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Azione revocatoria: basta un credito futuro e contestato

Una ex amministratrice di un istituto di credito trasferiva ai propri figli le quote di alcune società. La banca, vantando un potenziale credito risarcitorio nei confronti della donna, ha esercitato con successo l’azione revocatoria per rendere inefficaci tali atti. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che per l’azione revocatoria è sufficiente una semplice aspettativa di credito, anche se litigiosa, e che la consapevolezza del pregiudizio può essere provata tramite presunzioni, come lo stretto legame di parentela.

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Azione Revocatoria: Non Serve un Credito Certo per Tutelarsi

L’azione revocatoria è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dei creditori per proteggere la propria garanzia patrimoniale. Ma cosa succede se il credito non è ancora certo, liquido ed esigibile, ma solo una potenziale pretesa? Con l’ordinanza n. 6575/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, chiarendo che anche una semplice aspettativa di credito è sufficiente per agire. Analizziamo questo caso emblematico.

Il Contesto: Trasferimenti di Quote Societarie in Famiglia

I fatti traggono origine dalla decisione di una ex amministratrice di un noto istituto di credito, all’epoca già in difficoltà, di trasferire ai propri figli le quote di partecipazione in due società. Tali trasferimenti avvenivano tramite un atto di donazione e un atto di cessione.

L’istituto di credito, ritenendo che tali operazioni fossero state poste in essere al solo fine di sottrarre beni alla garanzia di un proprio potenziale credito risarcitorio (legato alla mala gestio della ex amministratrice), decideva di avviare un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. per far dichiarare l’inefficacia di tali atti nei suoi confronti.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello davano ragione all’istituto finanziario. La questione approdava quindi dinanzi alla Corte di Cassazione, su ricorso della ex amministratrice e dei suoi figli.

L’Azione Revocatoria e i Motivi del Ricorso

I ricorrenti basavano la loro difesa su quattro punti principali, tutti respinti dalla Suprema Corte:

1. Incompetenza territoriale: Si sosteneva che la causa dovesse essere trattata dalla Sezione Specializzata in materia di impresa, dato che l’oggetto del trasferimento erano quote sociali.
2. Nozione di “credito”: Si contestava la possibilità di agire in revocatoria sulla base di un credito meramente potenziale, contestato e non ancora accertato giudizialmente.
3. Sospensione del giudizio: Si richiedeva di sospendere il giudizio di revocatoria in attesa della definizione del processo sulla responsabilità dell’amministratrice, che avrebbe accertato l’effettiva esistenza del credito.
4. Prova dell’elemento soggettivo: Si criticava la decisione dei giudici di merito di aver desunto la consapevolezza del danno ai creditori da semplici presunzioni, come il rapporto di parentela.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei motivi sollevati e consolidando l’orientamento giurisprudenziale in materia di azione revocatoria.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni dei ricorrenti punto per punto.

Innanzitutto, ha chiarito che la competenza si determina in base all’oggetto principale della domanda, che nel caso dell’azione revocatoria è la conservazione della garanzia patrimoniale, non la natura del bene trasferito.

Sul punto cruciale, la Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento secondo cui per agire in revocatoria non è necessario un credito certo e definito, ma è sufficiente una “ragione di credito” o una “aspettativa”, anche se soggetta a condizione o contestata. L’importante è che tale aspettativa non sia palesemente pretestuosa. La revocatoria ha una funzione cautelare e preventiva, volta a impedire che il debitore si spogli dei suoi beni in vista di una futura soccombenza.

Di conseguenza, non esiste alcun rapporto di pregiudizialità tra il giudizio che accerta il credito e quello di revocatoria. I due processi possono procedere parallelamente senza necessità di sospensione, poiché una eventuale sentenza negativa sull’esistenza del credito renderebbe semplicemente inutile la revocatoria, ma non creerebbe un conflitto di giudicati.

Infine, per quanto riguarda l’elemento soggettivo (la scientia damni), la Corte ha confermato che la prova può essere fornita anche tramite presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.). Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato una serie di indizi: il ruolo di amministratrice della madre, la notorietà delle difficoltà della banca, la tempistica sospetta dei trasferimenti (avvenuti subito dopo una riunione del CdA in cui si discuteva delle irregolarità), lo stretto vincolo di parentela tra disponente e beneficiari (madre e figli), e la circostanza che gli atti avessero riguardato la quasi totalità del patrimonio della debitrice. Questi elementi, nel loro complesso, rendevano inverosimile che i figli non fossero a conoscenza della situazione debitoria della madre e del potenziale pregiudizio per i creditori.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre preziose conferme per chiunque si trovi a dover tutelare un credito.

Primo, non bisogna attendere che il proprio credito sia cristallizzato in una sentenza per poter agire. L’azione revocatoria può e deve essere intrapresa non appena si ha il fondato timore che il debitore stia compiendo atti per spogliarsi del proprio patrimonio.

Secondo, la prova della consapevolezza del danno, soprattutto nelle transazioni familiari, può essere raggiunta attraverso un’attenta analisi di elementi presuntivi. Il legame di parentela, unito ad altre circostanze di tempo e di luogo, costituisce un indice di particolare rilevanza che i giudici sono tenuti a considerare.

In sintesi, questa decisione rafforza la tutela del creditore, bilanciando il diritto del debitore a disporre dei propri beni con l’esigenza di non vanificare le legittime aspettative di chi vanta una ragione di credito.

Per esperire un’azione revocatoria è necessario che il credito sia già stato accertato da un giudice?
No, non è necessario. La Corte di Cassazione ha confermato che è sufficiente l’esistenza di una semplice “ragione di credito” o di una “aspettativa”, anche se il credito è contestato, condizionato o non ancora accertato giudizialmente. L’azione ha una finalità cautelare per preservare la garanzia patrimoniale del debitore.

Il processo per l’azione revocatoria deve essere sospeso in attesa della decisione sul processo che accerta l’esistenza del credito?
No. La Corte ha ribadito che non sussiste un rapporto di pregiudizialità tale da imporre la sospensione necessaria del giudizio. La definizione del giudizio sull’accertamento del credito non è un antecedente logico-giuridico indispensabile per la pronuncia sulla domanda revocatoria.

Come si prova che il debitore e il terzo acquirente (in questo caso i figli) erano consapevoli di danneggiare il creditore?
La prova dell’elemento soggettivo (la cosiddetta scientia damni) può essere fornita anche tramite presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, elementi come lo stretto vincolo di parentela, la tempistica degli atti di disposizione rispetto al sorgere delle difficoltà del debitore e il fatto che sia stato trasferito quasi tutto il patrimonio, sono stati considerati sufficienti a dimostrare tale consapevolezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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