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Assegno in garanzia: la Cassazione chiarisce la prova

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che hanno revocato un decreto ingiuntivo basato su un assegno in garanzia. Si è stabilito che, quando un assegno è consegnato non per il pagamento immediato ma come garanzia di un debito, spetta al creditore dimostrare l’esistenza del rapporto sottostante. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove, inclusa l’interpretazione di elementi presuntivi come un successivo accordo di saldo del debito, è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.

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Assegno in Garanzia: Quando un Titolo di Credito Perde la sua Funzione di Pagamento

Un assegno bancario è comunemente percepito come uno strumento di pagamento immediato. Tuttavia, nella pratica commerciale, viene spesso utilizzato con una finalità diversa: come garanzia per l’adempimento di un’obbligazione. La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 6800/2024, è tornata a pronunciarsi sulla natura e sul valore probatorio dell’assegno in garanzia, delineando chiaramente i confini tra promessa di pagamento e onere della prova del debito sottostante.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria trae origine da un decreto ingiuntivo emesso a favore di un imprenditore per il pagamento di circa 13.000 euro, sulla base di due assegni: uno bancario e uno postale. Il debitore si opponeva al decreto, sostenendo che entrambi i titoli non erano stati emessi a scopo di pagamento, ma come garanzia per i debiti contratti dalla sua società nei confronti di quella amministrata dal creditore.

In particolare, il debitore riusciva a dimostrare che l’assegno postale da 5.000 euro, emesso postdatato, era stato di fatto estinto tramite un bonifico di pari importo effettuato dalla moglie prima della data di scadenza riportata sul titolo. Per l’altro assegno, quello bancario da oltre 8.000 euro, il debitore sosteneva che il relativo debito fosse stato incluso in un successivo accordo transattivo che aveva definito tutti i rapporti di dare-avere tra le parti, formalizzato in una scrittura di riconoscimento di debito per una somma complessiva di 41.000 euro.

La Corte d’Appello accoglieva le ragioni del debitore, revocando integralmente il decreto ingiuntivo. Il creditore, insoddisfatto, ricorreva per Cassazione.

La Decisione della Corte: il Valore dell’Assegno in Garanzia

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi del creditore, confermando le sentenze di merito. Il punto cruciale della decisione risiede nella riaffermazione di un principio fondamentale: la valutazione dei fatti e delle prove è un’attività riservata al giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado, ma può solo verificare la correttezza logica e giuridica del loro ragionamento.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente utilizzato la prova per presunzioni per accertare la reale funzione dei due assegni. Elementi come il pagamento tramite bonifico antecedente alla data dell’assegno e l’esistenza di una successiva transazione generale tra le parti sono stati ritenuti indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a dimostrare che i titoli erano stati consegnati non per un pagamento immediato, ma come assegno in garanzia.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che, quando viene provato che un assegno è stato emesso a scopo di garanzia, si verifica un’inversione dell’onere della prova. Non è più il debitore a dover dimostrare di aver pagato, ma è il creditore, che possiede il titolo, a dover provare l’esistenza, l’ammontare e le condizioni del debito che l’assegno era destinato a garantire. L’assegno, in questo contesto, perde la sua natura di promessa di pagamento autonoma (ex art. 1988 c.c.) e diventa un semplice documento probatorio di un rapporto sottostante, che deve essere pienamente dimostrato in giudizio.

Nel caso dell’assegno postale, la Corte d’Appello aveva logicamente dedotto, dalla coincidenza di importo e dalla causale del bonifico che menzionava la data dell’assegno, che il pagamento era avvenuto. Per l’assegno bancario, il lungo tempo trascorso prima della richiesta di incasso (circa 10 anni) e la mancata contestazione da parte del creditore dell’esistenza di un accordo di saldo precedente, hanno portato i giudici a concludere che anche quel debito fosse stato ricompreso e definito nella scrittura transattiva. La pretesa del creditore è stata quindi rigettata perché non supportata dalla prova del credito specifico a cui l’assegno si riferiva.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Per i creditori, evidenzia il rischio di accettare un assegno in garanzia: in caso di contestazione, il solo possesso del titolo non sarà sufficiente per ottenere il pagamento, ma sarà necessario fornire la prova completa del rapporto contrattuale e dell’inadempimento del debitore. Per i debitori, la sentenza conferma che è possibile difendersi efficacemente dimostrando, anche tramite presunzioni, la funzione di garanzia dell’assegno, costringendo così la controparte a un onere probatorio ben più gravoso. In definitiva, la Suprema Corte ribadisce che la sostanza dei rapporti giuridici prevale sulla forma e che l’analisi del contesto fattuale è decisiva per interpretare correttamente la volontà delle parti.

Un assegno postdatato dato in garanzia può essere considerato pagato da un bonifico effettuato prima della sua data di emissione?
Sì. La Corte ha ritenuto che la prova di un bonifico di pari importo, effettuato in favore del creditore, anche se con valuta anteriore alla data riportata sull’assegno, costituisce un elemento presuntivo sufficiente per dimostrare l’avvenuto pagamento del debito che l’assegno era destinato a garantire, specialmente se la causale del bonifico fa riferimento alla data dell’assegno stesso.

Se una persona riceve un assegno in garanzia, può incassarlo senza dimostrare il debito sottostante?
No. Secondo la sentenza, quando è provato che un assegno è stato consegnato a scopo di garanzia e non di pagamento, esso perde la sua natura di promessa di pagamento autonoma. Di conseguenza, il mero possessore del titolo non è legittimato a pretendere il pagamento se non dimostra l’esistenza e le condizioni del rapporto giuridico da cui deriva il credito garantito.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti valutati dal giudice di merito?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono attività riservate al giudice di merito. Il giudizio di legittimità è circoscritto al controllo della corretta applicazione delle norme di diritto e alla verifica della coerenza logica della motivazione, senza poter entrare nel merito della scelta e dell’interpretazione delle risultanze probatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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