Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30231 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30231 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26981-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura del 29/4/2024;
– resistente –
nonché
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la SENTENZA n. 1258/2020 della CORTE D ‘ APPELLO DI CATANIA, depositata il 16/7/2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 15/10/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il Tribunale di Catania, con sentenza del 12/10/2018, ha dichiarato, ai sensi dell ‘ art. 2901 c.c., l ‘ inefficacia, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, del contratto di compravendita stipulato in data 17/11/2008 tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE ed ha condannato quest ‘ ultima, in ragione della successiva alienazione a terzi degli immobili oggetto dell ‘ atto inefficace, al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE, della somma di €. 150.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
1.2. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito, chiedendone il rigetto.
1.3. La Corte distrettuale, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l ‘ appello.
1.4. La Corte, in particolare, per quanto ancora rileva, ha, innanzitutto, esaminato il motivo con il quale l ‘ appellante ha dedotto l ‘ insussistenza RAGIONE_SOCIALE ragioni creditorie vantate dal RAGIONE_SOCIALE sul rilievo che il credito litigioso, incerto ed eventuale, non è idoneo a conferire la legittimazione ad agire in revocatoria ordinaria: e l ‘ ha ritenuto infondato.
1.5. La Corte, sul punto, dopo aver affermato il principio per cui anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l ‘ insorgere della qualità di creditore abilitato all ‘ esperimento dell ‘ azione revocatoria ordinaria avverso l ‘ atto dispositivo compiuto dal debitore, ha ritenuto che, di conseguenza, ‘ il credito della curatela, nascente dalla condanna in appello del COGNOME al pagamento di euro 1.673.472,00, pur essendo sub iudice … costituisce idonea base legittimante l ‘ esperimento dell ‘ azione revocatoria da parte della curatela stessa ‘.
1.6. La Corte, poi, ha esaminato il motivo con il quale l ‘ appellante ha lamentato l ‘ insussistenza dell ‘ eventus damni e della scientia damni del debitore deducendo, per un verso, che, ai fini dell ‘ azione revocatoria, il carattere pregiudizievole dell ‘ atto dev ‘ essere valutato in relazione all ‘ insufficienza dei beni residui del debitore ad offrire la garanzia patrimoniale, non rilevando, per contro, la mera diminuzione della garanzia stessa, e, per altro verso, che la consapevolezza del debitore di ledere la garanzia patrimoniale dei creditori non può essere desunta dalla pendenza di un processo penale che si è concluso con l ‘ assoluzione per non aver commesso il fatto.
1.7. La Corte ha ritenuto l ‘ infondatezza del motivo rilevando: – innanzitutto, che l ‘ atto con il quale il debitore si è spogliato dell ‘ immobile è suscettibile di revocatoria ‘ avendo tale operazione arrecato una modifica qualitativa al patrimonio del debitore, tale da cagionare un pregiudizio alla garanzia patrimoniale e rendere più complesso il soddisfacimento del credito ‘, specie a fronte dalla mancanza di una prova che dimostri la capienza del suo residuo patrimonio; – in secondo luogo, che la scientia damni , e cioè la consapevolezza del debitore di ledere, attraverso il compimento dell ‘ atto e la conseguente modifica della propria garanzia patrimoniale, le ragioni dei suoi creditori, prescinde dal fatto che il relativo procedimento penale si sia successivamente concluso con un ‘ assoluzione, rilevando unicamente il fatto che lo stesso, una volta ‘ rinviato a giudizio ‘, fosse, a fronte di ‘ un primo vaglio sfavorevole in sede di indagini preliminari e all ‘ inizio del dibattimento ‘, ‘ consapevole ‘, ‘ nonostante la più assoluta convinzione della propria innocenza ‘, ‘ di un ‘ eventuale responsabilità ‘ e dell” eventualità di una condanna risarcitoria ‘, sicché, ad una valutazione necessariamente ex ante , ‘ non
poteva … essere ignaro del proprio possibile coinvolgimento nella vicenda ‘, come, del resto, dimostrato dalla ‘ cronologia degli eventi ‘, e cioè dalla ‘ circostanza che nell ‘ arco di soli tre giorni dal rinvio al giudizio si fossero perfezionati sia il passaggio in assemblea, sia l ‘ atto pubblico di compravendita ‘ , la quale, in effetti, prova che il COGNOME era ‘ consapevole dei risvolti che tale disposizione avrebbe avuto sulla propria garanzia patrimoniale, rendendo qualitativamente più complesso il soddisfacimento dei creditori ‘.
1.8. La Corte, inoltre, ha esaminato il motivo con il quale l ‘ appellante aveva lamentato l ‘ insussistenza della consapevolezza del pregiudizio da parte del terzo acquirente sul rilievo che, trattandosi di un contratto stipulato con una persona giuridica, l ‘ accertamento dello stato soggettivo rilevante non dev ‘ essere valutato avendo riguardo al suo rappresentante, il quale è un mero nuncius che esegue la volontà dell ‘ assemblea: e l ‘ ha ritenuto infondato.
1.9. La Corte, al riguardo, ha ritenuto: – innanzitutto, che, in tema d ‘ azione revocatoria ordinaria, il requisito della scientia damni , qualora l ‘ acquirente sia una società, dev ‘ essere accertato avendo riguardo all ‘ atteggiamento psichico della persona fisica che la rappresenta, giusta il principio stabilito dall ‘ art. 1391 c.c., applicabile all ‘ attività RAGIONE_SOCIALE persone giuridiche, con la conseguenza che, se l ‘ amministratore di una società è consapevole del fatto che l ‘ acquisto di un bene immobile da parte della stessa può pregiudicare le ragioni del creditore, tale consapevolezza si comunica alla società; – in secondo luogo, che, nel caso in esame, la partecipatio fraudis della RAGIONE_SOCIALE emerge dal fatto che il COGNOME, del quale è già stata accertata la consapevolezza del pregiudizio che l ‘ atto avrebbe arrecato ai suoi creditori, ha rivestito sia la qualità
di alienante, sia quella di legale rappresentante della società acquirente, per cui il Tribunale, a fronte dell ‘ identità soggettiva tra debitore e rappresentante della società acquirente, aveva correttamente affermato la sussistenza della consapevolezza del pregiudizio alle ragioni creditorie anche in capo a quest ‘ ultima.
1.10. La Corte, infine, ha esaminato il motivo con il quale l ‘ appellante aveva lamentato l ‘ erroneità della condanna della società acquirente al risarcimento del danno per aver successivamente trasferito l ‘ immobile oggetto dell ‘ atto revocato a terzi.
1.11. La Corte ha ritenuto l ‘ infondatezza della censura sul rilievo che il terzo acquirente di un bene con un atto di disposizione assoggettabile a revocatoria ai sensi dell ‘ art. 2901 c.c. risponde del danno arrecato al creditore ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c. quando: – l ‘ atto di disposizione del patrimonio del debitore sia revocabile ai sensi del citato art. 2901 c.c.; – il terzo, dopo la sua stipulazione, abbia compiuto atti elusivi in modo totale o parziale della garanzia patrimoniale; – il fatto del terzo sia connotato da una originaria posizione di illiceità concorrente con quella del debitore ( consilium fraudis ) o da una autonoma posizione di illiceità; – sussiste in concreto un eventus damni causato dal fatto illecito del terzo.
1.12. Nel caso in esame, ha osservato la Corte, sussistono tutti gli indicati presupposti, evidenziando che, a fronte della revocabilità dell ‘ atto di vendita in favore della società acquirente e della consapevolezza da parte di quest ‘ ultima che l ‘ atto avrebbe arrecato un danno alle ragioni dei creditori del debitore alienante, la stessa aveva provveduto alla successiva alienazione a terzi di tre immobili ricavati dalla suddivisione del fabbricato oggetto della revocatoria, così arrecando ai creditori, in ragione della conseguente impossibilità di aggredire il bene
oggetto della revocatoria, un pregiudizio che il Tribunale aveva correttamente valutato e liquidato, determinandone l ‘ ammontare nel valore dell ‘ immobile al momento dell ‘ evento dannoso, e cioè dell ‘ atto revocato.
2.1. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 14/10/2020, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza.
2.2. Il RAGIONE_SOCIALE, in data 3/5/2024, ha depositato richiesta di partecipazione alla discussione orale a norma dell ‘ art. 370 c.p.c..
2.3. NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2901 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l ‘ omesso esame di fatto decisivo controverso tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE era legittimato ad agire per la revocatoria dell ‘ atto compiuto dal COGNOME senza, tuttavia, considerare che: – il credito risarcitorio vantato nei confronti di quest ‘ ultimo, in quanto ancora oggetto di accertamento in sede giudiziale, è solo incerto ed eventuale; – il giudice investito della domanda di revoca non ha provveduto, come invece avrebbe dovuto, ad alcun accertamento in ordine alla serietà e alla consistenza di tale pretesa né alla possibilità di procedere alla sospensione del giudizio a norma dell ‘ art. 337 c.p.c..
3.2. Il motivo è inammissibile per sopravvenuto difetto d ‘ interesse. Premesso che, com ‘ è noto, nel giudizio di cassazione, l ‘ esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d ‘ ufficio, non solo qualora
emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito ma anche nell ‘ ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo RAGIONE_SOCIALE parti ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem , corrisponde ad un preciso interesse pubblico (Cass. SU n. 13916 del 2006; Cass. n. 12754 del 2022; Cass. n. 12159 del 2011), rileva il Collegio che questa Corte, con l ‘ ordinanza n 6911/2021, rigettando il ricorso per cassazione proposto, tra gli altri, da NOME COGNOME, ha definitivamente confermato la sentenza della Corte d ‘ appello di Catania che, in data 18/9/2018, aveva condannato quest ‘ ultimo al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE, della somma di €. 1.673.472,00, a titolo di risarcimento dei danni arrecati dallo stesso, in qualità di amministratore di fatto della società fallita, per l ‘ inadempimento consistito nella ‘ contabilizzazione di ricavi e costi fittizi per operazioni inesistenti e di costi indeducibili, in violazione della normativa fiscale applicabile, sulla scorta dell ‘ avviso di accertamento emesso, per l ‘ anno 2004, dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, notificato al Curatore della società fallita, come emergente anche dalle risultanze dei processi penali a carico degli ex amministratori (e la sentenza del Tribunale di Catania n. 291/2009, allegata dagli appellati, che aveva assolto il COGNOME dal reato di cui all’ art. 2 d.lgs. 74/000, non aveva comunque smentito l ‘ inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni risultanti dalle fatture contestate dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza nel verbale di accertamento), non contestati in giudizio da elementi di segno
contrario ‘ (cfr., sia pur per l ‘ ipotesi inversa, Cass. n. 16484 del 2024, in motiv.).
3.3. L ‘ art. 2901 c.c., d ‘ altra parte, ha, com ‘ è noto, accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa (Cass. n. 16484 del 2024, in motiv.), con la conseguente irrilevanza, ai fini dell ‘ esperimento dell ‘ azione revocatoria ordinaria, dei normali requisiti di certezza, liquidit à ed esigibilit à del credito vantato dall ‘ attore: anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso ed oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, è , pertanto, idoneo, sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito (compreso il reato: Cass. n. 4668 del 2023), a determinare l ‘ insorgere, in capo all ‘ attore, della qualit à di creditore che lo abilita all ‘ esperimento dell ‘ azione revocatoria ai sensi dell ‘ art. 2901 c.c. avverso l ‘ atto di disposizione compiuto dal debitore (Cass. n. 5619 del 2016; Cass. n. 1893 del 2012; conf., Cass. n. 1593 del 2020, Cass. n. 11121 del 2020; Cass. n. 5746 del 2022; Cass. n. 15275 del 2023).
3.4. L ‘ esistenza stessa della controversia in ordine al credito rende, peraltro, manifesto l ‘ interesse all ‘ azione revocatoria, avuto riguardo alla funzione lato sensu cautelare di quest ‘ ultima, essendo a tal fine sufficiente che il credito vantato dall ‘ attore sia meramente allegato, anche nella forma della mera aspettativa, proprio alla luce della funzione di conservazione della garanzia patrimoniale svolta dall ‘ azione revocatoria (in tal senso, Cass. n. 3369 del 2019, in motiv.; conf., tra le tante, Cass. n. 2673 del 2016 e Cass. n. 23208 del 2016).
3.5. In effetti, un a volta che risulti allegato ‘ quale titolo di legittimazione e fatto costitutivo della fondatezza della domanda revocatoria il <>, in veste di
<>, la sussistenza (ed insieme la dimostrazione) di questo è data proprio dalla pendenza del giudizio di accertamento del credito, del quale non è quindi necessario attendere la definizione prima di pronunciare sulla domanda di revocatoria ‘ (Cass. SU. n. 9440 del 2004) .
3.6. Il titolare di un credito eventuale, qual è, in particolare, il credito (anche risarcitorio) soggetto ad accertamento giudiziale ancora in corso, è , dunque, legittimato a tutelare la garanzia patrimoniale del suo debitore mediante l ‘ esercizio dell ‘ azione revocatoria prevista dall ‘ art. 2901 c.c., fermo restando, naturalmente, che l ‘ eventuale sentenza dichiarativa dell ‘ inefficacia dell ‘ atto revocato non pu ò essere portata ad esecuzione finch é l ‘ esistenza di quel credito non sia accertata con efficacia di giudicato (Cass. n. 9855 del 2014) ovvero non risulti, secondo le norme in tema d ‘ espropriazione contro il terzo proprietario, da un titolo esecutivo (artt. 602 ss. c.p.c.).
3.7. D ‘ altra parte, poiché anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso ed oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizi, è idoneo a determinare, sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito, l ‘ insorgere della qualità di creditore che abilita all ‘ esperimento dell ‘ azione revocatoria, ai sensi dell ‘ art. 2901 c.c., avverso l ‘ atto di disposizione compiuto dal debitore, il giudizio promosso con l ‘ indicata azione non è soggetto a sospensione necessaria a norma dell ‘ art. 295 c.p.c. per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l ‘ accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull ‘ accertamento del credito non costituisce l ‘ indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia
sulla domanda revocatoria, essendo d ‘ altra parte da escludere l ‘ eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell ‘ allegato credito litigioso, dichiari inefficace l ‘ atto di disposizione e la sentenza negativa sull ‘ esistenza del credito. (Cass. SU n. 9440 del 2004, resa in una fattispecie in cui il credito litigioso, allegato quale fatto costitutivo della pretesa revocatoria, era rappresentato dal credito risarcitorio per mala gestio fatto valere in giudizio nei confronti di amministratori di società: con tale pronuncia, le SU hanno annullato l ‘ ordinanza con cui il Tribunale aveva sospeso il giudizio introdotto per ottenere la dichiarazione d ‘ inefficacia dell ‘ atto di disposizione in ragione della pendenza del processo relativo alla domanda avente ad oggetto il credito per risarcimento danni posto a fondamento della domanda revocatoria; Cass. n. 2673 del 2016; Cass. n. 3369 del 2019).
3.8. La sentenza impugnata si è senz ‘ altro attenuta ai principi esposti: lì dove, in particolare, per un verso, ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE era legittimato alla proposizione dell ‘ azione revocatoria ordinaria, a norma dell ‘ art. 2901 c.c., nei confronti degli atti di disposizione compiuti dal debitore, pur se la pretesa vantata nei confronti di quest ‘ ultimo era ancora eventuale in quanto oggetto di accertamento giudiziale in corso (‘ il credito della curatela, nascente dalla condanna in appello del COGNOME al pagamento di euro 1.673.472,00, pur essendo sub iudice … costituisce idonea base legittimante l ‘ esperimento dell ‘ azione revocatoria da parte della curatela stessa ‘), e, per altro verso, ha (implicitamente) escluso che il relativo giudizio dovesse essere sospeso, a norma dell ‘ art. 295 c.p.c., in relazione alla pendenza della controversia sul credito per la reintegrazione della cui garanzia patrimoniale la domanda di revoca era stata proposta.
3.9. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2901 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l ‘ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che sussistevano i presupposti dell ‘ eventus damni e della scientia damni , senza, tuttavia, considerare che il debitore, come emerge dalla documentazione prodotta in giudizio, quando ha venduto l ‘ immobile alla società convenuta per l ‘importo di €. 150.000,00, non aveva alcuna consapevolezza di arrecare un danno al creditore, e che lo stesso, con la vendita dell ‘ immobile in questione fuori del periodo sospetto, non ha privato i propri creditori della garanzia generica, avendo, al contrario, monetizzato il valore di un bene che si trovava in cattivo stato di manutenzione e necessitava, pertanto, di importanti interventi di ristrutturazione.
3.10. Con il terzo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2901 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l ‘ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi, in relazione all ‘ art. 360 n. c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che sussisteva il presupposto del consilium fraudis in capo alla società acquirente, senza, tuttavia, considerare che, in caso d ‘ azione revocatoria avverso l ‘ atto di acquisto da parte di una società, specie se il contenuto dello stesso è stato predeterminato dall ‘ acquirente con apposita delibera assembleare, rileva unicamente lo stato soggettivo del rappresentato e non, come invece ritenuto dalla Corte d ‘ appello, quello del rappresentante.
3.11. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente, sono inammissibili. La società ricorrente, invero, pur lamentando la violazione di norme di legge sostanziale e processuale, ha, in sostanza, censurato la ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce RAGIONE_SOCIALE prove (anche indiziarie) raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, a dispetto RAGIONE_SOCIALE presunte emergenze contrarie RAGIONE_SOCIALE stesse, hanno ritenuto la sussistenza dei presupposti richiesti dall ‘ art. 2901 c.c. per la revoca del contratto di vendita stipulato tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, e cioè: a) il pregiudizio che tale atto aveva arrecato alle ragioni risarcitorie vantate nei suoi confronti dal RAGIONE_SOCIALE sul rilievo che tale atto aveva determinato ‘ una modifica qualitativa al patrimonio del debitore’ e che tale modifica era ‘tale da … rendere più complesso il soddisfacimento del credito ‘, specie a fronte dalla mancanza di una prova che dimostri la capienza del suo residuo patrimonio; b) la consapevolezza del debitore di ledere, attraverso il compimento dell ‘ atto e la conseguente modifica della propria garanzia patrimoniale, tali ragioni creditorie, come quella derivante da una possibile ‘ condanna risarcitoria ‘ nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, sul rilievo che lo stesso era ‘ consapevole dei risvolti che tale disposizione avrebbe avuto sulla propria garanzia patrimoniale, rendendo qualitativamente più complesso il soddisfacimento dei creditori ‘; c) la consapevolezza di tale pregiudizio da parte della società acquirente sul rilievo che la scientia damni , ove l ‘ acquirente sia una società, dev ‘ essere accertata avendo riguardo all ‘ atteggiamento psichico della persona fisica che la rappresenta, e cioè, nel caso in esame, lo stesso COGNOME, che ha rivestito sia la qualità di alienante, sia quella di legale rappresentante della società acquirente ed era,
pertanto, senz ‘ altro consapevole del pregiudizio che l ‘ atto avrebbe arrecato alle ragioni dei suoi creditori.
3.12. La valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, però, costituisce, al pari del giudizio relativo all ‘ effettiva ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall ‘ art. 2729 c.c. (Cass. n. 1234 del 2019; Cass. n. 1216 del 2006) e all ‘ idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell ‘ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 12002 del 2017), un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione: se non per il vizio, neppure invocato, consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere quest ‘ ultimo, in sede di accertamento della fattispecie concreta, omesso la percezione (o, per contro, supposto l ‘ esistenza) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza (o, per contro, inesistenza: Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv.) risulti, invece, dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti (o, per contro, esclusi), avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell ‘ eccezione dalla stessa proposta.
3.13. L ‘ omesso esame degli elementi istruttori forniti o invocati non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti storici rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta (quali fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso) siano stati comunque presi in
considerazione dal giudice di merito ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze asseritamente emergenti dalle prove acquisite o richieste in giudizio (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
3.14. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione RAGIONE_SOCIALE prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, RAGIONE_SOCIALE ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, come in effetti è accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
3.15. La sentenza impugnata, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall ‘ appellante, ha ritenuto, motivando il proprio convincimento sul punto in modo non apparente, perplesso o contraddittorio, che sussistevano, in fatto, i presupposti richiesti dall ‘ art. 2901 c.c., e cioè: a) il
pregiudizio che il contratto impugnato aveva arrecato alle ragioni risarcitorie vantate dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti del venditore, sul rilievo che tale atto aveva determinato ‘ una modifica qualitativa al patrimonio del debitore’ e che tale modifica era ‘tale da … rendere più complesso il soddisfacimento del credito ‘, specie a fronte dalla mancanza di una prova che dimostri la capienza del suo residuo patrimonio; b) la consapevolezza del debitore di arrecare, attraverso il compimento dell ‘ atto, un pregiudizio a tali ragioni creditorie, come quella derivante da una possibile ‘ condanna risarcitoria ‘ nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, sul rilievo che lo stesso, come indiziariamente emergeva dalla ‘ cronologia degli eventi ‘, e cioè dalla ‘ circostanza che nell ‘ arco di soli tre giorni dal rinvio al giudizio si fossero perfezionati sia il passaggio in assemblea, sia l ‘ atto pubblico di compravendita ‘, era ‘ consapevole dei risvolti che tale disposizione avrebbe avuto sulla propria garanzia patrimoniale, rendendo qualitativamente più complesso il soddisfacimento dei creditori ‘; c) la consapevolezza di tale pregiudizio da parte della società acquirente, sul rilievo che la scientia damni , ove l ‘ acquirente sia una società, dev ‘ essere accertata avendo riguardo all ‘ atteggiamento psichico della persona fisica che la rappresenta, e cioè, nel caso in esame, lo stesso COGNOME, che ha rivestito sia la qualità di alienante, sia quella di legale rappresentante della società acquirente.
3.16. La ricorrente, per contro, non ha utilmente censurato tale apprezzamento (nell ‘ unico modo possibile, e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c.) per aver il giudice di merito supposto l ‘ inesistenza (o, per contro, l ‘ esistenza) di uno o più fatti storici, principali o secondari, controversi tra le parti, la cui esistenza (o, per contro, inesistenza) sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso ed emergente dagli atti
allo stesso allegati nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.) dal testo degli atti del processo ed aventi carattere decisivo ai fini della soluzione della controversia, nel senso che, ove percepiti (o esclusi), avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da escludere il fondamento storico e fattuale della domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE.
3.17. Ed una volta che il giudice di merito ha ritenuto, in fatto (non importa se a torto o a ragione), che, alla luce RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, il contratto di vendita impugnato dal RAGIONE_SOCIALE aveva danneggiato le ragioni creditorie vantate dallo stesso nei confronti del venditore e che il venditore, al pari della società acquirente, era consapevole del pregiudizio che tale contratto avrebbe arrecato a tale credito, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che lo stesso ha conseguentemente assunto, e cioè l ‘ accoglimento della domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE in quanto volta, appunto, alla revoca, a norma dell ‘ art. 2901 c.c., del predetto contratto di vendita.
3.18. Questa Corte, in effetti, ha ripetutamente affermato che: – in tema d ‘ azione revocatoria, il requisito oggettivo dell ‘ eventus damni ricorre non solo nel caso in cui l ‘ atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando, come nel caso in esame, lo stesso determini una variazione soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito (Cass. n. 20232 del 2023); – non è, dunque, richiesta, a fondamento dell ‘ azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, che può consistere non solo in una
variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una variazione qualitativa di esso, a fronte della quale è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell ‘ azione revocatoria, provare che il proprio patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (Cass. n. 5972 del 2005); la scientia damni da parte del debitore e del terzo acquirente, e cioè la consapevolezza in capo agli stessi che l ‘ atto impugnato avrebbe mutato il patrimonio del debitore in modo da rendere impossibile o più difficile il soddisfacimento della pretesa creditoria vantata nei suoi confronti, può essere dimostrata anche mediante presunzioni (Cass. n. 6272 del 1997; Cass. 5095 del 1995; Cass. n. 15257 del 2004; Cass. n. 5105 del 2006; Cass. n. 13404 del 2008; Cass. n. 5359 del 2009; Cass. n. 3676 del 2011; più di recente, Cass. n. 1286 del 2019; Cass. n. 13265 del 2024); – in tema d ‘ azione revocatoria ordinaria, il requisito della scientia damni , ove l ‘ acquirente sia una società, dev ‘ essere accertato avendo riguardo all ‘ atteggiamento psichico della (o RAGIONE_SOCIALE) persone fisiche che la rappresentano, giusta il principio stabilito dall ‘ art. 1391 c.c., applicabile all ‘ attività RAGIONE_SOCIALE persone giuridiche (Cass. n. 15265 del 2006; Cass. n. 8735 del 2009; Cass. n. 5106 del 2012).
3.19. Deve, per contro, ritenersi del tutto inammissibile la censura fondata sulla dedotta predeterminazione del contenuto dell ‘ atto impugnato ad opera dell ‘ acquirente con apposita delibera assembleare, trattandosi di questione di diritto che presuppone un accertamento in fatto e che non risulta, tuttavia, trattata dalla sentenza impugnata, senza che la ricorrente abbia indicato e riprodotto in ricorso, pur avendone l ‘ onere, il contenuto dell ‘ atto in cui la stessa risultava dedotta in giudizio e devoluta al thema decidendum del processo d ‘ appello.
3.20. Con il quarto motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2901 e 2043 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l ‘ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che la società acquirente, avendo reso irrealizzabile il ripristino della garanzia patrimoniale, era direttamente responsabile nei confronti del creditore, senza, tuttavia, accertare la sussistenza del relativo pregiudizio, che il RAGIONE_SOCIALE non ha né allegato né dimostrato di aver subito.
3.21. Il motivo è inammissibile. La Corte d ‘ appello, con accertamento non censurato per l ‘ omesso esame di fatti decisivi emergenti dagli atti del giudizio, ha, in effetti, ritenuto, in fatto, che la società convenuta, dopo aver acquistato l ‘ immobile, aveva provveduto alla successiva alienazione a terzi RAGIONE_SOCIALE tre porzioni in cui lo stesso era stato suddiviso, rendendo, in tal modo, impossibile al RAGIONE_SOCIALE l ‘ aggressione del bene oggetto dell ‘ atto revocato ed arrecandogli, per l ‘ effetto, un pregiudizio che il Tribunale aveva correttamente valutato e liquidato determinando l ‘ ammontare del relativo risarcimento nel valore dell ‘ immobile venduto al momento dell ‘ evento dannoso.
3.22. Tale statuizione è giuridicamente corretta. Il terzo che acquista un bene del debitore con un atto di disposizione patrimoniale suscettibile di revocatoria a norma dell ‘ art. 2901 c.c. è, infatti, direttamente responsabile, ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c., nei confronti del creditore per gli atti successivi all ‘ acquisto del bene che abbiano reso, in concreto, irrealizzabile, in tutto o in parte, il ripristino della garanzia patrimoniale, ed è, come tale, tenuto al risarcimento del conseguente pregiudizio, che consiste esclusivamente nella privazione della possibilità di esercitare
utilmente l ‘ azione revocatoria e va, dunque, commisurato all ‘ utilità che il creditore danneggiato avrebbe potuto conseguire in difetto dell ‘ attività elusiva (Cass. n. 24196 del 2023).
3.23. L ‘ accoglimento della domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., proposta dal creditore nei confronti del terzo acquirente di un bene dal suo debitore in forza di un atto di disposizione assoggettabile a revocatoria, presuppone, dunque, come accertato in fatto dalla Corte d ‘ appello, che: a) l ‘ atto dispositivo del patrimonio del debitore sia revocabile ai sensi dell ‘ art. 2901 c.c.; b) il terzo, dopo la sua stipulazione, abbia compiuto atti elusivi, in modo totale o parziale, della garanzia patrimoniale; c) il fatto del terzo sia connotato da un ‘ originaria posizione di illiceità concorrente con quella del debitore ( consilium fraudis ) ovvero da una posizione di illiceità autonoma; d) sussista in concreto un eventus damni causato dal fatto illecito del terzo (Cass. n. 4721 del 2019).
3.24. Il quinto motivo, relativo alle spese, è assorbito.
Il ricorso, per l ‘ inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Nulla per le spese del giudizio, a fronte di una mera e tardiva richiesta del RAGIONE_SOCIALE di essere ammesso a partecipare alla discussione orale.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima