violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 2697 c.c. sotto il profilo della prova eventus damni per non avere la Corte d’appello tenuto in considerazione la residua consistenza patrimoniale documentata dal debitore, all’esito dell’atto dispositivo impugnato››.
Con il quarto motivo si denunzia ‹‹ motivazione illogica o apparente -Violazione e falsa applicazione di norma di diritto, in particolare dell’art. 2901 c.c. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto sussistere il requisito della partecipatio fraudis in difetto di elementi probatori o presuntivi ›› .
Con il quinto motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c od. proc. civ. per avere la Corte condannato gli appellanti alle spese del giudizio di secondo grado anche nei confronti degli originari attori, nonostante la conferma della sentenza nei confronti del liquidatore -i ricorrenti impugnano la statuizione della sentenza con cui gli stessi sono stati condannati a rifondere le spese di lite in favore dell’originaria creditrice, in difetto di una situazione di soccombenza, dal mome nto che l’intervento in giudizio del liquidatore avrebbe dovuto comportare la dichiarazione d’improcedibilità della domanda formulata dall’originaria attrice.
Non deve procedersi allo scrutinio dei motivi sopra illustrati, in ragione della intervenuta rinuncia al ricorso, per effetto della quale si impone comunque la declaratoria di estinzione del presente giudizio di cassazione , com’è stato chiarito dall’ordinanza di questa Sezione n. 18671 del 2025, la quale ha anche evidenziato che in punto di regolamento delle spese del giudizio, quando la rinuncia succede ad
una richiesta di decisione del giudizio dopo proposta di definizione anticipata, il secondo comma dell’art. 391 c.p.c. preclude l’applicazione del regime indicato dal terzo comma dell’art. 380 -bis c.p.c.
Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite, essendo la Procedura di Liquidazione Giudiziale di NOME COGNOME e NOME COGNOME rimaste intimate.
Quanto al contributo unificato, deve escludersene il raddoppio atteso che tale misura si applica ai soli casi -tipici -del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, in senso lato sanzionatoria, essa è di stretta interpretazione (Cass., sez. 6 -3, 30/09/2015, n. 19560) e, come tale, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica a ipotesi quale quella verificatasi nella specie (Cass., sez. 5, 28/05/2020, n. 10140; Cass., sez. U, 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione