Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6800 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6800 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME NOME rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza parziale n. 523/2021, della Corte di Appello di Venezia, pubblicata l’8 .3.2021, non notificata.
Nonché
Oggetto: assegno bancario
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza definitiva n. 710/2022, della Corte di Appello di Venezia, pubblicata l’ 28.3.2022, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Preliminarmente si precisa che con ricorso iscritto al n. 25515/2021 R.G., NOME COGNOME chiedeva che la Suprema Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, volesse cassare, per quanto di ragione, la sentenza parziale n. 523/2021 della Corte d’Appello di Venezia.
Con ricorso iscritto al n. 25999/2021 R.G., il medesimo chiedeva che la Suprema Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, volesse cassare, per quanto di ragione, la sentenza n. 710/2021 della Corte d’Appello di Venezia.
Con istanza del 10.11.2022 il ricorrente ha chiesto la riunione dei due giudizi avendo entrambi ad oggetto la riforma della sentenza n. 1012/19 del Tribunale di Vicenza pubblicata il 3.5.2019.
1. -Con atto di citazione notificato il 30.4.2013, NOME COGNOME proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 429/2013 emesso dal Tribunale di Vicenza, chiesto e ottenuto da NOME COGNOME, con il COGNOME gli era stato ingiunto il pagamento della somma di € 13.102 oltre accessori e spese della fase monitoria, in forza di due assegni bancari e precisamente:
-un assegno bancario n. 203803874805 di € 8.102,00 emesso in data 31.07.2002 da NOME COGNOME (figlio di NOME COGNOME) sul conto BNL -Filiale di Sassari a COGNOME del padre, e da questi girato al COGNOME;
-un assegno postale n. 482504688307 di € 5.000,00 emesso in dat a 30.12.2004 da NOME (moglie di NOME COGNOME) in data 31.12.2004 sul conto Poste Italiane -Filiale di RAGIONE_SOCIALE -a COGNOME del marito, e da questi girato al COGNOME.
2. -A sostegno dell’opposizione, l’opponente esponeva :
che entrambi gli assegni non costituivano, per intesa fra le parti, un mezzo di pagamento, ma uno strumento di garanzia, per il pagamento da parte della società RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era legale rappresentante, dei debiti che essa aveva contratto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era amministratore, per acquisto di merce;
-che difatti l’assegno di € 5.000,00, emesso postdatato e solo apparentemente datato 30.12.2004, era stato successivamente annullato e sostituito da un bonifico fatto al COGNOME da NOME COGNOME il 19.12.04;
-che l’assegno di € 8.102 era stato sostituito da altri assegni emessi in suo COGNOME da clienti del COGNOME dell’importo complessivo di € 6.511,00, consegnati al COGNOME in occasione di un incontro presso la Fiera Eima Agricoltura di Bologna il 15.11.2002, ai quali in un secondo momento erano stati aggiunti altri assegni e la somma di € 168 in contanti.
-Deduceva, altresì, che alla data del 30.7.2003 la somma dei propri debiti verso il COGNOME ammontava a € 41.000 e nessun’altra somma era dovuta, come emergeva dall’atto di riconoscimento del debito in tale misura da egli sottoscritto e azionato dal COGNOME in un separato giudizio, sicchè o il debito
che l’assegno tendeva a garantire era già stato pagato alla data del 30.7.2003, oppure era compreso nella somma di € 41.000, oggetto del decreto ingiuntivo n. 2773/2010 emesso dal Tribunale di Vicenza nei suoi confronti.
-Il Tribunale di Vicenza con sentenza n. 1012-19, pubblicata il 3.5.2019, rigettava l’opposizione e COGNOME NOME proponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Venezia che con la sentenza parziale qui impugnata i n parziale accoglimento dell’appello, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e accertato che non è dovuta da COGNOME NOME la somma di € 5 .000 in forza dell’assegno postale n. 4825046883-07 emesso in data 30.12.2004.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
è documentalmente provato che in data 19.12.2004 NOME COGNOME, moglie di NOME COGNOMECOGNOME COGNOME ha eme sso l’assegno postale di € 5000 datato 30.12.2004, azionato in sede monitoria, ha effettuato un bonifico di pari importo, con valuta 21.12.2004, in COGNOME di COGNOME NOMENOME
La coincidenza dell’importo, della data, dell’emittente e del conto di emissione rendono evidente, pur in assenza di indicazione del numero dell’assegno, che l’assegno menzionato nella causale del pagamento è l’assegno postale n. 4825046883 -07 oggetto di causa, il COGNOME, peraltro, risulta annullato;
Ai sensi dell’art. 1180 c.c., è consentito l’adempimento del terzo anche contro la volontà del creditore, se quest’ultimo non abbia interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione.
La circostanza che l’assegno abbia una data posteriore al bonifico non è dirimente, poiché l’espressa menzione della data del 30.12.2004 nella causale del bonifico del 19.12.2004 rende evidente che si trattava di un assegno postdatato;
Non può neppure ritenersi che il versamento sia imputabile a un diverso credito, poiché quando il debitore abbia dimostrato di avere
corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il COGNOME sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore, che pretenda di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell’art. 1193 c.c.;
In ordine all’assegno bancario di € 8.102,00, va premesso che l’odierno appellato ha tempestivamente disconosciuto, con la comparsa di risposta depositata in data 9.6.2014 nel giudizio di primo grado, la conformità all’originale delle copie degli assegni a sseritamente consegnati in sostituzione dell’assegno bancario e ha disconosciuto anche la sua sottoscrizione sull’annotazione ‘ricevo il 15.11.2002’ . Nonostante il disconoscimento, l’odierno appellante non ha prodotto l’originale del documento disconosc iuto e non ha chiesto la verificazione della sottoscrizione ivi apposta.
Nel caso di scrittura privata con sottoscrizione non autenticata o non accertata giudizialmente, la negazione, da parte dell’interessato, della paternità della sottoscrizione impone alla parte che intenda valersi della scrittura di dimostrarne la provenienza mediante il procedimento di verificazione, la cui mancata proposizione equivale, per presunzione assoluta di legge, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura come mezzo di prova;
Sulla base degli esposti principi, non può ritenersi provata la sostituzione dell’assegno bancario azionato in sede monitoria con gli assegni riportati in copia sub doc. 7;
Quanto alla questione dell’inclusione o meno dell’importo dell’assegno nella somma di € 41.000,00 oggetto del riconoscimento datato 30/7/2003, la causa era essere rimessa in istruttoria, come da separata ordinanza.
-Con sentenza n. 710/2022 La Corte ha accolto parzialmente il gravame sulla questione rimessa in istruttoria e rigettato la domanda
proposta da COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME relativa all’assegno bancario n. 2038038748 -05 di € 8.102.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
a) il residuo oggetto del contendere è limitato alla questione dell’inclusione o meno dell’importo dell’assegno bancario di € 8.102,00 nella somma di € 41.000,00 oggetto del riconoscimento datato 30/7/2003 e nell’idoneità dell’assegno a provare il credito di COGNOME NOME derivante dal prestito asseritamente fatto al COGNOME al fine di finanziare la società RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era socio accomandatario, debitrice della società RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era socio e amministratore.
b) Nella specie, l’assegno è stato emesso da NOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME padre NOME COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME ha COGNOME una firma di girata in bianco senza l’indicazione del nome del beneficiario. Dalla copia dell’assegno prodotta in data 12.10.2021 (dopo la pr ecedente sentenza non definitiva) risulta che dopo la firma del COGNOME è stata apposta un’altra firma per girata che appare ricondu cibile a COGNOME NOME ( mentre nella copia dell’assegno allegata alla richiesta di pagamento datata 17.7.2012 inviata prima del giudizio dal COGNOME è presente solo la firma per girata del COGNOME). in materia di titoli di credito, il mero possessore di un assegno bancario che non risulti né prenditore né giratario dello stesso non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l’esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, né l’assegno può valere come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c. c) ne consegue che, al fine di fondare l’azione causale, il giratario che invochi la “girata in bianco” è tenuto a fornire la prova che il girante intese trasmettergli i diritti portati dall’assegno (cd. “intentio”), generalmente individuabile nella materiale “traditio” (o con altra modalità di trasmissione del titolo), purché questa sia coerente con la suddetta intenzione e non viziata.
Il COGNOME ha dedotto che l’assegno era stato consegnato a solo scopo di garanzia;
la circostanza trova conferma nella vicenda dell’assegno postale n. 482504688307 di € 5.000,00 datato 30/12/2004 emesso da NOME, risultato postdatato ed emesso a garanzia del corrispondente debito gravante sul COGNOME, poi estinto con bonifico di pari importo, con valuta 21.12.2004, in COGNOME di COGNOME NOME;
dall’esame delle risultanze delle prove testimoniali e per la circostanza che il COGNOME ha fatto trascorrere un notevole lasso di tempo prima di porlo all’incasso deve ritenersi presuntivamente provata la finalità di garanzia; non può ritenersi provato, pertanto, che il girante abbia inteso trasmettere al giratario i diritti portati dall’assegno, sicchè all’assegno non può riconoscersi il valore di promessa di pagamento;
risulta, inoltre, che COGNOME NOME ha sottoscritto in data 30.7.2003 un riconoscimento del debito di € 41.000 dal seguente contenuto: «A fronte dei prestiti concessi precedentemente, con il presente documento io sottoscritto COGNOME NOMENOME mi riconosco debitore verso il sig. COGNOME NOME de lla somma residua di € 41.000 (quarantunomila) che intendo restituire con rate mensili entro tre anni dalla data odierna».
l’appellato COGNOME non ha mai contestato che la redazione della scrittura di riconoscimento era stata preceduta da conteggi intercorsi tra le parti che soltanto nel 2012 aveva precisato che l’assegno in questione era rimasto fuori dai conteggi posti a base della scrittura, in tal modo confermando che il riconoscimento di debito era stato preceduto da un conteggio del debito residuo gravante sul COGNOME;
per tali esiti istruttori la debenza della somma di € 8.102 non può ritenersi provata.
6. –COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi per la sentenza n. 523/2021 e ulteriore ricorso con cinque motivi per la sentenza n. 710/2022 ed anche memoria.
COGNOME NOME ha presentato controricorso per ciascun ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente può essere disposta la riunione dei due giudizi avendo entrambi ad oggetto la riforma della sentenza n. 1012/19 del Tribunale di Vicenza pubblicata il 3.5.2019.
Il ricorrente deduce nel giudizio n. 25515/2021:
6. -Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2727-2729 c.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c.) per aver sussunto, sotto i caratteri della gravità e della precisione, nel ragionamento presuntivo posto a fondamento della decisione impugnata, fatti non rispondenti a quei requisiti o mere valutazioni, omettendo altresì la valutazione analitica degli elementi indiziari finalizzata a selezionare i fatti ritenuti irrilevanti ai fini del ragionamento presuntivo da eseguire e quella complessiva e di collegamento che costituisce la seconda fase in cui si articola il procedimento presuntivo.
6.1 -Il motivo è inammissibile. La censura evoca e riproduce massime di questa Corte che hanno statuito che in tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e successivamente, è doverosa una valutazione
complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi (orientamento ribadito successivamente anche da Cass., n. 5374/2017; Cass., n. 9059/2018; Cass., n. 27410/2019).
La censura ritiene che «non vi è traccia, nella sentenza impugnata, di alcuna valutazione analitica di elementi indiziari finalizzata a selezionare i fatti ritenuti rilevanti ai fini del ragionamento presuntivo da eseguire (ma) la sola loro elencazione al netto di qualsivoglia valutazione».
Le massime enunciate, pur prevedendo la necessità del procedimento, in alcun modo intendono superare che la valutazione degli esiti probatori è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove, ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a fondare la sua decisione (Cass., n. 16467/2017; Cass., n. 11511/2014; Cass., n. 13485/2014; Cass., n. 16499/2009). Anche in questa censura le doglianze sono attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa che ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass., n. 13238/2017; Cass., n. 26110/2015). La Corte di merito ha elencato gli elementi indiziari ritenuti rilevanti (punti 2.11 ss.) e nel valutarli complessivamente ha verificato la concordanza delle presunzioni che da essi possono desumersi (c.d. convergenza del molteplice) per concludere che la somma portata dall’assegno non era dovuta. In tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice
di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass., n. 1234/2019; Cass., n. 29553/2021; Cass., n. 27266/2023) La censura, così, ha contenuto meritale non censurabile in sede di legittimità; al giudice di legittimità compete soltanto di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., n.32505/2023).
-Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att., c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c., per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha affermato (pag.6, sub 2.14) che ‘la circostanza che l’assegno abbia una data posteriore al bonifico non è dirimente’ .
-Con il terzo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att., c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c., per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto (pag.6, sub 2.14) convergente, la risposta data dal ricorrente in sede di interrogatorio formale, con l’assunto secondo il COGNOME l’assegno postale da lui azionato in sede monitoria era postdatato.
8.1 -Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati unitariamente. In entrambi i casi le censure mettono in discussione la valutazione degli elementi degli esiti istruttori. E’ indubitabile che oggi si pretenda in sede di legittimità una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità e della coerenza
delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La denuncia di violazione di legge, ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel COGNOME ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative» (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022). Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023); ancora recentemente pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023).
In tema di scrutinio del ragionamento probatorio seguito dal giudice di merito, l’errore di valutazione nell’apprezzamento dell’idoneità dimostrativa del mezzo di prova non è sindacabile in sede di legittimità se non si traduce in un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante; mentre deve ritenersi censurabile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 del medesimo codice, soltanto se l’errore di percezione sia caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti (ex multis, Cass., n. 37382/2022).
La seconda censura si accentra sull’interpretazione del termine ‘incassabile’ risolvendosi nella inammissibile mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass., n. 15798/2005; Cass., n.25728/2013; Cass., n. 12279/2016 Cass., n. 29093/2018 Cass., n. 9461/2021).
Il ricorrente deduce nel giudizio n. 25999/2022:
-Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1988 c.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. per aver ritenuto che un assegno bancario girato in bianco, in relazione al COGNOME il mero possessore, ricevutolo in garanzia, non risulti né prenditore né giratario, non valga come promessa di pagamento ex art 1988 c.c.
9.1 -La censura ignora l’accertamento di merito compiuto dalla Corte Territoriale in ordine alla circostanza che l’assegno era stato emesso soltanto in garanzia. Tale accertamento rende irrilevante la questione se l’assegno possa essere considerato come promes sa di pagamento oppur no. La censura è pertanto inammissibile.
-Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att., c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c., per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui, dopo aver dichiarato che il convenuto opposto non aveva assolto l’onere probatorio da cui era gravato con riferimento alla ragione di credito fatta valere in sede monitoria, con ogni evidente conseguenza quanto all’esistenza del credito azionato, ha ritenuto e dichiarato che lo stesso era stato incluso nel riconoscimento di debito sottoscritto dall’appellante il 30.07.2003.
10.1 -La censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della motivazione sul punto. La Corte di merito si è limitata a constata re che l’affermazione del COGNOME , che prima della redazione della scrittura del 2003 le parti avevano controllato tutte le posizioni di dare ed avere tra di loro intercorse, non era stata mai contestata dal COGNOME che aveva posto il pagamento dell’assegno, emesso il 31.07.2002, soltanto nel 2012 e dopo la redazione della scrittura del 2003.
-Con il terzo motivo: V iolazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c., degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att., c.p.c. per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui ha ritenuto consegnati a NOME COGNOME, in sostituzione dell’assegno che era a sue mani a garanzia del credito di € 8.102,00, i titoli che NOME COGNOME aveva invece affermato di aver dato allo stesso a pagamento dell’anzidetta somma, nonché dell’ art. 112 c.p.c. per aver pronunciato su eccezione basata su fatti diversi da quelli fondanti l’eccezione di pagamento dedotta da NOME COGNOME .
11.1 -La censura è inammissibile. La censura verte sull’assetto difensivo del controricorrente in entrambi i giudizi di merito che non sono stati presi in considerazione nella sentenza e qualificati come non dimostrati; elemento decisivo della motivazione della sentenza si è focalizzata su quanto espresso sub 10.1. Esplicitamente il Giudicante dà atto che: « L’assunto difensivo del COGNOME relativo alla sostituzione con altri assegni non appare contrastante con la tesi dell’inclusione del debito di € 8102,00 nel più ampio debito di €41.000,00 oggetto di riconoscimento in data 30.7.2003, non essendo stato allegato un effettivo pagamento, ma solo la sostituzione del titolo con altri (assunto poi rimasto indimostrato)».
-Con il quarto motivo: Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. dei canoni legali di ermeneutica posti dall’ art. 1362 c.c. nell’interpretare la R.R. 22.02.2013 inviata da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
12.1 -La censura è inammissibile, poiché ripercorre, ancora una volta e in modo non sempre lineare, il ruolo delle tesi difensive sull’avvenuto sostituzione dell’as segno in questione sotto altro punto di vista ritenendo che l’esegesi della R.R. sia stata non corretta.
Anche in questo caso non viene mossa alcuna censura idonea a contestare la ratio decidendi della sentenza che è fondata sulla valutazione degli esiti istruttori in direzione di poter considerare l’assegno incluso nella dichiarazione di riconoscimento del d ebito del 2003, ritenendo che la tesi della sostituzione o del pagamento dell’assegno sia rimasta non provata.
-Con il quinto motivo: Violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att., c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c. nonché vizio di omesso esame, in relazione all’art. 360 , n. 5, c.p.c., circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, concernente l’avvenuta precisazione, operata da NOME COGNOME con la R.R. 17.07.2012 inviata a NOME COGNOME, in ordine alla debenza, da parte di questi, della somma di € 8.103,00, non essendo stata essa ricompresa n el riconoscimento di debito 30.7.2003 in quanto non considerata nei conteggi che avevano preceduto la sua redazione e sottoscrizione.
13.1 -La censura è infondata. La Corte ha desunto che la circostanza che soltanto del 2012, ben 10 anni dopo l’emissione dell’assegno, il COGNOME abbia sost enuto « che l’assegno era rimasto fuori ‘dal regolamento che abbiamo tra noi operato con la dichiarazione a tua firma del 30.7.2003 che ho fatto valere davanti al Tribunale di Vicenza’ », abbia confermato che il riconoscimento di debito era stato preceduto da un conteggio del debito residuo gravante sul COGNOME , senza fornire, tra l’altro alcuna prova su lla mancata inclusione.
-Per quanto esposto, i ricorsi riuniti vanno rigettati con compensazione delle spese del presente giudizio per reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi riuniti con r.g. nn. 25515/2021 e 25999/2022 e compensa le spese del presente giudizio per reciproca soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascun ricorrente per ciascun giudizio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione