Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14564 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14564 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25545/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
-intimato- avverso SENTENZA di TRIBUNALE UDINE n. 818/2022 depositata il 23/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione datato 14 novembre 2018 NOME COGNOME nella qualità di dirigente finanziario della procedura di insolvenza di NOME COGNOME evocava in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo, in via principale la dichiarazione di nullità per simulazione del contratto di donazione del 23 ottobre 2015 con conseguente retrocessione in favore di NOME COGNOME della quota indivisa pari alla metà della piena proprietà di una villa e accessori, sita nel comune di Lignano Sabbiadoro e, in via subordinata, per ottenere la pronunzia di inefficacia ai sensi dell’articolo 2901 c.c, del predetto contratto di donazione.
Deduceva che NOME COGNOME e la moglie NOME COGNOME acquistarono tale bene il 28 marzo 2011 e che negli anni successivi NOME COGNOME contrasse una serie di debiti per circa 35 milioni di euro e a causa di ciò i coniugi stipularono una convenzione, in data 24 settembre 2015, che prevedeva il mutamento del regime patrimoniale della comunione dei beni, in quello della separazione, relativamente ai beni immobili tra i quali la predetta villa di Lignano che sarebbe rimasta nella proprietà esclusiva di NOME COGNOME.
Un mese più tardi sottoscrissero l’atto di donazione del 23 ottobre 2015 con il quale NOME donava alla moglie la propria quota indivisa di proprietà della villa. In data 16 agosto 2016 il matrimonio tra i coniugi venne annullato sulla base della sentenza del Giudice di pace della circoscrizione di Mosca.
Con sentenza del Tribunale arbitrale di Mosca del 21 maggio 2018 venne dichiarata la bancarotta di NOME COGNOME e nominato il dirigente finanziario NOME COGNOME cui è stato conferito l’incarico di procedere alla vendita dei beni. Sulla base di tali premesse si è reso necessario agire per ottenere la dichiarazione di nullità, per simulazione, della donazione ovvero la revoca ai sensi dell’articolo 2901 c.c.
Si costituiva NOME COGNOME e chiedeva la rimessione in termini atteso il mancato rispetto del termine di 150 giorni a comparire ed il giudice ordinava la rinnovazione della citazione nei confronti del convenuto NOME COGNOME
Il Tribunale di Udine, con sentenza del 23 settembre 2022, dichiarava l’inefficacia, nei confronti della parte attrice, del contratto di donazione del 23 ottobre 2015 condannando i convenuti in solido al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione opponeva appello NOME COGNOME con atto di citazione del 19 ottobre 2022 chiedendo la dichiarazione di nullità della citazione nei confronti di NOME COGNOME per tardività della notifica e, nel merito, l’insussiste nza dei presupposti per l’azione revocatoria e quella di simulazione e la carenza di interesse dell’attore.
Si costituiva NOME COGNOME nella qualità di dirigente finanziario della procedura di insolvenza di NOME COGNOME chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La Corte d’appello di Trieste, con ordinanza del 18 ottobre 2023 dichiarava inammissibile ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c.
l’impugnazione proposta da NOME COGNOME poiché la stessa non aveva ragionevole probabilità di accoglimento.
Avverso la decisione di primo grado propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME Entrambe le parti depositano memorie sensi dell’articolo 380 bis -1 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va rilevato che la parte controricorrente ha conferito mandato all’avvocato NOME COGNOME congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME abilitando i predetti avvocati a sottoscrivere ricorsi, controricorsi, ricorsi incidentali memoria e quan t’altro necessario, con riferimento al giudizio proposto avverso la sentenza in oggetto. L’avvocato COGNOME non compare nell’elenco speciale degli avvocati cassazionisti abilitati a svolgere tale attività.
Opera il principio secondo cui ‘il ricorso per cassazione è validamente sottoscritto anche da uno soltanto dei due o più difensori muniti di procura, quando il ministero difensivo sia loro affidato dalla parte senza l’espressa volontà di esigere l’espletamento congiunto dell’incarico, atteso che, ai sensi dell’art. 1716 cod. civ., in caso di coesistenza di più mandati con lo stesso oggetto, ciascun mandatario è abilitato al compimento dell’atto se la delega non richieda l’azione congiunta’ (Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 11/06/2008, Rv. 603444 – 01).
Tale fattispecie ricorre nel caso di specie come emerge dal contenuto della procura alle liti.
Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione dell’articolo 6 della convenzione dell’Aja del 1965 relativa alla notificazione all’estero degli atti giudiziari in materia civile e il mancato perfezionamento della noti fica dell’atto di citazione di primo grado nei confronti di NOME per mancato rispetto del termine a comparire previsto all’articolo 163 bis c.p.c.
Ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione l’autorità dello stato richiesto deve attestare la forma, il luogo e la data dell’esecuzione e della persona alla quale l’atto da notificare è stato consegnato, poiché tale adempimento ha la medesima funzione della relazione di notifica.
Nel caso di specie il procedimento non si sarebbe perfezionato in data 22 gennaio 2021, come ritenuto dal Tribunale di Udine, ma solo con l’attestazione di notifica del 7 aprile 2021 da ciò discenderebbe il mancato rispetto del termine a comparire.
La data del 22 gennaio 2021 corrisponde a quella dell’udienza a comparire davanti al Tribunale russo e in quell’occasione NOME COGNOME non si è presentato per ritirare l’atto proveniente dall’Italia, mentre l’iter si sarebbe concluso in da ta 7 aprile 2021 e cioè nella data dell’ultima udienza davanti al Tribunale russo nella quale il convenuto egualmente non si è presentato.
Il motivo è destituito di fondamento poiché si fonda sull’assunto secondo cui il procedimento che consentirebbe di attestare il perfezionamento della notifica in Russia richiederebbe l’inutile e reiterato espletamento delle modalità di fissazione dell’udie nza per la consegna del plico da parte delle autorità straniere ad un soggetto che in tutte le occasioni ha omesso di ritirare il plico. Tale assunto è privo di fondamento.
Al contrario l’atto di citazione pervenne nella sfera di conoscibilità di NOME COGNOME tramite la comunicazione dell’autorità giudiziaria russa, all’esito di una prima convocazione fissata per il ritiro dell’atto per la data del 22 gennaio 2021. Nell’occasione era stata fissata una udienza apposita davanti al Tribunale e nell’occasione il convenuto non si era presentato.
Successivamente a tale udienza ne erano seguite altre tre, rispettivamente il 16 febbraio, il 10 marzo e, infine, il 7 aprile 2021. Secondo la ricorrente il momento di perfezionamento della notifica
andrebbe individuato all’esito della seconda convocazione di NOME COGNOME davanti al Tribunale russo.
Al contrario la prima raccomandata era stata inviata il 12 gennaio 2021, in vista dell’udienza fissata 10 giorni dopo, il 22 gennaio ed è stata restituita con la dicitura ‘scaduto tempo di giacenza’. Analoghe sono state le procedure relative alle successive udienze. Sulla base di tali premesse appare corretta l’argomentazione del Tribunale secondo cui l’atto notificato è stato posto nella sfera di conoscibilità di NOME COGNOME in data 22 gennaio 2021 nel rispetto dell’articolo 6 della convenzione dell’Aja.
Con il secondo motivo si deduce la nullità della decisione ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. e la violazione degli articoli 116 e 100 c.p.c. riguardo al governo delle prove in merito all’accertamento della sussistenza dell’interesse ad agire in capo all’attore.
Tale interesse non sussisterebbe perché il dirigente finanziario della procedura con il potere di curare gli interessi della massa dei creditori era stato nominato in occasione della sentenza del Tribunale arbitrale della città di Mosca del maggio 2018. Ma tale statuizione sarebbe stata modificata con la successiva sentenza della Corte arbitrale della città di Mosca del 10 giugno 2021 che avrebbe annullato l’accordo matrimoniale del 24 settembre 2015, ma soprattutto rigettato la domanda di revoca della donazione formulata da NOME COGNOME nella qualità di dirigente finanziario della procedura di insolvenza di NOME COGNOME Pertanto, sarebbe venuto meno il presupposto delle azioni proposte, la legittimazione l’interesse ad agire di quest’ultimo.
Il motivo è infondato. Sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno preso in esame in maniera specifica la sentenza della Corte di Mosca del 2021 rilevando che proprio la motivazione dell’autorità giudiziaria russa, secondo cui il bene oggetto di donazione non poteva essere acquisito alla procedura, ha consentito al Tribunale italiano di ritenere sussistente l’interesse del liquidatore ad agire sensi
dell’articolo 2901 c.c., proprio perché non era percorribile la via della acquisizione e della restituzione all’asse della liquidazione del cespite, siccome ritenuto dall’autorità giudiziaria russa.
Con il terzo motivo si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. e la violazione degli articoli 116 e 2901 c.c. con riferimento al governo delle prove in merito alla erronea qualificazione, quale atto a titolo gratuito, di quello di trasferimento della metà dell’immobile di Lignano Sabbiadoro.
Il giudice di appello avrebbe omesso di considerare l’orientamento della giurisprudenza secondo cui le attribuzioni patrimoniali oggetto di donazione devono ritenersi onerose ogniqualvolta lo scopo è quello solutorio o di regolamentazione di rapporti maturati nel corso della convivenza matrimoniale. Nel caso di specie la crisi coniugale risaliva all’anno 2015 per cui l’atto di trasferimento aveva il solo scopo di regolare i rapporti economici tra gli ex coniugi in vista del futuro divorzio, successivamente dichiarato il 18 agosto 2016.
Il motivo è inammissibile poiché, sotto la apparente deduzione di violazione di norme di legge, in realtà si prospetta una ricostruzione alternativa del materiale probatorio, più appagante per la ricorrente, tesa a dimostrare la funzione compensativa o comunque onerosa dell’atto di liberalità strutturato in termini di donazione. Al contrario, il Tribunale ha correttamente evidenziato che l’atto di donazione stipulato tra i coniugi è precedente allo scioglimento del matrimonio e non contiene alcun riferimento alla volontà degli stessi di regolare i rispettivi rapporti patrimoniali anche attraverso quell’atto di liberalità, in vista dello scioglimento del matrimonio.
Per il resto la ricostruzione alternativa prospettata con il ricorso non può essere sottoposta alla Corte di legittimità poiché attiene esclusivamente alla valutazione del materiale probatorio che costituisce profilo di esclusiva pertinenza del giudice di merito.
Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c., la violazione degli articoli 132 c.p.c. e
118 delle disposizioni di attuazione del codice di rito in relazione alla motivazione apparente sulla sussistenza dei presupposti dell’articolo 2901 c.c. con riferimento all’atto di donazione. Secondo il Tribunale entrambi i coniugi erano pienamente consapevoli al tempo della donazione di cui si assume la natura di atto a titolo oneroso, quale adempimento di un accordo, che attraverso quell’atto il marito si spogliava dell’unico cespite immobiliare di cui era titolare, arrecando un pregiudizio ai creditori. Tale argomentazione però non troverebbe riscontro nelle circostanze di fatto allegate e provate.
Si tratterebbe di una motivazione solo apparente. In realtà i coniugi non vivevano insieme già dal 2010 e nella sentenza di scioglimento del matrimonio si dava atto che i rapporti erano cessati da circa un anno, mentre i problemi economici del marito avevano avuto inizio dopo la cessazione della convivenza, solo nell’anno 2017.
Il motivo è inammissibile poiché sotto l’apparente deduzione di violazione di legge si chiede al giudice di legittimità di esaminare tutto il materiale probatorio al fine di escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo e della consapevolezza da parte di entrambi gli ex coniugi di ledere i diritti dei creditori sottraendo l’unico cespite significativo aggredibile in Italia.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte