Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9348 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9348 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8901/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona in persona del legale rappresentante, NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, EMAIL
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 5/2022, depositata il 10/01/2022 e notificata il 20/01/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio
2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonchè NOME COGNOME, in proprio, innanzi al Tribunale di Macerata, proponendo azione revocatoria ex artt. 2901 e 2902 cod.civ. in relazione all’atto con cui RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto il 50% del capitale sociale della partecipata RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE nonché all’atto con cui sempre RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto il 10% del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. a NOME COGNOME.
Adduceva che si trattava di atti disposizione del patrimonio di RAGIONE_SOCIALE che avrebbero arrecato pregiudizio alle sue ragioni di credito, in quanto la disponente aveva garantito, con fideiussione, l’adempimento di cinque rapporti di leasing .
Con sentenza n. 449/2019, il Tribunale di Ancona accoglieva la domanda attorea e dichiarava inefficaci gli atti dispositivi per cui è causa, rilevando che la liquidazione delle due partecipazioni societarie integrava un evento dannoso per il creditore, che parte convenuta non aveva addotto alcuna ragione idonea a giustificare la liquidazione delle partecipazioni societarie che non fosse quella di sottrarle alla garanzia del creditore, atteso che esse erano state cedute a soggetti direttamente riconducibili alla famiglia che controllava la società cedente e che ciò dimostrava la partecipatio fraudis da parte dei terzi acquirenti, trattandosi di soggetti relativamente ai quali era presumibile, dato il vincolo parentale con la società disponente, che fossero a conoscenza dell’esistenza del debito garantito e dell’effetto dannoso che la liquidazione delle quote societarie avrebbe arrecato al creditore.
Con sentenza n. 5/2022, depositata il 10/01/2022 e notificata il 20/01/2022, la Corte d’appello di Ancona ha confermato integralmente le statuizioni del giudice di prime cure, ritenendo sussistenti tanto l’ eventus damni quanto la scientia damni e in particolare: i) provata la modifica del patrimonio del debitore, perché la cessione delle partecipazioni societarie aveva reso la realizzazione del diritto del creditore incerta e più difficoltosa, e il debitore non aveva dimostrato né di essere titolare di altri beni aggredibili né che il suo patrimonio residuo era di entità tale da risultare sufficiente a garantire i creditori e/o di aver conservato la liquidità acquisita con le cessioni; ii) non era stato provato che la cessione delle partecipazioni azionarie si era necessaria per liberare la società cedente da posizioni finanziarie che drenavano liquidità, anzi, il mantenimento di dette partecipazioni nel gruppo familiare dimostrava il contrario; iii) il prezzo della cessione era notevolmente inferiore a quello che la società cedente aveva proposto alla società RAGIONE_SOCIALE; iv) data la natura onerosa dell’atto dispositivo e il fatto che esso era stato posto in essere dopo il sorgere del credito, onde dichiararlo inefficace, era sufficiente la mera consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori, da provarsi anche tramite presunzioni, <>; e, nel caso di specie, le partecipazioni erano state cedute a soggetti direttamente collegati alla famiglia che controllava la società cedente; era risultato dimostrato che la società RAGIONE_SOCIALE aveva la stessa sede legale della RAGIONE_SOCIALE>, nonostante la presenza di altri due soci di minoranza; i passaggi infragruppo all’interno di dette società erano riconducibili alla famiglia COGNOME, senza neppure l’impiego di schermi di alcun genere (fiduciarie, prestanomi e soluzioni simili), e pertanto nell’evidenza di una situazione di difficoltà economica della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era evidente che sia il venditore che gli acquirenti avevano <>.
NOME COGNOME e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione hanno proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, formulando un solo motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Consigliere delegato ha proposto la definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ., prospettando il rigetto dell’unico motivo di ricorso.
NOME COGNOME e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione hanno chiesto ritualmente e tempestivamente la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis , 2° comma, cod.proc.civ.
All’esito dell’udienza per la trattazione fissata ai sensi dell’art. 380bis 1 cod.proc.civ., con ordinanza interlocutoria n. 7886 del 22/03/2024 è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo in attesa che le Sezioni Unite si pronunciassero sulla questione di rilievo nomifilattico circa se il Consigliere delegato, autore della proposta di definizione accelerata, potesse entrare a far parte, nella veste di relatore, del Collegio giudicante.
Intervenuta la pronuncia n. 9611 del 10/04/2024 che ha ritenuto che <>, è stata nuovamente fissata la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
I ricorrenti hanno depositato memoria .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso si denunzia l’errata interpretazione e/o applicazione dell’art. 2901 cod.civ anche in correlazione all’art. 2729 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
Premesso che il motivo riguarda esclusivamente la statuizione con cui la corte territoriale ha ritenuto sussistente l’ eventus damni , la tesi dei ricorrenti è che non fosse stato dimostrato che gli atti traslativi avessero modificato la consistenza patrimoniale della debitrice, tant’è che lo stesso tribunale aveva riconosciuto che non vi era agli atti alcuna valutazione delle quote oggetto delle due cessioni; tuttavia, il giudice a quo ha ritenuto, diversamente dal tribunale, ma anche erroneamente, non essendo un elemento grave, preciso e concordante, che detto presupposto potesse desumersi dalla differenza di prezzo tra quello pattuito con gli acquirenti e quello con cui era stato offerto in prelazione alla società RAGIONE_SOCIALE In particolare, il ragionamento presuntivo della corte territoriale sarebbe sconfessato dal fatto che
RAGIONE_SOCIALE aveva chiuso il bilancio 2013 con una perdita di euro 1.047.753,00, quindi, la sua partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE aveva valore pressoché nullo, sicché la RAGIONE_SOCIALE aveva posto in essere un’operazione, in seguito non concretizzatasi, di sviluppo e supporto delle società partecipate dalla RAGIONE_SOCIALE per l’utilizzo a fini edificatori di un terreno nel comune di Macerata, ed NOME COGNOME aveva acquistato la partecipazione di minoranza nella RAGIONE_SOCIALE, anche questa di valore praticamente inesistente, perché era l’unica ad avere la qualifica di imprenditore agricolo; di conseguenza, la RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME si erano sobbarcate impegni economici onerosi senza la prospettiva che l’investimento fosse fruttuoso e nella consapevolezza di arrecare vantaggi alla RAGIONE_SOCIALE nè avevano <>.
Il ricorso va rigettato.
La corte d’appello ha fatto corretta applicazione dell’art. 2901 c.c. e della giurisprudenza di questa Corte in ordine all’accertamento dei presupposti per l’accoglimento dell’ actio pauliana .
A dispetto della rubrica del motivo di ricorso, parte ricorrente pretende una rivalutazione dei fatti di causa, anche quando lamenta l’erronea applicazione del ragionamento inferenziale da parte del giudice a quo .
Spetta infatti al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l’attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l’attitudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche e compete sempre al giudice del merito procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari precedentemente selezionati ed accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva
tale da ingenerare il convincimento in ordine all’esistenza o, al contrario, all’inesistenza del fatto ignoto.
Chi censura un ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio e, nel vigore del novellato art. 360, 1° comma n. 5, cod.proc.civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, così come rigorosamente interpretato da Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054, non essendo sufficiente dedurre una pretesa violazione di legge -come nella specie -sull’assunto che sarebbero state trascurate o erroneamente valutate determinate circostanze fattuali.
Né è fondata l’argomentazione difensiva, ribadita nella memoria depositata in vista dell’odierna Camera di consiglio, secondo cui la corte d’appello avrebbe inferito da un fatto noto – la differenza di valore tra prelazione e vendita – non grave (perché il socio RAGIONE_SOCIALE non aveva agito per il riscatto né era stata chiesta ed espletata una C.T.U.), né preciso (perché in assenza di un reale valore delle quote cedute, la cedente aveva preferito <>) né concordante (difettando totalmente altri idonee presunzioni) la sussistenza dell ‘eventus damni : argomentazione che, secondo quanto prospettato da parte ricorrente, dovrebbe servire a dimostrare di avere formulato la censura nei termini indicati da Cass., Sez. Un., 24/01/2018 n. 1785 che in motivazione identifica la violazione degli articoli 2727 e 2729 cod.civ. nell’avere il giudice di merito fondato la presunzione <>, per cui ai sensi dell’articolo 360, 1° comma, n.3 cod.proc.civ., il giudice di legittimità può essere investito <>, e lo stesso vale per il controllo della precisione e della concordanza.
Innanzitutto, la corte territoriale ha dedotto la sussistenza dell’ eventus damni da più circostanze: trasformazione del patrimonio della debitrice, assenza dello scopo indicato (quello di liberarsi delle partecipazioni societarie perché esse drenavano liquidità alla cedente), sproporzione tra il prezzo di vendita delle partecipazioni societarie e il valore che la stessa cedente aveva attribuito loro quando aveva intavolato una trattativa per venderle alla RAGIONE_SOCIALE ; il che non solo priva di pregio la censura relativa al difetto di concordanza, ma vizia l’intera trama confutatoria, la quale è stata costruita sull’assunto, non vero, che il giudice a quo si sia servito di un solo elemento indiziario privo di precisione e di gravità. Va, poi, osservato che in tema di prova per presunzioni non è necessario un legame di assoluta necessità causale tra il fatto noto e quello da provare, ma è sufficiente che il fatto noto permetta di dedurre il fatto ignoto con un giudizio di probabilità basato su ciò che comunemente accade (Cass. 12/03/2024, n. 6625) e tanto basta per escludere che la corte territoriale abbia utilizzato una circostanza indiziaria priva di precisione; per finire, l’assenza del requisito della gravità è argomentata solo prospettando una diversa ricostruzione della circostanza fattuale concretizzante il fatto noto.
Di conseguenza, il giudice a quo , avendo esaminato tutti gli indizi di cui disponeva e considerandoli non già isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, ha ritenuto accettabilmente probabile l’esistenza dell’ eventus damni . Il ragionamento presuntivo è stato condotto proprio come indicato da
questa Corte, cioè come un <> (Cass. 22/06/2020, n. 1218).
All’infondatezza dell’unico motivo nei suesposti termini consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE seguono la soccombenza.
Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi a seguito di proposta di infondatezza formulata dal Consigliere delegato, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, applica come previsto dall’art. 380 bis, ult. comma, cod.proc.civ., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento in favore della ricorrente: delle spese del giudizio di cassazione , che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori come per legge; della somma di euro 8.000,00, ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ. Condanna parte ricorrente al pagamento di euro 1.000,00 ex art. 96, 4° comma, cod.proc.civ., in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.p.r . 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 7 febbraio 2025 dalla